Diario condiviso della giornata lavorativa

  • Anche io mi sento così spesso... il mio consiglio è pensare che è tutto un cinema. Io mi immedesimo nel Gabibbo in quei momenti e parlo con cadenza veneta o romana, così mi sento molto meno serio e tutto intorno mi appare più leggero.

    Grazie per la risposta. Devo precisare una cosa, ossia che queste mie dimenticanze (non parlerei di errori) mi vengono fatte presente in un secondo momento. Ciò che voglio dire è che questa sensazione negativa non la vivo durante l'orario di lavoro, anzi! Nel momento in cui inizio un nuovo turno lavorativo, il passato viene scacciato via e diventa quasi un incentivo per fare più attenzione!

  • Grazie per la risposta. Devo precisare una cosa, ossia che queste mie dimenticanze (non parlerei di errori) mi vengono fatte presente in un secondo momento. Ciò che voglio dire è che questa sensazione negativa non la vivo durante l'orario di lavoro, anzi! Nel momento in cui inizio un nuovo turno lavorativo, il passato viene scacciato via e diventa quasi un incentivo per fare più attenzione!

    Dunque, personalmente quando sbaglio sono a disagio, ma non lo chiamerei senso di colpa, per me è più che altro imbarazzo. Quando ero giovanissima mi torturavo per giorni, mi pareva che tutti pensassero al mio errore e mi vergognavo, era come se in azienda avessero affisso un cartello: "Ipposam ha mandato un file per un altro!" Magari invece non se ne era accorto nessuno. Col tempo, molto tempo, ho imparato a 'staccare': lì per lì l'imbarazzo c'è uguale, poi mi dico: "è lavoro, non morirà nessuno"... e funziona. Con me funziona.

  • Ho notato che ogni volta che sbaglio qualcosa a lavoro e mi viene fatto notare mi sento in colpa. Noto che la maggior parte delle persone che conosco e che lavorano se ne fregano altamente, consigli su come gestire questo tipo di emozioni?

    Ci sono diversi aspetti su cui riflettere:

    • Esiste la critica costruttiva e, se fa male perché ci pone davanti a una nostra lacuna/mancanza/potenzialità (non applicata o sviluppata), è senz'altro utile per crescere ancora.
    • C'è la critica fine a sé stessa o per rompere le scatole e quelle storie stanno scritte nel vissuto di chi le fa e lì dovrebbero anche rimanere.
    • Ci sono errori e errori: quelli che si possono rimediare, quelli che non fanno male a nessuno e quelli che sono guai grossi.

    Per quanto mi riguarda, non sono un buon esempio. Da un lato sono una perfezionista e fatico ad accettare i miei errori, quindi è spesso una corsa a migliorare. Dall'altra mi sono scelta un lavoro che determinati errori non li permette (percezione: sono la morte) e, se capitano, bisogna gestire guai tendenzialmente grossi (bisogna risarcire danni, perdita di clienti, ecc.).

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Oggi voglio guardare il lato positivo. Sto lavorando per una nuova company ed è sicuramente presto per fare valutazioni definitive. Tuttavia, un aspetto mi appare "notevole": qui ognuno ha un ruolo, un ruolo preciso.

    Nella mia ultima esperienza 1 faceva 1, indipendentemente da title e competenze; ho visto dirigenti fare analisi e collaudi, e sistemisti fare i project manager. Se c'era da fare una cosa il primo che passava doveva ingegnarsi per farla...è un meccanismo che fatico a togliermi di dosso adesso, dopo anni in cui mi sono adeguata. Da una parte vivevo molto male quel modo di fare, dall'altra credo sia stato molto formativo, ma sono felice di non vivere più quella dimensione.

  • Grazie ipposam  la huesera , rispondo ad entrambe in un unico post.

    Premetto che sono un perfezionista anch'io, infatti il disagio che provo è simile a quando una persona viene tacciata di stupidità, quindi spesso è principalmente una questione di orgoglio.

    Le dimenticanze che ho sono perlopiù di natura burocratica e non vanno a intaccare il lavoro vero e proprio. Il problema è che, alla luce di questo tipo di dimenticanze, le critiche che vengono mosse dai clienti risultano fondamentalmente inutili e fine a sé stesse.

    Faccio un esempio sciocco: il capo vuole che quando si entri in ufficio venga chiusa la porta. Tu lo fai per mesi, un giorno te ne dimentichi. Il capo ti redarguisce dicendo che hai sbagliato a non chiudere la porta, ma che senso ha? Tu sai che la porta va chiusa, altrimenti non lo avresti fatto tutti i giorni nel corso degli ultimi 4 mesi...spero di aver reso l'idea.

  • Grazie ipposam  la huesera , rispondo ad entrambe in un unico post.

    Premetto che sono un perfezionista anch'io, infatti il disagio che provo è simile a quando una persona viene tacciata di stupidità, quindi spesso è principalmente una questione di orgoglio.

    Le dimenticanze che ho sono perlopiù di natura burocratica e non vanno a intaccare il lavoro vero e proprio. Il problema è che, alla luce di questo tipo di dimenticanze, le critiche che vengono mosse dai clienti risultano fondamentalmente inutili e fine a sé stesse.

    Faccio un esempio sciocco: il capo vuole che quando si entri in ufficio venga chiusa la porta. Tu lo fai per mesi, un giorno te ne dimentichi. Il capo ti redarguisce dicendo che hai sbagliato a non chiudere la porta, ma che senso ha? Tu sai che la porta va chiusa, altrimenti non lo avresti fatto tutti i giorni nel corso degli ultimi 4 mesi...spero di aver reso l'idea

    Eh, i perfezionisti....come ti capisco. Ogni tanto dobbiamo colpire il nostro piedistallo, cercando di demolirlo negli anni.


    Comunque, se gli errori sono di questo tipo, il miglior metodo secondo me è quello suggerito da ipposam

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Sono molto provato. Il nostro ufficio svolge un'attività di supporto per un ente, il quale ha dei dipendenti con i quali collaboriamo. Le attività di questi dipendenti sono tendenzialmente le stesse, assistenza a decine di enti sparsi per l'Italia. Ebbene, in un momento morto ho fatto una ricerca e ho scoperto che un collega ha conseguito un dottorato di ricerca presso un'importante università. Sia chiaro, sono consapevole che ci sia sempre un mondo dietro dei semplici dati, ma il fatto che un Dottore possa fare un lavoro di questo genere mi fa rabbrividire. Non ho davvero parole.

  • ia chiaro, sono consapevole che ci sia sempre un mondo dietro dei semplici dati, ma il fatto che un Dottore possa fare un lavoro di questo genere mi fa rabbrividire.

    Non capisco di cosa rabbrividisci; è possibile che il suo dottorato sia in un ambito utile al suo lavoro, è anche possibile non fosse spendibile direttamente nel mondo del lavoro, così come è anche possibile e verosimile che pensasse di fare una carriera da ricercatore/professore universitario e abbia cambiato idea lungo la strada per via della lunghezza e difficoltà del percorso.

    Insomma le motivazioni possono essere le più varie...di certo è sempre bene avere delle qualifiche, ma è compito nostro trovare il modo di spenderle, nessuno viene a cercarti a casa solo perchè hai una laurea, un master o un dottorato.

  • Sono molto provato. Il nostro ufficio svolge un'attività di supporto per un ente, il quale ha dei dipendenti con i quali collaboriamo. Le attività di questi dipendenti sono tendenzialmente le stesse, assistenza a decine di enti sparsi per l'Italia. Ebbene, in un momento morto ho fatto una ricerca e ho scoperto che un collega ha conseguito un dottorato di ricerca presso un'importante università. Sia chiaro, sono consapevole che ci sia sempre un mondo dietro dei semplici dati, ma il fatto che un Dottore possa fare un lavoro di questo genere mi fa rabbrividire. Non ho davvero parole.

    Welcome in Italy.

    I ricordi sono sempre bagnati di lacrime

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