Ritrosia a incontrare in pubblico persone di sesso femminile

  • gloriasinegloria

    L'altro si aspetta determinate cose, è vero. Ma, riflettendoci, io mi rendo conto che queste cose riescono a essere veramente "segno di vita" solo se le sento autentiche e solo dopo un po' di tempo, nel senso che verso le "determinate cose" mostrate all'inizio, ormai quasi anche uno alle prime esperienze prova diffidenza nella misura in cui percepisce che possa essere solo uno strumento di conquista. E a me, quando passa, appunto, un po' di tempo, non viene più spontaneo sentire le "determinate cose", semplicemente perché sento che l'altro subito mi dà l'impressione di avere una stessa concezione che tutti hanno sempre avuto di me, almeno in un certo tipo di rapporti meno formali (e questa è una costante)

    A questo punto, e così mi collego anche a quello che dice la huesera, non si tratta tanto di investire energie, secondo me, nel senso che se l'altro dopo un po' ti rimanda sempre l'idea di percepirti come una persona rigida, supponente, con grilli per la testa e, di fatto, lontana dai comuni mortali, allora tu non tendi spontaneamente a impegnarti: diventerebbe un obbligo, un dover fare, e secondo me in certe cose non può funzionare così, o almeno non del tutto e, comunque, uno riuscirebbe ad avere la forza di "forzarsi un po'" solo in situazioni diverse dallo schema che qui sto descrivendo per me.

  • A me, quando passa, appunto, un po' di tempo, non viene più spontaneo sentire le "determinate cose", semplicemente perché sento che l'altro subito mi dà l'impressione di avere una stessa concezione che tutti hanno sempre avuto di me, almeno in un certo tipo di rapporti meno formali (e questa è una costante).


    Se l'altro, dopo un po', ti rimanda sempre l'idea di percepirti come una persona rigida, supponente, con grilli per la testa e, di fatto, lontana dai comuni mortali, allora tu non tendi spontaneamente a impegnarti.

    Mentre continuo a non cogliere il nesso tra queste tue dinamiche interiori ed il fatto di mostrarsi in pubblico con donne... non è che mi sia troppo chiaro neanche l'iter del tuo vissuto interiore (come descritto).


    Mi scoppia in gola una grande perplessità che non esporrei mai, per puro rispetto della legittima suscettibilità altrui, e tua in questo caso. E poi, comunque, non ha importanza, perché è solo un mio personalissimo dubbio, fondato sulle mie esperienze e mie riflessioni.


    Continua a sembrarmi interessantissimo quel che dici di te, e sono sempre più convinta che tu ci metta TANTA tua onestà intellettuale.


    Con altrettanta onestà da parte mia, provo a lanciare qualche spunto; e, riguardo a questo, sarò lietissima di leggerti se riterrai di rispondere, ma non credo sia importante la tua risposta a me, quanto piuttosto la tua risposta a te stesso. ;)


    Quel che ho quotato di tuo dice tante cose importanti.

    Intanto dice che tu non ti lasci andare ad entusiasmi o infatuazioni, perché parti da una sorta di diffidenza (questo, consentimi, non è poi così comune, e men che mai al maschile, che a me risulti).

    Poi... in realtà questa diffidenza continui ad alimentarla, senza mai "lasciarti andare", e anzi la rafforzi (fino a renderla esiziale)... laddove, con una frequentazione reale che sembri più subire che volere, riscontri la COSTANTE che "ti rimanda sempre l'idea di percepirti come una persona rigida, supponente, con grilli per la testa e, di fatto, lontana dai comuni mortali".


    Il mio spunto è anche molto più semplice (non semplicistico) del prevedibile, e si potrebbe riassumere in questa domanda: tutto questo temporeggiare in una diffidenza che, anziché diminuire, in te aumenta – con i tentativi un po' forzati dalle donne di conoscersi – perché... stringendo stringendo... senti minacciata una rappresentazione di te che senti non essere realistica e smascherabile, o invece perché non c'è verso di conoscere donna che si riveli all'altezza di tue particolarità autentiche?


    Implicito e sottinteso che, per me, si può essere i più particolari del globo, ma quando c'è trasporto... ci si lascia andare con quella persona che ci piace e... vada come vada... io ci metto del meglio per parteciparti la mia realtà interiore e coinvolgerti nelle mie "particolarità" VERE E VISSUTE... senza farmi nessun film diffidente-aprioristico.

    Chiaro che se, come l'X di cui parlavo sopra, avessi costruito in laboratorio mie AUTO-ASSUNTE "particolarità" che servono soltanto a coprire miei vuoti e che non si traducono in nessunissima mia realtà... ebbene... certo che – come l'X di cui sopra – avrei l'istinto di sopravvivenza di schivare (come X) qualunque incontro del reale, che in poche battute ulteriori mi dimostrerebbe che me la sto cantando, ma in cui nessuno mi dà riscontro di sentire AUTENTICA la mia autonarrazione... neanche pallidamente somigliante alla mia realtà, che nel reale (prima o poi, e più spesso prima che poi) si "tocca".

    Ed è ovvio che da questo passo in poi una SANA diffidenza possa insorgere anche nell'altro, che non ne aveva nessuna.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • ho qualche hobby, ma in nessuno di essi, data la loro particolare natura (sono attività che molti definirebbero "pesanti"), tendo a trovare momenti di condivisione con gli altri;.


    una certa immagine che il mio vissuto ha costruito agli occhi di molti, ma è come se non ci fosse la possibilità di unire tutti questi elementi, di cui sono consapevole, in maniera sistematica, costruttiva e magari risolutiva. È come se l'analisi profonda di tutte le possibili cause, o la semplice mia naturale tendenza a svilupparla costantemente, fosse essa stessa un meccanismo di difesa estremamente subdolo.

    Poi, è chiaro, come più o meno dicevo prima, una sicurezza così forte è forse sintomo di qualcosa di diverso che, sotto, fa da matrice sia al blocco legato alle uscite, sia a qualsiasi blocco legato a una maggiore autonomia.

    E' come se, arrivato a un certo punto, la mia mente diventasse preda della confusione più assoluta. E la sensazione è che ci sia qualcosa di più profondo del semplice "cambiamento forte" da attuare.

    anche se comunque ancora oggi tendo qualche volta a non essere me stesso e a fare gesti o concepire battute un po' infantili.


    È come se, come dicevo ieri, ci fosse un mix fatto di paura della donna in quanto donna, paura del giudizio della stessa e degli altri, paura di essere inadeguato a prescindere da tutto, paura di capire che non sono poi il "migliore di tutti", cosa che troppo spesso aspiro a essere. Ma questa, sempre come dicevo ieri, mi sembra l'apparenza di qualcosa di diverso, perché se riconosco che sbaglio a credere di poter essere il migliore o sempre adeguato alle cose, non può che esserci qualcosa che si nasconde dietro queste "false" consapevolezze mie.


    ma è l'atteggiamento di chi considera che un certo tuo approccio alle cose sia semplicemente inutile, una perdita di tempo. Chiaramente, poi, col tempo, essendomi isolato molto, sempre più per noia o fastidio che per paura, ho perso ogni capacità di interagire con gli altri al di fuori di un certo contesto (quello del lavoro).

    se l'altro dopo un po' ti rimanda sempre l'idea di percepirti come una persona rigida, supponente, con grilli per la testa e, di fatto, lontana dai comuni mortali, allora tu non tendi spontaneamente a impegnarti: diventerebbe un obbligo, un dover fare, e secondo me in certe cose non può funzionare così, o almeno non del tutto e, comunque, uno riuscirebbe ad avere la forza di "forzarsi un po'" solo in situazioni diverse dallo schema che qui sto descrivendo per me.

    Potresti avere una serie di neurodiversità.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • gloriasinegloria

    Continuo a parlare di cose meno specifiche, rispetto al titolo del thread, per rispondere a chi mi risponde, sui vari spunti che man mano vengono fuori. Il blocco vero è quello di non riuscire a mostrarsi in pubblico con donne, e c'è. È il punto di partenza, nel senso che finché non scomparirà, non potrò mai veramente avere la libertá di sentire di poter essere naturale con le persone di sesso femminile e di poter adoperare alcuna mia risorsa per combattere.

    Dall'altro lato, però, come ogni blocco, può anche essere, oltre alla causa di qualcosa (la mancata ricettività mia), anche la conseguenza di qualche altra cosa che lo provoca; ebbene, rispondere a te e a tutti gli altri utenti che sono intervenuti, proponendo spunti che riguardano meno specificamente la questione del thread e più in generale il mio rapporto con le donne, è qualcosa che può aiutare me, che sono l'unico che può indirizzare, direttamente o indirettamente le cose, per una possibile soluzione. Lo dicevo anche nel primo messaggio: sembra che ci siano due blocchi che si autoalimentino, sebbene, ovviamente, le cause potrebbero benissimo essere altrove.

    Per rispondere alla tua domanda e a quello che dici sulla dinamica poco chiara, diciamo che gli interessi che ho facilmente tendono a incasellarmi in una definizione molto rigida, secondo una certa logica comune. Mi è capitato spesso, in tutte le fasi della vita e in tutti i contesti. Tuttavia, è chiaro che le persone che incontro e che condividono con me un dialogo o uno scambio non è che sono così stupide, e quindi provano magari anche ad approfondire la conoscenza, per vedere cosa ci sia davvero dentro o sotto quel "ruolo sociale". Solo che si finisce quasi sempre là, a quell'"incasellamento", e io, forse stupidamente, ho sviluppato quella diffidenza proprio ritenendo fosse sempre e solo questione di tempo essere etichettato in un certo modo. Il punto è che, se sei diffidente, non sei libero di mostrarti e sei vittima di forze interne che, nel mio caso, credo vogliano sempre riportarmi nella comfort zone. E quindi, succede che: 1 non mi abbandono al trasporto, perché avrebbe un inevitabile retrogusto amaro (il trasporto, quello vero, i blocchi te li farebbe vincere, facendoti concentrare solo sulle emozioni e sul presente); 2 non incontro la lunghezza d'onda di nessuna, e quindi sento contemporaneamente di non essere all'altezza di nessuna (cominciando a provare timore reverenziale e tendendo a snaturare ogni mio tratto caratteriale, ovviamente in maniera inconsapevole e "innocente") e che nessuna sia alla mia altezza (cominciando a provare un senso di distacco, quasi fisico, ai primi segni di distanza, diciamo).


    diverso

    Tendo a non escludere mai niente a priori, ma sento (ovviamente nella mia estrema ignoranza in materia) che la questione del blocco e dei rapporti umani in generale di un determinato tipo sia troppo specifica, tra le tante espressioni di sé che ciascuno ha quotidianamente, per ricondurre il tutto a qualcosa che magari riguarderebbe anche diversi altri aspetti di quello che sono o faccio.

  • Guarda che non c'è niente di male se le persone ti vedono uscire con una donna. Anzi, potrebbero essere felici per te, ma nella maggior parte dei casi non se ne accorgeranno nemmeno. I tuoi genitori ti hanno detto che non devi uscire con le donne? E perché?

    Secondo me i problemi sono altri. Forse non te la senti, ti vergogni o hai paura di un rifiuto.

    Bene, se conosci una ragazza che ti piace, cerca di approfondire un po' la conoscenza, vedi se fa davvero per te. Se ti sembra che sia così, chiedile di uscire, ma con gentilezza. Se accetta, uscite e conoscetevi meglio. Vedrai che è una delle esperienze più belle che tu possa fare. E non aspettare: con il passare degli anni diventa sempre meno avvincente. Goditi l'esperienza e speriamo che rimaniate insieme per sempre, se sarà il caso.

  • Tendo a non escludere mai niente a priori, ma sento (ovviamente nella mia estrema ignoranza in materia) che la questione del blocco e dei rapporti umani in generale di un determinato tipo sia troppo specifica, tra le tante espressioni di sé che ciascuno ha quotidianamente, per ricondurre il tutto a qualcosa che magari riguarderebbe anche diversi altri aspetti di quello che sono o faccio.

    L'hai ipotizzato tu stesso che ci possa essere qualcosa sotto di più generico e con ripercussioni in altri ambiti, nelle parti che ho quotato ed evidenziato.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • Il blocco vero è quello di non riuscire a mostrarsi in pubblico con donne, e c'è. È il punto di partenza, nel senso che finché non scomparirà, non potrò mai veramente avere la libertá di sentire di poter essere naturale con le persone di sesso femminile e di poter adoperare alcuna mia risorsa per combattere.

    Vorrai perdonarmi, ma quello che tu trovi sia "il punto di partenza", ai miei occhi appare piuttosto un punto di arrivo (con partenza da individuare).

    Semplice e non semplicistico: sei maschio etero, cerchi donne, ci intrattieni lunghe conversazioni...e poi rifuggi l'incontro "in pubblico"? :/

    E infatti:

    Per rispondere alla tua domanda e a quello che dici sulla dinamica poco chiara, diciamo che gli interessi che ho facilmente tendono a incasellarmi in una definizione molto rigida, secondo una certa logica comune. Mi è capitato spesso, in tutte le fasi della vita e in tutti i contesti. Tuttavia, è chiaro che le persone che incontro e che condividono con me un dialogo o uno scambio non è che sono così stupide, e quindi provano magari anche ad approfondire la conoscenza, per vedere cosa ci sia davvero dentro o sotto quel "ruolo sociale". Solo che si finisce quasi sempre là, a quell'"incasellamento", e io, forse stupidamente, ho sviluppato quella diffidenza proprio ritenendo fosse sempre e solo questione di tempo essere etichettato in un certo modo.

    Questi timori che descrivi...suvvia... che con "l'incontro in pubblico" c'entrano davvero nulla!

    Tant'è che se anche tu vivessi in un suggestivo borgo di 600 abitanti, con relativo "controllo sociale" a livelli stellari, nessuno ti impedirebbe di coltivare la relazione nell'anonimato della città più vicina o finanche in un WE in agriturisimo di tuo gradimento...

    E invece sei tu ad ammettere di essere tu stesso a partire dal timore (o terrore?) di essere incasellato in un modo che non ti renderebbe giustizia. (Quale "giustizia"?...)

    Ragione per cui, in realtà...chi parte dal timore/terrore di questo "incasellamento" sei proprio TU, che parti (pure) diffidente proprio per questo!

    Ma, ti chiedo, "diffidente" di cosa?

    E soprattutto quando coltivi relazioni virtuali anche per lungo tempo, in cui hai tutta la possibilità di esporre quali siano la tua realtà, i tuoi desideri, le tue aspettative, i tuoi obiettivi?

    Chiunque si esprima, in qualunque contesto o tipo di relazione umana, sarà inevitabilmente "incasellato" dal suo prossimo!

    Ma quando il protagonista è stato SINCERO in questo esprimersi...dove sarebbe il problema?

    Ci sarà chi potrà considerarti strano e maturare la PROPRIA diffidenza con conseguente distacco, come ci sarà chi potrà estasiarsi nel constatare che il tuo modo ESPOSTO di concepire la tua vita sia spendidamente complanare al suo...

    Ripeto la domanda: dove lo vedi il problema, se sei stato sincero nella lunghissima serie di scambi virtuali?

    Se una donna ti incasellasse per quel che senti di essere, e dopo discreta conoscenza ti chiedesse di incontrarvi...per logica semplice dovrebbe voler dire che ti ha "incasellato" in un modo che le piace.

    Cosa residuerebbe per essere tu "diffidente"?

    Se ti avesse incasellato in un mood che non apprezza...più o meno gentilmente chiuderebbe anche il rapporto virtuale, ma certamente non ti chiederebbe di incontrarti!


    Basandoni sempre sul solito X di cui sopra: X è da 13 anni che schiva l'incontro de visu con chi è ancora innamorata di lui (e per nulla diffidente, porella).

    Non ha importanza che il tanto vagheggiato (da lei) incontro avvenga in pubblico o in privato, e a Roma come a Milano o a Berlino.

    Il problema di X è che SA di DOVER accuratamente evitare l'incontro de visu ...solo perchè il castello di carta velina che ha costruito virtualmente PER ESSERE incasellato nel modo che lo lusinga e che può affascinare...NON corrisponde alla di lui realtà!

    E che, dunque ...ovviamente è stato "incasellato" anche da quella lei, e che lo è stato in modo molto più che lunsinghiero per X e proprio in quel modo in cui X ambiva ad essere incasellato!

    Solo che X è tristemente consapevole (o meglio terrorizzato) dal fatto che il castello di carta velina da ui costruito nel virtuale...volerebbe via, rovinosamente, al primo refolo di vento provocato da meno di un'ora vissuta DE VISU, e che questo avvenga nel bar del villaggio, o in qualunque altro luogo. Sia pubblico che privato, e anzi...privato sarebbe terribilmente peggio! (non per problemi di ordine sessuale, ma perchè il narcisista è nulla/nessuno, senza una platea di supporto).


    Per carità, si è qui per ragionare insieme e, non conoscendosi personalmente, sarebbe impossibile anche per un Professionista della psiche tentare diagnosi.

    Tutto quel che posso dirti nel mio niente è che la tua dichiarata anaffettività, congiunta alle argomentazini che non mi sembrano consequenziali su piano logico, a me fanno pensare a quache tratto narcisisto (anche molto marcato).

    Al contempo penso, e ne sono lieta per te, che se avverti questa tua particolarità e te ne poni il problema, tu abbia ottime possibilità di venirne a capo con un aiuto professionale. ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Sei figlio unico o hai fratelli/sorelle?

    Se si, loro come si sono comportati con la tua famiglia e le relazioni.


    Io ero molto spaventata dal dover dire ai miei che frequentavo una persona (sono stata sempre sola per 40 anni), quando gliel'ho fatto capire... a loro non è fregato proprio nulla!!!

    A volte ci creiamo paure irrazionali...

    <3 <3 <3

    *sara swarovsky*

  • Scusa se faccio una domanda che magari può apparire inopportuna:
    Sei un uomo o una donna?
    Lo chiedo perchè non c'è nulla di male in entrambi i casi, ma se sei una donna e la tua paura è legata al, purtroppo diffuso, pregiudizio verso l'omosessualità è un conto, se invece sei un uomo è più complicato capire il perchè.

    Io da ragazzino ero estremamente timido e insicuro, e mi vergognavo a farmi vedere dai familiari con una ragazza non perchè non volessero, ma proprio per un discorso di riservatezza. Credo che i miei invece non volessero altro che vedermi felice con una brava ragazza.
    Con gli amici invece era diverso, avevo paura del loro giudizio verso la eventuale partner, che lei non fosse all'altezza delle aspettative (ma poi perchè sarebbe dovuta essere una top model se io ero una persona normalissima), o perchè magari mi avrebbero fatto fare una brutta figura.

    Tornando a te, io semplicemente mi farei la mia vita senza per forza dover rendere conto ad amici e familiari di cosa fai.
    Hai più di 30 anni, un età in cui puoi tranquillamente avvisare che mancherai qualche giorno senza dover dare spiegazioni.

    Non capisco la frase iniziale:
    "Paura di essere visto in pubblico, in compagnia di una donna, da persone conosciute che possano, poi, diffondere la notizia."
    Cosa ci sarebbe di male in questa notizia?

  • gloriasinegloria


    Ok, ammettiamo (molto probabilmente è così) che quello dell'uscita pubblica sia il punto di arrivo della paura di stare solo e “sotto esame” davanti a una donna e, peraltro, non in un luogo segreto, bensì in luoghi in cui tutti possano vedere, quindi giudicare, quindi influenzare, quindi riferire a terzi – anche conosciuti - quello che mostro in una condizione di forte tensione (legato a quello che dicevo sulla "diffidenza", su cui dirò a breve) e far deragliare ogni tentativo mio di essere me stesso e di mantenere la fiducia in me stesso che, da tutti i punti di vista (intellettuale, relazionale, ecc.), è sempre assai bassa. Infatti, nelle occasioni passate in cui incontri si sono tenuti "senza osservatori", la comunicazione è stata decisamente migliore, semplicemente perché ero io più tranquillo (sebbene la diffidenza abbia sempre, poi, finora, trovato conferma, con il prosieguo di un certo rapporto). Diciamo, per sintetizzare ulteriormente, che la paura di uscire sia il risultato di un’analisi costi-benefici in cui alle naturali paure legate all’esame pubblico, all’esame della donna, al suo giudizio e al condizionamento che potrebbe subire l’idea di me (costi) si contrappongano scarsi benefici potenziali (legati alla diffidenza che ho verso le persone, e verso le donne in quanto potenziali partner, in particolare).


    Se non ci fosse la tensione, allora, tutto potrebbe andare naturalmente. E allora, è la tensione il problema? E da dove deriva? Ce l'hanno molti, forse tutti, e diversamente certe cose non sarebbero così belle. E allora perché io non la accetto?


    Perché so che è una tensione che è condizionata in maniera determinante da quella diffidenza, oltre che da tutto il resto (gli aspetti belli legati al sorgere di quel tipo di tensione, che, infatti, non sono l’unica cosa di cui mi pre-occuperei, se vivessi certe cose in pubblico). E quindi significa che io non accetto la causa di questa diffidenza, il cui sorgere potrebbe essere attribuito sostanzialmente al meccanismo di seguito descritto. Io alle volte mi sento fuori dal mondo, per interessi e altre cose (che poi si traducono nella sensazione di aver perso troppi treni per crescere e di non poterli prendere più) ma, soprattutto, perché sento che questa cosa influenzi pesantemente il mio approccio alle cose e, di conseguenza, quella che credo sia la percezione altrui di questa cosa (notandolo anche per quanto riguarda altre persone, credo che il punto di vista, per quanto mi riguarda, non sia troppo soggettivo); ciò perché, appunto, certi interessi e certe mancate esperienze sembrano creare realmente un punto di vista altrui condizionato da pregiudizi. La diffidenza, allora, è legata alla sfiducia verso gli altri in generale e verso una presunta loro scarsa profondità di approccio, che puntualmente dimostrano, anche con il passare del tempo, di non trasgredire dalla regola comune, vieppiù considerando che ho sempre notato che è difficile, per chi osserva una sorta di “bambino cresciuto”, non arrivare a certe conclusioni (donde l’aggettivo “presunta” che ho usato poc’anzi). La donna chiede di incontrarmi, ma poi, facendolo occasionalmente o meno, dimostra sempre che il mio modo di essere le appare infantile e non può essere “sostenuto”.


    Allora, tutto sembra essere riconducibile alla semplice sfiducia verso gli altri. In tal caso, allora, occorrerebbero solo rassegnazione o la fortuna di incontrare qualche donna che sappia vedere al di là dei treni mancati, degli interessi particolari, ecc..


    Tuttavia, una domanda sorge spontanea. Negli altri spesso noto, peraltro in persone di qualsiasi età, tratti caratteriali che sembrano molto più accentuati di quelli che credo di avere io, vieppiù considerando che da un po’ di tempo tendo naturalmente a comportarmi in modo molto formale e freddo, quasi, con le persone, proprio per una sorta di reazione ai feedback che ricevo. E, allora, il punto di partenza di tutto potrebbe stare in qualcosa di diverso dalla sfiducia, dal momento che credo sia quantomeno frequente che una certa sfiducia sorga in tutte le persone che, mostrando determinati tratti caratteriali, potrebbero sicuramente subire, almeno in parte, nel loro percorso quotidiano, nello stesso contesto sociale e geografico in cui mi trovo io, il giudizio “negativo” del mondo, ma non per questo rinunciano a vivere le proprie esperienze mostrandosi anche con estrema naturalezza? E, inoltre, se effettivamente io volessi, con questo atteggiamento, proteggere determinate mie debolezze o disfunzionalità e credermi meglio di quello che sono, come mai, essendone consapevole e avendo ormai capito da tempo che non valgono niente certe cose (troppe sono state le occasioni in cui, provando a difendere una certa idea di me – magari come X -, ho ottenuto risultati ben peggiori di quelli che otterrei se non li difendessi; e, quindi, non sento che ci siano modi “giusti” per considerarmi in questo o quel modo), io non riesca a trovare quel grimaldello tale da sbloccare un certo stallo? Soprattutto se, come dicevo, mi è capitato di stare bene con persone anche molto diverse tra loro, con caratteristiche intellettuali e relazionali molto diverse tra loro? Ci sono, è vero, dinamiche irrazionali legate a cose come “paura del rifiuto” e simili, ma come può, allora, persistere se sento di aver preso consapevolezza in maniera assai realistica – anche brutale, per certi versi - di certi miei limiti e del fatto che difficoltà caratteriali o di altro tipo non sono mai potenzialmente incompatibili con una vita relazionale di alcuno?


    sara84


    Sì, tant’è vero che questo è un ulteriore motivo per cui reputo assai “misterioso” questo mio blocco. Ho avuto prova del fatto che i miei genitori, ma anche le altre persone, non hanno manifestato niente di particolare.

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