Che rapporto avete col vostro lavoro e i vostri colleghi?

  • Ho da poco cambiato e riflettevo sull'importanza dell'ambiente lavorativo nella vita delle persone.

    Un po' per questo e un po' per curiosità, volevo chiedervi: che rapporto avete con il vostro lavoro e con i vostri colleghi?

    Vi piace la vostra quotidianità?

    Siete anche amici dei vostri colleghi, li frequentate fuori l'orario di lavoro?

    Oppure la vita per voi è ben altro e non vedete l'ora che finisca il vostro orario?

    Avete cambiato spesso? Come sono andati il distacco dal vecchio e l'adattamento al nuovo?

    Grazie a chi risponderà volendo condividere le sue esperienze.

  • che rapporto avete con il vostro lavoro e con i vostri colleghi?

    Tendenzialmente ho rapporti sereni con tutti, almeno formalmente, tolti un paio di casi che non ho mai capito. Con alcuni clienti e colleghi ho stabilito rapporti talmente buoni che terminata l'esperienza lavorativa siamo rimasti in contatto e ci vediamo ogni tanto. Una delle mie migliori amiche, la persona migliore che conosco, sotto il profilo umano, ha lavorato con me per anni, per un lungo periodo sono stata il suo capo, ma abbiamo condiviso talmente tanto che il nostro rapporto dura ancora oggi che entrambe facciamo altro ormai da parecchio, è un riferimento importante per me, soprattutto per questioni morali.

    Siete anche amici dei vostri colleghi, li frequentate fuori l'orario di lavoro?

    Di alcuni. Purtroppo di molti non mi fido e non ho nemmeno particolare stima. Nel mio ambiente bisogna guardarsi le spalle. Alcuni sono stati una delusione, sembravano amici ma facevano solo i loro interessi. Ho imparato a riconoscere subito la gente così, ma le prime volte sono rimasta malissimo, ho pianto. Altri li frequento abitualmente e c'è vero affetto, che dura da anni. Un cliente in particolare conosciuto in un periodo di grande fragilità della mia vita è stato una figura paterna per me, mi ha protetto in tante circostanze, mi ha guidata come una figlia, gli sarò per sempre grata per quello che ha fatto per me.

    Oppure la vita per voi è ben altro e non vedete l'ora che finisca il vostro orario?

    Io non posso finire con un orario preciso, ma per me è così, la mia vera vita è altro.

    Avete cambiato spesso?

    Ho cambiato due volte, ogni volta l'ho vissuta male, come un lutto, nonostante avessi scelto, ma poi è passata subito.

  • Ho da poco cambiato e riflettevo sull'importanza dell'ambiente lavorativo nella vita delle persone.

    E' fondamentale, soprattutto se pensiamo che è l'ambiente dove molti passano quasi la maggior parte della loro vita da svegli.

    In Italia è tanto fondamentale quanto bistrattato dall'ignoranza di chi avrebbe responsabilità di curarsene, ovvero i datori di lavoro e le aziende in genere.


    Lavorare in un ambiente di lavoro deviato può rovinare la vita.

    Io ho la fortuna di poter spesso decidere dove e quando e con chi lavorare. Questo però non mi esonera dal dover vivere l'ambiente di lavoro: lo vivo più raramente e vivo spesso quello altrui. E' come se fossi un nomade dell'ambiente di lavoro.


    Mi riferisco alla realtà principale per cui lavoro, ma anche in generale.


    Il rapporto col lavoro lo vivo in modo molto coinvolgente, anche se sono lontano dal workaholic. Mi piace quello che faccio e quindi perdo spesso la bussola e mi ritrovo a lavorare più per la missione che non per il ruolo lavorativo in sé.

    Questo atteggiamento è la conseguenza di essere cresciuto più come "funzione" o "strumento" che come persona. Ho la tendenza a definirmi coi fatti, con le azioni, piuttosto che con le parole o le convenzioni sociali.


    Il rapporto con i colleghi è volutamente distaccato.

    Per svariate ragioni ho un ruolo che attrae troppe attenzioni sia dei colleghi che dei clienti e per difendermi da questi "follower", (soprattutto le follower): tengo spesso un atteggiamento generalmente scostante.


    La quotidianità mi piace, anche se quando sono costretto a trasferte e a vivere l'ambiente di lavoro altrui soffro spesso della condizione tossica in cui vertono la stragrande maggioranza delle aziende italiane. Diverso è quando ho a che fare con aziende estere o fortemente controllate dall'estero. La differenza è palpabile.


    Non sono amico di alcun collega e non ne frequento fuori dall'orario di lavoro. Non voglio e non posso. Non voglio perché ho la tendenza a stabilire legami intensi e questo potrebbe inficiare il ruolo lavorativo. Non posso perché sono come uno che lavora per gli "affari interni" :D


    Ho cambiato ruolo diverse volte, ma non spesso. Più che altro mi sono evoluto. Mentre ambienti lavorativi negli anni ne ho visti a decine di migliaia, di ogni tipo. Ormai riconosco la situazione, i problemi e i legami tra i colleghi non appena metto piede in un ambiente lavorativo altrui.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Io ho un ottimo rapporto con i colleghi, alcuni posso considerarli quasi amici e non è infrequente che mi facciano delle confidenze sulla vita privata e mi chiedano consiglio. Io non faccio altrettanto perché, pur se di mentalità aperta, sono piuttosto riservata sulle mie vicende personali. Devo premettere che nel mio settore i maschi sono la stragrande maggioranza per cui preferisco non frequentarli al di fuori dell'ambiente professionale onde evitare pasticci o situazioni ambigue. Ho solo due colleghe donne e con loro è capitato di andare al mare insieme o a mangiare la pizza. Diciamo che sono fortunata, mi trovo bene con tutti a parte un unico caso qualche anno fa di una persona che proprio non sopportavo, ma non la sopportava nessuno :face_with_rolling_eyes: Fortunatamente si è trasferita. :grinning_face_with_smiling_eyes:

  • Ho cambiato diversi uffici, più cresco più cambiare è emotivamente difficile, perché sono molto più frenata e diffidente nei confronti delle persone in ambito lavorativo, mentre da più "piccola" era tutto una novità assoluta ed entravo con gli occhi a cuore.

    Tendenzialmente ho rapporti sereni ed educati con quasi tutti, mentre con alcuni non ho proprio feeling e ci si limita al saluto. Diciamo che sono sempre stata cordiale con tutti, amica di pochi, ma proprio nella vita intendo.

    Capita di uscire post lavoro per un aperitivo tra colleghi e mi piace, perché si stempera un po' la rigidità lavorativa. Con alcuni siamo anche stati a fare una gita una domenica.

    Nessuna amicizia però, per il momento, nel lavoro attuale, solo piacevoli conoscenze. Sempre con quel velo di distacco dovuto al lavoro e al proprio interesse.

    Però, alcune amiche che ho le ho conosciute nei lavori precedenti, essendo che passiamo molte ore sul posto di lavoro, le probabilità di conoscere gente in quel contesto sono elevate. Penso valga sempre la pena essere il più possibile diplomatici e corretti possibile a lavoro, che comunque non si sa mai, possono nascere sinergie interessanti, se non proprio amicizie.


    Nel lavoro attuale ho fatto fatica, forse per una mal-disposizione mia, forse per l'ambiente un po' ostile che inizialmente sentivo freddo e non collaborativo. Sono qui da un anno e mezzo e le cose vanno meglio, ho inquadrato le persone, e come dicevo so da chi stare alla larga e con chi invece posso scherzare.

  • Ho un rapporto di amore e odio.
    Avendo ormai poche amicizie stabili ma che vedo poco causa lontananza geografica, le uniche persone che vedo con più frequenza sono i miei colleghi, è ovvio che vista la frequenza mi son lasciata un po' andare in confidenze più private. Tuttavia non è un'amicizia, con alcuni nutro stima anche se a volte le loro battute mi lacerano dentro e ci rimango male spesso per giorni. Altri li detesto per via del loro carattere sprezzante, altri ancora per me sono completamente indifferenti. Alcuni di loro sono diventati amici oltre il luogo di lavoro e spesso mi sono trovata a guardarli con sincera invidia però ho paura che lì possano nascere diverse ambiguità (non parlo di ambiguità sessuale o sentimentale, parlo proprio di lavoro... che ne so, RAL, bonus, benefit, crescita interna ecc.

  • Riprendo questo thread perché oggi ho avuto l'ennesima dimostrazione della scarsa collaborazione dei colleghi...

    Io, se mi viene chiesto un favore sul lavoro, faccio il possibile per farlo (magari brontolando eheheh) e quando si tratta di un ambito che non mi compete, mi preoccupo di trasferire il problema a chi di competenza o chiedere info, con l'obiettivo comunque di aiutare chi mi ha chiesto il favore. Che poi non è un favore, è collaborazione, aiuto reciproco.


    Oggi ero in smart working e ho avuto un problema tecnico che mi impediva di accedere a buona parte del materiale e soprattutto al gestionale, dopo mille giri sono riuscita a farmelo risolvere da un nostro tecnico alle 14 del pomeriggio. Nel frattempo, c'era un'urgenza su un cliente, e non potendo operare ho chiesto a una collega se lo poteva fare lei, scrivendole passo per passo la procedura, che in realtà è molto semplice e il team di cui fa parte la collega conosce bene questo tipo di procedura, sono pratiche ordinarie. Non lo avrei chiesto se non fosse stato urgente, ma il cliente aspettava e tra l'altro attendeva questo nostro intervento per poter fare il bonifico.

    Lei mi risponde che trattandosi di un cliente importante, non si fida a modificare gli ordini e preferisce non metterci mano (l'ambito è il mio, per farvi capire senza scendere nel dettaglio, è come se lei gestisse il gruppo dei clienti A e io il gruppo dei clienti B, ma molte procedure interne sono simili).

    Al che ho fatto intercedere il mio responsabile (cosa che avrei voluto evitare), il quale mi ha dato ragione.


    Morale, l'ho comunque fatto io appena mi hanno ripristinato il funzionamento di tutto, perché la collega era incasinata e non lo aveva ancora fatto.


    Boh trovo spesso questi muri.

  • Finalmente oggi è venerdì, so che per molti di noi è liberatorio...


    Io lavoro in una azienda di medie dimensioni. Quando ho iniziato a lavorarci per me era un vanto assoluto, mi sentivo molto più privilegiata rispetto ad altre persone vicine e l'idea di andare a lavorare in una grande città era l'incoronazione del mio sogno. Poi, con il passare dei mesi e degli anni, ho capito che non è il mio sogno... magari è il sogno dei miei genitori che vedono questo come il "traguardo assoluto". Era semplicemente il sogno di chi è stato svezzato in una società capitalista: vestiti bene, prendi in affitto un bilocale in una grande città, 30 minuti di tratta nel sottosuolo e poi via nel tuo posticino illuminato dai neon. Grazie a Dio, ma solo grazie alla pandemia, non devo sorbirmi tutto questo tutti i giorni.


    Il mio sogno è veramente quello di mollare tutto, lavorare in proprio (con tutti i limiti che questo comporta, ne sono consapevole), in base ai miei tempi, alle mie esigenze e anche alle mie esigue ricchezze. Basta corporazioni, padroni, colleghi presuntuosi e arrivisti, gente che fa le call in cui c'è il CEO e si lamenta (mi sembrano un po' quelli che si lamentano di non aver aperto libro all'esame ma sanno di prendere 30 e lode), pranzi aziendali, cenette e aperitivi, fare buon viso a cattivo gioco, guardare orribili tabelle pivot, tornare a casa, mandare la mail che avevi dimenticato.


    Alienazione pura, ne parlavo l'altro giorno e una persona mi ha detto che siamo tutti dei piccoli Tyler Durden (il protagonista del celeberrimo Fight Club, avete visto il film? se no, vedetelo!)


    Mi sento una Tyler, circondata da robetta high-tech per sopperire alla solitudine e dai libri che vengono aperti solo in metropolitana.

    Dulcis in fundo, penso di avere l'ADHD, davanti al mio schermo mi distraggo spesso (fortunatamente senza "tracolli") e una mia collega che mi ha ormai "scoperto", ogni volta che guardo il telefono o mi fisso a guardare fuori dalla finestra mi dice "ehi una farfallina, ecco una farfallina".


    Nella mia mente la sua voce sprezzante e canzonatoria si distorce e si trasforma in quella di Roger Rabbit che nel film diceva "farfallina, farfallina" alla sua femme fatale Jessica Rabbit e quindi in un lampo io ritorno ai giorni in cui, a casa da piccola, guardavo e riguardavo centinaia di volte quel VHS... Ritornare ad allora, questo voglio.

  • Era semplicemente il sogno di chi è stato svezzato in una società capitalista: vestiti bene, prendi in affitto un bilocale in una grande città, 30 minuti di tratta nel sottosuolo e poi via nel tuo posticino illuminato dai neon.

    A volte i sogni di altri purtroppo ci accecano, soprattutto quando siamo molto giovani e inesperti. I grandi nomi ci attirano, "avere un buon posto" e il pezzo di carta della laurea, altrimenti ti sentiresti manchevole. Ammetto di aver desiderato anch'io qualcosa di questo, e sono anche grata alle possibilità che mi sono state date.

    Però a volte mi dico... E quindi? Che c'entro io con il lavoro d'ufficio?

    A volte sento di non c'entrare nulla, proprio nulla, e la cosa che mi amareggia (ne parlavo in un mio thread) è che in fondo, l'ho sempre saputo... ma non mi sono ascoltata.

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