Messaggi di Alba Cremisi

    Parliamo che solo i non incel cercano una che li ripugna esteticamente, che non sa nemmeno cucinare il riso in bianco per gli ammalati e che gli faccia da Signorina Rottenmeier H24 365 giorni l'anno.

    Parliamo del fatto che hai descritto come "ideale" una donna da comandare, remissiva, che non ti "rompa le balle". Ciò rivela una concezione di relazione sbilanciata, dove l'altra non è una persona autonoma ma un complemento funzionale ai tuoi bisogni. È questo che trovo particolarmente significativo e che si collega perfettamente al discorso portato avanti in questo thread. La tua è una visione anacronistica, in cui la compagna deve essere una sorta di "au pair" ossequiente e sessualmente disponibile, e non una persona con cui rapportarsi alla pari. E lo rimarchi pure, come se fosse qualcosa di cui vantarsi.


    E tale pensiero, secondo te, non sarebbe di matrice "patriarcale", oltre che rispecchiare perfettamente la retorica incel/redpill?

    Purtroppo quando qualcuno è convinto che tu sei un incel e ti stuzzica costantemente su questo rispondi, no??? ^^

    Mi era sfuggito questo passaggio; non posso sapere precisamente cosa ti passi per la testa riguardo alle varie teorie incel/redpill (anche se molti dei tuoi interventi penso siano rivelatori in tal senso), ma credo sia illuminante dare uno sguardo al concetto di donna ideale che avevi espresso in un altro thread e che sono riuscita a ritrovare:

    Oh io parlo per me...


    Io volevo una esteticamente che mi avrebbe fatto sangue, sapeva cucinare più di mia madre (ed è difficile ve l'assicuro), remissiva (cioè che dovevo comandare io a casa), in generale non doveva rompermi le balle...

    Di cosa parliamo, quindi?

    Questo discorso non distingue l'oggettificazione sessuale da quella reale. Che differenza c'è ad esempio tra l'oggettificazione nei porno, e l'esaltazione della violenza in certi film? O l'esaltazione della velocità nelle gare motociclistiche? O l'esaltazione della violenza fisica negli sport di combattimento?

    In un caso l'oggettificazione riguarda esseri umani reali, e nell'altro concetti astratti come la velocità o la violenza.

    Inoltre questo discorso non considera potenziali cause biologiche sottostanti. Come fai ad escludere che i maschi non sentano l'esigenza biologica di comportarsi in certi modi? Magari addirittura più oggi che in passato, con il miglioramento dell'alimentazione, è aumentata pure l'altezza, magari pure il testosterone (in realtà credo stia mediamente calando, ma per colpa dell'inquinamento!)

    Questo non annulla il ruolo del contesto sociale e culturale nel modellare le modalità con cui determinate istanze (più o meno ipotetiche) vengono espresse o interpretate.

    Infine non capisco cosa proporresti per cambiare le cose, senza passare per la censura o la dittatura. Faccio presente che si dice che la prostituzione è il lavoro più vecchio del mondo, e che basta una sola pornostar e una connessione ad internet per ricascarci. Anche se riduci il fenomeno culturale del 99%, resta comunque materiale erotico a sufficienza. Anche perché un tempo bastava Postalmarket, quindi figuriamoci.

    Riporto da un mio precedente post (il #170):


    "È vero che non esiste una soluzione semplice o immediata (difficilmente accade per problemi complessi), ed è proprio per questo che la tentazione può essere quella di rinunciare, pensando che la sfida sia troppo grande e impossibile. In realtà, come è avvenuto per tanti altri cambiamenti sociali nel corso del tempo, si tratta di un lavoro progressivo, multilivello e mai completamente definitivo.


    Questo non significa quindi censurare tutto o introdurre controlli onnipresenti – perché la repressione feroce di un fenomeno finisce spesso per ravvivarlo, soprattutto nelle frange più estreme – ma piuttosto agire su più fronti: educazione, sensibilizzazione culturale, responsabilità oggettiva delle piattaforme online (non è accettabile che luoghi tossici come quel gruppo restino indisturbati e vengano chiusi solo su pressione esterna), e soprattutto un cambiamento nel modo in cui ciascuno – nel proprio piccolo – affronta discorsi, battute e atteggiamenti che fino a ieri passavano sotto traccia.


    Il punto è arrivare ad interiorizzare certi principi non perché imposti dall'alto, ma perché riconosciuti come giusti dopo un'attenta riflessione personale. È un percorso che richiede costanza, ma capace di generare un cambiamento autentico, profondo e duraturo."

    Questa è una descrizione di un problema diverso rispetto a quello ripetuto nelle ultime pagine, cioè il problema del consenso.

    Non si tratta di problemi differenti, quello del consenso è legato a doppio filo all'oggettivizzazione e spersonalizzazione della donna, quando essa non è più considerata soggetto di diritto, ma una "merce" le cui immagini (in questo caso) possono essere scambiate liberamente in rete, senza implicazioni etiche o morali.

    E' importante sottolineare come il contesto culturale non condizioni solo gli uomini, ma anche le donne, che nascono e crescono immerse in una società che normalizza l'oggettivazione femminile, interiorizzando modelli e aspettative su come dovrebbero apparire, comportarsi o farsi percepire.


    Questo significa che anche quando esprimono consenso, ad esempio partecipando a pratiche sessuali consensuali o producendo contenuti erotici, quel consenso può essere influenzato da norme culturali che le spingono a oggettivarsi o a mercificarsi, anche senza esserne pienamente consapevoli.


    In altre parole, la presenza del consenso individuale non elimina automaticamente gli effetti della mercificazione e dell'oggettivazione: questi fenomeni continuano a operare in maniera più sottile, condizionando percezioni, scelte e comportamenti. Studi in psicologia sociale, ad esempio sul concetto di "self-objectification", dimostrano che l'esposizione a media sessualizzati può portare le donne a interiorizzare una visione di sé centrata sul corpo e sulla gratificazione altrui, influenzando anche decisioni considerate "libere" o consensuali.


    Come vado ripetendo dall'inizio il punto nodale della questione è quindi culturale e strutturale: non si tratta di limitare la libertà individuale o criminalizzare il consenso, ma di prendere atto di come un certo immaginario collettivo continui a modellare percezioni e comportamenti, anche in contesti in cui formalmente tutto avviene con "libertà e consenso".


    Detto questo la differenza fondamentale nel caso specifico sta nel contesto.

    Quindi il problema è semplicemente la pubblicazione senza consenso? Se fosse così semplice non ci sarebbero state tutte queste polemiche. Ho sentito pure politici (politiche) lamentarsi di essere sul forum Phica, e presumo che le immagini in quel caso fossero già disponibili in pubblico, tipo forse quelle della Carfagna quando faceva i calendari, o foto di qualche politica al mare in bikini prese da giornali di gossip. Se le immagini avessero avuto la faccia censurata si sarebbero evitate le polemiche? No. Se le immagini fossero state senza consenso in un altro contesto, come capita spesso quando un turista fa una foto in un luogo affollato, quando una TV fa riprese in luoghi pubblici, quando qualcuno si fa un selfie e noi siamo seduti sul tavolo dietro, ci sarebbe stata la stessa polemica? No.

    No, il problema non è semplicemente la pubblicazione senza consenso presa in astratto, ma la particolare combinazione di fattori: la mancanza di consenso, la ricontestualizzazione delle immagini in spazi che le trasformano in "merce" di scambio, e il rafforzamento di un immaginario collettivo che normalizza la mancanza di rispetto per le donne.


    Una foto pubblicata su un giornale di gossip o su un calendario ha un contesto e un'intenzione; caricata in un gruppo social che la usa per ridicolizzare, sessualizzare o "possedere" la persona ritratta diventa ben altro, e decisamente molto più grave. Non è solo la foto in sé, ma la cornice culturale che le viene cucita addosso: dentro comunità di centinaia o migliaia di persone, il significato cambia radicalmente e si rafforza l'idea che quelle donne siano "materiale" da consumare. E questa non è una differenza di poco conto.

    Per parlare di cultura devi per forza fare una statistica e individuare esattamente il tipo di comportamento da analizzare. Nelle polemiche varie che ho sentito si tendono a scambiare sottoculture limitate con culture dominanti. Va pure fatto notare che se il problema fosse una sottocultura, il problema è irrisolvibile perché ai giorni nostri esistono sottoculture di tutti i tipi, perfino di terrapiattisti, streghe, e robe medievali che non sono mai scomparse e forse mai scompariranno.

    Non serve una statistica per riconoscere che c'è un problema culturale: il punto non è quanti, ma il meccanismo sociale che si legittima e si riproduce. Che si tratti di una cultura dominante o di una sottocultura, resta il fatto che certi ambienti non sono neutri: anche piccole comunità (ammesso e non concesso che questa lo sia, e ho i miei grossi dubbi al riguardo) possono avere un impatto concreto e alimentare narrazioni tossiche. E il fatto che sia (eventualmente) una sottocultura non significa che debba essere derubricata a folklore innocuo: le echo chamber, anche in gruppi ristretti, sono in grado di radicalizzare idee e normalizzare comportamenti estremi.

    Piantiamola per l‘amor del cielo di fare paragoni stupidi solo per minimizzare quanto accaduto.

    Immagino che uno possa rifiutarsi di fare una foto all’ingresso della crociera (esperienza che non mi interessa minimamente) e in ogni caso la foto con la collana hawaiana o il sombrero in crociera è ANNI LUCE rispetto a quanto succedeva su questo forum, dove ripeto c’erano anche immagini di minori.

    Se non lo capite siete parte del problema, punto.

    Diversi interventi in questa discussione dimostrano inequivocabilmente quanto si sia ancora lontani da una reale presa di coscienza del problema rappresentato dal persistente immaginario della donna-oggetto e spersonalizzata. A volte anche chi pensa di esserne immune o di essersi emancipato da certi retaggi culturali spesso continua, magari senza accorgersene, a portarli con sé nel proprio modo di pensare.


    La gravità del fenomeno si coglie ancora meglio se consideriamo che questo è un forum particolare, frequentato da persone che, per un motivo o per un altro, possiedono una maggiore sensibilità, capacità analitica e introspezione rispetto alla media, e se perfino qui emergono minimizzazioni e giustificazioni di questa portata, allora possiamo facilmente immaginare quale sia il pensiero reale dell'"uomo della strada".


    Tutto ciò dimostra quanta strada ci sia ancora da percorrere e come certi atteggiamenti e ragionamenti (come ho già scritto) siano spesso più il riflesso di un conformismo sociale radicato che non il risultato di una vera maturazione interiore e consapevolezza critica ma, sia chiaro per evitare fraintendimenti, con questo non intendo dire che tutti gli uomini siano soggetti a tali bias, ma che la loro persistenza, anche in contesti come questo che dovrebbero essere più consapevoli, è la prova di quanto siano ancora diffusi e sottovalutati.

    Temo tu stia facendo un po' di confusione: non si può parlare di "semplice" pornografia quando si tratta di foto condivise senza consenso, che sia materiale rubato, preso di nascosto, hackerato oppure diffuso da ex rancorosi, e questo non ha nulla a che vedere nemmeno con OnlyFans o con adulti che decidono consapevolmente di produrre contenuti erotici. È una violazione (grave) della privacy, punto, e nessuno mette in discussione che nella sfera privata ognuno sia libero di vivere le proprie fantasie come preferisce, purché ci sia consenso. Ma un conto è la sessualità libera, un altro sono spazi pubblici che alimentano e rafforzano una narrativa tossica collettiva, in cui il consenso sparisce e le donne diventano "materiale" da condividere, come fossero Pokemon.


    Definire quanto accaduto come una "polemica ridicola" significa voler ignorare che qui non si parla solo di gusti personali, ma di un contesto che ha effetti reali, e normalizza la mancanza di rispetto per l'altro, rafforza determinate dinamiche di potere e, come ogni echo chamber, abbassa le barriere critiche individuali. E il numero reale di mariti che hanno effettivamente condiviso foto delle proprie mogli è irrilevante rispetto al punto centrale: il problema non è statistico, ma culturale.

    Ma posta così è invitabile che qualche risentimento in qualche uomo la genera, è normale eh. Mica si può pretendere che tutti ma proprio tutti esultino a ciò.

    Che il cambiamento generi resistenze o risentimenti è normale, succede in ogni processo di emancipazione, ma il fastidio di chi perde un privilegio non è un criterio per stabilire se quel privilegio fosse giusto o meno. Se qualcuno "non esulta" di fronte a un riequilibrio, è solo perché preferiva la situazione squilibrata da cui traeva vantaggio. E questo non rende il cambiamento meno necessario o meno legittimo.

    Equazione...

    neo-liberismo : abolizione del posto fisso = neo-femminismo : abolizione del posto fisso sentimentale


    Io non sto dicendo che il femminismo post-moderno sia una teoria economica ma sto dicendo che è figlio "culturale" del neo-liberismo post caduta del muro.

    E' lo stesso schema o mentalità di fondo: "io ti do la libertà di fare quello che vuoi da qualunque base di partenza e puoi realizzarti in base alle tue capacità".

    Questo è il non plus ultra dello schema turbo-capitalista vigente, che sta però creando disuguaglianze enormi...economiche e traslato in ambito sentimentale disuguaglianze sentimentali, dove abbiamo chi ha troppo e chi ha zero.

    Il femminismo non nasce affermando "ognuno per sé e vinca il più forte", ma per eliminare barriere e disuguaglianze sistemiche che tenevano le donne in posizione subordinata. E, a ben vedere, questo è l'esatto contrario della logica turbo-capitalista, che invece accetta e amplifica le disuguaglianze di partenza, anche se come ho già scritto trovo decisamente forzato questo tuo accostamento tra mercato e relazioni.


    Che poi nelle relazioni, come nella vita, ci siano differenze di carattere, di attrattiva o di scelte personali è inevitabile: nessuna forma di parità potrà mai rendere i rapporti "perfettamente distribuiti", ma questo non significa che sia ingiusto togliere privilegi, significa solo che ora le relazioni si basano su scelte volontarie reciproche e non su automatismi o ruoli imposti, e se qualcuno lo legge come "disuguaglianza sentimentale" forse è perché era abituato a pensare che avere una partner fosse un diritto garantito e non una relazione da costruire.

    Stai (volutamente?) fraintendendo le mie parole per associarmi concetti che non mi appartengono: non ho mai detto che i timidi o gli introversi siano "indesiderabili" o che vadano tenuti lontani dalle donne. Possono essere potenziali ottimi partner, alla pari di tutti gli altri.


    Il punto è un altro: prima certi automatismi sociali facevano sì che, anche senza particolare impegno o crescita personale, molti uomini trovassero comunque "un posto" nelle relazioni. Oggi non è più così: timidi, estroversi, ansiosi, brillanti... tutti devono mettersi in gioco, sviluppare consapevolezza emotiva e capacità relazionale. La parità non ha tolto opportunità a nessuno, ha solo tolto il privilegio di averle garantite, e questo vale per tutti, indipendentemente dal carattere. Non si tratta di escludere nessuno, ma di accettare che nelle relazioni non ci sono più scappatoie: ora contano le qualità, non il ruolo imposto dalla società.