Disgusto costante nell'andare a lavorare

  • Credo sia un atteggiamento ottuso sottovalutare i messaggi che le nuove generazioni stanno lanciando al mercato del lavoro.

    Io vivo questo “problema” ogni giorno direttamente nel momento in cui fatico a trovare per la mia azienda determinati profili professionali. E questo nonostante le condizioni contrattuali e le garanzie offerte siano più che buone.

    Queste difficoltà sono ancor più evidenti quando si parla di mansioni da svolgere ciclicamente in orario serale o fine settimanale: li trovare qualcuno inizia a diventare un utopia.

    Insomma rivendicano giustamente il loro diritto a svagarsi “quando lo fanno tutti”.

    Il fatto è che a questo punto andrebbe ripensata la società nel suo complesso (può essere una cosa buona) compreso il fatto, ad esempio, di essere disposti a rinunciare a berlo proprio l’aperitivo perché nessuno te lo servirà più, a rinunciare ai negozi aperti il sabato e la domenica, ma anche ai rifugi, alle palestre, ai mezzi pubblici e, perché no, anche ai pronto soccorsi.

    È un tema che, per essere sviluppato come merita, necessità di tempo e accurata analisi.

    Consultando abbastanza esperti puoi trovare conferma a qualsiasi opinione.

  • Concordo la pianura padana è un lager ed è destinata a peggiorare, tolti alcuni centri storici anche dal punto di vista architettonico è orrenda. Poi mettiamoci anche i cambiamenti climatici e diverrà invivibile specie in estate.

    Per me è tristissima, immaginate una Domenica di Novembre in quei paesotti della pianura padana... per forza che diventano poi schiavi del lavoro, il resto è deprimente!

    La mia città e’ in pianura padana ed ancora oggi, nonostante la conosca dalla nascita, mi capita spesso di fermarmi ad ammirare la bellezza dei suoi palazzi e dei suoi monumenti.

    Consultando abbastanza esperti puoi trovare conferma a qualsiasi opinione.

  • Ammetto di provare molto spesso anche io il senso di disgusto per il lavoro, in realtà non per il lavoro in sé, che mi piace anche, ma verso chi ho attorno, verso le logiche ottuse e ingessate di chi gestisce team e persone e aziende e io non gli affiderei nemmeno un cane trovato per strada.

    Non mi piace il senso di abbrutimento di certi contesti, non mi piace la becera e noiosa umanità che incontro.

    Poi ci sono le felici eccezioni, poche ma esistono, e quando le incontro respiro, imparo, cresco, mi arricchisco. Ma è raro, e lo è sempre di più.

    Ma non si può che accettare se si hanno responsabilità e impegni economici come un po' tutti; l'unica è guardarsi attorno se si può, per non perdere proprio la speranza di trovare di meglio, e nel frattempo esserlo noi il meglio del posto in cui siamo.

    Una cosa che personalmente non capisco è perchè non si riesca a fare tutti di meglio, perchè non si riesca a portare il mondo del lavoro a una dimensione più umana, più rispondente ai bisogni delle persone, perchè deve essere così e non può essere più umano.

  • Credo sia un atteggiamento ottuso sottovalutare i messaggi che le nuove generazioni stanno lanciando al mercato del lavoro.

    Io vivo questo “problema” ogni giorno direttamente nel momento in cui fatico a trovare per la mia azienda determinati profili professionali. E questo nonostante le condizioni contrattuali e le garanzie offerte siano più che buone.

    Queste difficoltà sono ancor più evidenti quando si parla di mansioni da svolgere ciclicamente in orario serale o fine settimanale: li trovare qualcuno inizia a diventare un utopia.

    Insomma rivendicano giustamente il loro diritto a svagarsi “quando lo fanno tutti”.

    Sull'ultima frase faccio lo stesso appunto che ho fatto nella risposta a Diverso: non è l'aperitivo il problema o il fatto che "lo facciano tutti". Il problema è la contropartita. Lavorare in Italia nel 2023 per un giovane significa (più o meno a seconda del lavoro): bruciare tempo rimanendo povero, stressarsi, essere sottovalutato, iper-mansionato e senza alcuna possibilità di crescita.


    Il fatto che nel fine settimana lavorino ancora meno volentieri non è dato tanto dall'aperitivo, ma dal fatto di non avere nemmeno più una via di fuga dall'inferno che la vita lavorativa ormai rappresenta per loro.


    I profili professionali che non si trovano per le aziende italiane: ci sono e sono più bravi della media, ma se possono permetterselo dall'Italia scappano. Se non possono permetterselo arroccano in lavori poco impegnativi che lascino tempo da vivere.


    Per fare un esempio estremo: Brunello Cucinelli i dipendenti li trova.

    Se il lavoro offrisse un minimo di contropartita di vita: i dipendenti si troverebbero.


    Poi ovviamente nel mare delle offerte tutte uguali: anche le pochissime aziende che offrono un minimo di contropartita faticano a trovare lavoratori. Faticano perché non si distinguono da chi cerca lavoratori considerandoli un costo, pagandoli al minimo possibile e usandoli male.


    Il fatto è che a questo punto andrebbe ripensata la società nel suo complesso (può essere una cosa buona) compreso il fatto, ad esempio, di essere disposti a rinunciare a berlo proprio l’aperitivo perché nessuno te lo servirà più, a rinunciare ai negozi aperti il sabato e la domenica, ma anche ai rifugi, alle palestre, ai mezzi pubblici e, perché no, anche ai pronto soccorsi.

    È un tema che, per essere sviluppato come merita, necessità di tempo e accurata analisi.

    Non è eliminando l'aperitivo che si risolve il problema, ma sostituendo e formando e ripulendo la cultura della classe che più di tutte genera il problema: gli imprenditori e tutto il substrato elitario ereditario.


    In Italia in particolar modo il problema è più grave, perché alla filosofia della finanza (per cui un lavoratore è un costo) si aggiunge la enorme e stratificata (in generazioni) incompetenza e incapacità. In Italia si diventa imprenditori per motivi ereditari e a gestire l'azienda c'è chi la eredita ...e non chi è capace. Il risultato è quello che vediamo.


    Poi ci sono le felici eccezioni, poche ma esistono, e quando le incontro respiro, imparo, cresco, mi arricchisco. Ma è raro, e lo è sempre di più.

    E sarà sempre più raro se non inseriamo il fattore Merito e il fattore culturale di cui sopra e quello per cui l'azienda non è solo un organo finanziario.


    Una cosa che personalmente non capisco è perchè non si riesca a fare tutti di meglio, perchè non si riesca a portare il mondo del lavoro a una dimensione più umana, più rispondente ai bisogni delle persone, perchè deve essere così e non può essere più umano.

    Non si fa perché chi potrebbe permetterselo non crea le condizioni.


    In condizione di fare meglio sono solo i pochissimi che occupano le posizioni per cui lavorare conviene ancora o ha un senso, insomma: ha una contropartita. Col lavoro ci compri una casa, ci paghi la scuola ai figli, ci paghi le cure mediche.


    Quando però il lavoro ti assorbe TUTTA la vita, tutta la psiche, tutto il tempo, tutta la pazienza, la fantasia, la gioia e in cambio a stento ci sopravvivi: qualcosa si rompe ed è sano che sia così.


    Il potere di cambiare questo assetto non lo hanno i tantissimi disaffezionati al lavoro che fanno il minimo o scappano da una azienda all'altra sperando di potersi pagare la rata dell'auto usata. E questi sono tantissimi, praticamente la maggior parte.

    Il cambiamento deve venire dall'alto. Dal basso il contributo è già arrivato sottoforma di protesta.


    Anche quest'anno non ci saranno lavoratori nel settore alberghiero e governi e (im)prenditori (ovvero la elite) per risolvere il problema ha ben pensato di importare schiavi a basso costo dall'estero. Pensi che questa "soluzione" migliori o peggiori il problema?

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • bruce0wayne la pensa esattamente come me su svariati punti, il problema che c'è in Italia credo che sia soprattutto uno che poi vale anche per altri argomenti, ovvero che è chiara la diagnosi ma non c'è cura.


    È lampante che molti lavoratori oggi provano disgusto perché: demotivati, spesso demansionati ed anche sottopagati, a tutto questo ci aggiungiamo il contesto sociale distorto in cui molti di noi sono immersi ed ecco che il malessere viene fuori con tutti i contorni del caso.

    Fermo restando che questa sopra è la diagnosi, è possibile che nessuno oggi possa trovare una cura? Perché qui mi sembra evidente che continuando di questo passo il giochetto si romperà..poi posso sbagliarmi.

  • bruce0wayne la pensa esattamente come me su svariati punti, il problema che c'è in Italia credo che sia soprattutto uno che poi vale anche per altri argomenti, ovvero che è chiara la diagnosi ma non c'è cura.

    Attenzione che non sono solo pensieri o pareri i nostri: è una vera e propria "diagnosi" come dici tu. Questa diagnosi ha delle prove a supporto: misurazioni, valutazioni e tesi dei maggiori attori del mondo del lavoro, sia in Italia che all'estero.

    Di tanto in tanto ne cito qualcuno, primo tra tutti Gallup o Randstad, ma anche tutti i piccoli di origine italiana.


    Quasi tutti hanno misurato (ormai in crescendo da 30 anni) una disaffezione al lavoro che ha raggiunto livelli critici nel dopo-pandemia a causa del fatto che lo stop forzato ha messo in mostra tutti gli scheletri nell'armadio.


    Si è visto chiaramente che a perderci sono sempre i lavoratori. Si è visto che molte posizioni lavorative elitarie sono totalmente inutili. La pausa forzata ha risvegliato le coscienze, specie nel settore alberghiero, poiché a fronte dei ristori che il governo erogava agli imprenditori: i lavoratori restavano senza stipendio, costretti a bruciare le ferie e poi licenziati.


    Diciamo che si è superata la misura massima tollerabile e qualcosa si è rotto.

    Gli unici inizialmente esonerati da questa presa di coscienza furono medici, infermieri e personale sanitario in generale, poiché durante la pandemia non si sono fermati, anzi: sono stati alienati e sfruttati al massimo in cambio poi... di niente.


    A scoppio ritardato (dopo più di un anno) vedendo il comportamento degli altri lavoratori: anche loro hanno preso coraggio e hanno iniziato a dimettersi in massa.

    Tra le posizioni lavorative che il governo ha già rimpiazzato con schiavi sottopagati provenienti da Nazioni in stato di Dittatura ci sono medici e infermieri.


    Anche l'altro utente che qui sul forum manifesta insofferenza per il proprio lavoro è proprio un medico: un cardiologo.


    Se anche per loro il lavoro è diventato insopportabile dovremmo iniziare a preoccuparci seriamente delle condizioni in cui si lavora e della famosa contropartita di cui parlavo sopra.


    In Italia anche lo Stato è un cattivo imprenditore.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Aggiungo una parte importante che si ricollega all'ultima. Se è ormai appurato che persino lo Stato sia un cattivo imprenditore: come possiamo immaginare una soluzione, una cura?


    Nonostante la diagnosi sia chiara per la maggior parte delle persone: si tratta di una diagnosi che non è chiara e che viene rifiutata per motivi di comodo a quella parte che è quella che conta, ovvero imprenditori e Stato (che sono quelli che decidono le regole del gioco).


    Per questo chi può dall'Italia se ne va a lavorare all'estero. Perché effettivamente in prospettiva non si intravede l'ombra di un cambiamento: nemmeno minimo.


    A prescindere dai colori e dagli schieramenti politici: l'abbattimento di una prospettiva di salario minimo e l'importazione di lavoratori a basso costo dai Paesi poveri apre la strada a un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro (e vita) di tutti i cittadini che non occupano una posizione di elite nella società.


    Tutto questo fa il pari con l'analisi di alcuni economisti del panorama socio-economico italiano che vede la nostra nazione sprofondare nella direzione di una chiara sudamericanizzazione, ovvero: la perdita progressiva di diritti e risorse della maggioranza della popolazione a favore dei pochi che diventano sempre più ricchi.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Nonostante la diagnosi sia chiara per la maggior parte delle persone: si tratta di una diagnosi che non è chiara e che viene rifiutata per motivi di comodo a quella parte che è quella che conta, ovvero imprenditori e Stato (che sono quelli che decidono le regole del gioco).

    Il problema è la mancanza di competenze tecniche per risolvere la situazione, l'Italia sta sprofondando perché non ha mai investito e mai investirà sullo sviluppo culturale/tecnologico delle nuove generazioni, i nostri laureati in materie STEM sono pochissimi e l'assurdità è che appena terminano il percorso studi, nelle altre nazioni fanno a botte per accaperrarseli, qui al max ti offrono uno stage per fare fotocopie.

    Non c'è rimedio perché non si vuole cambiare e la nostra unica possibilità e che scoppi un virus che faccia scomparire tutti i boomer imprenditori e politici.


    A prescindere dai colori e dagli schieramenti politici: l'abbattimento di una prospettiva di salario minimo e l'importazione di lavoratori a basso costo dai Paesi poveri apre la strada a un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro (e vita) di tutti i cittadini che non occupano una posizione di elite nella società.

    Qui c'è tanta propaganda, i lavoratori a basso costo arriveranno a prescindere dalla nostra volontà o meno, non solo per questioni economiche ma anche climatiche.

    Mi fa sorridere sta caciara sulla sostituzione etnica, come se stia accadendo solo da noi.

    Anche il divario economico è visibile in molti paesi occidentali, forse in italia fa più scalpore perché abbiamo uno stato di stampo social democratico.

    Quasi tutti hanno misurato (ormai in crescendo da 30 anni) una disaffezione al lavoro che ha raggiunto livelli critici nel dopo-pandemia a causa del fatto che lo stop forzato ha messo in mostra tutti gli scheletri nell'armadio.

    Nel mio settore ci sono grosse mancanze operative, il sistema moda è quasi al collasso ma nessuno apre bocca su questo.

    Abbiamo posizioni aperte da mesi ma di colloqui ne facciamo pochissimi e la maggior parte rifiuta, e se fossi in loro lo farei anch'io per quello che ti chiedono e ti offrono.

  • e la nostra unica possibilità e che scoppi un virus che faccia scomparire tutti i boomer imprenditori e politici.

    Sei un inguaribile ottimista, pensi davvero che sostituendo queste generazioni con una di 30enni le cose svolterebbero?

    Io purtroppo, nel corso degli anni ed armato delle più rosee aspettative, ho solo visto fare peggio.

    Il potere (poco o tanto che sia) nel momento in cui lo acquisisci, inevitabilmente cambia le persone, sia per interesse ma anche per prospettiva da cui guardi gli eventi.

    Io ho sempre creduto molto nella responsabilità e nell’etica individuale piuttosto che nelle guerre tra classi e generazioni. Ma è cosa rarissima da trovare, indipendentemente dall’età anagrafica.

    Consultando abbastanza esperti puoi trovare conferma a qualsiasi opinione.

  • Sei un inguaribile ottimista, pensi davvero che sostituendo queste generazioni con una di 30enni le cose svolterebbero?

    Confido nel fatto che siano più consci delle dinamiche del mondo, almeno un passo avanti potremmo farlo, un passettino.


    Il potere (poco o tanto che sia) nel momento in cui lo acquisisci, inevitabilmente cambia le persone, sia per interesse ma anche per prospettiva da cui guardi gli eventi.

    Il problema è proprio questo, lo scollamento tra paese reale e paese politico.

    Ma questo è dovuto anche al fatto che la nostra classe politica è tra le più vecchie del mondo.


    Io ho sempre creduto molto nella responsabilità e nell’etica individuale piuttosto che nelle guerre tra classi e generazioni. Ma è cosa rarissima da trovare, indipendentemente dall’età anagrafica.

    E' verissimo, ma le guerre tra generazioni avvengono nel momento in cui le vecchie non si rendono conto che devono farsi da parte perché il mondo è cambiato.

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