La vita oltre il lavoro...

  • non capisco per quale motivo parli di "scassare" pretendendo di fare jogging insieme...non capisco se ti riferisci a me, che ho scritto più volte di amare lo sport, o cos'altro.

    Nooooo! ^^

    Mi riferivo casualmente a un paio di quelle (tante) richieste delle mogli che deliziano i mariti e che poi fanno la fortuna di quei comici che ne fanno la parodia con tanto successo: tipo "andiamo al centro commerciale" o "domani sera siamo a cena da mamma" o "nostra figlia è alla festicciola di questa amichetta, e ho già detto che passi tu a riprenderla e che accommpagnerai a casa anche le amichette A, B, e C."...e così via...


    Quindi nulla di personale, e ci mancherebbe, mentre sono sempre stata convinta che le istanze "scassanti" tra coniugi possano essere tante (e anche del tutto reciproche) e che - dal mio punto di vista - il "vivi e lascia vivere" magistralmente praticato da quella coppia sia una autentica ricetta di salute del rapporto coniugale, e non affatto il contrario.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Mi rendo sempre più conto di come esistano persone che sono talmente concentrate sul lavoro da non fare altro, cioè vivono il lavoro in modo davvero totalizzante. Da una parte ammiro e provo forse "invidia" verso queste persone: evidentemente gli piace davvero ciò che fanno, al punto da farne la vita stessa. Nel mio ambiente (informatico, diciamo) ne conosco tante che mi danno questa impressione; certo, alcuni bluffano, è buona prassi farsi vedere totalmente dediti al lavoro, altrimenti si è un po' pesci fuori d'acqua. Ci sono i single giovani e nerd; questi sono disponibili praticamente H24. Poi c'è il tipico maschio alfa che pure se ha famiglia sta sempre sul pezzo, come se la famiglia che hanno non li riguardasse. Infine ci sono le donne in carriera, brave, bravissime, sempre sul pezzo anche loro, apparentemente senza famiglia anche loro. E senza hobby. Ad ogni modo per molti lavorare 10-12 ore al giorno è la norma. Io lavoro in questo settore da quasi 20 anni; ho raggiunto buoni risultati ma lo ammetto: io non vivo per lavorare, non l'ho mai fatto. Il mio lavoro mi piace, ma mi piacciono molte altre cose! Mi piacciono i miei hobby, mi piace suonare il pianoforte, mi piace l'arte, mi piace la fotografia, mi piace lo sport, mi piace correre, nuotare, andare in bicicletta, andare sui pattini! Mi piace portare al parco i miei bambini, mi piace insegnargli a camminare, a parlare, a suonare uno strumento, ad andare in bicicletta! Mi piace viaggiare! Non riesco a immaginare una vita di solo lavoro, per me sarebbe una vita tristissima, inutile. Capiamoci, so che le responsabilità richiedono tempo e dedizione, e mi sono sempre impegnata moltissimo; ma non ritengo accettabile l'essere fagocitati al 100% dal lavoro. Oggi ne parlavo con mio marito, che è abbastanza workaholic e fa il mio stesso lavoro, gli spiegavo che ultimamente ho pochissimo tempo per me stessa e i miei interessi profondi, e lui mi ha detto che sono io a non essere normale, perché la vita da adulti è questa: lavoro, lavoro e lavoro. Io penso invece che sia sano dedicarsi lavoro ma anche saper ricavare del tempo (1 ora al giorno?) per se stessi, altrimenti tutto perde senso e significato. Che ne dite?

    Nel settore che citi tu (come in tanti altri) esiste anche la malattia del lavoro dovuta all'eccessivo coinvolgimento mentale. Il lavoro si porta a casa e con lui tutti i pensieri associati. Ci si illude di potersi liberare del tempo terminando delle cose in sospeso nel tempo libero, invece poi qunado si riprende a lavorare ce ne sono di nuove.


    Nel settore informatico come in tanti altri (e sono sempre di più) ci si illude che il proprio lavoro sia "la propria vita", spesso perché non si riesce a fare altrimenti.


    Certo c'è anche la vocazione, come per altri mestieri alienanti. Poi dipende tantissimo dal tipo di mansione : uno sviluppatore ha un coinvolgimento estremamente diverso (più intenso) di qualsiasi amministrativo o help-desk o "application manager" (che sono anche loro ben martellati se (SE) lavorano davvero (molti fingono, specie nelle grandi aziende).


    Altro motivo di fusione vita-lavoro è dato dal fatto che il lavoro si è allargato sempre di più (da più di 30 anni a questa parte), mentre i relativi compensi sono andati comprimendosi (si guadagna meno, molto meno). Ciò spinge molti a dare il massimo nella scarsissima possibilità di spiccare tra gli altri e riuscire a guadagnare posizioni lavorative e quindi un compenso migliore.

    Dico "scarsissime possibilità" perché in un ambiente lavorativo privo di meritocrazia come quello italiano è più probabile che faccia strada un impostore (uno che si sa vendere) rispetto a uno che ci sa fare davvero nel proprio lavoro.


    L'essere umano non è fatto per lavorare tutto il tempo della sua vita.. infatti le nuove generazioni stanno reagendo a questa distorsione del lavoro fuso con la vita.. dimettendosi.


    Ovviamente, come dicevo anche in altra discussione: lo fa chi può permetterselo. Tuttavia è già un segno, un modo per rendere più equo il mercato del lavoro generando una maggiore richiesta e quindi tentando di riequilibrare i compensi.


    Altro motivo che compete con gli altri è la scarsa (quasi inesistente) capacità organizzativa dei "dirigenti" moderni, i quali coincidono troppo spesso con chi mette il capitale per generare e far funzionare l'azienda. Più questi sono incapaci e più l'azienda vive in perenne "terapia intensiva", ovvero: sempre di corsa, sempre in emergenza, sempre sotto-dimensionata a livello di personale, strizzando a più non posso i dipendenti spesso sottopagati (che quindi smettono di avere una vita), etc.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • esiste anche la malattia del lavoro dovuta all'eccessivo coinvolgimento mentale

    Elidendo lo "eccessivo" ...è proprio questo l'aspetto che il più delle volte rende preferibile e piacevole dedicarsi qualche ora in più al lavoro piuttosto che ad altro.

    Possiamo pure chiamarla "malattia", ma in senso molto simile alla "malattia d'amore". Nel senso che la si vive perchè la si vuole, la si sceglie, e ci si sentirebbe molto più spenti senza.


    Vale direi per la totalità dei lavori intellettuali che si svolgano con piacere e successo : devi risolvere qualcosa di cui riconosci l'importanza e sai che devi approfondirla? Ma è naturale che ti porti dietro il pensiero e la voglia di approfondirtela in santa pace e che stai molto MEGLIO nel dedicarti a quella cosa, piuttosto che nel distrarti con bagattelle varie che magari...già ti interessano poco... e ti diventano persino e solo moleste quando sai benissimo che ti sarebbe stato molto più appagante quell'approfondimento.

    Ma sempre più vedo che vale anche per tanti lavori non squisitamente intellettuali : ad esempio commerciali e piccoli imprenditori artigiani che lavorano con piacere e profitto. Accade che le giornate sono dedicate ai contatti e all'espletamento del lavoro in esterni...e finiscono con dopo cena e festività dedicati a stilare preventivi/offerte, studiare prodotti e strategie dei concorrenti, persino emettere le loro fatture (sai quante ne ricevo io nei WE dagli artigiani che collaborano con me?), e magari preferiscono mille volte investire un WE nella Fiera-Mercato del loro settore, piuttosto che altro...


    E' in questo senso che parlo di "gratificazione".

    Ma se Tizio sta davvero meglio a vedersi una cosa qualunque del suo lavoro, piuttosto che a fare cose che gli procurano meno piacere...ma perchè dovrebbe zerbinarsi alle seconde ?

    Ovvio che parto sempre dal principio che non esiste chi "viva solo di lavoro", così come non esiste neanche tra i campioni olimpionici chi "viva di solo sport". (E bastano i calciatori di serie A a dimostrare come rigidissimi allenamenti e prolungatissimi ritiri non facciano assolutamente perdere i tanti gusti della Bella Vita ^^ ).


    Ma quello del "ti dedichi TROPPO" è sempre un giudizio esterno di chi evidentemente non vive lo stesso piacere e quindi non lo comprende, ma vuole catechizzarti ad un qualche "dover essere" che è il suo, ma non il tuo.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Sicuramente c'è qualcuno che lavora 10-12 ore al giorno per piacere o passione; io penso non sia comunque una cosa positiva, perché non va bene appiattirsi su un unico interesse né sottrarre tempo alla famiglia, se uno ha partner e/o figli. Comunque, in quel caso, la persona non vive il lavoro extra come problema, perché lo fa volentieri.

    La maggior parte della persone, invece, non sta ore di più al lavoro per piacere, ma lo fa perché non può o non sa fare altrimenti. Quando mi è capitato di dover stare ogni giorno ore in più in ufficio, non l'ho fatto certo con gioia, l'ho fatto perché dovevo.

  • Sicuramente c'è qualcuno che lavora 10-12 ore al giorno per piacere o passione; io penso non sia comunque una cosa positiva, perché non va bene appiattirsi su un unico interesse né sottrarre tempo alla famiglia, se uno ha partner e/o figli.

    Ma scusate, vi risulta esistere qualcuno che vive il lavoro come l'hikikomori vive il web?

    Io non ne ho mai avuto alcuna notizia o esempio, nè vicino nè lontano.

    Mentre penso che unico arbitro della "positività" debba essere chi la vive.

    Senza contare che anche nei rapporti familiari...non avrei dubbi che conti molto più la qualità del tempo condiviso che non la quantità. Tizio/a possono benissimo fare un part-time e risultare comunque a distanze siderali verso partner e figli, perchè magari tutto il tanto tempo libero lo investono davanti al pc o alla tv, oppure negli allenamenti di un loro sport prediletto, oppure al circolo bridge o al circolo tennis oppure al bar sport o sui social...


    Per cui: escludendo coloro che per qualunque ragione siano costretti a lavorare "oltre" e non lo fanno per per loro scelta, giuro che non capisco quale "cacchio a contratto" ci prendiamo nel valutare negativamente chi sceglie di condursi dedicando al proprio lavoro più tempo rispetto alle canoniche otto ore, quando questo lo fa star meglio e addirittura gli consente di vivere meglio anche il tempo libero.

    (su di me : se io devo risolvere una cosa che mi sta a cuore, magari svolterei con uno snack veloce piuttosto che andare a tavola. Poi, se non sono sola, devo andare a tavola, ma ci sto con mezzo cervello che è rimasto e continua a girare intorno alla cosa da risolvere e con la frustrazione di non potermici dedicare immediatamente; se, viceversa mi ci dedico e completo quel che VOLEVO completare, ne sono così completamente soddisfatta che potrei organizzare con entusiasmo la spaghettata di mezzanotte per tutto il vicinato...)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Certamente che c'è chi vive così il lavoro...l'esempio dell'hikikomori è molto calzante, e ahimè è una deviazione tipicissima del mio lavoro e del contesto al quale mi riferisco. E dentro ci sono le motivazioni più varie, dalla speranza, per lo più del tutto vana, di ricavarne una crescita, all'assorbimento totale nel lavoro indotto dalle stesse company con vari mezzi. Per lo più, questi malati di lavoro non hanno consapevolezza di esserlo; spesso si ritrovano a lavorare 12 ore al giorno senza sapere di poter avere delle alternative. Ci sono anche delle aziende che applicano dei meccanismi per plagiare i dipendenti e indurli a lavorare ore in più; ad esempio, in un'azienda per cui ho lavorato a inizio carriera, c'era la regola non scritta di "non salutare" chi andava via prima di una certa ora, affinché si sentisse a disagio. Ricordo che a me capitava di non avere nulla da fare a un certo punto, perché ero neoassunta e non ero ancora così coinvolta sui progetti; ma ho capito subito la regola non scritta e mi sono adeguata, con un certo disagio.

    Il dipendente viene quindi abituato a dare più di quel che dovrebbe, e dopo pochi mesi diventa un'abitudine ed è "strano" chi non si adegua, questo posso assicurarlo. Tipicamente quello che succede è che quando subentrano situazioni che impediscono di continuare a dare così tanta parte della propria vita al lavoro, o si va via da queste realtà (se si riesce) o si viene messi da parte. Ci vuole molto carattere per riuscire a conquistare un equilibrio vita lavorativa e vita privata, in questo ambito.

    Poi c'è chi come dici tu fa una scelta ben precisa di investimento sul lavoro, e lì mi viene da dire che ognuno è padrone della propria vita e può fare come gli pare, ma certamente per chi vive con queste persone non è bello ritrovarsi a viverne le briciole, a venire sempre "dopo"; c'è chi lo accetta per altro tornaconto, ad esempio economico, ma personalmente resto salda nel parere che avere del tempo per se stessi sia un valore da non sottovalutare.

  • Ma scusate, vi risulta esistere qualcuno che vive il lavoro come l'hikikomori vive il web?

    Come già detto da Ipposam: sì, esistono.


    Mentre penso che unico arbitro della "positività" debba essere chi la vive.

    Certamente ognuno può far ciò che vuole con la propria vita, fino a quando non nuoce al prossimo. Ma confermo che, visto che siamo in chiacchiere, per me (opinione personale) è un modo poco sano di trascorrere la propria vita. Coltivare anche altri interessi oltre al lavoro mi sembra renda le persone più interessanti. Pensa dover trascorrere una serata in compagnia di un idraulico che parla solo di tubi! ^^

  • personalmente resto salda nel parere che avere del tempo per se stessi sia un valore da non sottovalutare.

    Nei tantissimi casi che ho in mente mentre scrivo, Ipposam, il "tempo per se stessi" queste persone lo trovano ANCHE (quando ritengono) proprio nel lavoro, proprio perchè ne traggono gratificazione! E...a parte che farsi un paio d'ore in più di quelle da impiegato è davvero irrilevante nell'economia dell'intera giornata e non toglie nulla di nulla ai propri piaceri, ma come già detto: non di rado consente di vivere quei piaceri in modo molto più pieno e rilassato.


    Devo ammettere, però, che i miei riferimenti mentali sono sempre a lavoratori autonomi (dall'artigiano al professionista) e che non conosco assolutamente il clima che si può vivere al riguardo nel lavoro dipendente.


    Pensa dover trascorrere una serata in compagnia di un idraulico che parla solo di tubi! ^^

    :/ Se è un tipo simpatico e incline a cogliere le cose con ironia...può farti fare più risate lui che un comico di professione! ;)

    (o di uno che ha tot interessi e che parla sempre e solo di quelli, e magari solo per dire quante ne fa X/ )

    In tema una cosa che andava molto di moda quando ero adolescente : gli amici dei genitori che facevano vacanze esotiche ogni due per tre e che al ritorno organizzavano la mitica cena nel cui dopocena avrebbero proiettato per gli invitati i filmini girati in vacanza. Sarò breve : un supplizio con trionfo dell'ipocrisia di tutti i convenuti. :D

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

    Modificato 2 volte, l'ultima da gloriasinegloria: Incorporato un post creato da gloriasinegloria in questo post. ().

  • Diciamo che io ho vissuto direttamente queste dinamiche ben illustrate da gloriasinegloria .

    Avendo svolto lavori diversissimi, ho potuto io stessa notare come cambi il mio atteggiamento in base all'occupazione.

    Ora lavoro relativamente poche ore alla settimana, eppure sto spesso a guardare l'orologio e mi secca se, per qualsiasi motivo, io debba fare delle ore extra. Ma anche i minuti guardo.


    Invece, per gli altri lavori scorrevano ore ed ore e non ho mai fatto caso all'orologio.

    Lavoravo a Pasqua, a Natale, senza battere minimamente ciglio.

    Ecco, questo è un esempio diretto di come la stessa persona possa trasformarsi da una appassionata/dedita/appagata dal lavoro a una che fa il suo e poi vuole scappare a casa

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