Tutto sugli Asperger

  • In un certo senso è una schiavitù perchè gli istintinti da cui i bias derivano sono un "software" installatoci da madre natura senza chiederci il permesso. Utile per carità, non saremmo vivi altrimenti, ma non è democratico, è tirannico. Tanto più che in qualità di "usciti dal bosco" certi nostri istinti arcaici creano solo discordie sociali.


    Penso ad esempio a quanto l'imprinting possa fare soffrire un figlio se si ritrova un genitore disfunzionale.

    Ma in effetti molti di questi bias ci rendono in grado di sopravvivere o di proliferare più velocemente, tuttavia sacrificano un tot di realtà che ci viene occultata in virtù della "facilità" e della velocità con cui interpretare determinati stimoli.


    Chi è Asperger non saprebbe vivere senza assistenza, non nella maggioranza dei casi, tuttavia _quantomeno_ sono meno soggetti a questo tipo di "schiavitù".

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Chi è Asperger non saprebbe vivere senza assistenza, non nella maggioranza dei casi, tuttavia _quantomeno_ sono meno soggetti a questo tipo di "schiavitù".

    Si, sono "disadattati" da tanti istinti, però a mio avviso possono avere l'equivalente dei bias se imparano a memoria nozioni errate, e la società o i genitori possono insegnarne tante. Ossia se - non - sono nati con un grado di intelligenza individuale tale da rendergli palese l'errore nella nozione. Nel qual caso tenderanno ad essere ripetitivi nell'errore, la ripetitività è tipica dell'autismo, perchè da sicurezza. Almeno penso.

    un tot di realtà che ci viene occultata in virtù della "facilità" e della velocità con cui interpretare determinati stimoli.

    Beh sì, praticamente tutto il senso comune è una sovrastruttura schematica che serve a non dover calcolare ogni volta pesi e contrappesi di ogni situazione. Ma a volte si vede la sovrastruttura e si perde di vista la realtà.

  • Comprendo Garden, ma ero sarcastica.


    Le parole hanno un'energia, con le parole si può creare comunione oppure separazione fra gli uomini, persino discordia, metterli gli uni contro gli altri (una cosa che non ha senso perché neurodiversi o tipici che siano, siamo tutti esseri umani, la diversità ha il solo scopo di creare più comprensione, non forme di gerarchie). Le parole insomma sono formule magiche. E la parola schiavi associata a un gruppo di individui (peraltro generalizzato) proprio non mi piace.

    Si lo capisco, la durezza e ciò che trasmettono i termini genera una reazione inversa. Motivo per cui Bruce e Alba battibeccano sempre. Tatto, a volte il tatto è una forma di disonestà altre volte di comprensione, il confine è labile.

  • ma non puoi evitare il mondo intero, e il mondo intero e' neurotipico

    Hai quasi ragione.

    Il mondo intero non lo puoi evitare perché anche il "diverso" è animale sociale e necessita di contatto umano.

    Il completo solipsismo non è compatibile con la sopravvivenza, e l'eremita finisce ad andare completamente fuori di testa tranne forse qualche evolutissimo iniziato.

    Però può imparare a conoscere i propri nervi scoperti e diventare molto selettivo nei contatti con il mondo.

    Potrebbe essere considerato per questo uno snob ma è una percezione distorta, un equivoco.

    E potrebbe sviluppare gradualmente per tentativi ed errori un forte intuito autoprotettivo nello scegliere con quali "parti di mondo" venire a contatto e quali scartare perché già sa a priori che sarebbe fortemente a disagio e potrebbe reagire male o fare troppa inutile fatica a reprimersi "per quieto vivere" in presenza di determinati inputs.

    In questo modo si adatta ai propri demoni/traumi ed insieme anche al mondo.

    È chiaro che deve riuscire a sviluppare una forte indipendenza intellettuale ed emotiva.

    Cracco non è per lui, lo sa, lo accetta, evita di frequentarlo non si deprime se viene considerato "sfigato", non festeggia cspodanni o è estremamente selettivo nel decidere con chi è dove festeggiarlo, diventa quasi immune dall'altrui giudizio, non pianifica attentati ai ristoranti cracchiani o alle feste capodannesche.

    Come ho già provato a spiegare, ha delle vulnerabilità e deve stare più accorto della media per non cadere in continui conflitti che alla fine lo sfinirebbero e lo porterebbero nelle paludi mortifere della depressione.

    Può vivere benissimo, anche meglio dei neurotipici se impara a stare sempre in campana distraendosi il meno possibile.

    Inizialmente farà fatica, ma poi l'attenzione costante sarà quasi un automatismo, quasi un istinto naturale.


    Linko quanto sopra con un'altra riflessione/domanda dagli sviluppi potenzialmente interessanti.

    È plausibile ipotizzare che l'"attitudine complottista" sia favorita dalla "diversità" e più specificamente da quella aspie/autistica?

    Personalmente sospetto che ci sia una forte correlazione.

  • Precisiamo schiavi... non soggetti, tendenti, inclini ai bias ma schiavi. E' probabilmente un termine più scientifico che se ripetuto più volte diventa più autorevole.

    Non ho capito.

    Intendi dire che bisogna usare il termine schiavo e non per esempio incline a etc e che schiavo è termine "più scientifico" (:/) che va usato per aumentarne l'autorevolezza?

    O forse c'è un tono satirico/iperbolico sottostante che non colgo pienamente?

  • Io temo di non essere propriamente neurotipico, ma nemmeno sono neurodivergente.

    IMHO secondo me sei neurodivergente ma con un'intelligenza tale da consentire grandi capacità adattive, favorite anche dalla tua formazione culturale.

    Qualsiasi test, anche se super/iper scientifico non regge il confronto con l"unico test che non sbaglia mai: la Vita.

    Generalmente baso il mio giudizio sui risultati concreti: buona vita = NT, cattiva vita = ND, fine del test.

    Ma con casi particolari: un ND con intelligenza brillante E (un solo requisito non basta) adeguata specifica formazione fa eccezione, superficialmente osservato passa per NT, ma se si ha un pò di occho lo si sgama.

    Secondo me sei una delle eccezioni.

  • Sono più vicini a una realtà razionale, la quale è la più vicina possibile a quella reale, poiché non è inquinata dalle convenzioni sociali.

    Quello della "realtà" vedo che è un argomento su cui spesso (se non in ogni thread, a prescindere dal tema) ci troviamo a discutere. La ragione è che ne abbiamo una concezione ontologica diversa.


    Senza scomodare la metafisica, ma usando solo ragionamento logico, la realtà razionale dubito fortemente che sia la più vicina alla realtà reale. Perché la realtà reale per definizione dovrebbe essere quanto più vicina all'oggettivo, e se non fosse vicina all'oggettivo, sarebbe una realtà relativa (quindi un punto di vista non più vero di altri).


    Lo puntualizzo perché dicendo che le persone con autismo sono più vicine alla realtà reale da qui il passo dal dire che per questo sono pochi eletti a vedere "la verità" è troppo breve e comprenderai che è una posizione che non mi convincerà mai.


    Ma nonostante tutto, credo di comprendere quale sia il senso del tuo discorso, è può essere valido nel particolare, mentre tu l'hai spiegato (almeno così suona) come se fosse universale: ossia più immanente di quanto non sia.


    Gli asperger hanno una mente più logica e di conseguenza eccellono nel pensiero analitico, o nella conversione di concetti in schemi scomponibili. Guardano freddamente "ai dati" come si suol dire. E così accade sovente che scavalchino le convezioni sociali per affermare ciò che pensano.


    Attenzione, perché tratti autistici non falsano la percezione:

    Mi riferivo alle distorsioni di Back (pensiero dicotomico, supergeneralizzazione, etc) nella letteratura dedicata ho letto che sono sempre presenti nei casi di AS (da ricordare che una comorbidità più tipica all'AS è il DOC), uno dei motivi per cui l'approccio cognitivo-comportamentale (oggi integrato con altre strategie innovative e in via di sviluppo) è stato l'unico ad avere successo con gli autistici proprio perché si va a lavorare su quegli schemi mentali in maniera assai pratica, mentre è risaputo che mandare un aspie in psicoanalisi è sconsigliabile.


    Nella vita di tutti i giorni, complice il fatto che siamo immersi nell'ipocrisia neurotipica: è inopportuno essere asperger

    Mi chiedo perché devono esserci necessariamente gli ipocriti e i geni, la massa e gli eletti, il bianco e il nero?


    Se fossimo in un mondo di neurodivergenti avremmo la terapia per i neurotipici.

    Ah allora è questo il problema, parti dal presupposto che i neurodiversi siano "dei diversi" che vanno "curati" (come sappiamo non sono propriamente cure) non per loro stessi ma per essere adattati a un mondo di neurotipici, se le proporzioni fossero inverse le cose andrebbero al contrario. Non mi hai convinto.


    Le persone neurodiverse hanno problematiche rispetto l'adattamento ma non è perché il mondo sia a misura di neurotipico, nel futuro e con l'aumento di diagnosi presto sarà smentita questa idea che vi siano pochi neurodiversi e masse di neurotipici ipocriti, il problema delle persone neurodiverse è non essere coscienti di appartenere a una diversità ma che è complementare alla tipica, e non aver trovato gli strumenti adeguati affinché possano compiere il loro percorso.


    Anche all'iper-sensibilità sensoriale è legata all'adattamento. Mica è "colpa" di neurotipici se un asperger non riesce a stare alla luce del sole, oppure soffre se c'è un suono martellante nell'ambiente, o ha selettività alimentare, o soffre cambiando ambiente e temperatura. Questi aspetti possono indirettamente causare problematiche di adattamento, quello sì. E' sacrosanto che sia riconosciuta la AS per venire incontro a queste persone e aiutarle.


    Poi il fatto che vi siano così tante persone nello spettro è perché da sempre neurodiversi e neurotipici si accoppiano e fanno figli.


    Aggiungo io: come è giusto che sia, essendo figlia di un padre nello spettro.


    Linko quanto sopra con un'altra riflessione/domanda dagli sviluppi potenzialmente interessanti.

    È plausibile ipotizzare che l'"attitudine complottista" sia favorita dalla "diversità" e più specificamente da quella aspie/autistica?

    Personalmente sospetto che ci sia una forte correlazione.

    Personalmente nego la validità di questa ipotesi. Ma in generale nego la validità di una visione dell'asperger (quale essa sia) che si discosta dalla consapevolezza che "Asperger" è un'etichetta va ad indicare tratti autistici di cui la gradualità e la struttura è estremamente soggettiva, unica e irripetibile nel suo genere e può far scaturire configurazioni (ossia personalità individuali) lontane distanze siderali una dall'altra. Dal genio, alla persona a cui è riconosciuta una disabilità.


    Dal canto mio posso dire (ipergeneralizzando) che gli aspie sovente hanno un pensiero alternativo ed originale, e lo affermano con sicurezza non preoccupandosi della convenzione sociale (ragione che rende affascinanti gli uomini nello spettro, non è una mia opinione, lo lessi proprio in uno studio sulle relazioni aspie-tipici e su quali elementi di attrazione si creavano).

    DALI :hibiscus:

  • Si, sono "disadattati" da tanti istinti, però a mio avviso possono avere l'equivalente dei bias se imparano a memoria nozioni errate, e la società o i genitori possono insegnarne tante

    E' possibile quello che dici, tuttavia il bias funziona perché non è imparato nella memoria superficiale, ma è assorbito dalla mente in generale. La maggior parte delle persone non sa di ragionare per bias, ma lo fa. Se prendi un soggetto particolare, come un Asperger, e gli insegni i bias: li applicherà come regole sovrascrivendo il suo istinto di essere imparziale o realistico, ogni volta come fosse una decisione.


    Quando si parla di autismo (e anche di asperger) si cita spesso il sovraccarico che la mente di questi soggetti talvolta raggiunge anche in occasioni apparentemente semplici, come ritrovi sociali, svolgere lavori apparentemente semplici in gruppo, etc.


    Una delle maggiori cause di questi sovraccarichi è data proprio dalla carenza di bias cognitivi. Carenza che viene sostituita da una elaborazione ad-hoc da parte della mente di ogni singolo stimolo e interazione che questi soggetti devono "elaborare" da zero.


    Per questo possono fare tanti, tantissimi errori di "elaborazione", specie quando sono in sovraccarico: ma non sbaglieranno come la media delle persone, ovvero andando in una direzione ben definita. Ognuno di loro sbaglierà a modo suo, in modo "onesto".


    IMHO secondo me sei neurodivergente ma con un'intelligenza tale da consentire grandi capacità adattive, favorite anche dalla tua formazione culturale.

    Non saprei. E' possibile.

    Quando frequentavo quei ragazzi autistici a quegli eventi riuscivo a stabilire con loro un contatto che talvolta nemmeno le madri. Non ero l'unico: c'erano altre persone in grado di farlo, alcuni erano psicologi, altri no. Gli riusciva per natura. Il mio mentore diceva: "Se sei capace: fallo. Non preoccuparti troppo del perché ce la fai".

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • la parola schiavi associata a un gruppo di individui (peraltro generalizzato) proprio non mi piace.

    TIR credo abbia spiegato in questo passaggio qui sotto quello che mi sono astenuta dal dire.

    Però può imparare a conoscere i propri nervi scoperti e diventare molto selettivo nei contatti con il mondo.

    Potrebbe essere considerato per questo uno snob ma è una percezione distorta, un equivoco.

    E potrebbe sviluppare gradualmente per tentativi ed errori un forte intuito autoprotettivo nello scegliere con quali "parti di mondo" venire a contatto e quali scartare perché già sa a priori che sarebbe fortemente a disagio e potrebbe reagire male o fare troppa inutile fatica a reprimersi "per quieto vivere" in presenza di determinati inputs.

    Questa credo sia la causa anche della durezza che percepisci nelle parole di Bruce, sta facendo muro perché ha pagato troppo dal suo scontro con i bias, gli input di cui parla TIR.


    Io non sono molto diversa da ciò di cui parla TIR. La mia famiglia e l'ambiente in cui sono cresciuta sono pieni di piccole disonestà psicologiche di origine emotiva. Per dirti, ho scoperto che esiste un elenco di fallacie logiche e argomentative, utilizzato appositamente all'estero per regolamentare i dibattiti, tra cui ho citato in questa discussione "avvelenamento del pozzo".


    Le ho lette e devo dire che tra famiglia e ambiente di vita sono passata attraverso praticamente tutte. Non dico di esserne esente, ma certe mi sono sempre saltate ai nervi fin da piccola. Sarò sincera, non so se le vedevo perché sono aspie, neurodivergente, o solo perché non sono cieca. All'epoca non sapevo spiegare bene a parole dove fosse la fallacia, ma istintivamente la coglievo e sono giunta a livelli di scontro che erano ben oltre il civile. In tutto questo spesso le persone del contesto non le coglievano e non capivano perché mi arrabbiassi tanto; insomma, oltre al danno anche la beffa, perché passavo per matta.


    Capirai che dopo aver vissuto tali esperienze, o esperienze paragonabili, sviluppare una sorta di durezza è inevitabile. A fronte di tale durezza, tendere a gerarchizzare (corretto o scorretto che sia) è umano: distacco in risposta alle proprie ferite. È una forma di allontanamento da sé, di ciò che si è arrivato a detestare avendone subito gli effetti sulla propria pelle.


    Penso possa essere vero che Bruce gerarchizza, ma non è detto che non ci sia comunque un sottofondo di verità nel gerarchizzare. Le scuole esoteriche non ci vanno tanto leggere quando parlano di sonno della coscienza e affermano che la massa è addormentata; non cambia molto dall'usare la parola "schiava". E che richieda al singolo individuo un enorme sforzo risvegliarsi per gradi, gradini (anche gerarchici) di presa di coscienza oggettiva sulla realtà, al di là di maya, il velo emotivo, l'illusione, la lente distorta, le legioni dei demoni interiori, sottoprodotti istintivi schematici. La scala di Giacobbe o i pozzi iniziatici a gradini in cui più scendi 'underground' e vedi, più ti avvicini al sole sul fondo.


    Non so se tutto questo centri con gli aspie, se non nel fatto che effettivamente nel loro disadattamento possono essere spontaneamente privi di alcuni demoni istintivi (maya), ma se all'aspie non verrà associato un alto livello di intelligenza, si avrà, a mio avviso, solo un disadattamento, non una potenzialità intellettuale di uscita dagli schemi.


    In quest'ottica, gerarchizzare gli aspie, penso possa essere effettivamente scorretto, perché appunto non tutti sono intelligenti. Di certo, quelli incontrati per lavoro in un'azienda sono di un altro gradino di intelligenza, ma la discriminante è appunto l'intelligenza di base dell'individuo, e questa può essere innata o, a mio avviso, anche indotta da fattori stressogeni, per il principio della sabbia nella conchiglia che duole ma che crea la perla.


    Come ho scritto sopra, intelligenza associata a neurodivergenza può creare una combinazione.

    Intelligenza e neurodivergenza non sono sinonimi, certo se l'intelligenza si associa ad una neuro divergenza, come suggerisce il termine stesso "divergenza", l'intelligenza può divergere, ossia uscire dai paletti e dagli schemi classici, deragliare e dunque essere innovativa, battere sentieri non arati in precedenza. Nel divergere divergerà forse anche da gli schemi istintuali della specie, le dinamiche sociali e di branco, e la persona sarà disadattata ma più libera effettivamente da quelli che sono i bias derivanti dagli istinti, le emozioni. Utili a livello di dinamica sociale ma inutili a livello elaborativo su argomenti tecnici. Ma, come ripeto, a mio avviso dipende da una combinazione di fattori, non slegati dal grado di intelligenza intrinseco del singolo individuo.

    Allo stesso tempo penso che un alto grado di intelligenza porti a divergere per forza, perchè prima o poi si arriveranno a vedere con chiarezza determinati schemi e dunque tendenzialmente ad affrancarsene, alias a divergerne.


    La capacità di concentrazione alienante può in effetti non essere neurotipica, perchè richiede un certo grado di freddezza emotiva prolungata. E la fredezza è una forma di disadattamento. Allo stesso tempo penso che un alto grado di intelligenza, che sia neurotipico o meno, possa essere indotto in risposta a fattori stressogeni ambientali. Prendi un neurotipico, rinchiudilo in una torre.


    Intendo dire che il fattore alienante può anche essere indotto da un ambiente alienante e non necessariamente intrinseco dell'individuo in origine. Ossia il disadattamento neurodivergente a mio avviso può anche essere indotto. La noia e la solitudine possono indurre una sofferenza che faccia neurodivergere per alienazione un neurotipico, la stessa alienazione che viene spontanea senza soffrirne a chi è freddo di natura. Come al solito sono mie ipotesi.

    In questo non mi sento di scartare l'ipotesi di TIR.

    È plausibile ipotizzare che l'"attitudine complottista" sia favorita dalla "diversità" e più specificamente da quella aspie/autistica?

    Personalmente sospetto che ci sia una forte correlazione.

    In quanto il complottismo può divergere in certi casi dal senso comune. Inteso come la non appartenenza ad una tribù ideologica. L'esserne liberi.

    Non ho capito.

    Intendi dire che bisogna usare il termine schiavo e non per esempio incline a etc e che schiavo è termine "più scientifico" (:/) che va usato per aumentarne l"autorevolezza?

    O forse c'è un tono satirico/iperbolico sottostante che non colgo pienamente?

    Penso che Juniz intenda dire che siamo tutti sulla stessa barca umana, inutile voler creare gerarchie che vedono una parte della popolazione più risvegliata dell'altra. In questo posso essere d'accordo; infatti, non guardo se uno è aspie o neurotipico, ma se vedo che sta commettendo un errore logico. Io stessa ne compio tanti, e a volte anche me ne accorgo. Ammettere una propria disonestà intellettuale richiede un momento di coraggio, in quanto già si attendono le picche e le forche dopo l'ammissione.


    Sto imparando in questo forum a trovare sempre di più quel coraggio. Proprio perché siamo tutti umani, spesso superare un certo livello di comprensione non è una questione di intelligenza di base, ma di sforzo. Per questo dico che spesso è frutto di sofferenza, perché è innaturale superare certi livelli di comprensione, a mio avviso. Non si può che essere stati costretti da un forte disagio di base. Ci deve essere un fattore motivante. E in questo mi ricollego ai fattori stressogeni che possono, a mio avviso, indurre a divergere.

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