La vita oltre il lavoro...

  • bruce0wayne: ma certo mi trovo su tutto e la mia realtà è esattamente come l'hai descritta; ho lavorato anche per multinazionale americana e l'andazzo era lo stesso.

    Non sono mai sta dipendente ma ne frequento di ogni livello : questo dipende solo ed esclusivamente dalla filosofia della singola azienda, e quindi non penso sia generalizzabile.

    Eclatante (tra quelli che conosco con certezza) il caso di un'azienda farmaceutica molto florida che ha visto la vera e propria rivoluzione dell'intera struttura e filosofia con il solo "cambio di mano" al vertice.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Non sono mai sta dipendente ma ne frequento di ogni livello : questo dipende solo ed esclusivamente dalla filosofia della singola azienda, e quindi non penso sia generalizzabile.

    Eclatante (tra quelli che conosco con certezza) il caso di un'azienda farmaceutica molto florida che ha visto la vera e propria rivoluzione dell'intera struttura e filosofia con il solo "cambio di mano" al vertice.

    Certamente possono esistere realtà diverse, io parlo per il mio. Conosco da vicino l'ambiente ICT, da quasi 20 anni, e quanto riportato vale per la totalità delle aziende del settore; per questo non se ne esce. Puoi anche cambiare Company, trovi le stesse logiche. Io ho lavorato per le maggiori del settore e da anni collaboro con anche le minori, quindi ho davvero toccato con mano moltissime realtà. Se l'azienda è più grande trovi un miglior trattamento sulla carta, più diritti, più benefit, maggiore uniformità nelle retribuzioni. Se l'azienda è piccola o peggio ancora padronale c'è una totale mancanza di tutele e negazione di ogni diritto. Ciò che accomuna queste realtà è che le persone devono essere "spremute". C'è una certa meritocrazia perché se "funzioni' e rinunci a vivere con un po' di fortuna un po' di carriera la fai. Il vero problema è che in queste realtà nessuno arriva alla pensione, per molti motivi...non è pensabile che un 60 enne regga i ritmi di queste aziende, e sono le aziende stesse a fare in modo che la gente se ne vada molto prima. Nelle grandi realtá al di fuori della consulenza le cose vanno un po' meglio ma il rovescio della medaglia è che la carriera non esiste e facilmente si diventa numeri senza alcuna prospettiva di crescita, ho conosciuto gente letteralmente dispersa in aziende 'carrozzone'; spesso ci lavorano ex consulenti arrivati lì proprio con l'obiettivo di rallentare e assicurarsi in un futuro non troppo lontano la sperata pensione. Ecco, credo di aver riassunto come gira il tutto.

  • bruce0wayne: ma certo mi trovo su tutto e la mia realtà è esattamente come l'hai descritta; ho lavorato anche per multinazionale americana e l'andazzo era lo stesso. Però sappi che esiste chi concepisce la propria vita esattamente così, cioè lo ritiene non solo accettabile ma del tutto normale. Solo un appunto.

    Io ammetto che non vorrei mai lavorare in un posto dove gli orari sono fissi, cioè per me è fondamentale poter avere una certa flessibilità, detesto le rigidità in ogni ambito della vita. Mi piace poter disporre del mio tempo almeno in parte e quindi per me non è un problema lavorare fino a tardi, purché non diventi la regola. Questo per dire che per me il concetto di "orario" di lavoro deve essere universalmente rivisto in nome della flessibilità, dove possibile ovviamente. Io sono anche per aperture dei negozi su turni H24; ovviamente con turnistica adeguata. Trovo vetusto impostare il lavoro impiegatizio a orari; vetusta per me anche l'idea di straordinario per questo tipo di lavoro. Per me il lavoro deve essere impostato per obiettivi. Personalmente non mi interessa dove si trova chi lavora con me e quanto dedica al lavoro, mi importa che mi dia risultati validi e in tempi rapidi, così per dire. Credo comunque che se le persone si imponessero un po' di più qualcosa si potrebbe cambiare.

    Mi trovi d'accordo al 100%.


    La visione del lavoro che hai è la versione moderna, ovvero quella a cui siamo arrivati a causa dell'estrema intensificazione del carico lavorativo, vuoi per inefficienza dei vertici, vuoi per pura necessità reale.

    Un tempo il carico di lavoro era meglio distribuito ed era scandito dalla lentezza della società, dai limiti della concorrenza (inesistente) e dalla lentezza dei sistemi che si usavano per lavorare. Con una pratica facevi una settimana di lavoro. Solo per andare a prenderla si impiegava mezz'ora.


    Oggi tutto questo è stato totalmente rivoluzionato da concorrenza, necessità effettiva di produrre più di quanto si consuma e dai sistemi moderni che ci consentono di avere sempre tutto sotto mano. Solo alcuni lavori statali sono ancora arroccati in modalità simulatamente "antiche" per garantire nullafacenza a chi li svolge.


    Nel mondo del lavoro moderno, chi vive secondo la vecchia versione riesce ad avere più facilmente una vita oltre il lavoro, però ha un livello di produttività praticamente quasi nullo. Questi individui solitamente sono dei privilegiati il cui carico di lavoro scivola poi verso chi invece lavora molto più del dovuto e si perde pezzi di vita.


    Il nuovo modo di vivere il lavoro, quello degli orari flessibili, degli strumenti moderni e degli obbiettivi è però più difficile da gestire per le menti poco creative, poco educate, infantili, ansiose o semplicemente per le persone che vivono uno stato di necessità che li spinge all'ansia da prestazione. Se sbagliano a bilanciare i pesi: perdono pezzi di vita a favore del lavoro.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Sette anni fa quando cominciai a lavorare, il lavoro era una cosa importante, ma uscito dall'ufficio ero "libero" non pensavo quasi per niente a quello che mi aspettava il giorno dopo.

    Ora purtroppo ci penso sempre più spesso, lavoro sempre di più (come orari) e spesso la mia vita è influenzata dal lavoro.

    Ho voluto io questo cambiamento? no, vorrei tornare alla mentalità di prima... non so perchè sono arrivato a questo punto (per giunta senza gratificazioni) forse per senso di responsabilità, forse perchè sono stupido...

    spesso penso "basta, ora faccio il mio lavoro 9-18 e ciao, non ci penso fino a domani", ma non ce la faccio... penso sia un inizio di burnout.

  • Sette anni fa quando cominciai a lavorare, il lavoro era una cosa importante, ma uscito dall'ufficio ero "libero" non pensavo quasi per niente a quello che mi aspettava il giorno dopo.

    Ora purtroppo ci penso sempre più spesso, lavoro sempre di più (come orari) e spesso la mia vita è influenzata dal lavoro.

    Ho voluto io questo cambiamento? no, vorrei tornare alla mentalità di prima... non so perchè sono arrivato a questo punto (per giunta senza gratificazioni) forse per senso di responsabilità, forse perchè sono stupido...

    spesso penso "basta, ora faccio il mio lavoro 9-18 e ciao, non ci penso fino a domani", ma non ce la faccio... penso sia un inizio di burnout.

    Sei ancora in tempo per evitare di cadere nel burnout o nella dipendenza da lavoro, MA non devi fare l'errore di trasformarti in un tipico dipendente anni 70.


    Cerca di modulare la cosa in modo da fare le tue ore settimanali. Se capita un giorno in cui ha senso lavorare di più: vedrai di compensare lavorando meno in un altra giornata.


    Chiudersi strettamente nelle ore precise di ufficio non è sempre possibile, specie quando si fanno lavori che comprendono un minimo di concentrazione, entropia o procedure di una certa complessità.


    Il lavoro 9-18 va bene per chi sta alla catena di montaggio.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Ciao claudio011

    Io direi che, se te ne stai rendendo conto, sei già un passo avanti.

    Fai qualcosa finché sei in tempo. Soprattutto se hai famiglia, ma anche per te stesso, perché altrimenti non avrai più una vita. Il lavoro è importante, nessuno lo nega, ma non può essere tutto. Bisogna trovare il giusto equilibrio.

    In bocca al lupo.

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