Messaggi di Alba Cremisi

    Le donne hanno più libertà di scelta all'interno di una mentalità che spesso proprio da parte delle donne, riversa sugli uomini gli stessi doveri che aveva in passato, con la differenza che in passato la legge tutelava di più l'uomo e le cose si compensavano.


    Per molte donne (oserei dire la maggioranza) è ancora l'uomo che deve corteggiare e farsi avanti, è ancora l'uomo che deve provvedere al mantenimento della famiglia (anche la donna lavora, ma un lavoro meno retribuito e meno prestigioso non influisce negativamente sul patrimonio e sullo status della famiglia), è l'uomo che subisce maggiormente lo stigma di non essere autonomo e di vivere ancora coi genitori; o anche altri pregiudizi minori come per esempio quello di non avere la patente e di non poter portare in giro una donna da lui appunto corteggiata, e altro ancora.


    L'uomo spesso si ritrova così a far fronte a vecchi stereotipi senza più essere tutelato dalla società e con donne che possono appunto scegliere molto di più, con il risultato che la competizione risulta molto più serrata. Da qui la fonte di frustrazione. Ovviamente il femminismo ha gioco facile nel colpevolizzare la frustrazione maschile riconducendola a un gioco di potere, come se ciò che conta per l'uomo fosse sempre esercitare il dominio sulla donna. Oltre la frustrazione, anche la colpevolizzazione, soprattutto da parte di società e istituzioni.


    Non vedo da parte delle femministe lo stesso impegno nel ricercare una società equilibrata. Mettono l'accento esclusivamente sul potere maschile come se fossero tutti gli uomini a trarne vantaggio, ma l'uomo medio da tempo ha smesso di fruirne. Ora io non mi riferisco a tutto il femminismo, ma quello mainstream sicuramente da tempo va in una direzione sola, e la colpa ovviamente è anche e principalmente dei mass media che amplificano questa tendenza.


    Se l'uomo deve perdere dei diritti esclusivi, dovrebbe ritrovarsi in una condizione equilibrata, ma così non è. Se no è un puro esercizio di potere, non ricerca della parità. Non vedo comprensione dall'altra parte, solo giudizio e colpevolizzazione (con la selettività del mondo femminile che resta immutata, come giustamente ha fatto notare qualcuno). Ma di questo non si parla, ci si diletta con il piccolo "patriarca" borghese che ha perso autorità...

    Credo sia necessario distinguere: anche se alcuni stereotipi di genere pesano ancora sugli uomini (come il dover essere sempre il primo a fare il passo, garantire stabilità economica o dimostrarsi sempre autonomo), questo non è "colpa" dell'emancipazione femminile o del femminismo, ma del fatto che il cambiamento culturale è ancora incompleto.


    Questi ruoli tradizionali che oggi gravano sugli uomini derivano dalla stessa mentalità patriarcale che si vorrebbe superare: quella che divide compiti e responsabilità in base al genere. Il femminismo autentico – non le sue caricature mediatiche o le versioni distorte che abitano la fantasia degli accoliti di teorie demenziali – non punta a togliere tutele agli uomini per "sbilanciare" il rapporto, ma a liberare entrambi i generi da ruoli imposti.


    Per questo affermare che l'uomo abbia "perso diritti senza guadagnare equilibrio" è fuorviante, perché in primis non si trattava di "diritti", ma di vantaggi iniqui garantiti da un sistema che negava libertà alle donne. Oggi, con una maggiore libertà di scelta femminile, gli uomini non sono diventati "vittime": semplicemente devono imparare a fare i conti con il fatto che non esistono più automatismi a loro favore.

    Comincerei col dire che l'emancipazione femminile non è la causa della frustrazione maschile, ma il venir meno di privilegi impliciti che prima erano dati per scontati. Non è che "prima soffrivano le donne, ora soffrono gli uomini", la differenza è che oggi le donne hanno più libertà di scelta, e questo fa emergere insicurezze maschili che prima restavano mascherate.

    Ed aggiungo che non è nemmeno tanto una questione di essere scartati con con un ordine perentorio della serie "brutto e sfigato sparisci" - non che non avviene eh - ma il fatto che ciò avviene anche in altra modalità, spiego...

    Tu sei un ragazzo normale e potresti attrarre qualche ragazza ma sei molto esitante ad agire perchè timido, insicuro, ansioso sulle conseguenze, scottato da altri rifiuti, temi la competizione di altri ecc...quindi vedi una ragazza ti fai un idea ma nel frattempo che sei preda delle paranoie alla fine ti passa avanti quello più sveglio e figo e te la "ruba".

    Alla fine alla ragazza in questione che gli frega della situazione? Lei se si ritrova davanti uno che la va bene prende e porta a casa e quello velato dal figo della situazione non viene neppure notato, cioè non sa nemmeno che esiste.

    Oggi un ragazzo se non è sveglio, furbo, non sa cogliere l'attimo...resta a guardare e stop.

    Secondo me ci sono alcuni punti da chiarire: prima di tutto non si può "rubare" una ragazza, perché non è un oggetto da contendersi, ma una persona che sceglie con la sua testa. Già usare questo termine fa scivolare in un'ottica da "preda e cacciatore" che ripropone certe logiche patriarcali e comunque, a prescindere da ciò, parlare anche solo metaforicamente di "furto" in questo caso presume da parte di colui che viene "espropriato" un "possesso" pregresso che nei fatti invece è inesistente.


    Inoltre, non è che alla ragazza "non importi" dei timidi o degli insicuri: semplicemente spesso non si accorge neanche del loro interesse, perché non sono in grado di manifestarlo. E anche se lo sapesse, ha tutto il diritto di scegliere chi preferisce, senza dover fare la "buona samaritana" e mettersi con qualcuno per compassione. Tu lo faresti?


    Quanto poi al mito secondo cui per avere una ragazza bisogna essere obbligatoriamente "belli, ricchi o fighi", la realtà dice tutt'altro: la maggior parte degli uomini sono normalissimi, senza doti da modello o conti milionari, eppure molti di loro sono in coppia, o lo sono comunque stati. Quindi si tratta chiaramente di una narrativa incel/redpill senza riscontri oggettivi.


    Il vero problema nasce quando qualcuno, dopo qualche batosta, o presunta tale nella propria immaginazione, si chiude in sé stesso, smette di provarci, resta fermo a piagnucolarsi addosso nella sua (scomoda) comfort zone, e comincia a dare la colpa alle donne. A quel punto è inevitabile che le cose non migliorino: invece di assumersi la responsabilità e lavorare sulle proprie insicurezze e mancanze, si finisce a coltivare rancore e fantasie regressive (matrimoni combinati, "virtù" di società che trattano le donne come merce, ecc.). Così non si diventa di sicuro più attraenti, ma anzi ancora più respingenti, rimarcando proprio quelle caratteristiche da "sfigato" (come tu stesso li definisci) che rendono cronica l'incapacità di costruire relazioni sane con l'altro genere.

    Va bene il passato faceva schifo e meno male che ce lo siamo messi dietro.

    Ma ora che abbiamo il presente come mai stiamo lo stesso a lamentarci?

    Non doveva essere migliore?

    Alba Cremisi dice che quando toglieremo gli ultimi retaggi del patriarcato allora forse andrà meglio.

    Speriamo.

    Il punto non è lamentarsi del presente in sé, quanto osservare che, anche oggi, non tutti i comportamenti tossici o sessisti vengono condannati in modo netto o vengono interiormente riconosciuti come inaccettabili. Non si tratta di negare i progressi fatti, ma di prendere atto che la cultura patriarcale mostra ancora tracce (più o meno) sotterranee, e distinguere ciò che è cambiato da ciò che persiste permette di capire dove intervenire per promuovere ulteriori cambiamenti positivi.

    Ora dirò una cavolata che mi sta frullando in testa. ^^


    Ci vorrebbe un "apollineo desessualizzato" cioè un sistema dove ci sono regole ma paritarie e dove l'istintualità passionale del sesso sia del tutto eliminata.

    Rimarrebbe solo l'amore platonico, candido, puro, idilliaco...

    Una cosa distopica. 8|

    L'idea di un mondo "apollineo", in cui l'istintualità sessuale sia eliminata, non è né realistica né desiderabile. Non si tratta di sopprimere la sessualità o i desideri naturali, ma di educare alla consapevolezza, al rispetto reciproco e alla responsabilità, creando un contesto sociale privo di oggettivazione e violenza, e questo percorso non richiede affatto l'annullamento della natura umana.

    Distinguo e spiegazioni a mio avviso sono sempre importanti, non per attenuare, ma per fare chiarezza, sviscerare la complessità di un argomento.

    Non quando i distinguo vengono impiegati come mezzo per attenuare o relativizzare certi comportamenti, facendoli diventare strumenti di minimizzazione, anche involontaria, rispetto al problema di fondo.

    Non c'è alcuna riduzione, semplicemente non esiste solo il contesto culturale e sociale; esiste anche quello biologico, e ne esistono altri. La realtà è creata da una compartecipazione di fattori. Riduzionismo è, semmai, chiudere un cerchio in un solo spicchio.

    Non nego l'esistenza di fattori biologici o altri elementi che contribuiscono al comportamento umano, ma una eccessiva (o esclusiva) attenzione a questi rischia di oscurare completamente il ruolo del contesto culturale e sociale, che è invece determinante per rendere certi comportamenti possibili, tollerati o persino giustificati da alcuni, trascurando così un fattore fondamentale.

    Ritorno su questo vecchio post perché mi sembra che questo sia un esempio di esagerazione che attribuisce tutto al patriarcato.

    Mi sembra che la necessità per un uomo, soprattutto giovane, di avere rapporti sessuali regolari e tutte le pulsioni che da questa necessità scaturiscono non sia un frutto del patriarcato, ma una questione meramente biologica e "decostruirla" sia veramente difficile.

    Ma allora anche le eiaculazioni notturne che i giovani hanno, non sarebbero il frutto di un organismo fatto per avere rapporti regolari, ma un frutto della mentalità patriarcale? Mi sembra davvero poco realistico.

    Poi ovviamente queste pulsioni non possono giustificare qualsiasi comportamento, ma credo che siano a monte del patriarcato e non una sua conseguenza.

    Non è ciò che ho scritto. Non nego (ovviamente) l'esistenza di istinti sessuali o pulsione biologica. Il punto che evidenziavo è come il desiderio sessuale non implichi alcun diritto automatico ad accedere ai corpi altrui. Nessuno ha il "diritto" di soddisfare i propri impulsi in qualsiasi momento o a spese di un'altra persona.


    Il problema non è quindi la pulsione in sé, ma la cornice culturale che la trasforma in una presunta "obbligazione sociale" verso il sesso o l'accesso ai corpi femminili. La mia critica riguarda precisamente questa aspettativa che possiamo senza dubbio definire patriarcale.

    Guarda, il punto secondo me è che il porno in sé non è una "novità" degli ultimi decenni: rappresentazioni erotiche e pornografiche esistono in forme diverse da millenni, basti pensare ai vasi greci, agli affreschi di Pompei o alle stampe giapponesi. Quello a cui tu fai riferimento è invece il porno "contemporaneo", quello mainstream sviluppatosi a partire dagli anni ’70-’80 e rapidamente dirottato da possibili intenti iniziali di rottura e liberazione (sfidare i tabù, affermare la sessualità come piacere e non solo come riproduzione) verso un modello industriale standardizzato, fondato quasi esclusivamente sulla mercificazione del corpo femminile e sulla riproposizione di schemi patriarcali.


    Da qui discende quella che viene chiamata oggi "pornificazione della cultura": un immaginario sessuale ipercommerciale che filtra ovunque, dai media alla pubblicità fino ai social, e che contribuisce a rafforzare la percezione della donna come oggetto sessuale. Ed è proprio questo il nodo: non è il "porno" in sé a essere inevitabilmente sessista (quale che sia la connotazione morale che gli si vuole dare), ma il tipo di porno che si è imposto sul mercato, perché prodotto dentro una cornice culturale ancora dai tratti patriarcale, e da essa alimentato.


    La prova è che esistono forme di porno alternative, come il cosiddetto porno femminista, che cercano di rappresentare la sessualità in modo più paritario, inclusivo e rispettoso, senza ricorrere necessariamente alle dinamiche di dominio e oggettivazione tipiche del mainstream. Questo dimostra che non è il linguaggio pornografico in sé a essere intrinsecamente sessista, ma il modo in cui è stato colonizzato dal mercato e dalla cultura dominante.


    Per questo, pensare di "risolvere" il problema semplicemente vietando il porno sarebbe una scorciatoia sterile: non si elimina il problema colpendo il sintomo. Se non cambia la mentalità di fondo, le stesse logiche riemergeranno altrove, perché è sulla cultura, come ho scritto nel messaggio precedente, che bisogna lavorare.

    E qui mi sorge spontanea la domanda: cosa fare sul serio per superarli tali retaggi?

    Ad esempio maggiori controlli sul web ed annesse chiusure di determinate eco-chamber? Maggiore educazione a scuola? Campagne di sensibilizzazione in seno alle famiglie da parte di scuole, associazioni, enti? Abolizioni in ambito culturali tipo vietare il porno, film dove si sdogana la violenza e cose così?

    Io domando perchè mi sembra che agire in tal senso sia un'azione mastodontica, non una cosa che si può fare dall'oggi al domani.

    È vero che non esiste una soluzione semplice o immediata (difficilmente accade per problemi complessi), ed è proprio per questo che la tentazione può essere quella di rinunciare, pensando che la sfida sia troppo grande e impossibile. In realtà, come è avvenuto per tanti altri cambiamenti sociali nel corso del tempo, si tratta di un lavoro progressivo, multilivello e mai completamente definitivo.


    Questo non significa quindi censurare tutto o introdurre controlli onnipresenti – perché la repressione feroce di un fenomeno finisce spesso per ravvivarlo, soprattutto nelle frange più estreme – ma piuttosto agire su più fronti: educazione, sensibilizzazione culturale, responsabilità oggettiva delle piattaforme online (non è accettabile che luoghi tossici come quel gruppo restino indisturbati e vengano chiusi solo su pressione esterna), e soprattutto un cambiamento nel modo in cui ciascuno – nel proprio piccolo – affronta discorsi, battute e atteggiamenti che fino a ieri passavano sotto traccia.


    Il punto è arrivare ad interiorizzare certi principi non perché imposti dall'alto, ma perché riconosciuti come giusti dopo un'attenta riflessione personale. È un percorso che richiede costanza, ma capace di generare un cambiamento autentico, profondo e duraturo.

    Cosa intendi per privato?

    Intendo la dimensione domestica e tutto ciò che si colloca al di fuori dello spazio ufficiale e pubblico: i discorsi informali, le conversazioni fra amici, le battute, fino ai contenuti che circolano in ambienti come, per l'appunto, un gruppo su Facebook. È proprio lì che si manifesta come certi retaggi continuino a esistere sottotraccia, nonostante l'apparente condanna pubblica, talvolta sostenuta in modo ipocrita persino da chi, allo stesso tempo, partecipa a questi circoli in maniera nascosta. E qui la mente torna al vecchio ma sempreverde detto: "vizi privati e pubbliche virtù".

    Ho capito cosa vuoi dire, ma le sensibilità come sai sono diverse.

    C'è sempre quello che la cosa la vede in maniera più moderata, si fa più perchè, ecc.

    Non so eh, ma orientare una tale consapevolezza in maniera omogenea è irrealistico, ci sarà sempre il dubbioso, il tenue ed anche il bastian contrario.

    Io credo che ci sarà sempre più consapevolezza e miglioramento della situazione, ma il quadro che si prospetta non lo vedo perfetto o ideale proprio per il fatto che siamo eterogenei per natura.

    È ovvio che le sensibilità individuali siano diverse e non tutti reagiscano allo stesso modo, su questo non ci piove. Qui non parliamo però (solo) di differenze soggettive, quanto di retaggi culturali che rendono più facile assumere posizioni minimizzanti o giustificatorie. Non è semplicemente che esiste il "moderato" o il "bastian contrario", ma che esiste (e persiste) un sottofondo culturale che rende ancora accettabile attenuare o relativizzare certe dinamiche, piuttosto che condannarle senza se e senza ma. E questo a mio avviso, più che una questione di naturale eterogeneità, è la dimostrazione che certi retaggi culturali non appartengono al passato ma continuano a influenzare il presente, proprio perché la società nel suo complesso non li ha ancora davvero superati.

    È necessario tornare alla distinzione che ho fatto un paio di messaggi addietro: un conto è il contesto specifico rappresentato ad esempio da quel gruppo, o altre realtà analoghe online, e un altro il contesto sociale più ampio. È chiaro che a livello mediatico e istituzionale esiste oggi una condanna e in certi casi anche sanzioni; ma questo non elimina automaticamente i retaggi culturali che continuano a permeare il sentire comune a livello più profondo. Anzi, la compresenza di condanna pubblica e minimizzazione privata è proprio il nodo.


    Il fatto che i media e le istituzioni prendano posizione non equivale a dire che il problema sia risolto: il divario tra norme formali e mentalità quotidiana è evidente, e non basta che una condotta sia pubblicamente condannata perché scompaia, altrimenti non avremmo più casi come quello di cui stiamo discutendo. Inoltre, ridurre certe dinamiche a luoghi marginali o a fenomeni "importati" significa non voler vedere che esse attingono direttamente a retaggi culturali locali, che trovano oggi nuove forme di manifestazione, soprattutto in rete.


    Anche se un fenomeno è formalmente condannato non significa che sia davvero superato: bastano i mille distinguo, attenuazioni e giustificazioni (di nuovo, anche in questa discussione) per mostrare come la cultura patriarcale non agisca più solo visibile in superficie, ma soprattutto in modo sotterraneo, rendendo certi comportamenti indirettamente accettabili o comunque non così scandalosi come dovrebbero essere considerati. Ed è proprio questa ambivalenza - condanna ufficiale ma tolleranza sottile - che permette a dinamiche come quelle discusse in questo thread di continuare a esistere e perpetuarsi.

    Quindi se fossero stati tutti asessuati, sarebbe successo uguale identico.


    "Nulla a che vedere" per me vuol dire nulla e, nulla in senso assoluto, non in senso parziale. Per me nulla vuol dire nulla.

    Affermare che l'istinto sessuale non ha nulla a che vedere significa sottolineare che non esiste alcun legame necessario o obbligato tra pulsione erotica e l'atto di condividere immagini intime senza consenso. L'istinto sessuale può spiegare l'attrazione o il desiderio, ma non impone affatto questo genere di condotte: se così fosse, allora chiunque lo provasse sarebbe portato a violare la dignità altrui, cosa che evidentemente non accade. Queste azioni scellerate non derivano da una spinta naturale, bensì da un certo tipo di mentalità che le tollera, le giustifica o persino le incentiva. Si tratta quindi di una precisa scelta morale e di responsabilità personale, non di una conseguenza inevitabile della sessualità.