Basta con la "dittatura del pensiero positivo"!

  • Si... guardarla in faccia, sfidarla e (in un certo senso) batterla. E' il contrario di ciò che ho tentato finora e cioè velarla distraendomi con altro...

    Beh, tanto obiettivamente, anche se "scappi", non vai da nessuna parte, perché il problema resta lì. So che non è di conforto dirlo, ma avere paura non risolve il problema; non ne è la risoluzione, è solo una reazione al problema, molto umana per carità, ma a questo punto, se il problema non cambia e la nostra reazione ad esso ci fa soffrire, meglio provare a cambiare la nostra reazione.


    Penso che trovare un valore superiore alla vita sarebbe per lo meno di conforto.


    Anche vivere una vita il più possibile piena potrebbe essere di conforto; è come mangiare così tanta della tua torta preferita che poi sei tu stesso a dire "basta, non ne voglio più", ma non perché stai male, bensì perché sei soddisfatto al punto da sentirti completo.

  • Ciao, 20 anni più o meno saranno passati dall'ultima volta che ho scritto in questo forum. Il tuo post mi ha colpito e così anche io aggiungo il mio dopo tanti anni.


    Di anni ne ho 54, ormai tra pochi mesi 55, e anche per me è molto probabile che tra altri 20 anni non sarò più di questo mondo.


    Non sono sposato, non ho figli, il tempo lo passo a lavorare, per fortuna da 4 anni in smartworking, così non mi devo sorbire il falso mondo aziendale, una cosa che mi pesava da morire. Avrei preferito nascere in un'altra epoca o in un posto rurale piuttosto che in città, per avere una vita più vera.


    Non ho particolari hobby né amici; da ragazzo ne avevo molti.


    Più si cresce, più la cerchia si restringe. Avevo un'amica a cui volevo bene, forse anche più di bene, ma è sempre stato un rapporto a volte litigioso, con periodi in cui non ci parlavamo nemmeno. Ahimè, ora da un paio di mesi sto vivendo proprio uno di questi periodi.


    Fino a qualche anno fa facevo un po' di sport, ora non ne ho più voglia, una decisione sbagliata, avrei dovuto continuare.


    Paradossalmente, sto più in forma ora, dato che mi sono imposto una dieta con la quale ho perso una quindicina di chili, tanto che sono perfino più magro di quando ero ragazzo. E, anche se non con molta regolarità, un po' di ginnastica la faccio da solo.


    La cosa positiva della morte è che non sai quando accadrà. Siamo fatti in modo tale da scordarci che ciò possa accadere.


    In Dio ci credo, ma nel senso che riconosco la sua esistenza, non vado in chiesa né faccio preghiere. La fede richiede impegno, troppo difficile praticarla nel nostro mondo occidentale. Né uno può avere fede allo scopo di sconfiggere la paura della morte, mi sembrerebbe una fede interessata.


    Penso che questa paura possa dipendere dall'insoddisfazione. Sinceramente, io ne ho molta, ma indietro non si può tornare e purtroppo quello che è fatto è fatto. Ognuno è responsabile del proprio passato.


    Non ti ho offerto nessuna soluzione, solo il fatto che, come te, ci sono altre persone che, con le loro storie personali, vivono sensazioni simili a quelle che stai provando. Già sapere di non essere i soli è qualcosa. Non siamo ancora così vecchi, in fondo. Bisogna cercare di non abbattersi e di lasciare una porta aperta a ciò che (forse) la vita ci può ancora offrire.

  • Allora, ritengo che questa conversazione stia raggiungendo livelli molto alti ed estremamente interessanti. Cercherò di esprimere la mia idea, sperando di non risultare confusa, visto che le cose da dire sono molte. Ho 18 anni, ma anche io, spesso, soprattutto nei momenti felici, vengo punzecchiata dall’insetto della morte. Quando sono triste, per un motivo o per l’altro, che sia tristezza lieve oppure vera e propria depressione, la morte è più facile da accettare. Risulta come un appuntamento noioso al quale, prima o poi, tutti dobbiamo andare, un po’ come quella visita dal dentista messa a tarda sera quando, guarda caso, la mattina stessa ci siamo svegliati troppo presto e non vorremmo fare altro che dormire. Quando invece sono felice, non lo sono mai realmente: arriva quella vocina nella testa che mi ricorda che quello che sto vivendo non è altro che un attimo, un secondo, un piccolo granello di polvere nell’infinità del tempo. Per farti capire, e forse anche un po’ sorridere, quest’estate sono andata a un concerto, un’esperienza stupenda. Alla fine del concerto sono tornata a casa e non ho fatto altro che pensare al fatto che quel concerto, nella mia vita, non ci sarebbe stato mai più, e che il giorno della mia morte, probabilmente, le persone che erano al concerto con me non sarebbero nemmeno venute al mio funerale.


    Comunque, per darci una magra consolazione, la morte è disumana e umana allo stesso tempo: è un dolore indefinibile, una paura quasi paralizzante, una creatura talmente cattiva da dubitarne l’esistenza. Ma poi, se ci pensi, ognuno di noi, ogni essere umano, ma anche ogni essere vivente in generale, ha intrinseca dentro di sé l’idea di morte. Ad esempio, agli animali non viene insegnato che, se si trovano in una situazione di pericolo, potrebbero morire, eppure, mentre se ne stanno tranquilli e a un tratto vedono un leone, sanno di dover correre per non finire fra i suoi denti e per non morire, per preservare la specie, per sopravvivere: è il banale e genetico istinto di sopravvivenza, nonostante nessuno sia andato a dire alla gazzella: “Se vedi un leone, scappa, che quello ti vuole mangiare”.


    Con questo voglio dirti che probabilmente, se l’essere umano eliminasse la morte dalla propria vita (scusa il gioco di parole), non sarebbe nemmeno più un essere umano. Tutti sono morti, tutti muoiono e tutti continueranno a morire: è un ciclo infinito di morte.


    Per quanto riguarda una vita dopo la morte, o meglio, una vita dopo la vita, io non sono credente. Non siamo solo chimica, non siamo solo atomi, non siamo solo materia tangibile: c’è qualcosa in più, qualcosa che non è ancora stato scoperto e forse è meglio così. L’essere umano ha sempre voluto catalogare, capire, dividere in gruppi con caratteristiche specifiche, ma a quale scopo? Nessuno, se non quello di mantenere ordine nella sua casa, che è il mondo. Ma l’ordine non si può mantenere sempre. Le popolazioni si sono date la spiegazione della religione per avere speranza, per non essere impaurite dalla morte, e anche (questo lo testimoniano molte constatazioni storiche) per mantenere ordine e giustizia nella loro vita. Ma non è sempre giusto. La dittatura del pensiero positivo, come la chiami tu, ahimè, è una malattia peggiore della peste. La convinzione di doverci convincere (sì, scusa il gioco di parole, ma è proprio così) che tutto andrà bene, che tutto deve per forza andare bene, non ci porta da nessuna parte. È necessario accettare la noia, le sconfitte e anche i dolori, persino quelli più grandi.


    Poi dipende tutto dal contesto storico nel quale ci troviamo, ma forse il contesto non deve essere forzatamente storico. Pensaci bene: parlo per personale esperienza, anche perché parlare dell’esperienza altrui, in questo campo, mi sembra irrispettoso e maleducato. Una persona che soffre di depressione vede la morte come unica soluzione a tutto il suo dolore. Magari un amico di questa persona, che non soffre di depressione, ha paura della morte, non sapendo che il suo amico la desidera come un bicchiere d’acqua. Come in tutte le cose, sono gli occhiali che mettiamo a farci vedere il mondo chiaro oppure scuro. Per farti un esempio, piccola premessa: queste sono riminiscenze delle ore di lezione di cultura latina della seconda superiore, quindi sarò piuttosto generica per evitare strafalcioni. Per quello che mi ricordo, nella cultura romana la morte era vista con consapevolezza. Però, a differenza nostra, loro indossavano occhiali chiari, non occhiali da sole con le lenti sporche. Infatti, per quello che mi ricordo, sono stati loro a rendere noto il detto: "Ricordati che devi morire", memento mori. Ricordatelo, perché la vita è una sola e non concede il bis, per quello che ne sappiamo noi. Quindi non ha senso pensare alla morte quando si è ancora vivi. Come diceva un filosofo: "Quando ci siamo noi, lei non c’è; quando c’è lei, non ci siamo noi". Serve a poco, sarebbe un po’ come doversi incontrare con una persona che non arriverà mai, per quello che ne sappiamo.


    Io credo che dopo la morte ci sia qualcosa, non so cosa, ma comunque qualcosa. Anche il nulla eterno, se ci pensiamo bene, è qualcosa. Se dopo la morte non c’è niente, il vuoto totale e freddo, si sarà annullato ogni dolore, e noi non avremo nemmeno la coscienza per pensare al fatto che siamo morti. Se ci sarà qualcosa, probabilmente ci ritroveremo tutti a parlare e a ricordare questa discussione.


    P.S. Una parte del messaggio non è stata registrata, visto che sto scrivendo con la dettatura vocale. Riassumo velocemente qui, in questa piccola postilla. Se ci pensi, l’essere umano, ma anche più generalmente tutti gli esseri viventi, ha intrinseca dentro di sé, fin dalla nascita, l’idea di morte, di pericolo, di istinto di sopravvivenza. Insomma, se una gazzella sta passeggiando bella tranquilla e a un certo punto nota un leone, sa che dovrà scappare per evitare di finire tra i suoi denti e per evitare di morire. Classico istinto di sopravvivenza. Eppure nessuno ha mai detto alla gazzella: “Se vedi un leone, scappa, che quello ti vuole mangiare”. L’essere umano, fin dall’inizio dei tempi, ha sempre cercato una spiegazione per le manifestazioni a lui inspiegabili. Basti pensare alle prime statuette ritrovate nelle grotte. Insomma, anche i primi uomini cercavano di darsi una spiegazione, cercavano divinità da venerare. Quindi l’idea di morte è intrinseca nell’uomo, e forse se noi cercassimo di rimuoverla, non saremmo nemmeno più esseri umani.

  • Basta con la dittatura del pensiero negativo!


    Sono bramoso di trovare ogni giorno, ogni ora, ogni momento... nel qui ed ora... sensazioni per cui essere grati. Non penso alla morte perché vedo intorno a noi, tanti morti viventi.

    C'è chi vuole vivere. Ed io sono uno di questi!

  • Purtroppo queste considerazioni si affacciano da molto nei miei pensieri, sin da quando ero molto giovane.

    Forse ho iniziato a pensare queste cose quando ho perso i miei primi affetti, quando la mia famiglia ha cominciato a "sfoltirsi".

    Lì è stato il via: non tutto è per sempre, anzi, nulla lo è. Sono passata da un "prima" in cui la mia unica preoccupazione era prendere bei voti a scuola e all'università, ad un "dopo", a partire dal momento in cui la vita mi ha all'improvviso dato un colpo, un colpo sordo, forte, improvviso, alle spalle, un colpo da traditori, da vigliacchi, che mi ha amputato l'anima di netto. L'orribile ombra della morte che si porta via tuo padre, quando ancora lo consideri immortale, come fosse un diritto avere un padre.

    Gli affetti, le case, le usanze e abitudini che ci rendono felici, nulla è per sempre, e noi stessi non lo siamo.

    In realtà, per moltissimi è già chiaro che la vita può essere dolore sin dalla nascita, molti hanno malattie o affrontano situazioni di grande disagio e durezza già nell'infanzia, e dovremmo considerare un lusso non averlo sperimentato; arrivare a 55 anni in salute e magari con alle spalle ancora chi ha cura di noi è un vero e proprio lusso.

    Se si guardano le cose così, forse c'è ancora speranza di dare alle cose il valore che hanno, saper apprezzare quello che rimane, proprio perchè fuggevole e per nulla garantito.

    Credo di aver aperto anche io un post similare tempo fa; la felicità della maturità ha un sapore diverso da quella della giovinezza perchè ha sopra il carico dovuto al conoscerne la precarietà e finitezza. Forse bisogna cercare di affrontare le giornate come un regalo: sapendo che il tempo che abbiamo non è scontato, ma è un dono che ci viene dato e può esserci tolto all'improvviso, potremmo viverle con maggior soddisfazione, ed esserne grati. Ecco credo che questo sia l'unico modo per accettare con grazia il tempo che passa, e viverlo in modo da dargli il giusto valore, e magari cominciare a dare il giusto valore anche al resto; a me fa ridere quando vedo le persone perdere la ragione per cose che non hanno alcuna importanza, quando l'unica cosa che davvero fa la differenza è esserci e poterlo fare stando bene e facendo star bene chi abbiamo accanto.

  • Si, certo, anche gli antichi greci avevano paura della morte ma vivevano credendo di avere una fine. Credevano nella loro mortalità e non in un aldilà, nel senso cristiano del termine.


    Se ho compreso bene l'opener "vorrebbe" credere nella morte come passaggio ma evidentemente non ci riesce.


    In questo senso il cristianesimo "frega" perché fossimo ancora nell'antica Grecia...

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Si, certo, anche gli antichi greci avevano paura della morte ma vivevano credendo di avere una fine. Credevano nella loro mortalità e non in un aldilà, nel senso cristiano del termine.


    Se ho compreso bene l'opener "vorrebbe" credere nella morte come passaggio ma evidentemente non ci riesce.


    In questo senso il cristianesimo "frega" perché fossimo ancora nell'antica Grecia....

    A me sembra che metterla sul religioso e sul culturale non porti molto lontano. Avere paura della morte è naturale; semmai, la cultura e la religione ti danno gli strumenti per superarla, sia per un greco con la sua accettazione della scadenza naturale, sia per un cristiano che vede un aldilà.


    Io eviterei di parlare di influenze culturali e più semplicemente direi che passare la vita a rincorrere i beni materiali ti espone a queste paure. A prescindere che fossero culti pagani o cristiani, credere in qualcosa di soprannaturale ti aiuta. Se no, ti va bene fino a un certo punto, ma poi evidentemente ne paghi le conseguenze. Il problema non è il Cristianesimo ma l'Illuminismo con la sua pretesa di eliminare la dimensione metafisica. E ti ripeto, in epoca alessandrina, quando sul mondo mediterraneo si affacciò l'ombra della secolarizzazione, seppure in misura minore rispetto a oggi, i suoi abitanti, anche i greci, affrontavano problemi simili.

  • E dove sarebbe questa dittatura?


    Siamo nella condizione contraria, eventualmente.

    Dipende dai punti di vista. Per alcune cose siamo nella dittatura del pensiero positivo, per altre del pensiero negativo.

    Allarme sanitariooooo, moriremo tutti!!! :scream:

    Ma un farmaco ci salvera', vivremo in eterno! :partying_face:


    Forse siamo nella dittatura del pensiero idiota, non lo so.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

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