In particolare dall'inizio degli anni '90 le case farmaceutiche ci hanno convinto attraverso una efficace e capillare strategia di marketing che alla base della depressione ci fosse un problema chimico.
Ho potuto leggere di questo recente studio che dimostra un fatto riconosciuto persino da alcuni psichiatri, e cioè non solo che la mancanza di serotonina non è provato essere la causa della depressione, ma che addirittura non esisterebbero le prove che dimostrino l'efficacia degli antidepressivi per "correggere" una presunta anomalia della serotonina.
Da una dettagliata intervista ad una delle autrici di questo autorevole studio condotto dalla University College London si evince che diversi esperti del settore, pur ammettendo tutto questo (la mancanza cioè di prove a sostegno del rapporto tra il cosiddetto "ormone della felicità" e la depressione, assenti anche per quanto riguarda l'effetto di questi farmaci sulla serotonina stessa), nonostante tutto sostengono che non importa come funzionino questi antidepressivi.
Sembrano non preoccuparsi più di tanto, secondo loro qualche effetto positivo lo producono, quindi va bene.
Ma conoscere i meccanismi, sapere come queste molecole funzionino, dovrebbe invece essere importante, come viene fatto presente dalla coautrice dello studio, la quale sottolinea innanzitutto il fatto che se questi farmaci non hanno un effetto mirato, andando ad alterare la chimica del nostro cervello e causando problemi sessuali e sentimenti talvolta suicidi (soprattutto nei giovani), non andrebbero assunti per lunghi periodi.
Inoltre, non essendo veri i presupposti (già teorizzati dagli anni '60) su cui la campagna di marketing si basa, e causando queste molecole delle forti crisi di astinenza, sarebbe meglio un approccio meno invasivo da parte dello specialista e soprattutto bisognerebbe garantire una informazione chiara al paziente, che dovrebbe essere messo a conoscenza del fatto che questi postulati scientifici sono sbagliati.
La maggior parte degli psichiatri, purtroppo, non smentisce affatto la credenza comunemente accettata del problema chimico alla base della depressione, continua imperterrita a prescrivere farmaci senza doversi preoccupare di indagare i molteplici motivi del malessere e della depressione che sono diversi per ciascun soggetto.
Una terapia dovrebbe essere mirata, non standardizzata o peggio improvvisata.
Questo spiega Joanna Moncrieff.
Essendo dimostrato che questi farmaci non risolvono il problema che si suppone esserne alla base, avendo come unico effetto positivo la sola diminuzione della percezione del malessere, e causando spesso effetti collaterali e crisi di astinenza potenti almeno tanto quanto le "droghe ricreative", quali sarebbero i reali benefici che ne giustificherebbero l'assunzione?
Qualcuno è riuscito a ridurre queste sostanze e ad utilizzarle solo per brevi periodi?
Viste le potenti crisi di astinenza, sembra non sia tanto facile riuscire a liberarsene, se non attraverso un percorso che può durare mesi, addirittura anni.
Quali potrebbero essere i pro e i contro di tutta la faccenda alla luce di queste nuove rivelazioni scientifiche?
Intervista:
https://off--guardian-org.tran…x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp
Articolo:
https://brownstone-org.transla…x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp
Studio: