Relazione coercitiva ed effetti a lungo termine

  • Scusa ma il narcisista non è anche manipolatore?

    Tipicamente Sì, ma la presenza della sola manipolazione non fa di questo tizio un narcisista, nemmeno se manipolasse parlando prevalentemente di se stesso, come pare abbia fatto.


    Il problema principale di un narcisista ruota attorno alla propria immagine, all'attaccamento con la realtà di quest'ultima e alla quasi totale mancanza di empatia che gli impedisce di sentire/percepire gli altri come attori in gioco attivo della sua vita. Per un narcisista sono tutti strumenti e spettatori. Comunica quasi a senso unico.


    Questo tizio ha invece operato con una manipolazione più vasta e con ogni probabilità bidirezionale. Per essere efficace nel fare coercizione (che è diverso che fare terra bruciata) attorno alla sua compagna potrebbe aver avuto un tot di empatia e potrebbe aver provato passione e un certo grado di sofferenza nel cercare di controllare la compagna. Il narcisista normalmente non arriva a soffrire o a scavare così nel profondo.


    Così "a naso" e da un racconto estremamente parziale penso che possa essere stato un manipolatore più efficiente di un normale narcisista.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • La prima domanda da porsi quando si avvia un qualsiasi tipo di rapporto deve essere: la controparte mi sta rispettando?

    Se la risposta è no, troncare il rapporto, senza esitazione.

    Hai ragione, ma i primi a rispettarci dovremmo essere noi stessi.

    Intraprendendo determinate relazioni ci manchiamo di rispetto per primi. Poi quello che segue potrebbe essere solo una mera conseguenza.


    Attenzione: con questo non intendo giustificare in alcun modo il comportamento irrispettoso di questo uomo. Se però la via di uscita è sempre a disposizione dobbiamo considerare anche una porzione di complicità da parte nostra.

    Per quello scrivevo che il senso di colpa poteva essere rivolto anche verso se stessa.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Temo che non sia così semplificabile ad una mera questione di rispetto (che ovviamente è fondamentale), ma qui è più complicato.

    L’opener ha già spiegato che con la consapevolezza di allora ha fatto quello che ha potuto, oggi avrebbe reagito molto diversamente a un approccio di un tipo del genere. Certo se ha messo via questa storia senza averla rielaborata probabilmente "perdonarsi" sarà una delle "cose da fare".

    Poi con questo livello di coercizione messo in atto forse non è stato neanche così facile capire il soggetto prima che scoppiasse la bomba.

    Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante :glowing_star:

  • Certo se ha messo via questa storia senza averla rielaborata probabilmente "perdonarsi" sarà una delle "cose da fare".

    Sì.


    Poi con questo livello di coercizione messo in atto forse non è stato neanche così facile capire il soggetto prima che scoppiasse la bomba.

    Più che altro avrà sottovalutato gli effetti negativi dell'interagire con un personaggio di questo tipo e/o ha sopravvalutato la sua capacità di sopportazione.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • E' una chiara manipolazione, e pure maldestra: roba da venditori di pentolame cinese porta a porta.

    Immagino che fossero monologhi, inframmezzati di tanto in tanto da qualche domanda di finto interesse su di te, probabilmente quando era stanco di parlare.

    Esattamente. Le prime discussioni seguivano precisamente questo schema.

    E la tua?

    Hai provato a contraddirlo?

    Costantemente. Avrei potuto evitare milioni di situazioni degradanti se avessi avuto l'abilità (?) del silenzio diplomatico, intelligente. Ma, con particolare riferimento alla sua idea di mondo femminile, non lasciavo cadere nemmeno un sospiro nel vuoto, perché sapevo che anche quando parlava di una terza persona o delle donne nella loro totalità di genere stava parlando di me e non potevo permettere che i suoi insulti velati, più o meno, mi rimanessero addosso senza tentare di rispedirli al mittenti. A volte riuscivo, a volte no. Fatto sta che poi il contrappasso per aver contraddetto la sua visione era uno e unico.


    Non gli serviva la violenza fisica perchè sfruttava probabilmente altre leve, probabilmente sensi di colpa che intuisco tu sia incline a farti.

    Sì, effettivamente credo faccia parte della mia natura il senso di colpa. A volte si manifesta come autocritica, sana credo. Altre invece mi lega in modo malsano al passato, al cosa avrei potuto/dovuto fare diversamente e meglio.

    sicuramente troverai dei tratti simili nel tuo attuale partner, magari non estremizzati come quello di cui racconti, ma ci saranno.

    In realtà solo il fidanzatino del liceo aveva un'attitudine simile all'Inqualificabile. Il mio attuale partner non può essere più lontano sotto qualsiasi punto di vista.

    che rapporto avevi da piccola con tuo padre? che rapporto aveva lui con tua madre?

    Non esistono famiglie perfette. Di sicuro la mia non lo è, ma l'affetto naturale genitori-figli non è mai mancato.

    Con mio padre avevo e ho un rapporto normalissimo, di amore incondizionato. Diciamo solo che in qualche modo devo a lui la mia incapacità di dimostrare le mie vulnerabilità. Nel senso che sono stata educata a non espormi troppo con le persone, perché mostrare a qualcuno cosa può ferirti equivale a metterlo nella pericolosa posizione di farti del male. Non che abbia imparato questa sua lezione, non ho una mente così raffinata :) ma di certo se penso a come ho gestito la fine della relazione con l'Inqualificabile, cioè cercando di cancellarla, come se non fosse mai esistita, vedo uno schema.

    Il rapporto fra mio papà e mia mamma, per quel che ho visto io, è sempre stato basato sul rispetto reciproco. Naturalmente non sono mancati liti e disaccordi, ma nulla che possa ricordare come violento.

    dopo la relazione sei diventata una persona diversa rispetto a quella che eri prima? Io penso che possa essere frequente, in questi casi, diventare più diffidenti e non riuscire a fidarsi nelle relazioni successive. E' il tuo caso?

    Il punto è proprio questo: avendo evitato con ogni mezzo di metabolizzare la storia, avendo agito quasi come a volerla cancellare, come se non fosse mai esistita, non riesco a rendermi conto se e come questa reazione possa avermi cambiato nel profondo.

    Per motivi professionali e di vita almeno un quarto delle persone che conosco (e metà dei miei clienti) è di questa pasta (EDIT: intendo la pasta di lui, del "nobile"). Conosco bene l'ambiente, i suoi vizi, i suoi eccessi, soprattutto dal punto di vista psichico.


    Di base il loro livore scaturisce proprio da quella sottospecie di complesso di inferiorità che ognuno di loro cova per gli indiretti paragoni con i propri avi e/o altri dell'ambiente in cui in parte sono stati costretti a vivere.


    La maggior parte delle compagne di questi ama il loro ruolo o la loro collocazione sociale (e i loro soldi): non loro come persone. Questo è un fatto che in alcuni casi li spinge proprio verso l'odio nei confronti del genere femminile. I più "furbi" (o quelli che si fanno aiutare) quando devono stabilire relazioni lo fanno _per quanto possibile_ in incognito; ovvero all'opposto di come ha fatto lui.

    Interessante la riflessione su ciò che scaturisce livore e conseguenze relazionali.

    Ma a essere precisi, era la mamma che per prime nozze aveva acquisito il titolo nobiliare. Essendo lui un figlio illegittimo al di fuori del matrimonio col nobile, la nobiltà la viveva di riflesso e mai dal punto di vista del benessere economico, anzi, tanto lui che la mamma erano piuttosto indigenti. Ma i fratelli da parte di madre lo erano. Ed effettivamente verso di loro, a mio avviso soprattutto nei confronti di quello per il quale spendeva parole di stima spesso esageratamente mielose, nutriva un qualche senso di inferiorità. Ma al di là di queste considerazioni, riporto qui il concetto che ho espresso quando provo a descrivere ciò che mi ha attratto:

    In realtà la storia della "nobiltà decadente" veniva usata dall'Inqualificabile come contrapposizione a quella che descriveva come la sua essenza: persona umile, che nonostante le avversità ce la stava facendo, anche lavorativamente parlando, di fatto faceva un lavoro in cui le doti attoriali, evidentemente acquisite geneticamente, gli tornavano particolarmente utili, soprattutto lato carismatico. E fino a un certo punto, questa essenza "umile" ma forte, autentica anche se con qualche lampo istrionico, sembrava piuttosto naturale. Insomma, si presentava come una persona carismatica, simpatica, intraprendente. La "nobiltà" e tutto il resto era più un espediente narrativo.

    Per quel che riguarda poi il senso di colpa:

    Questa è la tipica conseguenza sana del reagire ad una vita e un ambiente e una relazione alienante.

    E' sano anche il senso di colpa, perché in definitiva sai di aver avuto "il potere" di interrompere (o evitare di far nascere) la relazione sin dall'inizio. Il senso di colpa potrebbe essere anche inconsciamente nei confronti di te stessa e probabilmente di una sensazione di "aver fallito".

    Non racconto i dettagli dell'episodio in cui ho manifestato in modo del tutto incontrollato, e anche pericoloso per la vita di entrambi, quel senso di rabbia cieca che aveva iniziato a farsi largo dentro di me, per ovvie ragioni di riservatezza e per evitare che qualcuno riconosca una delle due parti coinvolte. In questo specifico frangente, nonostante la rabbia di per sé come giustamente scrivi tu è stata sana, ha giocato un ruolo determinante nel prolungamento di questa relazione.

    Innanzitutto, l'Inqualificabile ha agito secondo il suo schema perverso, usando in ogni modo il senso di colpa, di vergogna - sì, verso me stessa - che naturalmente sin dall'episodio di cui sopra aveva spalancato violentemente la porta, scorrendo come un fiume in piena. E se razionalmente sapevo che quel gesto, per quanto indiscutibilmente grave, era una reazione e non la causa, dentro mi sentivo morire.

    Negli attimi successivi, come dicevo, lui ha preteso la mia umiliazione. E io gliel'ho concessa. E di nuovo senso di colpa.

    Nei giorni successivi, sono rimasta chiusa in camera mia, da sola (credo dai 3 ai 5 giorni, non ho un ricordo chiaro e preciso, non riesco a mettere a fuoco). Vivevo con altre persone, perciò uscivo da quella stanza solo per le necessità e solo quando in casa non c'erano. Nessuno mi ha visto in faccia quei giorni lì. L'unico contatto esterno era quello telefonico con l'Inqualificabile. E i pensieri si alternavano tra l'ipotesi di una malattia mentale e il farla finita.

    In secondo luogo questo loop di vergogna e senso di colpa l'ho proiettato anche su di lui: avevo fatto qualcosa di grave che dovevo farmi perdonare. Perché avevo fallito, non tanto a livello di relazione di coppia, ma proprio come manifestazione individuale, come persona, nella mia essenza identitaria.

    il tutto di solito è riassumibile castamente con parole come "umiliazione" (come scrivi tu stessa), ma anche "controllo", svalutazione, coercizione, oggettivizzazione estrema e depersonalizzazione.

    Sì, credo che tu abbia fatto una lista corretta di definizioni.

    Anche se in questo momento, mentre vi leggo e scrivo, mi sembra che manchi ancora una buona parte di vocabolario per definirla in modo esaustivo.

    Con i successivi partner:


    C'è chi reagisce con un iper-controllo durante i rapporti sessuali, che si ripercuote anche nella vita quotidiana con una sorta di "riscatto" della propria identità e autodeterminazione. Questi comportamenti sul partner suonano come "attacchi ingiustificati" o eccessi di controllo.


    C'è chi reagisce con l'emulazione di comportamenti quasi esclusivamente sessuali simili a quelli avuti con il "partner violento". Questi di solito sono di sottomissione o auto-accusa, cascano dal cielo senza apparente motivo e spiazzano la sessualità del nuovo partner. A volte in positivo, molto più spesso in negativo. Il tutto può portare a una crisi identitaria della relazione.


    C'è chi reagisce con comportamenti ambivalenti, ovvero: un po' di un tipo, un po' dell'altro. Questi si alternano senza apparente motivazione e in modo imprevedibile, lasciando il partner in una sorta di incapacità/paura di agire o prendere l'iniziativa, perché teme di violare qualche diritto non dichiarato o di non essere abbastanza prestante (questo dipende poi da partner a partner).


    In tutti e tre i macro-casi (che ricordo essere molto approssimativi) i problemi di solito sono occulti o comunque latenti. Emergono solo a fronte di particolari trigger, anche se possono condizionare tutta la relazione.

    Con il mio attuale lui, mi sembra di non aver vissuto nessuno dei 3 macro-casi.

    Per quanto riguarda nello specifico la sessualità, il mio partner non ha mai fatto pressioni di nessun genere. Percepiva che c'era qualcosa che non andava, tanto che una sera abbracciandomi mi ha chiesto "Ma cosa ti hanno fatto?". Ed essendo una persona straordinariamente intelligente, acuta, brillante, anche lato emotivo, ha capito, rispettato e atteso senza domande ulteriori.

    La prima volta che è successo è stato del tutto naturale e non l'ho vissuta come una sottomissione, né tantomeno ho cercato di averne il controllo. Al contrario, credo che prima del mio lui non abbia mai vissuto la sessualità con tanta naturalezza, spontaneità e leggerezza.


    In buona sostanza, credo di aver sviluppato delle rigidità caratteriali, un po' legate al contesto educativo, un po' alle esperienze generali e particolari, che ora mi stanno pesando sulla relazione con il mio partner. Ma non so individuarle per poter tentare di migliorare la relazione con lui.

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Interessante la riflessione su ciò che scaturisce livore e conseguenze relazionali.

    Ma a essere precisi, era la mamma che per prime nozze aveva acquisito il titolo nobiliare. Essendo lui un figlio illegittimo al di fuori del matrimonio col nobile, la nobiltà la viveva di riflesso e mai dal punto di vista del benessere economico, anzi, tanto lui che la mamma erano piuttosto indigenti. Ma i fratelli da parte di madre lo erano. Ed effettivamente verso di loro, a mio avviso soprattutto nei confronti di quello per il quale spendeva parole di stima spesso esageratamente mielose, nutriva un qualche senso di inferiorità. Ma al di là di queste considerazioni, riporto qui il concetto che ho espresso quando provo a descrivere ciò che mi ha attratto:

    La sua situazione paradossalmente acuisce quella condizione che andavo descrivendo, perché al complesso di inferiorità di base (che aveva anche Berlusconi Silvio) si aggiunge anche la condizione di vita non corrispondente alle aspettative e colma di risentimento per il paragone con "i legittimi".


    Ancora più paradossalmente il nobile caduto in disgrazia o il nobile illegittimo che non riesce ad acquisire la grazia: può odiare "le donne" (generico) allo stesso modo del nobile usato come "asset". L'odio verte sulla compagna in quanto rappresentante del genere che lui non ha potuto dominare nonostante "potenziale alpha" in quanto "potenziale nobile". Tutta la rabbia e la voglia di umiliare che alcuni suoi colleghi "legittimi" hanno rivolto verso più donne: nel suo caso è stata rivolta tutta verso di te.


    l'Inqualificabile ha agito secondo il suo schema perverso, usando in ogni modo il senso di colpa, di vergogna - sì, verso me stessa - che naturalmente sin dall'episodio di cui sopra aveva spalancato violentemente la porta, scorrendo come un fiume in piena. E se razionalmente sapevo che quel gesto, per quanto indiscutibilmente grave, era una reazione e non la causa, dentro mi sentivo morire.

    Questo è accaduto perché gli hai aperto le porte della "legittimità" nel difendersi con il tuo gesto. Non aspettava altro. Probabilmente ha fatto di tutto per ottenere la tua esplosione. Era parte del suo copione probabilmente inconscio.


    Sì, credo che tu abbia fatto una lista corretta di definizioni.

    Anche se in questo momento, mentre vi leggo e scrivo, mi sembra che manchi ancora una buona parte di vocabolario per definirla in modo esaustivo.

    Non ci sono abbastanza parole per descrivere certi stati della mente.


    Con il mio attuale lui, mi sembra di non aver vissuto nessuno dei 3 macro-casi.

    Te lo auguro, ma attenzione alle forme implicite.


    Per quanto riguarda nello specifico la sessualità, il mio partner non ha mai fatto pressioni di nessun genere. Percepiva che c'era qualcosa che non andava, tanto che una sera abbracciandomi mi ha chiesto "Ma cosa ti hanno fatto?". Ed essendo una persona straordinariamente intelligente, acuta, brillante, anche lato emotivo, ha capito, rispettato e atteso senza domande ulteriori.

    La prima volta che è successo è stato del tutto naturale e non l'ho vissuta come una sottomissione, né tantomeno ho cercato di averne il controllo. Al contrario, credo che prima del mio lui non abbia mai vissuto la sessualità con tanta naturalezza, spontaneità e leggerezza.

    La chiave potrebbe essere nel suo "percepire qualcosa che non va". Fin tanto che lui può "compensare" tutto funziona. Quando lui non ha più spazio per "compensare" (per motivi suoi di stress o altro) viene meno l'equilibrio. Bisognerebbe capire SE compensava ed eventualmente come.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • L’opener ha già spiegato che con la consapevolezza di allora ha fatto quello che ha potuto, oggi avrebbe reagito molto diversamente a un approccio di un tipo del genere. Certo se ha messo via questa storia senza averla rielaborata probabilmente "perdonarsi" sarà una delle "cose da fare".

    Poi con questo livello di coercizione messo in atto forse non è stato neanche così facile capire il soggetto prima che scoppiasse la bomba.

    Più che altro avrà sottovalutato gli effetti negativi dell'interagire con un personaggio di questo tipo e/o ha sopravvalutato la sua capacità di sopportazione.

    Credo che tutte e tre le ipotesi siano giuste: il dovermi "perdonare"/smettere di provare vergogna, la sottovalutazione degli effetti negativi soprattutto al termine della relazione, (un po' meno) la sopravvalutazione della mia capacità di sopportazione (un po' meno perché ho realizzato che stavo sopportando l'insopportabile solo una volta chiusa la relazione; fino a quel momento per il senso di colpa e vergogna e umiliazione sentivo di dover espiare qualsiasi cosa, banalmente anche l'aspetto fisico).

    Probabilmente ha fatto di tutto per ottenere la tua esplosione.

    Ed è esattamente quello che gli ho detto in quei 3/5 giorni di isolamento dopo l'episodio di manifestazione incontrollata di rabbia. Ed è anche la considerazione che mi fa sentire di aver fallito, in quel frangente, come essere umano, nella sua dimensione intellettiva soprattutto. Perché, come hai detto qualche messaggio sopra, ho collaborato con parziale inconsapevolezza (meglio, non ascoltando la voce del mio senso più razionale, facendo sì che le urla di senso di senso di colpa e compagnia la sovrastassero) al suo copione, forse però solo in minuscola parte inconscio (perché sul finale della relazione si è in un certo senso vantato che ha mandato in terapia tutte le sue ex. Forse è per non dargliela vinta, quindi, che ho evitato di metabolizzare la relazione? Ipotesi che faccio così, sul momento).

    La chiave potrebbe essere nel suo "percepire qualcosa che non va". Fin tanto che lui può "compensare" tutto funziona. Quando lui non ha più spazio per "compensare" (per motivi suoi di stress o altro) viene meno l'equilibrio. Bisognerebbe capire SE compensava ed eventualmente come.

    Intendi dire che il mio compagno si percepiva come una sorta di "salvatore"?

    ma attenzione alle forme implicite.

    Cosa intendi con forme implicite?

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Ed è esattamente quello che gli ho detto in quei 3/5 giorni di isolamento dopo l'episodio di manifestazione incontrollata di rabbia. Ed è anche la considerazione che mi fa sentire di aver fallito, in quel frangente, come essere umano, nella sua dimensione intellettiva soprattutto. Perché, come hai detto qualche messaggio sopra, ho collaborato con parziale inconsapevolezza (meglio, non ascoltando la voce del mio senso più razionale, facendo sì che le urla di senso di senso di colpa e compagnia la sovrastassero) al suo copione, forse però solo in minuscola parte inconscio (perché sul finale della relazione si è in un certo senso vantato che ha mandato in terapia tutte le sue ex. Forse è per non dargliela vinta, quindi, che ho evitato di metabolizzare la relazione? Ipotesi che faccio così, sul momento).

    Che possa esservi stato un copione è solo una ipotesi, tuttavia di solito quando uno strazio dura così a lungo è molto probabile che non fosse la prima volta per lui. Se qualcosa del genere gli è già accaduto è un dato a favore dell'ipotesi del copione.


    Colgo l'occasione per ribadire che non tutti "i nobili" o i potenti (legittimi o meno) hanno questa impostazione con le donne, anzi: più sono "nobili veri" (nell'animo più che nel titolo o nei possedimenti) e meno questi meccanismi saranno presenti.


    Che io sappia capita più spesso che vi sia un "odio" per le compagna e talvolta in generale per "le donne" in ambienti affini o vicini o tangenti a quelli del potere, perché per ovvie ragioni questi ambienti sono più frequentati da "un certo tipo di donne".


    Intendi dire che il mio compagno si percepiva come una sorta di "salvatore"?

    Potrebbe essere.

    Oppure si percepiva come una persona in grado di compensare a qualche tuo "problema" e agiva sempre con quel freno a mano o quella attenzione attiva. Se così fosse: lui faceva più "fatica" di quella che potrebbe essere in grado di fare ora.

    Per quello dicevo che SE compensava in qualche modo: sarebbe utile sapere come.


    Per spiegare faccio un esempio estremamente banale, ma che rende l'idea.

    Se una persona mostra una sofferenza per determinate posizioni durante l'atto, o per determinate espressioni o anche solo per un gesto fatto in un certo modo: il partner "compensativo" si iper-controlla per evitare di fare quel gesto. Questo iper-controllo in un contesto come quello sessuale costa parecchia fatica. In condizioni di stress non è possibile "farcela" a controllarsi e questo potrebbe precludere in una sorta di strategia di evitamento l'attivazione di tutto il processo che porta a quel "rischio".


    Cosa intendi con forme implicite?

    Capita che una dinamica si verifichi sotto lo strato di evidenza a cui siamo abituati ad osservare.


    Può essere che il comportamento di iper-controllo agito da parte tua sia inconscio. Nel caso non lo noteresti.

    Può essere che l'emulazione di comportamenti che imitano la precedente dinamica con l'inqualificabile siano impliciti. Magari ne manifesti solo gli effetti senza passare dall'imitazione vera e propria dell'atto.

    L'ambivalenza inoltre è quasi sempre occulta. Quando c'è la nota solo l'altro o un osservatore esterno.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

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