La vita oltre il lavoro...

  • è un esempio diretto di come la stessa persona possa trasformarsi da una appassionata/dedita/appagata dal lavoro a una che fa il suo e poi vuole scappare a casa

    Me penso sia quanto di più naturale/umano possa esistere! :thumbup:

    Alla fine vale proprio quel detto che mi sembra abbia ricordato proprio ipposam : "dove c'è gusto non c'è perdenza" !

    Un conto è dover fare uno straordinario (manco pagato) per un datore di lavoro che non ti riconosce neanche lo straordinario e che magari ti trovi a fare solo per comodi e disorganizzazioni SUE, e tutt'altro conto è spendere il tuo tempo in questioni che SAI che ti torneranno in qualunque modo utili e RICONOSCIUTE !

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Me penso sia quanto di più naturale/umano possa esistere! :thumbup:

    Alla fine vale proprio quel detto che mi sembra abbia ricordato proprio ipposam : "dove c'è gusto non c'è perdenza" !

    Un conto è dover fare uno straordinario (manco pagato) per un datore di lavoro che non ti riconosce neanche lo straordinario e che magari ti trovi a fare solo per comodi e disorganizzazioni SUE, e tutt'altro conto è spendere il tuo tempo in questioni che SAI che ti torneranno in qualunque modo utili e RICONOSCIUTE !

    Certamente sono prospettive molto diverse, e ovviamente nel mio post iniziale è a questi che mi riferisco, ai dipendenti, non certo a chi ha una propria attività che vive come un figlio, per capirci.

    In ogni caso comunque come detto da qualcuno per me sarebbe tedioso alquanto stare affianco di qualcuno monotematicamente assorbito dal suo lavoro, quale che sia; meno che mai mi potrebbe interessare un uomo che mi parla di lavoro e lavoro e lavoro; e ancora meno uno che non ha tempo per me perché immerso nel suo iperuranio lavorativo.

    In altre parole, per me ci vuole una misura e la vita è troppo, troppo troppo ricca di attrazioni (per me) per ridursi a un solo aspetto, quale che sia.

  • Elidendo lo "eccessivo" ...è proprio questo l'aspetto che il più delle volte rende preferibile e piacevole dedicarsi qualche ora in più al lavoro piuttosto che ad altro.

    Possiamo pure chiamarla "malattia", ma in senso molto simile alla "malattia d'amore". Nel senso che la si vive perchè la si vuole, la si sceglie, e ci si sentirebbe molto più spenti senza.

    La differenza tra "malattia" del lavoro o "passione" per il proprio lavoro è oggettivabile, ovvero:

    1. il soggetto si deprime non appena uscito dall'ambiente di lavoro
    2. la socialità del soggetto è limitata o assente
    3. si tende a dare troppa importanza alle relazioni interpersonali all'interno dell'ambiente lavorativo, mentre al contrario si trascurano quelle nella vita privata
    4. la salute ne risente a causa dei ritmi lavorativi
    5. il rendimento lavorativo ne risente a causa dei ritmi lavorativi
    6. il soggetto non riesce a "farsi una vita"
    7. il soggetto non ha altri hobby e/o non diversifica in alcun modo la sua attenzione e i suoi movimenti fisici
    8. si deteriorano le relazioni interpersonali/familiari a causa dei ritmi lavorativi (qui bisogna porre attenzione a quanto i familiari "comprendono" le tempistiche lavorative)
    9. etc.

    Diversi studi confermano che "fare il lavoro che ci piace" è una potenziale trappola per i soggetti con tendenza alle dipendenze o al perfezionismo, poiché la parte lavorativa della vita si allarga ai 9 punti di cui sopra e a tanti altri.



    Per dirla in una frase: quando il lavoro non deteriora (eccessivamente) la vita.. allora può essere considerata passione. Quando invece fuori dal lavoro non resta nulla e di queste lacune il soggetto soffre.. allora è malattia.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • per me sarebbe tedioso alquanto stare affianco di qualcuno monotematicamente assorbito dal suo lavoro, quale che sia; meno che mai mi potrebbe interessare un uomo che mi parla di lavoro e lavoro e lavoro; e ancora meno uno che non ha tempo per me perché immerso nel suo iperuranio lavorativo.

    Come dici : tu guardi quel che del suo modus vivendi ritieni incida sul tuo e sui tuoi piaceri/aspettative, e in realtà bypassi a piè pari quelli che sono o possono essere SUOI piaceri/aspettative.


    A prescindere da questo aspetto e relativamente alla monotematicità, a me sembra che questa derivi molto più dall'indole di ciascuno che non dalle ore dedicate al lavoro (credo che ognuno di noi conosca persone che parlano sempre e solo delle stesse cose, senza realizzare che sono di interesse nullo per chi le ascolta).


    Per dirla in una frase: quando il lavoro non deteriora (eccessivamente) la vita.. allora può essere considerata passione. Quando invece fuori dal lavoro non resta nulla e di queste lacune il soggetto soffre.. allora è malattia.

    E su questo non si può che concordare.

    Solo che - ripeto come mio limite - ci saranno pure persone realmente "malate di lavoro" in senso anche clinico, ma davvero non ne conosco.


    A latere, e sempre pensando alla mia carissima amica che è in continua frenesia di "andare-fare-esplorare-viaggiare-partecipare-presenziare-provare-esserci-ficcarci almeno la punta del naso" (è persona che davvero ne fa mille, ma ce ne fosse UNA che fa bene e che la appaghi, oltre a lavorare come dipendente part-time perchè da professionista non le è riuscito) mi si consenta di obiettare che, oltre certi limiti, ha del patologico anche questo atteggiamento.

    Parto dal principio che gli interessi veri, proprio come il lavoro gratificante, tendano a diventare vere passioni piacevolmente "monopolizzanti", e ne ho tanti esempi bellissimi (tipo l'ingegnere civile di prima grandezza che quando parla di egittologia ti incanta) , mentre GIURO che mi trasmette SOLO il suo "malessere agitato" questa amica, pur carissima, che sfarfalla h24 e non si posa mai e non trova mai appagamento e vera passione in NULLA.


    E ricucendo un po' il tutto, e se vogliamo porla sul piano del rapporto tra tempo e "ben vivere", mi viene davvero spontaneo concludere che quest'ultimo dipenda dalla nostra indole e dall'uso che facciamo del tempo, molto di quanto possa dipendere dalla disponibilità teorica di "tempo libero". Arrivo a dire, sempre pensando a questa carissima amica, che a questa (lavoratrice part-time e con marito figli appassionatissimi di cucina, che quindi sono sempre loro alla spesa e ai fornelli) il tempo sembrerebbe non bastare mai, ma NON perchè abbia da coltivare qualcosa di altro e oltre che la appaghi! No no!

    Il suo impegno non è in qualche passione incontrata e apprezzata nella vita. Il suo impegno è soltanto nella RICERCA di quest'araba fenice dell'<altro e oltre che la appaghi> e che non si trova MAI, e non si è trovata mai in ben oltre 50 anni di vita...

    In un ipotetico bilancio esistenziale ad oggi si trova soltanto insoddisfazione eterna e parallelo agitarsi perenne nella ricerca di qualcosa che non sa lei stessa cosa potrebbe essere, pur avendo "provato" di tutto e di più...

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • E su questo non si può che concordare.

    Solo che - ripeto come mio limite - ci saranno pure persone realmente "malate di lavoro" in senso anche clinico, ma davvero non ne conosco.

    A parer mio l'errore è sempre lo stesso: pescare solo nel proprio secchio di conoscenze e proiettare un mondo nei limiti della propria epoca.

    Se si allarga la visione alla vita di persone al di fuori della propria cerchia e al di fuori della propria epoca: può cambiare tutto.


    Non parlo specificatamente di te. Mi rivolgo a chiunque legga una discussione come questa che è assolutamente fissata nel proprio tempo, rispetto ad altre discussioni. I motivi che spingono le persone a non avere una vita al di fuori del lavoro sono diversi di epoca in epoca, sia in forma che in quantità. Oggi ci sono parecchi motivi per trasformare il lavoro nella vita, esattamente come nell'immediato dopo-guerra. Mentre nelle epoche che vi sono state in mezzo: il lavoro è diventato gradualmente sempre meno "dominante" se non per "passione", appunto.


    Per uscire dalla propria cerchia bisogna leggere (o vedere) studi. Su TED o TEDx se ne trovano anche in video, ma ci sono una marea di fonti. Uscire invece dalla propria epoca è un po' più complicato, perché si tratta di una capacità che va mantenuta viva sin dall'epoca in cui la si possiede naturalmente (in gioventù); diversamente si disimpara completamente e non s'impara più.


    Oggi come oggi i problemi di reddito, di produttività e di diseguaglianza e corruzione nell'ambiente lavorativo rendono tutto l'ambito insano. E' normale che chi non ha la possibilità di considerare il lavoro "accessorio" o chi non ha un "paracadute familiare" rischi di cadere nella malattia lavorativa.


    Il lavoro:

    - non rende più reddito

    - occupa sempre più tempo

    - è sempre più disordinato

    - si lavora male e senza una guida

    - le aziende sono sotto organico

    - più si è imbecilli e raccomandati e più si guadagna

    - più si lavora e meno si guadagna

    - etc.


    Chi ha la necessità di far quadrare i conti si presta ad attraversare questo mare di male e ci resta sotto.


    Mi è scappato l'invio prima di finire di scrivere.

    Dicevo..

    Per chi non ha coscienza di questi moderni meccanismi: è impossibile comprendere le ragioni per cui così tante persone si licenziano e si demansionano autonomamente, oppure perché così tante persone restano invischiate nel lavoro e perdono la vita.


    E non è nemmeno una questione di età, ma di "status sociale" e di stile nel quale si riesce a vivere. I ragazzi che vivono all'ombra dei genitori (che a loro volta vivono all'ombra dei propri): possono tranquillamente non capire il discorso.

    Un anziano signore senza paracadute e con mansioni lavorative che tengono la mente allenata potrebbe comprenderlo al 100%.


    E attenzione che "mente allenata" non significa fare calcoli matematici, ma elaborazioni creative o di problem solving senza prospettiva certa, ovvero: chirurgia, arte, progettazione, implementazione, etc.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

    Modificato una volta, l'ultima da bruce0wayne: Incorporato un post creato da bruce0wayne in questo post. ().

  • A parer mio l'errore è sempre lo stesso: pescare solo nel proprio secchio di conoscenze e proiettare un mondo nei limiti della propria epoca.

    :/ ... :rolleyes: ... :)


    Ove avesse effettivamente ruolo il tipo di errore che dici...trovo che sarebbe molto meno grave rispetto all'errore di chi prende un punto e lo abbraccia con tutto se stesso andando anche contro l'evidenza (come già detto e motivato in altro thread), probabilmente pescando (per mutuare il tuo linguaggio) nella propria necessità di convincersi che sia e possa essere solo come "fa meno male al proprio ego, SE ci si autoconvince che il male sia comune = "mezzo gaudio".

    A solo titolo di esempio:

    Al netto del potere d'acquisto che certamente è oggi ridotto per tutti gli italiani (e peggio sarà, ma ci sta tutta)...il tuo nutrito e variegato elenco di negatività cosmiche resta completamente privo di senso per tutti coloro che entrano nel mondo del lavoro (che sia dipendente o autonomo) da quella porta principale che loro compete per "competenze e titoli" , e che ben possono (umanamente e comprensibilmente) essere più appassionati di coltivare questa chance (che ad orari da CCNL occupa minimo un terzo della vita adulta per chiunque lavori) piuttosto che che "risparmiarsi" in questa e poi PATIRE di un qualche obbligo di ossequiare "interessi eteroindotti del tempo libero" che magari li fanno piegare in due dalle risate di compatimento...o dai conati di nausea.

    A latere : io non guardo ME, che so benissimo quel che voglio e quel che non voglio e che sarebbe anche un po' gravino se non lo sapessi. ^^

    Guardo proprio chi oggi è tra i 25 e i 35.

    Cambia mica niente! :D

    Chi ha prospettive CONCRETE nel lavoro e nella crescita in quello............uhhhhhhhhhhhhhhhh quanto ci si dedica SENZA alcun patimento e anzi con voluttà!

    Chi ne ha meno...tende SEMPRE a fare il "ribassista <etico> per tutti" e a demoralizzare/demotivare chi (diversamente da lui/lei) ha un percorso sensato che va solo coltivato...

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Ove avesse effettivamente ruolo il tipo di errore che dici...trovo che sarebbe molto meno grave rispetto all'errore di chi prende un punto e lo abbraccia con tutto se stesso andando anche contro l'evidenza (come già detto e motivato in altro thread), probabilmente pescando (per mutuare il tuo linguaggio) nella propria necessità di convincersi che sia e possa essere solo come "fa meno male al proprio ego, SE ci si autoconvince che il male sia comune = "mezzo gaudio".

    Se ci fosse la controparte che vai citando forse sarebbero gravi entrambi. Invece la controparte che citi (e che sono principalmente io) prende i suoi dati da misurazioni di massa certificate e facilmente verificabili (anche di persona, per chi vive nel presente).

    Quindi il fatto non sussiste.


    Al netto del potere d'acquisto che certamente è oggi ridotto per tutti gli italiani (e peggio sarà, ma ci sta tutta)...il tuo nutrito e variegato elenco di negatività

    Il potere d'acquisto e il reddito da lavoro NON sono ridotti per tutti gli italiani. Quanto scrivi è falso.

    Il reddito da lavoro (e di conseguenza il potere d'acquisto) è ridotto per la maggior parte degli italiani. La quota in riduzione per tutti viene acquisita dai pochi che sfruttano i nuovi paradigmi del lavoro per arricchirsi sempre di più o per arricchirsi comunque nonostante siano incompetenti e incapaci.


    Il mio elenco non è di negatività: sono fatti misurati. Fattene una ragione, magari andando a verificarli.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • la controparte che citi (e che sono principalmente io) prende i suoi dati da misurazioni di massa certificate e facilmente verificabili

    Il problema dei "dati" è sempre nel significato che ad essi attribuisce chi li legge.

    Se in un thread sostieni che le persone abbienti non comprino BELLE case e vadano in affitto (mentre il mercato degli immobili di prestigio è quello che meno di tutti patisce sofferenze), e se in un altro sostieni che il posto fisso faccia talmente ribrezzo e vai parlando persino di "dimissioni di massa" che risultano solo a te (mentre concorsi pubblici e agenzie per il lavoro sono assaltati letteralmente da chi agogna un posto di lavoro più fisso possibile)...Bruce...qualche sostanziosa perplessità sulla tua lettura dei "dati" (quali che siano e dovunque pescati)...embè certo che mi si profila all'orizzonte!

    Il potere d'acquisto e il reddito da lavoro NON sono ridotti per tutti gli italiani.

    E questa è un'altra tua lettura iper-personalizzata : il potere d'acquisto è sempre e assolutamente identico per tutti, e non ha nulla a che vedere con il reddito.

    Il potere d'acquisto esprime ciò che si può acquistare con un euro. PUNTO.

    Senza alcuna necessità di rievocare la falcidie del potere d'acquisto nel passaggio dalla lira all'euro (in cui in pochi giorni occorse un euro, e cioè 2mila lire per qualunque acquisto effettuabile appena prima con mille lire), oggi sappiamo benissimo che oggi con un euro acquisti una quantità molto inferiore rispetto a cinque anni fa....di qualunque bene anche primario (dal pane al latte alla benzina a....tutto) !

    Per cui : anche il Giudice di Cassazione o il professionista di successo, con le stesse decine di migliaia di euro che percepiscono mensilmente, è proprio sicuro che ci possano acquistare parecchio di meno di quel che ci acquistavano cinque anni fa.

    Ovvio - ma del tutto diverso - il fatto che i redditi fissi ne patiscano in misura maggiore, come può essere ovvio che ad alcuni settori produttivi riescano anche manovre altamente speculative. Che poi...quasi tutte trovano un limite - più o meno diretto o indiretto - nel potere d'acquisto della massa! (nell'ovvio senso che qualunque cosa io produca e di qualunque lusso sia...in tanto potrò continuare ad acquistarla con la stessa facilità di prima in quanto la mia clientela resti quantitativamente la stessa e con lo stesso standard di acquisti; in caso contrario...si riduce anche il mio budget).


    Solo per chiudere sorridendo sul punto : negli Anni 90 il prototipo dell'arricchito da commedia alla Verdone, su Porsche e con Rolex al polso era, per esempio, il grosso commerciante di carni (più semplicemente detto "er macellaro"). E (solo per dire) : tra veganesimi e salutismi + SOPRATTUTTO aumento continuo dei prezzi della carne...e quanti clienti ha perso e continuerà a perdere?

    (OT : altro micidiale errore politico degli ultimi 40 anni! Non rendersi conto che anche per vendere Porsche e Rolex e attici di lusso occorre che ci siano tanti che dar macellaro comprino dalla costata al filetto! E se siamo arrivati al punto che anche la coratella e la trippa sono lussi inarrivabili a tanti e troppi...l'effetto è ovvio che ricada sul sistema intero!) .

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Il problema dei "dati" è sempre nel significato che ad essi attribuisce chi li legge.

    Se in un thread sostieni che le persone abbienti non comprino BELLE case e vadano in affitto (mentre il mercato degli immobili di prestigio è quello che meno di tutti patisce sofferenze), e se in un altro sostieni che il posto fisso faccia talmente ribrezzo e vai parlando persino di "dimissioni di massa" che risultano solo a te (mentre concorsi pubblici e agenzie per il lavoro sono assaltati letteralmente da chi agogna un posto di lavoro più fisso possibile)...Bruce...qualche sostanziosa perplessità sulla tua lettura dei "dati" (quali che siano e dovunque pescati)...embè certo che mi si profila all'orizzonte!

    Il significato non è attribuito da chi legge, ma dagli stessi rilevatori dei dati. Come ogni cosa scientifica si basa tutto sulla logica verificabile. Nel momento in cui più rilevatori trovano dati simili ed elaborano indipendentemente conclusioni paragonabili: siamo di fronte a un dato oggettivato.


    Il mercato degli immobili di prestigio non soffre della crisi? Ma non hai sempre negato l'esistenza di questa crisi? Ora esiste. Ok.

    Comunque, come scrivo anche nella seconda parte del mio messaggio (e come sei riuscita a travisare): il potere di acquisto si è abbassato per la maggioranza delle persone, tranne che per i ricchi.. i quali ovviamente continuano a investire con immobili-asset (e non "case").


    Visto che si tratta di evidenze scientifiche e talvolta naturali: la perplessità è sul come sia possibile non credere all'ovvio.


    E questa è un'altra tua lettura iper-personalizzata : il potere d'acquisto è sempre e assolutamente identico per tutti, e non ha nulla a che vedere con il reddito.

    Questa frase credo sia la più falsa possibile immaginabile, sul piano economico, scientifico, razionale, grammaticale e persino spirituale.


    Prova a raccontarla in giro e vedi come reagiscono le persone.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Non rendersi conto che anche per vendere Porsche e Rolex e attici di lusso occorre che ci siano tanti che dar macellaro comprino dalla costata al filetto! E se siamo arrivati al punto che anche la coratella e la trippa sono lussi inarrivabili a tanti e troppi...

    Però buona parte di Porsche (Ferrari), Yacht, attici etc. non sono comprati cash bensì presi a leasing o a noleggio mentre il filetto e la bistecca non li danno a rate.

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