Penso che Giuseppex intendesse dire che, per alcuni argomenti in linea con il proprio sentito emotivo e ideologico, la presenza di echo chamber viene tollerata o approvata (come nel discorso dell'eco chamber no-vax), mentre per altri argomenti, disallineati invece al proprio sentito emotivo o ideologico, viene disapprovata.
Questo, in realtà, è abbastanza tipico: un po' tutti tendiamo ad approvare certe idee per determinate ragioni e a disapprovarne altre per ragioni diverse.
Parlando di tali ragioni, molto spesso tendiamo ad approvare un'idea se essa, a nostro parere, tutela il nostro interesse o quello del proprio gruppo. Più raramente valutiamo se essa tuteli gruppi esterni.
Poi, che nelle echo chamber si usino toni rabbiosi per vari sfoghi capita. Resta distinto e anche più costruttivo l'esprimere idee con toni civili, rispetto a uno sfogo di pancia.
Riconoscere l'esistenza e l'impatto delle echo chamber non significa approvarle o disapprovarle a priori in base al proprio sentito emotivo o ideologico, ma semplicemente constatare come ambienti chiusi e autoreferenziali possano rafforzare certe convinzioni, quasi sempre senza contraddittorio, e influenzare la percezione di fenomeni complessi. Non sto affermando che ogni partecipante diventi automaticamente violento o radicalizzato, né che certi toni siano da censurare a prescindere, ma che quanto più un contesto legittima e amplifica una narrazione tossica, tanto più cresce la probabilità che individui già vulnerabili assumano atteggiamenti nocivi o distorti.
In quanto, se tutto questo filone di ipotesi è corretto, a mia opinione tali vantaggi, secondo il principio "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma", non arrivano dall'etere, bensì vengono sottratti "algebricamente" a una nuova categoria che diviene frangia "assoggettata".
Ovvero, per risolvere il problema, dovrebbe avvenire, penso, una nuova forma di emancipazione, ma che in questo caso non riguarda il gruppo femminile, bensì è intestina al gruppo maschile.
Essenzialmente, grossomodo, un'"emancipazione" degli "introversi" rispetto agli "estroversi", anche se le terminologie introversi ed estroversi sono in realtà inesatte, in quanto estremamente riduttive. Questi "introversi" sono divenuti una nuova categoria debole, almeno in campo relazionale.
Ma ogni emancipazione, a mio avviso, è difficile che possa trovare solidarietà da gruppi esterni e, è quasi inevitabile che debba essere autonomamente guadagnata dalla categoria stessa, secondo il principio: "il potere non si chiede, ma si prende". Comunque, il discorso sta vertendo un po' sul complesso; non penso che noi si possa riuscire a sgrovigliare tutta la matassa.
Credo sia però importante sottolineare come gli "introversi" non siano "vittime" imposte da qualcuno, come accadeva invece alle donne: la loro condizione non è nata con l'emancipazione femminile ma esisteva anche prima, solo che grazie ai vantaggi e ai privilegi di cui godevano gli uomini in generale, anche chi era timido o meno intraprendente riusciva comunque "di riffa o di raffa" a costruire relazioni e accasarsi.
Oggi questi automatismi non esistono più, e chi non sviluppa iniziativa personale, maturità emotiva e consapevolezza relazionale non può più contare su questi elementi distorsivi, e questo non è un problema creato dalle donne, bensì una naturale conseguenza della parità.