Messaggi di Alba Cremisi

    Come vedi Juniz l'ha confermato in tutta onestà anche Alba.

    Io ripeto non sono contro la parità, ma la parità porta anche questo, va detto.

    Non ho confermato proprio nulla: non è la parità ad aver creato il problema, semplicemente prima certi uomini potevano "campare di rendita" grazie ai privilegi che gli trovavano comunque "un posto", anche se non avevano voglia o capacità di crescere sul piano personale o relazionale. Adesso quegli automatismi non ci sono più e, se non ti metti in gioco, non basta più aspettare che le cose ti cadano addosso, ma questo non è una colpa delle donne o del femminismo, è solo che è finita l'epoca delle scorciatoie. Se qualcuno vive questa cosa come una perdita, forse è perché era abituato a pensare che il "posto fisso" nei rapporti gli spettasse di diritto.

    Volendo o non volendo ha dimostrato che il concetto paritario post-moderno uomo/donna voluto anche dal femminismo* non è per sua natura equo e giustizialmente giusto, insomma è poco o per nulla "socialista".

    Quindi non lo dico io ma lei, e comunque ciò si confà perfettamente ai nuovi paradigmi neo-liberisti - per quello dicevo "come si vede che è figlio della caduta del muro".

    Secondo me stai facendo, per l'ennesima volta, un accostamento improprio: la parità di genere non è un progetto economico-sociale in stile socialista o neoliberista, ma riguarda diritti e opportunità uguali per entrambi i generi. Affermare che "parità non significa risultati identici per tutti" significa semplicemente prendere atto che nessun processo sociale elimina le differenze individuali di carattere, scelte e capacità, e il femminismo non nasce per livellare ogni disuguaglianza (come potrebbe?), ma per eliminare quelle che derivavano da squilibri sistemici e privilegi a scapito delle donne. Questo non ha nulla a che vedere con la logica economica del dopo-Muro o con il neoliberismo: si tratta di giustizia di base, non di modelli di redistribuzione. Confondere questi piani non fa che distorcere il senso del discorso: la parità non è un'utopia economica, ma una condizione minima di civiltà.

    Penso che Giuseppex intendesse dire che, per alcuni argomenti in linea con il proprio sentito emotivo e ideologico, la presenza di echo chamber viene tollerata o approvata (come nel discorso dell'eco chamber no-vax), mentre per altri argomenti, disallineati invece al proprio sentito emotivo o ideologico, viene disapprovata.


    Questo, in realtà, è abbastanza tipico: un po' tutti tendiamo ad approvare certe idee per determinate ragioni e a disapprovarne altre per ragioni diverse.


    Parlando di tali ragioni, molto spesso tendiamo ad approvare un'idea se essa, a nostro parere, tutela il nostro interesse o quello del proprio gruppo. Più raramente valutiamo se essa tuteli gruppi esterni.


    Poi, che nelle echo chamber si usino toni rabbiosi per vari sfoghi capita. Resta distinto e anche più costruttivo l'esprimere idee con toni civili, rispetto a uno sfogo di pancia.

    Riconoscere l'esistenza e l'impatto delle echo chamber non significa approvarle o disapprovarle a priori in base al proprio sentito emotivo o ideologico, ma semplicemente constatare come ambienti chiusi e autoreferenziali possano rafforzare certe convinzioni, quasi sempre senza contraddittorio, e influenzare la percezione di fenomeni complessi. Non sto affermando che ogni partecipante diventi automaticamente violento o radicalizzato, né che certi toni siano da censurare a prescindere, ma che quanto più un contesto legittima e amplifica una narrazione tossica, tanto più cresce la probabilità che individui già vulnerabili assumano atteggiamenti nocivi o distorti.

    In quanto, se tutto questo filone di ipotesi è corretto, a mia opinione tali vantaggi, secondo il principio "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma", non arrivano dall'etere, bensì vengono sottratti "algebricamente" a una nuova categoria che diviene frangia "assoggettata".


    Ovvero, per risolvere il problema, dovrebbe avvenire, penso, una nuova forma di emancipazione, ma che in questo caso non riguarda il gruppo femminile, bensì è intestina al gruppo maschile.


    Essenzialmente, grossomodo, un'"emancipazione" degli "introversi" rispetto agli "estroversi", anche se le terminologie introversi ed estroversi sono in realtà inesatte, in quanto estremamente riduttive. Questi "introversi" sono divenuti una nuova categoria debole, almeno in campo relazionale.


    Ma ogni emancipazione, a mio avviso, è difficile che possa trovare solidarietà da gruppi esterni e, è quasi inevitabile che debba essere autonomamente guadagnata dalla categoria stessa, secondo il principio: "il potere non si chiede, ma si prende". Comunque, il discorso sta vertendo un po' sul complesso; non penso che noi si possa riuscire a sgrovigliare tutta la matassa.

    Credo sia però importante sottolineare come gli "introversi" non siano "vittime" imposte da qualcuno, come accadeva invece alle donne: la loro condizione non è nata con l'emancipazione femminile ma esisteva anche prima, solo che grazie ai vantaggi e ai privilegi di cui godevano gli uomini in generale, anche chi era timido o meno intraprendente riusciva comunque "di riffa o di raffa" a costruire relazioni e accasarsi.


    Oggi questi automatismi non esistono più, e chi non sviluppa iniziativa personale, maturità emotiva e consapevolezza relazionale non può più contare su questi elementi distorsivi, e questo non è un problema creato dalle donne, bensì una naturale conseguenza della parità.

    Onestamente non capisco perché, a fronte del riconoscimento dei diritti delle donne, gli uomini dovrebbero pretendere una contropartita o "guadagnare" qualcosa. Quelli che hanno perso erano privilegi iniqui, non diritti legittimi, e il vero beneficio di un uomo maturo e consapevole dovrebbe essere proprio la consapevolezza che si è ripristinata una condizione di parità, in cui le donne non sono più sottomesse e ciascuno ha pari opportunità di scelta.


    Chi "mugugna" di fronte a questo nuovo status quo lo fa perché non è in grado, o non vuole, accettarlo, pensando magari di essere stato defraudato di una presunta investitura divina di governo sull'altra metà del cielo. Si tratta però di un (madornale) errore di prospettiva: la parità non toglie nulla a chi sa comportarsi con rispetto e responsabilità, ma mette fine ai vantaggi ingiusti di chi li pretendeva come dovuti (e li pretenderebbe magari ancora).

    Quindi televirologi e politicanti vaccinisti avevano ragione a pretendere di far chiudere siti e canali novax perche "facevano da terreno fertile a chi era esitante e poi contrario al vaccino causando danni sanitari enormi in seno a tutta la popolazione con tutte le conseguenze annesse".


    Per me...la responsabilità è individuale. ;)

    Se uno si comporta da malato mentale non è colpa mia se ho scritto uno sfogo su internet, internet se è ancora internet deve rimanere libero.

    E ribadisco che le persone non s'indottrinano (specie al giorno d'oggi) leggendo qua e la, il grosso delle convinzioni una persona se le crea nella vita vera di tutti i giorni. Così è stato per me e credo anche per la maggior parte degli altri.

    Quando parlo di "immaginario" intendo l'intero insieme delle narrative incel/redpill, non solo online, e non si tratta di sostenere che "X forum è direttamente responsabile di Y crimine" o che serva chiudere tutto a colpi di censura. Il punto è che comunità di questo tipo non sono semplici sfoghi individuali, ma spazi che rafforzano e legittimano convinzioni tossiche, creando il classico effetto "echo chamber". La responsabilità ultima resta individuale, certo, ma negare che un simile ambiente culturale possa influenzare anche profondamente, significa ignorare come funzionano i processi sociali: le idee circolano, si ripetono, si radicalizzano e, anche se non generano da sole la violenza, abbassano senza dubbio le barriere che potrebbero impedirla.


    Se, ad esempio, un ragazzo insicuro frequenta regolamente contesti dove le donne sono descritte come "rovina della società" o "colpevoli" della sua solitudine, è molto più probabile che le sue frustrazioni si trasformino in rancore invece che autocritica. Non è questione di censura, ma di riconoscere come certi ambienti possano avere un forte impatto sulle persone e la loro percezione di un fenomeno.

    Che alcuni uomini riescano a "divertirsi" o a ottenere vantaggi dalla parità (i "Siffredi" come li definisci) non cancella il fatto che i privilegi storicamente maschili fossero ingiusti, né che l'emancipazione femminile abbia eliminato squilibri strutturali. Il femminismo non promette che tutti avranno la vita facile o che ogni dinamica sociale diventerà perfettamente "giusta", ma mira a eliminare i vantaggi sistemici storici maschili a scapito delle donne, e se qualcuno riesce comunque a cavarsela perpetrando vecchi schemi grazie a fortuna, capacità o astuzia non cambia il principio: parità significa pari opportunità e pari libertà di scelta, non identici risultati per tutti.

    Poi immagino anche che l'esperimento ideale a cui abbiamo pensato io e Garden in cui bisogna ricreare ambienti protetti per timidi uomini e donne non ti piccia perchè non è libero. Ovviamente se bisogna tenere fuori i "Siffredi" non può essere libero tale ambiente, nel senso che le poverette li dentro non sono libere di scegliere o lo sfigato o il normale o il Siffredi, perchè la vera libertà impone la libera scelta sempre e comunque di tutto e di tutti, giusto?

    In generale, se qualcuno decide liberamente e consapevolmente di partecipare a un qualunque consesso, conoscendo e accettando le regole, la sua libertà di scelta resta intatta. Non vedo quindi quale dovrebbe essere il problema, quando nulla viene imposto.

    Bisogna vedere però se siano solo bamboccioni o magari anche depressi.


    Se riescono a lavorare, immagino che un minimo di risorse energetiche le abbiano. Poi però tocca vedere anche i prezzi degli affitti in zona, in paragone allo stipendio del singolo e se tale singolo possa eventualmente migrare verso zone economicamente più abbordabili, sia dal punto di vista lavorativo, sia nel caso debba stare dietro a fragilità dei genitori ormai anziani.


    Oppure se ritenga che da single ne valga la perdita economica, anche se su questo ultimo punto, personalmente, se si può, ritengo che l'indipendenza sia comunque sempre meglio.

    Sono conscia del fatto che la realtà dei cosiddetti "bamboccioni" è sfumata e può variare da caso a caso. Il punto però che volevo evidenziare – soprattutto parlando di quelli economicamente indipendenti – è che troppo spesso l'emancipazione femminile o il femminismo vengono usati come comoda scusa per giustificare la propria inattività o mancanza di iniziativa personale. Trovarsi la "pappa pronta" sul tavolo al rientro dal lavoro e i panni puliti sulla sedia al mattino è indubbiamente comodo, salvo poi "gridare alle nuvole" perché nessuna tapina se li vuole prendere.


    Questo è l'atteggiamento che rischia poi facilmente di sfociare in giustificazioni strampalate o teorie assurde, dove la colpa di tutto viene attribuita agli altri, invece di assumersene la responsabilità e lavorare su sé stessi.

    Secondo me, è importante chiarire alcuni aspetti riguardanti questo discorso, e nel farlo riprenderò alcuni concetti appena espressi nei miei post precedenti.


    Innanzitutto, il fatto che oggi una donna casalinga possa essere malvista, o che certi stereotipi pesino ancora sugli uomini, non significa che l'emancipazione femminile sia "colpevole", perché tali stereotipi derivano dalla stessa mentalità patriarcale che il femminismo cerca di superare: dividere ruoli e responsabilità rigidamente in base al genere e giudicare chi non li rispetta.


    Poi, sì, il cambiamento economico degli ultimi decenni ha modificato molte dinamiche sociali e familiari: il posto fisso, la famiglia tradizionale, la possibilità di contare su automatismi economici... tutto questo è cambiato, con maggiore precarietà, formazione prolungata, spostamenti e libertà diverse. Ma da qui all'affermare che fenomeni come OnlyFans, poliamore o incel siano conseguenze di questi cambiamenti, c'è un salto logico. Questi atteggiamenti tossici, l'oggettivazione delle donne e la cultura del possesso esistono indipendentemente dall'economia, che può senz'altro amplificarli o modificarne il contesto, ma non crearli ex-nihilo.


    Inoltre, ritardare la formazione di legami stabili o la creazione di una famiglia è un dato sociale e personale, che non dà diritto a ritenere le donne "colpevoli", né giustifica lo scaricare su di loro insicurezze personali. Ognuno deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie emozioni, senza colpevolizzare sempre e comunque gli altri o la società. Ad esempio, quanti "bamboccioni" di mezz'età economicamente indipendenti vivono ancora nel "basement" dei genitori, per motivi di comodità e/o convenienza, facendosi servire e riverire da "mammà"... questo è colpa dell'emancipazione femminile o del femminismo? Non credo proprio. Ma che tipo di impatto può mai avere un simile stile di vita nei confronti di una potenziale partner? Dal mio punto di vista, quello di farla scappare a gambe levate.


    Infine, su fenomeni come il cosiddetto "infantilismo" o la società liquida, è innegabile (ma non inevitabile) che, in contesti di incertezza e instabilità, possano emergere comportamenti più superficiali o opportunistici. Ma anche qui il problema non è la donna emancipata o la libertà sessuale, bensì un insieme di dinamiche culturali e sociali che rendono più complesso il rapporto tra desideri, responsabilità e maturazione emotiva.


    Insomma, il punto è che si continuano a cercare colpevoli ovunque, che al massimo sono complici, invece di accettare il fatto che certe dinamiche e comportamenti derivano da culture di oggettivazione, stereotipi di genere e mancanza di consapevolezza.

    Direi che emancipazione femminile e, venir meno di privilegi maschili, vuol dire la stessa cosa, quindi poco cambia a mio avviso che si dica A o B, non erano neanche così impliciti tali privilegi a mia opinione. Se si guardano i sinonimi e contrari, linguisticamente, uno dei primi contrari di emancipazione che salta fuori, almeno su Google, banalmente è asservimento, dunque: se emancipazione è il contrario di asservimento, è auto-evidente come emanciparsi faccia venir meno i privilegi della frangia asservente nei confronti della frangia asservita. Poi se non fosse evidente, si può esplicare, certamente.

    Definirli semplicemente "privilegi venuti meno" rischia di far passare l'idea che fosse una sorta di perdita legittima o equivalente, quando in realtà si trattava di vantaggi ottenuti a scapito della libertà e dell'autonomia delle donne.


    L'emancipazione non ha tolto "diritti" agli uomini, ha eliminato il privilegio ingiusto di contare su uno squilibrio a proprio favore. E qui la differenza non è semantica, ma sostanziale.

    Il nodo non è stabilire se gli incel abbiano fisicamente pubblicato quelle foto o se abbiano mai avuto una donna. Il punto è che comunità come incel/redpill normalizzano e diffondono una visione tossica della donna come oggetto, proprietà o addirittura "colpevole" dei propri fallimenti personali. Questo immaginario, inevitabilmente, finisce per fare da terreno fertile anche per chi poi arriva a compiere certi atti, pur non rientrando tecnicamente nella categoria "incel/redpill".


    Non è che ogni incel diventi un criminale, ovviamente. Ma quando si parla di "rubare donne", di "selezione spietata" o si rimpiangono società in cui erano trattate come oggetti, il meccanismo è sempre lo stesso: spostare le proprie frustrazioni sul genere femminile. Ed è per questo che i media li tirano in ballo: non perché abbiano materialmente caricato quelle foto, ma perché il substrato culturale che alimentano contribuisce anch'esso a quell'idea di possesso e disumanizzazione che poi può sfociare in gesti di questo genere.