Ritrosia a incontrare in pubblico persone di sesso femminile

  • Salve a tutti.


    Non riesco a uscire con persone di sesso femminile per il timore di doverlo dire ai miei genitori, con cui vivo. O, cosa analoga, per la paura di essere visto in pubblico, in compagnia di una donna, da persone conosciute che possano, poi, diffondere la notizia. Ne consegue che, a parte tentativi semi-adolescenziali di vedere ragazze di nascosto, non ho mai, in tempi recenti, potuto pensare di intraprendere relazioni o anche di coltivare profonde amicizie "vissute" con ragazze o donne.


    Fornisco altri elementi, affinché chi voglia farlo possa esprimersi in questo spazio con maggiore cognizione: ho più di trent'anni; ricevo anche pareri positivi sul mio aspetto fisico; ho un lavoro che mi consente di avere a che fare quotidianamente con persone di età, genere ed estrazione diversi, a vari livelli comunicativi; non ho problemi a uscire con persone di sesso femminile, anche di pari età, ma in contesti diversi (incontri di lavoro, ecc.); mi piacerebbe provare a vivere una relazione sana, ma le profonde frustrazioni a cui sono costretto da questa mia paura tendono a farmi vedere ogni tentativo come inutile o insensato e, conseguentemente, anche a spegnere gran parte dello spirito propositivo che normalmente simili esperienze richiamano; ho qualche hobby, ma in nessuno di essi, data la loro particolare natura (sono attività che molti definirebbero "pesanti"), tendo a trovare momenti di condivisione con gli altri; le esperienze, fortemente limitate, a cui accennavo prima si sono tutte concluse per via del fatto che il blocco diventava a un certo punto, direttamente o indirettamente (condizionando i miei comportamenti), insostenibile per l'altra persona (per ovvie ragioni, ci mancherebbe).


    Aggiungo anche che spesso, in alcuni momenti, ho anche la sensazione di avere paura di innamorarmi e la sensazione di avere due blocchi (il semplice uscire con le donne in pubblico e una certa ritrosia alla possibilità di abbandonarmi ai sentimenti) che si alimentino a vicenda, sebbene vi sia la possibilità che il secondo (la sensazione di avere paura di innamorarmi) sia in realtà, in qualche modo, effetto della rassegnazione dovuta al primo. Peraltro, sebbene abbia una forte tendenza all'introspezione, quando arrivo a pensare a come poter fare per affrontare questa o quella paura, provando ostinatamente a trovare qualche grimaldello che vinca le mie difese, giro a vuoto e finisco con l'essere ancora più confuso; riconosco alcuni elementi presenti, legati all'uno o all'altro blocco, quali potrebbero essere la paura di non essere all'altezza o la paura di perdere una certa immagine che il mio vissuto ha costruito agli occhi di molti, ma è come se non ci fosse la possibilità di unire tutti questi elementi, di cui sono consapevole, in maniera sistematica, costruttiva e magari risolutiva. È come se l'analisi profonda di tutte le possibili cause, o la semplice mia naturale tendenza a svilupparla costantemente, fosse essa stessa un meccanismo di difesa estremamente subdolo.


    Grazie a chiunque voglia dire la sua: se è vero che tali questioni, così come l'individuazione di possibili cause, sono sempre intimamente collegate al vissuto di ciascuno, è pur vero che la mente spesso può aver bisogno anche di un pensiero, un racconto, un’esperienza o un'idea altrui per trovare il coraggio di vedere determinate cose sotto altri aspetti.

  • Io ho 46 anni, convivo coi miei e penso che mia madre la prenderebbe malissimo se uscissi con una donna, perché è da quando ero piccolo che mi dissuade dal farmi una famiglia. Però nel mio caso non si è mai posto il problema perché nessuna donna ha mai neanche accettato di farsi offrire il caffè dal sottoscritto.

    Esamina la tua paura, oggi sei uscito con una ragazza e i tuoi lo vengono a sapere. Come reagiscono? Che ti dicono?

  • È come se l'analisi profonda di tutte le possibili cause, o la semplice mia naturale tendenza a svilupparla costantemente, fosse essa stessa un meccanismo di difesa estremamente subdolo.

    Ciao.

    A me sembra che almeno un po' ti sia risposto da solo nel quotato.


    Credo di aver rischiato qualcosa di simile per il narcisismo impalpabile quanto dilagante di mia madre.

    So di esserne felicemente sfuggita, solo perché da adolescente ebbi la fortuna di quel guizzo che me la fece vivere, con qualche squarcio indimenticabile quanto prezioso, come il modello di donna che io non avrei mai desiderato essere, e che mi faceva anche pena.

    Però ho visto e vedo mio fratello esserne rimasto vittima pesantissima per sempre (anche oggi), e sconfinare nello psichiatrico pesante e ormai irrimediabile.


    Naturalmente ti prego di prendere quel che sto dicendo per quel pochissimo che può valere, poiché non conosco te, la tua storia, e tantomeno la tua famiglia, oltre quel che hai scritto in questo topic...


    Al momento riesco a leggere soltanto che tu abbia attivo un iper-auto-controllo che arriva ad essere auto-castrante, sebbene tu sia perfettamente consapevole di essere una persona valida e piacevole.

    Hai anche descritto molto bene le dinamiche mentali di auto-castrazione.


    Ma... non sarà il caso di chiederci da dove abbia tratto origine questo iper-auto-controllo, molto probabilmente indotto da schemi "educativi"?


    :friends:

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Non ci sono precedenti e non ne ho la minima idea. In ogni caso, faccio un tentativo, provando a basarmi sui loro comportamenti in situazioni simili.

    Potrebbero:
    1) vederla come se io fossi adolescente, reagendo di conseguenza e facendomi male (il fatto che, su molte cose, io venga visto ancora come una specie di adolescente - non mi conforta il fatto che tutti dicono che "per i nostri genitori saremo sempre piccoli" - mi urta parecchio);
    2) tacere, ma anche qui, capendo io subito il loro atteggiamento evidentemente difficile da dissimulare, mi verrebbe lo stesso tipo di ansia legata all'incontro in sé e per sé;
    3) provare a comportarsi in maniera naturale, ma inevitabilmente con una goffaggine tale che subentrerebbero in me fastidio e ansia (quest'ultima legata al fatto che la goffaggine iniziale apparirebbe subito come il preludio a tentativi di controllo successivi - sempre per il fatto che su certe cose è evidente che mi considerino come un adolescente).

    In definitiva, sono tre scenari fortemente ansiogeni, che non mi farebbero avere quella serenità necessaria per affrontare con la giusta maturità esperienze del genere.

  • Ma ammettiamo che si arrabbiassero e te lo dicessero apertamente, che pensi che ti direbbero?

  • Gloria, la cosa strana - su cui ho riflettuto moltissimo - è che mia madre è una persona che non incute proprio l'idea del "narcisismo violento". E' proprio il contrasto tra una certa, paradossale sua mitezza e la situazione che descrivo a essere per me indecifrabile, per la sua apparente assurdità.


    Con il tempo, ha provato a modificare molti suoi atteggiamenti, ma forse è proprio questa "modifica" - dettata chiaramente dal profondo affetto materno - che ha creato in me una specie di "angoscia" legata all'imprevedibilità di quello che potrebbe succedere.

  • Ma ammettiamo che si arrabbiassero e te lo dicessero apertamente, che pensi che ti direbbero?

    Sono convinto che non si arrabbierebbero.

    Ma, in un certo senso, preferirei la loro rabbia alla considerazione che avrebbero di me come un adolescente alle prime armi da proteggere. E credo che questa sia una cosa inevitabile, per quello che posso dire di loro.

  • Gloria, la cosa strana – su cui ho riflettuto moltissimo – è che mia madre è una persona che non incute proprio l'idea del "narcisismo violento". È proprio il contrasto tra una certa, paradossale sua mitezza e la situazione che descrivo a essere per me indecifrabile, per la sua apparente assurdità.

    Ma neanche mia madre suggerirebbe mai l'idea del "narcisismo violento"!

    Piuttosto il contrario, all'APPARENZA, e cioè una sorta di vittimismo cosmico, condito con piena quanto ottusa assertività di un "dover essere" che è solo nella sua testa (ed anche funzionale al suo egoismo ancestrale e ingovernabile, che oggi si vede benissimo e che è nel PRETENDERE di avere i figli a propria disposizione) che ha curato di instillare nei figli (per mia fortuna... con scarsissimo successo presso me).

    L'assertività subdola e malata, in mia madre, non è mai consistita nell'affrontare "prove di logica e dialogica anche minimali"... assolutamente no! Lei adottava (suppongo inconsapevolmente) il "gutta cavat lapidem" QUOTIDIANO, su base VITTIMISTICA! Del tipo: "Io ogni giorno vi ricordo come dovreste essere, figli, e se non lo siete sono affranta e piango." (Per mia fortuna non mi commuove più dai miei 14 anni circa...)

    Che è una roba che ha del mostruoso, per la prepotenza/arroganza che la sostiene!


    Poi torno a ripetere: io parlo della mia esperienza (lugubre e ancora in corso) e non voglio assolutamente proiettare nulla su Persone che non conosco.

    Spero soltanto di poter dare spunti di riflessione. ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Sono convinto che non si arrabbierebbero.

    Ma, in un certo senso, preferirei la loro rabbia alla considerazione che avrebbero di me come un adolescente alle prime armi da proteggere. E credo che questa sia una cosa inevitabile, per quello che posso dire di loro.

    Questo lo sarai per sempre, qualunque cosa farai. Uno dei ricordi di bambino che mi sono rimasti più impressi fu vedere la mia bisnonna di 100 anni sgridare e prendere a legnate un mio prozio (suo figlio) di 80 e passa.

  • La consapevolezza sulla struttura del mio rapporto con mia madre e, in generale, con tutte le figure in qualche modo "autoritarie" è sicuramente cresciuta rispetto al passato, tant'è che ho la convinzione che non ci sia più nulla da sapere. Tuttavia, spesso simili convinzioni sono tanto più forti quanto più illusorie, tramutandosi nel peggiore dei tranelli perché possono costituire una sorta di ennesimo meccanismo di difesa che non consente di vincere certi blocchi.


    E' come se lo sviluppo di una consapevolezza, che tendenzialmente dovrebbe portare a risolvere certe cose, in realtà nel mio caso si sia tramutato nel più astuto o beffardo dei colpi di genio maligni.

    Qualcuno potrebbe semplificare, forse non andando tanto lontano dal vero, dicendo che non ho ancora incontrato nessuna donna così straordinaria da farmi avere il coraggio di buttarmi. Tuttavia, alle volte mi chiedo come sia possibile che avendo avuto a che fare con molti contesti anche diversi tra loro e avendo anche provato determinate emozioni, io sia ancora qui, fermo come quando avevo quindici anni.

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