Dire la verità alle persone

  • Il mio "problema" è che sono un individuo con delle difficoltà che non maschero né a me stesso né a tutti coloro con cui ho un rapporto onesto e sincero. Questo fa sì, anche grazie alla terapia che seguivo anni fa, che io riesca a mettermi sempre in discussione. Sono molto autocritico e pronto a mettermi a nudo senza alcun problema, in virtù di due cose: 1) non ho paura ad ammettere a me stesso i miei errori e le mie fragilità; 2) la consapevolezza acquisita dalle esperienze vissute nella mia vita rende possibile la mia capacità e voglia di giudicarmi, dunque i giudizi altrui contano relativamente per me.

    Il problema è che applico agli altri la stessa critica che applico a me stesso.

    Personalmente, quando si tratta di auto-conoscenza (diversa dall'auto-critica, dopo spiego la differenza fra le due), sono molto cauta nella certezza di quanto -per l'appunto- mi auto-conosco.


    Siamo esseri in divenire e la conoscenza di sé è un lavoro costante, da farsi momento per momento, in base a quello che la vita porta alla luce del nostro essere. Il nostro io/ego è molto abile a nascondere alla coscienza le sue vere istanze e trova percorsi sempre più sotterranei per giustificarsi o proiettare sottilmente verso gli altri ciò che invece è un problema per noi (e non per gli altri)... ce ne accorgiamo quando in noi affiora la lamentela, l'insoddisfazione, il rancore, e via dicendo.


    Ma veniamo alla differenza fra auto-critica e auto-conoscenza: la critica presuppone un giudizio, un "come sono e come dovrei essere", sovente attingendo nel nostro passato per trarre le informazioni su di noi per poi proiettarci in un futuro. E questo tipo di lavoro ha un sua utilità indubbiamente, ma lo trovo meno pratico di quanto si creda e spesso si lavora più con l'immagine di noi stessi che su noi stessi. In un approccio diciamo più mindfullness, l'auto-conoscenza è l'osservazione di sé che non ha giudizi positivi né negativi, rigorosamente al presente (qui ed ora), cercando di essere quanto più sinceri su ciò che emerge e ci muove: emozioni, pensieri, etc.


    Detto questo, giusto per capirci, uso l'esempio che tu stesso hai riportato:

    Esempio: c'è un mio conoscente al quale qualche anno fa è stato diagnosticato un disturbo dell'umore. Un uomo di quasi 40 anni che trova difficile gettare la spazzatura o farsi un piatto di pasta. Qualche settimana fa, a proposito di una discussione sul futuro, mi ha detto che un suo grande desiderio sarebbe quello di crearsi una famiglia. Io ho contato fino a 10 e ho risposto dicendogli che io non mi ci vedevo con dei figli, ma in realtà pensavo: "Ma come fai a pensare di prenderti cura di un bambino, quando dormi 13 ore al giorno e per te è motivo di ansia e stress anche farsi una doccia?".

    Chiaramente è ciò che penso, ma per evitare "futili" discussioni ho parlato di me. Sono consapevole che questa verità lo avrebbe offeso, così come sono consapevole dei suoi problemi psichiatrici, per questo motivo ho deciso di tacere. In linea di principio, però non c'è nulla di falso in quello che ho espresso qui!

    Non vedo l'utilità nel dire al tuo amico il tuo pensiero, almeno così espresso, ossia con critica, anche se potrebbe avere "senso" (diverso dall'essere dunque vero), ciò che tu pensi rispetto la sua condizione e il volersi fare una famiglia ha indubbiamente senso, ma non è una verità diciamo oggettiva ma più soggettiva (il tuo punto di vista).


    Potrebbe esserci la verità del suo punto di vista, per la quale, inconsciamente desiderando una famiglia si dà un'illusione di prospettiva per andare avanti. Pragmaticamente parlando non ha senso visto che ha tanti altri problemi da risolvere ma potrebbe averlo dal punto di vista del "desiderare".

    Dovrei imparare a starmene zitto...

    Non ne vedo il motivo. Ogni circostanza richiede -nel qui e ora- un tipo di intervento. A volte bisogna tacere, altre invece parlare.


    Un indizio: che si tratti di tacere o di parlare è bene farlo non per qualche ragione legata al proprio ego, ma per essere veramente di aiuto agli altri.

  • Secondo te ho fatto bene a tacere perché esprimendo questo pensiero non sarebbe stato "utile"?

    Il tuo esempio non parla di verità che le tue parole possono o non possono svelare. Il desiderio di avere una famiglia è un desiderio, può esserci anche in punto di morte, senza un domani da vivere.


    Rispondendo così come avevi pensato non avresti svelato alcunché ma avresti enfatizzato le sue mancanze. Riformulando il concetto potrebbe essere utile eccome.

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Il tuo esempio non parla di verità che le tue parole possono o non possono svelare. Il desiderio di avere una famiglia è un desiderio, può esserci anche in punto di morte, senza un domani da vivere.


    Rispondendo così come avevi pensato non avresti svelato alcunché ma avresti enfatizzato le sue mancanze. Riformulando il concetto potrebbe essere utile eccome.

    Ovviamente ciò che ho pensato è diverso dal modo in cui glielo avrei posto, sarei stato molto più delicato.

    Interessante però come "tu" ti sia concentrata sui modi piuttosto che sul contenuto. Ciò che intendo dire è che, anche se riformulassi la frase, il concetto rimarrebbe identico, ossia la constatazione del fatto che questo mio conoscente non è in grado di badare a sé stesso, figuriamoci a una famiglia.

    Ammetto che non siamo tutti uguali, ma per come sono fatto io sarei disposto anche ad accettare qualcuno che mi dicesse "credo tu sia uno s∙∙∙∙∙o" purché basasse la sua opinione su qualche argomentazione razionale.

  • Ovviamente ciò che ho pensato è diverso dal modo in cui glielo avrei posto, sarei stato molto più delicato.

    Interessante però come "tu" ti sia concentrata sui modi piuttosto che sul contenuto. Ciò che intendo dire è che, anche se riformulassi la frase, il concetto rimarrebbe identico, ossia la constatazione del fatto che questo mio conoscente non è in grado di badare a sé stesso, figuriamoci a una famiglia.

    Ammetto che non siamo tutti uguali, ma per come sono fatto io sarei disposto anche ad accettare qualcuno che mi dicesse "credo tu sia uno st∙∙∙zo" purché basasse la sua opinione su qualche argomentazione razionale.

    Quindi il tuo amico è in una condizione per la quale non riesce a comprendere di non essere in grado di avere una famiglia e ha bisogno di un amico che -a prescindere dal modo- glielo spieghi passo passo. Esponendo tu un'argomentazione ineccepibile e razionale, lui, dovrebbe di conseguenza accettarla. Se non lo fa, immagino che il problema sia suo.


    In questo ragionamento non pensi che manchi un po' di "reale" autocritica su quali sono le tue istanze ? Vuoi avere "ragione" di fronte un amico disagiato, che inconsciamente sarà consapevole di non poter avere una famiglia anche se non vuole accettarlo-vederlo, o vuoi aiutarlo?

    DALI :hibiscus:

  • Considerando che questo conoscente non è in grado di fare moltissime cose basilari, il fatto di poter pensare di badare a un altro essere umano è un qualcosa al limite dell'utopico. Tu lo consideri un parere soggettivo, io lo considero una constatazione obbiettiva di una situazione quotidiana reale.

    Posso tuttavia essere d'accordo con il discorso legato alla "sua illusione che lo sprona ad andare avanti", questo avrebbe senso e penso che se gli esternassi la mia considerazione con tatto probabilmente risponderebbe con un "le cose possono cambiare in futuro". A quel punto credo che penserei comunque all'irresponsabilità di fare un figlio a 40 anni con una situazione economica instabile e una diagnosi psichiatrica irreversibile.

    Sai qual è il punto? Che sono consapevole di come tacere in questa circostanza sarebbe la cosa migliore, ma se questo ragazzo fosse un mio vero amico? Dovrei semplicemente annuire onde evitare un confronto acceso con lui e reprimendo la mia sincerità? E se mi chiedesse addirittura un parere sulla questione?

  • Quindi il tuo amico è in una condizione per la quale non riesce a comprendere di non essere in grado di avere una famiglia e ha bisogno di un amico che -a prescindere dal modo- glielo spieghi passo passo. Esponendo tu un'argomentazione ineccepibile e razionale, lui, dovrebbe di conseguenza accettarla. Se non lo fa, immagino che il problema sia suo.


    In questo ragionamento non pensi che manchi un po' di "reale" autocritica su quali sono le tue istanze ? Vuoi avere "ragione" di fronte un amico disagiato, che inconsciamente sarà consapevole di non poter avere una famiglia anche se non vuole accettarlo-vederlo, o vuoi aiutarlo ?

    Ma poi non è nemmeno detto che la "verità" sia quella che non essendo capace di prendersi cura di sé stesso (in questo momento) non possa essere capace di prendersi cura di una eventuale famiglia. Il desiderio di averne una può fare miracoli e se domani dovesse incontrare la persona giusta magari di docce finirebbe col farne tre al giorno e potrebbe rivelarsi un padre ed un marito premuroso ed attento in futuro. La "verità" non sempre è assoluta, ma dipende dal punto di vista e dalle circostanze.

  • Quindi il tuo amico è in una condizione per la quale non riesce a comprendere di non essere in grado di avere una famiglia e ha bisogno di un amico che -a prescindere dal modo- glielo spieghi passo passo. Esponendo tu un'argomentazione ineccepibile e razionale, lui, dovrebbe di conseguenza accettarla. Se non lo fa, immagino che il problema sia suo.


    In questo ragionamento non pensi che manchi un po' di "reale" autocritica su quali sono le tue istanze ? Vuoi avere "ragione" di fronte un amico disagiato, che inconsciamente sarà consapevole di non poter avere una famiglia anche se non vuole accettarlo-vederlo, o vuoi aiutarlo?

    Probabilmente sì, non è in grado di comprendere come nel 99,9% dei casi non potrà avere una famiglia. Non so se ha il bisogno di qualcuno che glielo dica, ma non penso nemmeno che sia "corretto" annuire innanzi a questa remota ipotesi (altre volte in gruppo abbiamo discusso di futuro e famiglia). Lui può fare ciò che gli pare, non spetta a me dirgli ciò che deve o non deve fare della sua vita. Per principio e mettendomi nei suoi panni o nei panni di un ipotetico bambino o bambina, ritengo che non sarebbe la cosa giusta da ambedue le parti.

    Per rispondere alla tua domanda finale invece, non è esprimendo la constatazione dei fatti che lo aiuterei? Allora, forse, ho fatto bene ad annuire e ad aggirare ciò che mi ha detto? Probabilmente sono fatto male io, ma personalmente preferisco una dura e cruda verità a un silenzio o peggio (ad esempio qualcuno/a che annuisce senza dire ciò che pensa veramente, francamente mi sentirei preso in giro)

  • Ma poi non è nemmeno detto che la "verità" sia quella che non essendo capace di prendersi cura di sé stesso (in questo momento) non possa essere capace di prendersi cura di una eventuale famiglia. Il desiderio di averne una può fare miracoli e se domani dovesse incontrare la persona giusta magari di docce finirebbe col farne tre al giorno e potrebbe rivelarsi un padre ed un marito premuroso ed attento in futuro. La "verità" non sempre è assoluta, ma dipende dal punto di vista e dalle circostanze.

    Questa è una possibilità ed è tra l'altro ciò che dice la mia ragazza quando affrontiamo l'argomento. Personalmente, avendo determinati limiti e difficoltà, non penserei mai di mettere al mondo una creatura (ci sono anche altre ragioni alla base di questo mio pensiero, ma poco importa in questo caso). Sono tuttavia un essere razionale e piuttosto che basarmi sulle eventualità, preferisco concentrarmi su delle fondamenta granitiche e concrete. Scegliere di creare una famiglia è un'immensa responsabilità, non significa tirare i dadi e vedere se viene fuori un buon numero o un cattivo numero. Un po' come le persone che adottano i cani per "provare" e poi, una volta che vedono che non fa per loro per qualsivoglia ragione, lo riportano indietro. Per me questo è un qualcosa di aberrante, figuriamoci se penso di dover mettere al mondo un essere che dovrei amare più di me stesso.

  • Mi sembra di capire che Zaraki e' il tipo di persona che entra allo stadio con la maglia della Roma, si ritrova per caso in mezzo ad un settore dove tutti sono purtroppo vestiti di azzurro, e tra i calci e le cinghiate che gli tirano riesce comunque a spiegare ai presenti la verita' senza risultare offensivo, spiegando i motivi per cui la Lazio fa schifo.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • Mi sembra di capire che Zaraki e' il tipo di persona che entra allo stadio con la maglia della Roma, si ritrova per caso in mezzo ad un settore dove tutti sono purtroppo vestiti di azzurro, e tra i calci e le cinghiate che gli tirano riesce comunque a spiegare ai presenti la verita' senza risultare offensivo, spiegando i motivi per cui la Lazio fa schifo.

    Mi ritroverei per caso? No, sarebbe frutto di un mio errore di prenotazione del settore. Comunque ho molti amici che tifano una squadra diversa dalla mia e abbiamo sempre dei sani e pacifici confronti calcistici. Non c'è mai stata la necessità di ricorrere a duelli barbaro-animaleschi per una squadra di calcio.

    Non ho paura in alcun modo di discutere e di far valere le mie ragioni, in ogni caso prediligo una discussione sincera a una conversazione bugiarda laddove ci siano i presupposti ergo senza essere circondati da scimmie.

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