Alla fine, dopo tanti colloqui, tentennamenti, riflessioni, dubbi e paure, mi sono decisa e ho lasciato l'ambiente ormai tossico in cui ero da molto per andare in un'azienda che ha molti aspetti positivi, non ultimo il fatto che mi hanno fortemente voluta.
Ancora devo prenderci le misure, ma sono già in ansia per due cose:
- La mia sindrome dell'impostore, un problema di cui ho una buona consapevolezza e che da sempre combatto. Purtroppo, se riesco in genere a superarla a regime, in una situazione di cambiamento totale, dove non conosco nulla e nessuno, si ripresenta prepotente. Mi sembra costantemente di essere fuori contesto e che si siano sbagliati ad assumermi... e in pratica ho la costante e forte sensazione che se ne accorgeranno prima o poi... e vi assicuro che è una sensazione molto spiacevole. Per contrastarla penso spesso a tutte le situazioni del passato in cui sono stata all'altezza e mi ripeto che lo sarò anche qui... un po' aiuta, ma purtroppo lo stress del cambiamento è tanto e non riesco ancora a zittire o almeno mitigare quella vocina.
- Il tema dello smart working. Personalmente trovo che poter lavorare in smart sia un valore notevole e non vorrei più lavorare in presenza in forma fissa, motivo per cui non ho considerato offerte di lavoro che non prevedessero il lavoro da remoto. Ho quindi accettato questo lavoro perché è ampiamente prevista questa possibilità. In questa fase iniziale ho messo in conto di dover conoscere e di dovermi far conoscere e sto andando in presenza, ma mi pesa moltissimo, da ogni punto di vista. Mi pesa trascorrere 2-3 ore in macchina, mi pesa a livello di organizzazione familiare, pesa alla mia famiglia, pesa ai miei bambini, pesa a mio marito (anche se mi supporta al 100%). Non so per quanto riuscirò a tenere botta, onestamente. Al momento non so prevedere quanto ci vorrà per andare a regime e poter tornare a lavorare prevalentemente da casa, e questa cosa mi angoscia, perché per me è fondamentale poterlo fare. Vivo con il timore di non riuscire più a ritrovare una serenità organizzativa, e sebbene questo lavoro mi piaccia, non riesco a viverlo con tranquillità; per tranquillizzarmi mi dico che se non dovessi riuscire potrei sempre trovare altro (anche se la cosa non sarebbe banale), o addirittura lasciare tutto e ritirarmi dal lavoro, reinventarmi una vita (anche se questo sarebbe fuori da ogni razionalità).
A 30 anni non avrei mai ragionato così, ero molto in carriera. Oggi mi chiedo: perché? Perché ho voluto questa vita? Che mi importa della carriera? Insomma, rimetto tutto in discussione e persino mi chiedo: che ci faccio qui? Alla fine, lavorare da remoto è un valore enorme e irrinunciabile per me, perché è l'unico modo per non lasciare ciò che dà senso alla mia vita... se non riesco a tornare in questa modalità di certo dovrò cambiare ancora.