Come avete fatto ad andare avanti?

  • Dopo un certo tempo mi sono accorto di avere avuto una gran fortuna ad essere stato lasciato. Non oso pensare a quello che sarebbe successo se fossimo rimasti insieme. E poi...chi non mi ama non mi merita. Mai dimenticarsene.

    Aveva la coscienza pulita. Mai usata.

  • Mi rivolgo a coloro che sono stati lasciati.

    Come avete fatto ada andare avanti?

    Io non vedo enormi differenze tra il lasciare e l'essere lasciati.

    Nella sostanza si tratta sempre del fallimento di una relazione nella quale si era creduto.

    Come si fa ad andare avanti...ognuno avrà la sua ricetta; la mia è sempre consistita nel riflettere che la realtà si fosse ampiamente rivelata distante e inconciliabile con gli aspetti fondanti in cui avevo avuto fede. Per cui diventa solo un vantaggio riprendersi la propria autonomia e sottrarla ad un menage che non ha più quasi nulla di quanto si confidava potesse avere.

    Provando a sorridere (perchè si può :) ) non ho mai pensato ci sia nulla di serio nel consolatorio "chi non mi ama non mi merita", e mi ci viene davvero da ridere, perchè se lo pronunciassero alcuni miei ex in particolare.... ^^ ...una cartellata in piena faccia gliela darei anche di gusto! Troppo chiara la visione che non potessi far altro che lasciarli, giacchè mi stavo proprio sprecando io e solo io! 8)

    Per il resto la vita va avanti, e intanto va avanti con una ipocrisia chimerica in meno, il che è solo un bel vantaggio. ;)

    Si riprende a viverla senza legacci, e da cosa nasce cosa. Importante (secondo me) è non restare fermi a rimuginare. Sempre orientarsi a presente e futuro, facendo e vivendo. Il che non significa obliare il passato, ma...una volta concluso che non c'era storia e anche avendone inquadrate le ragioni...che senso avrebbe continuare a pensare "ma se non fosse stato così o colì ?" . Tempo perso: è stato così. Abbiamo capito. Facciamone tesoro e andiamo avanti col sole in fronte! ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • La mia filosofia teorica è perfettamente in linea con quella che ha spiegato Gloria. Il problema, dove poi peccavano gli stessi filosofi più noti, è la differenza tra la teoria e l applicazione. Diciamo che spesso applico bene, ma poi quando, come stasera, mi ritrovo tutto il giorno solo, annoiato, malinconico e triste, mi rendo conto che non è tanto che non ho superato la fine di una storia, quanto che sono anni, sono relazioni, che continuo a nascondere i miei problemi sotto al tappeto relazionale, il primo problema è che cosi sono il primo a sabotarle da dentro, il secondo è che sto rimandando di anni la relazione con me stesso, l incontro e il chiarimento con me stesso

  • Credo che ognuno abbia modi diversi di reagire a situazioni come la fine di una relazione, la perdita di una persona cara, un licenziamento...insomma, tutte quelle situazioni che hanno in qualche modo a che vedere con la morte, con una fine.

    Non credo esistano ricette magiche valide per tutti, ma sicuramente un primo periodo di dolore e di non accettazione dell'accaduto sia quanto di più normale possa esserci.

    Dicono che i tempi fisiologici per l'elaborazione di un lutto siano 6 mesi/un anno...io credo che anche questo sia soggettivo. Certo che se dopo 2 anni ancora si è fermi sul passato, allora qualcosa non è andato per il verso giusto.

    Ma all'inizio, secondo me, ha senso viversi il dolore, lasciar uscire le emozioni senza ipocrisie. Inutile cercare di soffocare, di fingere di stare bene, ecc.

    Magari potrebbe anche avere senso, passati i primi giorni/settimane, tornare alle cose che normalmente piace fare...all'inizio magari sarà difficile, ma pian piano si riesce a tornare alla vita.

    E comunque anche io ho avuto esperienza di quella sensazione per cui all'inizio ti sembra di aver perso l'unica persona al mondo con cui poter essere felice, invece poi capisci che è una cosa non vera e ringrazi il cielo che quella relazione sia finita...spesso e volentieri si tratta di persone non adatte a noi (così come noi non lo siamo per loro) a cui rimaniamo ancorati, ma quando la relazione finisce, a distanza di tempo, si capisce che forse non era questo grande amore che pensavamo.

  • Mi rivolgo a coloro che sono stati lasciati.

    Come avete fatto ad andare avanti?

    Avete lasciato scorrere gli eventi o vi siete imposti proprio un percorso da seguire? Se si, quali azioni avete intrapreso?

    Chiodo scaccia chiodo.


    Per la verità, non sono stato lasciato. Sono stato tradito, l'ho scoperto ed l'ho lasciata.

    Mi è sembrato naturale.

    Poi, ho scoperto che c'erano attorno a me donne disponibili a consolarmi e ne ho approfittato, a scapito dei sentimenti.

    Mi è andato bene così: con i sentimenti credo di aver chiuso.


    (------------- 8) -------------)

    Ogni cosa umana ha un inizio ed una fine: il lavoro finisce, l’amore muore, l’esistenza arriva alla fine, eppure ci affanniamo a considerare eterne cose e sentimenti che non lo sono e soffrire per la loro caducità. Irrazionalità umana, per fortuna.

  • Bè, no, secondo me la differenza fra lasciare e essere lasciati è notevole. O meglio, può non esserlo, se entrambi non sono più sicuri di voler continuare la relazione, ma lo è se il lasciato non voleva assolutamente esserlo.

    Diamo pure per scontato che, se uno dei due decide di lasciare il partner, le cose non vadano a gonfie vele. Tuttavia, ciascuno ha il suo metro per valutare se preferisce chiudere o continuare, e quando la decisione di chiudere è del tutto unilaterale, credo che chi la subisce soffra di più.

    Ma anche in quel caso le reazioni e i tempi sono molto soggettivi. E francamente dipendono da tanti fattori. Quando mi ha lasciato un amante, con cui era ovvio che prima o poi avremmo chiuso, non è stato nemmeno lontanamente paragonabile a quando mi ha lasciato l'uomo per cui mi sono separata da mio marito, e con cui per due anni ho pensato di passare il resto della mia vita.

    Una domanda che mi faccio sempre è questa, per quanto del tutto futile ai fini pratici. Trovare un altro di cui innamorarsi sarebbe il modo per non rimpiangere più l'altro, oppure, al contrario, occorre prima staccare la mente dal primo per potersi innamorare di un altro??

    Non lo so. Provare a "distrarmi" conoscendo altri uomini, compreso in senso biblico, è stato fatto ma non ha funzionato. Probabilmente avrebbe funzionato se avessi conosciuto uno di cui mi fossi innamorata e lui avesse ricambiato. Ovviamente è capitato che di uno mi sono innamorata, ma non ha ricambiato e siamo da capo, come strappare i lembi di una ferita mai rimarginata:(.

    Una cosa che un po' aiuta, comunque, anzi forse l'unica, è davvero il tempo, nel senso che pian piano i ricordi si fanno meno vividi e quindi meno dolorosi. Ma parlo proprio di un processo fisiologico, come quando ci si dimentica quel che si ha studiato a scuola. Tanto che spesso mi è capitato di pensare che chi ha poca memoria sia favorito.

  • Bè, no, secondo me la differenza fra lasciare e essere lasciati è notevole. O meglio, può non esserlo, se entrambi non sono più sicuri di voler continuare la relazione, ma lo è se il lasciato non voleva assolutamente esserlo.

    Sì, vero.

    Però è anche vero che persino chi viene lasciato per un vero e proprio colpo di fulmine anche improvviso e totalizzante del partner (verso altri, ovvio) ...non sarebbe stato lasciato se quella relazione avesse avuto valenza. E' qui che dico che tanto vale avere questa consapevolezza. E, quando guadagni questa, cosa puoi rimpiangere della relazione e chiunque sia dei due ad aver lasciato?

    Mi suonano moltissimo le parole di giulietto : quando hai maturato che comunque non era quello in cui avevi creduto e ne mancavano troppi fondamentali...se continui a rimpiangerlo...forse davvero devi ritrovare te stesso, piuttosto che continuare ad inseguire un miraggio che si è dimostrato tale. E senza complicarla troppo: per <ritrovare te stesso> intendo anzitutto cercare di spiegarti le ragioni per le quali ti senti monco anche quando ti manca soltanto una coppia che non aveva senso.

    Trovare un altro di cui innamorarsi sarebbe il modo per non rimpiangere più l'altro, oppure, al contrario, occorre prima staccare la mente dal primo per potersi innamorare di un altro??

    Considerazione rivolta soltanto agli over 50 (e che io stessa trovo vietata agi under, come oscena presso di loro) : io non credo che sia più possibile innamorarsi dopo questa età (e forse anche da un po' prima di questa età).

    Mi suona molto lucido e sincero il "con i sentimenti credo di aver chiuso" di Pivaldo . E mi suona anche di persona che abbia conosciuto troppo bene i sentimenti per poterli pronunciare invano.

    Innamorarsi è qualcosa di magico e naturale, ma è anche qualcosa che brucia tanto di noi e che viene gioiosamente bruciato con una forza e un entusiasmo che non sono rinnovabili a vita.

    Sesso e solitudine continuano a muovere qualcosa, stando ai cosiddetti amori della quarta età, anche a 80 anni; ma (secondo me) per chiamarli <innamoramenti> bisogna aver dimenticato o mai saputo cosa significhi innamorarsi.

    Penso sia anche molto fisiologico relativizzare tantissimo nel corso del tempo.

    E comunque rendersi conto che in età matura si incrociano interessamenti (qui parlo di interessamenti, e non di interessi materiali, ma poi ci sono spesso anche solo quelli) che non hanno nè possono avere più nulla in comune con quella forza e fede cieca nella vita che si può avere da giovani.

    E non c'entrano esperienze felici o infelici, secondo me.

    C'entra solo ed esclusivamente la Maturità, dinanzi all'evidenza che i progetti condivisibili decrescono, e si pongono in proporzione inversa rispetto al tempo e alle forze e al desiderio vero per poterli realizzare... o anche solo, appunto, desiderare...


    Più volte ho citato un verso della Merini, che considero una vera e propria Terapia shock, in un solo verso, per chi soffra pene d'amore.


    "Non mi manchi tu.

    Mi manca quel che pensavo tu fossi."


    Queste parole mi hanno davvero illuminata, da quando ho avuto la fortuna di leggerle.

    Ma...il "tu" lo personificavo nel tal o talaltro "tu" del mio reale.


    Poi, proprio stasera e riflettendo qui, con voi e grazie a voi, mi balena un'altra possibile declinazione di quel "tu". Per nulla malinconica e anzi divertita, che però è quella che rende la mia piccola riflessione oscena e vietata agli under 50 . E cioè :

    e se il "tu" non fosse Tizio o Caio, ma fosse proprio l'amore passionale :?: :P



    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

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