Nel caso mio, considera che fin dall'adolescenza ho avuto problemi psicologici, per molti anni il terrore delle malattie, e poi, quando quello è diminuito, anche se mai scomparso, sono venute avanti le tendenze depressive, legate al fatto che non mi sono mai piaciuta, sono molto insicura e insoddisfatta di me.
Fra l'altro, il mio ex si è stancato di me proprio perchè la mia insicurezza era cresciuta all'ennesima potenza verso di lui, e questo creava problemi nel rapporto, perchè poi anche lui non faceva una beata minkya di quello che io avrei avuto bisogno che facesse per aiutarmi (mai capito se non ci arrivasse, nonostante io glielo spiegassi ben chiaro, oppure se proprio se ne sbattesse).
Fatto sta che io ero innamoratissima, e ho lasciato mio marito, contando di passare il resto della mia vita con lui, che nel frattempo si era separato a sua volta. Invece dopo poco mi ha lasciato e mi sono ritrovata da sola a 49 anni, dopo che ero sempre stata in coppia.
Per lui ho stravolto la mia vita e l'ho rimessa in gioco, ma alla fine ho perso tutto. Sogni, progetti, speranze di passare ancora dei momenti meravigliosi, com'era il sesso con lui, è tutto svanito. Ho perso la dimensione del futuro, perchè senza nessuno con cui condividerlo non ho più aspettative concrete di qualcosa di bello, e come prospettive vedo solo una vecchiaia di solitudine e malattie. In pratica, sono più di quattro anni che vivo alla giornata, alternando giorni neri a giorni grigi, ma è un sopravvivere che non è vita vera e piena.
In punta di piedi, non essendo che un dilettante in psicologia spicciola (quella che, elaborata sulla base dell'esperienza, serve ad andare avanti), mi permetto di contestare la concezione che vede i problemi psicologici (non psichici) come una patologia dell'essere umano. Non sono alterazioni ma la normalità (se vuoi, ondivaga) della psiche umana.
Non conosco e non ho conosciuto, in tutta la mia vita, nessun essere umano che non abbia avuto problemi psicologici, che vanno dalla contrarietà, persino dalla paura, alla insicurezza sino agli estremi opposti.
Intendo dire, che il rapportarsi con gli altri ci mette sempre nella condizione di valutare noi stessi in confronto agli altri, e c'è sempre qualche aspetto in relazione al quale ci sentiamo inferiori o superiori.
Ora, la condizione di inferiorità (che produce insoddisfazione è timore di essere perdente) è molto spesso soggettiva, nel senso che può persino capitare che l'altro che ritieni migliore di te la pensi allo stesso modo, a parti invertite.
Forse perché sono divenuto - mio malgrado - diversamente giovane, mi diverto ad esaminare le persone di successo per vedere quale siano i punti di debolezza psicologica. Perché tutti ne hanno qualcuno, nessuno escluso. E se ne trovano a iosa ....
Già solo accettare questo concetto molto semplice, aiuta ad evitare di sentirsi sovrastati, travolti dalla implacabile autovalutazione di sé.
Credo, forse per inguaribile ottimismo, che ciascuno di noi sia un miscuglio di aspetti positivi e negativi dal punto di vista psicologico.
Il nostro modo di esprimersi e di affrontare la vita relazionale dipende da quali di questi aspetti si valorizzano, mentre gli altri si lasciano sullo sfondo. Dipende anche dal caso.
In questo senso, va coltivata la conoscenza del nostro essere persona, perché all'interno del nostro io ci sono i problemi ma anche le soluzioni.
C'è sempre qualcosa di positivo dentro di ciascuno di noi. Bisogna imparare a tirarlo fuori dalla cantina dove l'abbiamo confinato.
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