Dire la verità alle persone

  • Scegliere di creare una famiglia è un'immensa responsabilità, non significa tirare i dadi e vedere se viene fuori un buon numero o un cattivo numero.

    Sì, ma tu hai parlato di un suo desiderio, che è diverso dal "tirare i dadi" e vedere se viene fuori un buon numero o un cattivo numero. Certamente scegliere di creare una famiglia richiede responsabilità, ma ciò non significa che se in un determinato periodo della propria vita non si è pronti, non lo si possa essere un domani.


    Inoltre quale sarebbe la verità dal punto di vista del tuo amico, se gli avessi risposto che non lo ritieni capace di occuparsi di una famiglia perché in questo momento non è nemmeno capace di occuparsi di sé stesso? La verità in questi casi è soggettiva, ognuno possiede quella che percepisce.


    Diverso sarebbe se avesse l'alito cattivo e tu dovessi scegliere tra il dirglielo oppure no per non offenderlo. Questa sì sarebbe una verità oggettiva.

  • Considerando che questo conoscente non è in grado di fare moltissime cose basilari, il fatto di poter pensare di badare a un altro essere umano è un qualcosa al limite dell'utopico. Tu lo consideri un parere soggettivo, io lo considero una constatazione obbiettiva di una situazione quotidiana reale.

    Non ho detto questo in realtà.

    Altrimenti avrei scritto -in una riga- "non puoi sapere se sia capace di badare a un bambino o no". Ma non credo sia lui il punto della questione, quanto invece il tuo rapporto sul dire e non dire e una supposta verità.


    Posso tuttavia essere d'accordo con il discorso legato alla "sua illusione che lo sprona ad andare avanti", questo avrebbe senso e penso che se gli esternassi la mia considerazione con tatto probabilmente risponderebbe con un "le cose possono cambiare in futuro". A quel punto credo che penserei comunque all'irresponsabilità di fare un figlio a 40 anni con una situazione economica instabile e una diagnosi psichiatrica irreversibile.

    Sai qual è il punto? Che sono consapevole di come tacere in questa circostanza sarebbe la cosa migliore, ma se questo ragazzo fosse un mio vero amico? Dovrei semplicemente annuire onde evitare un confronto acceso con lui e reprimendo la mia sincerità? E se mi chiedesse addirittura un parere sulla questione?

    Volevo invitarti a cambiare focus da "lui" a "te".


    Sei focalizzato sul dettaglio che sia irresponsabile fare un figlio a 40 anni se si ha una situazione instabile e in linea di principio siamo d'accordo, ma il tuo conoscente ha espresso un desiderio (per quanto sia campato in aria e frutto di sue fantasie non è reato desiderare ma è espressione di essere umani), e fossi in te contestualizzerei la questione al di là del fatto che non riuscendo a badare a se stesso è improbabile si faccia una famiglia, che ripeto può avere una sua validità come dettaglio, ma osservando il contesto in cui il tutto si svolge, ossia lui e la sua diagnosi psichiatrica che già dovrebbe essere una risposta sulle aspettative che puoi avere riguardo un confronto "sincero", tu che sei soltanto un conoscente e non il suo psicoterapeuta né un parente. Quindi, a meno che non ti abbia chiesto espressamente un consiglio mirato a riguardo, la tua fatica nel tacere è un problema tuo, non suo. Anche dicesse che ha intenzione di volare a cavallo di un unicorno rosa e tu avresti tutte le ragioni oggettive del mondo per dimostrargli che tale sogno è assurdo, se tacere ti causa un conflitto o un senso di repressione, è un problema da guardare dentro di te, non più proiettare "al di fuori" di te, nel tuo conoscente.


    Detto ciò, se ti chiedesse un parere sulla questione, nulla ti impedisce di dirgli con il dovuto tatto che se ha a cuore questo desiderio dovrebbe rivedere degli aspetti della sua vita e cominciare da ciò che può cambiare, affinché possa raggiungerlo. Se reagisce male è evidente che hai di fronte una persona che non è in grado di avere un confronto e questo è un problema suo, non è qualcosa che tu puoi -anche con la più solida e razionale delle argomentazioni- cambiare. A questo punto tacere è buon senso, come è buon senso fermarsi al semaforo rosso, non è repressione di se stessi.

  • Ovviamente ciò che ho pensato è diverso dal modo in cui glielo avrei posto, sarei stato molto più delicato.

    Interessante però come "tu" ti sia concentrata sui modi piuttosto che sul contenuto. Ciò che intendo dire è che, anche se riformulassi la frase, il concetto rimarrebbe identico, ossia la constatazione del fatto che questo mio conoscente non è in grado di badare a sé stesso, figuriamoci a una famiglia.

    Ammetto che non siamo tutti uguali, ma per come sono fatto io sarei disposto anche ad accettare qualcuno che mi dicesse "credo tu sia uno s∙∙∙∙∙o" purché basasse la sua opinione su qualche argomentazione razionale.

    No, non è questione di forma ma di sostanza. Il tuo amico non ha bisogno di qualcuno che gli sveli ciò che già percepisce.


    Nulla da aggiungere al ragionamento di Juniz che sottoscrivo.

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Sì, ma tu hai parlato di un suo desiderio, che è diverso dal "tirare i dadi" e vedere se viene fuori un buon numero o un cattivo numero. Certamente scegliere di creare una famiglia richiede responsabilità, ma ciò non significa che se in un determinato periodo della propria vita non si è pronti, non lo si possa essere un domani.

    Forse ho compreso male le tue parole, ma quando nel precedente post hai scritto che il desiderio di farsi una famiglia avrebbe potuto essere un incentivo per farsi tre docce al giorno, ho usato la metafora del lancio del dado. Quello che volevo dire non era che la sua situazione sarà la stessa per tutta la vita, piuttosto volevo sottolineare la responsabilità e la consapevolezza che la costruzione di una famiglia richiede e che non si può "tentare" di crearsi una famiglia e poi vedere come va sulla base di un semplice desiderio e in mancanza di solide basi economiche e soprattutto psicologico-emotive.

  • Sei focalizzato sul dettaglio che sia irresponsabile fare un figlio a 40 anni se si ha una situazione instabile e in linea di principio siamo d'accordo, ma il tuo conoscente ha espresso un desiderio (per quanto sia campato in aria e frutto di sue fantasie non è reato desiderare ma è espressione di essere umani), e fossi in te contestualizzerei la questione al di là del fatto che non riuscendo a badare a se stesso è improbabile si faccia una famiglia, che ripeto può avere una sua validità come dettaglio, ma osservando il contesto in cui il tutto si svolge, ossia lui e la sua diagnosi psichiatrica che già dovrebbe essere una risposta sulle aspettative che puoi avere riguardo un confronto "sincero", tu che sei soltanto un conoscente e non il suo psicoterapeuta né un parente. Quindi, a meno che non ti abbia chiesto espressamente un consiglio mirato a riguardo, la tua fatica nel tacere è un problema tuo, non suo. Anche dicesse che ha intenzione di volare a cavallo di un unicorno rosa e tu avresti tutte le ragioni oggettive del mondo per dimostrargli che tale sogno è assurdo, se tacere ti causa un conflitto o un senso di repressione, è un problema da guardare dentro di te, non più proiettare "al di fuori" di te, nel tuo conoscente.


    Detto ciò, se ti chiedesse un parere sulla questione, nulla ti impedisce di dirgli con il dovuto tatto che se ha a cuore questo desiderio dovrebbe rivedere degli aspetti della sua vita e cominciare da ciò che può cambiare, affinché possa raggiungerlo. Se reagisce male è evidente che hai di fronte una persona che non è in grado di avere un confronto e questo è un problema suo, non è qualcosa che tu puoi -anche con la più solida e razionale delle argomentazioni- cambiare. A questo punto tacere è buon senso, come è buon senso fermarsi al semaforo rosso, non è repressione di se stessi.

    Sulla parte evidenziata sono assolutamente d'accordo e forse è proprio in virtù di ciò che ho deciso di tacere e non dire nulla.


    Sai qual è il mio problema? È che io non riuscirei a tacere per principio, perché ritengo che all'interno di una discussione in cui mi trovo a interagire mi sento in "dovere" di esprimere la mia opinione condivisibile o meno che sia. Hai ragione, il problema è mio, perché la gente la maggior parte delle volte si limita a tacere, ma non perché questi siano dei buon samaritani. Credo piuttosto che lo facciano principalmente per due ragioni: 1) vogliono evitare un possibile conflitto; 2) non sono realmente interessati a ciò che il loro interlocutore dice.


    Io non credo minimamente di avere una verità oggettiva in tasca, ma se non posso dirti ciò che penso, giusto o sbagliato che sia, il nostro confronto non sarebbe più degno di questo nome.


    Spero di essermi espresso in modo chiaro, in ogni caso ti ringrazio per il tuo messaggio che mi ha offerto degli ottimi spunti di riflessione.

  • Dico la "verità" di ciò che sento, poiché trovo eticamente più corretto comunque esprimerla come "la mia verità/opinione" e non come verità definitiva e non trattabile da gettare addosso a chicchessia. In base alla contingenza può darsi che per me rimanga una verità che non intendo rivedere né opinare (che mi farà agire di conseguenza a questo), ma la presento comunque come opinione in modo da non obbligare nessuno a crederla, così come non obbligo me stessa a cristallizzarmi in una posizione.


    Detto questo trovo più importante occuparsi delle verità che sovente non vogliamo dire a noi stessi piuttosto che quelle che diciamo agli altri.

    Le quali sono molte di più di quelle che pensiamo.


    In generale l'opinione è una cosa e il fatto è un'altra. Questo va ribadito assolutamente, altrimenti non ci sarebbe giustizia ad opporsi alle ingiustizie del mondo.


    Il fatto è un fatto. Punto. Se suffragato da prove, a prescindere che venga rilevato come tale: è vero. Se qualcuno ha la facoltà di rilevare il fatto e qualcun altro no: allora c'è quella posizione di disparità di cui si parlerebbe in questa discussione.


    Probabilmente sì, non è in grado di comprendere come nel 99,9% dei casi non potrà avere una famiglia. Non so se ha il bisogno di qualcuno che glielo dica, ma non penso nemmeno che sia "corretto" annuire innanzi a questa remota ipotesi (altre volte in gruppo abbiamo discusso di futuro e famiglia). Lui può fare ciò che gli pare, non spetta a me dirgli ciò che deve o non deve fare della sua vita. Per principio e mettendomi nei suoi panni o nei panni di un ipotetico bambino o bambina, ritengo che non sarebbe la cosa giusta da ambedue le parti

    Questo è opinabile.

    Avere una famiglia è una cosa che dipende da una moltitudine di fattori. Non si può dire con esattezza quante possibilità abbia una persona di farcela o meno, a meno che non sia una persona estremamente povera e giudiziosa. In quel caso la famiglia sarebbe possibile solo incontrando qualcuno che sovvenziona o trovando le risorse. Tutti gli altri fattori che concorrono o meno alla possibilità di formarsi una famiglia sono troppo labili per essere considerati fatti.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Scusa Zaraki in linea di principio, come detto, mi trovo con te, ma il tuo esempio è fuorviante e anche sbagliato. Il tuo amico ha dei problemi che giustamente tu percepisci come un ostacolo al suo desidero di avere una famiglia. Fin qui, mi posso trovare. Ma il resto è tutta una tua proiezione; se mai si realizzassero le condizioni per cui il tuo amico diventasse genitore molte cose in lui cambierebbero, in meglio o anche in peggio, non possiamo saperlo a priori, e non possiamo sapere che tipo di genitore sarà. Verosimilmente non sarebbe solo, e la controparte femminile si farebbe carico delle sue mancanze, come accade in ogni coppia genitoriale: non sono solo gli esseri umani perfetti e senza problemi a diventare genitori, è pieno di gente con i più svariati problemi che lo fa e anche meglio spesso di chi è formalmente perfetto. Quindi il tuo è un giudizio, non una verità, basato sulla tua percezione attuale; e come in tutti i giudizi c'è molto di te e poco del tuo amico.

    Per me le verità che gli altri non vogliono sentire sono ben altre e sono per lo più legate a dei limiti da cui non ci si vuole separare. Sono un esempio i chili che non si riescono a perdere sebbene "si mangi pochissimo", e guai a far notare che un'alimentazione basata su cibo ipercalorico non porterà mai a nessun dimagrimento; è il tempo che non si ha per fare le cose, quando basterebbe metterle in priorità; sono le scuse per non intraprendere azioni necessarie, che se smascherate sono negate a tutta forza. In questi casi si percepisce proprio la resistenza ad ammettere semplici ed evidenti verità, e sta a noi capire quando è bene dirlo chiaramente o quando è meglio lasciare che l'amica prosegua con i suoi alibi.

  • Il tuo amico ha dei problemi che giustamente tu percepisci come un ostacolo al suo desidero di avere una famiglia. Fin qui, mi posso trovare. Ma il resto è tutta una tua proiezione; se mai si realizzassero le condizioni per cui il tuo amico diventasse genitore molte cose in lui cambierebbero, in meglio o anche in peggio, non possiamo saperlo a priori, e non possiamo sapere che tipo di genitore sarà. Verosimilmente non sarebbe solo, e la controparte femminile si farebbe carico delle sue mancanze, come accade in ogni coppia genitoriale: non sono solo gli esseri umani perfetti e senza problemi a diventare genitori, è pieno di gente con i più svariati problemi che lo fa e anche meglio spesso di chi è formalmente perfetto. Quindi il tuo è un giudizio, non una verità, basato sulla tua percezione attuale; e come in tutti i giudizi c'è molto di te e poco del tuo amico.

    Non so perché ho portato questo esempio, probabilmente perché è una delle poche volte in cui sono riuscito a tacere.

    Detto ciò, quando io parlo di verità non intendo certamente un qualcosa di onnisciente, bensì una constatazione attuale di una certa situazione. Magari domani questo ragazzo potrà seguire una terapia e stare meglio, trovare una compagna e costruire una famiglia. La mia constatazione si basava su delle dinamiche attuali e che verosimilmente saranno difficili da migliorare, ma questo lo dirà solamente il tempo.

    Sulla parte finale del tuo intervento sono d'accordo e mi permetto di adattarlo senza stravolgere il suo significato: è pieno di gente con i più svariati problemi che decidono di creare una famiglia, ma allo stesso tempo è proprio la consapevolezza dei miei limiti e delle mie fragilità che mi fanno riflettere su come per me sarebbe assurdo volere dei figli. Al che penso come faccia una persona con delle difficoltà maggiori delle mie a concepire un'idea simile, ma qui come dici tu c'è molto di me e poco di questo conoscente.

    Mi sa che sono andato OT...è l'una passata, concedetemelo :D

  • Non è vero che piacciono le persone dirette e non è vero che è preferibile essere diretti, per me sono ipocrisie, secondo me ci sono un sacco di idioti e tante persone antipatiche, Se glielo dico mica mi rispondono "grazie" (succede, quando salto gli psicofarmaci, manco me lo ricordo quello che dico), al massimo mi viene risposto "ma come ti permetti, idiota/antipatico sarai tu". Ma allora perché non me lo hai detto prima? Che aspettavi che ti dessi il via?

    Ancor meno senso ha quando ti rispondono: "argomenta". Ma che devo argomentare? E' una cosa che penso io, mica è detto sia vero, io una tesi scientifica posso argomentare, non è che a uno che reputo idiota do tutta questa importanza al punto da finanziare uno studio che lo dimostri, è solo quello che penso io empiricamente, come quando penso di una donna che è molto graziosa, ma magari l'idiota sono io e la donna molto graziosa per molti è un animale selvaggio, però se devo essere diretto te lo devo dire o no? Sarebbe un mondo migliore e converrei anche io che avrebbe un senso essere diretti se la gente la piantasse di offendersi per ogni pensiero che traslitteriamo in parole, ma i giudizi negativi vengono SEMPRE presi male.

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