Potresti forse -contemporaneamente- lavorare sull'accettazione di un lato di te, autentico e sano, quanto l'altro.
Non è forse la misura a fare la differenza?
Il mio problema nasce nel fatto che non è "performante" stare "ferma" 2, 3, 4 mesi a non studiare, non "lavorare"...oggettivamente non è una cosa che potrei permettermi di fare, mi fa perdere tempo, ma è una cosa che sistematicamente faccio.
Per me è un carico di lavoro anche organizzarmi la giornata, per dire.
E' difficile rispettare una time-line quando il -capo- sono io e l'unica beneficiaria -sono io-: ho provato a coinvolgere amici nella mia stessa situazione alla "dai, studiamo, facciamo cose, spacchiamo tutto" ma ovviamente si trovano altri lavoretti, fanno vacanze e uscite varie. Hanno anche altre disponibilità economiche, mentre io sono nell'ottica di risparmiare per i tempi duri oltre che per l'università.
Problema purtroppo comune per questa generazione. Questo turbo tardo capitalismo produce precarietà e la precarietà, oltre ai problemi economici, produce incertezza e, con l'incertezza, si produce ansia. In questo modo un problema collettivo e sociale diventa un problema personale... sei tu che vivi male la cosa... è un problema psicologico. No, secondo me, non è un problema nativamente psicologico, è un problema sociale che causa un problema psicologico. La precarietà rompe una dinamica naturale dell'uomo. Si nasce, si cresce e si apprende qualcosa e, con quel qualcosa, si entra nel mondo del lavoro e si ottiene una collocazione nel tessuto sociale. La precarietà rompe questo schema e, con la rottura di questo schema, si genera ansia e depressione. Il servo della gleba del Medioevo viveva (poco) sicuramente peggio del precario attuale da un punto di vista materiale, ma era sicuro della sua collocazione sociale. Oggi il precario non è sicuro di nulla da questo punto di vista.
Sai cosa pensavo? E' che passi tanto tempo a sentirti di appartenere ad un luogo specifico, a ricoprire un ruolo e tu sei aderente a quel ruolo specifico. Non hai giornate no, cerco sempre di essere accomodante, comprensiva, con un bel sorriso, non ho mai problemi a casa, in famiglia, va tutto bene.
Poi ad un certo punto quel posto non è più il tuo posto di lavoro: ti ritrovi senza un lavoro con "ex-colleghi", persone che prima sentivi ogni giorno mentre adesso neanche più un messaggio.
Non ho più un'etichetta che fa di me una persona che produce. Quanta libertà all'inizio, quanto tempo da buttare, senza ritegno.
Che vuoto, poi.
Ne parlavo tanto tempo fa, la libertà di poter scegliere il proprio percorso nel nostro Paese non esiste. Non esiste una strada tranquilla, una strada che sai di poter percorrere con sorriso e sicurezza, eccezion fatta per pochissimi percorsi accademici.
Vuoi fare l'insegnante d'italiano nel pubblico? Prima la laurea triennale, poi la magistrale, il tutto contornato dalla scelta di determinati esami e un certo numero di crediti in determinate materie, poi i CFU per l'insegnamento, ora si sono inventati anche il percorso abilitante che ha un numero limitato di posti ed è anche a pagamento. Ah, ovviamente senza dimenticarci il concorso da superare dove ci sono centinaia di migliaia di partecipanti e se superato ti potrebbero catapultare ovunque.
Eh... però basta che ti impegni Zaraki....
Oltre che mandarti un abbraccione, posso chiederti che percorso accademico hai iniziato? Università telematica? È una scelta di cuore o di testa?
Il mio percorso di studi è una laurea in scienze dell'educazione, poi ho capito che volevo fare la psicologa, quindi triennale in psicologia e adesso sto finendo la magistrale, università in presenza...scelta di cuore, perchè ho capito che non mi bastava il mondo educativo, lo trovavo riduttivo..con il mio percorso di studi vengo chiamata per supplenze brevi o annuali, dipende dalla fortuna che ho. Sicuramente non mi sogno di rientrare nelle gps o nelle varie graduatorie, mi manca il titolo giusto per concorrere..
Comunque zaraki è un mondo molto piccolo, che si restringe sempre di più. Pensare che un tempo per lavorare bastava appena un diploma (pensa alla primaria, altro che laurea in lettere o scienze della formazione) mentre adesso devi avere fior fior di qualifiche.
Poi guarda, è un ambiente tossico, proprio perchè pubblico e poco pagato: sei alla pari con tutti, quindi ci sono invidie, un sacco di primedonne, quella più formata di te perchè ha 20 anni di corsi da 12h l'uno, l'altro che ha seguito tal docente preparata in questo e tu non puoi dire nulla, perchè "si fa così e basta".
Per vivere bene seguo la linea di minor resistenza: cerco di farmi piccola e non calpestare i piedi a nessuno, facendo il mio lavoro al meglio delle mie possibilità. Ma è un lavoro che non credo che potrei fare a lungo, è logorante da matti.