Con mia grande delusione ho sentito dire da una persona laureata in psicologia ad una persona che sta passando un momento difficile che sta male solo perché vuole star male. Che dipende solo da una sua scelta se stare bene o meno.
Mi chiedo davvero se non è il caso di rivedere i metodi con cui si assegnano le lauree.
Comunque è vero, lo sappiamo ormai tutti: volere è potere. Il gap sta tra il pensiero e l'azione, altrimenti non ci sarebbero tutti questi problemi.
Mi interrogo a questo punto sul "volere". Chi vuole cosa?
Il pensiero comune è semplicemente: io voglio stare bene, voglio uscire da questa situazione.
Ad incrementare la mia delusione si è aggiunto il dettaglio che questa stessa persona, laureata in psicologia, crede nei riti sciamanici ed è convinta che si possa bruciare il karma.
Ora, posso ammettere che sia anche vero, non vorrei entrare in discussioni per le quali non ci potranno mai essere prove o conferme evidenti.
Ma se c'è un karma, non credo sia lì affinché noi possiamo semplicemente bruciarlo con un rito e risparmiarci la lezione di vita che questa sofferenza voleva insegnarci.
Trovo ci sia un forte atteggiamento narcisista nei confronti dell'occulto. Come se non interessasse a nessuno delle conseguenze o di comprenderne il significato ma semplicemente risolvere il proprio "problema" e tornare a stare bene. Buttiamo tutto alle spalle, non pensiamoci più, c'è il rito, la formula magica che risolve tutto. Poi ci si lamenta se i demoni si ripresentano sempre più riorganizzati.
Forse hanno ragione le fiabe ed i racconti mitici quando vogliono spiegare la necessità di dover superare prima determinate prove per accedere a certi poteri occulti, magici o esoterici.
Di fronte ad un problema o ad una difficoltà che ci porta a soffrire o a deprimerci, non è forse peggio affrontarla con una reazione opposta? Certo, senza cadere nel circolo vizioso della depressione o disperazione che non ci permettono di focalizzarci sul problema, ma concentrarsi solo su se stessi alla stregua di chi considera il problema solo come un intralcio alla propria serenità, trovo che sia un atteggiamento narcisista.
A volte perdiamo il coraggio di soffrire, di accettare che c'è una sofferenza in atto e che ha un suo senso ed un suo scopo, come una nuova nascita, ma non vogliamo accettarlo e tanto meno sforzarci di capirlo.

Volere è potere
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Ad incrementare la mia delusione si è aggiunto il dettaglio che questa stessa persona, laureata in psicologia, crede nei riti sciamanici ed è convinta che si possa bruciare il karma.
Ci sono ex medici radiati dall'albo che volevano curare il cancro con il bicarbonato, quindi anche una persona laureata in psicologia può avere idee strampalate.
Volere è potere è uno dei detti più ridicoli e stupidi che ho mai sentito, visto che la stragrande maggioranza degli eventi che ci capitano nella nostra vita sono totalmente fuori dal nostro controllo. -
Un laureato in psicologia, specialmente se fresco di laurea, è solitamente un soggetto che ha solo delle nozioni di psicologia sparse. La Psicologia con la p maiuscola si comincia a masticare dopo un bel po' di anni di studio, frasi come quelle sono solo sparate di un neolaureato che si crede di aver capito tutto ma non ha capito nulla. Il problema è anche nelle università stesse che non sono in grado di rendere consapevoli i soggetti su quello che sanno e quello che non sanno, vedo spesso laureati con il delirio di onnipotenza solo perché si sono letti un po' di libri e hanno dato un po' di esami.
Se quella frase fosse detta da uno psicologo iscritto all'albo che esercita allora la cosa sarebbe più grave. -
Se quella frase fosse detta da uno psicologo iscritto all'albo che esercita allora la cosa sarebbe più grave.
Sono convinto che esistano quantita' mostruose di psicologi iscritti all'albo che sparano costantemente fesserie di quel tipo. E alcuni che ne combinano di ben piu' gravi. Ad uno psicologo che mi dicesse che "volere e' potere", io risponderei: VORREI tanto che tu mi seguissi gratis, fare quanti incontri voglio senza dover mai pagarti, sarebbe cosi' bello, mi toglierebbe un grosso peso, lo voglio lo voglio lo voglio. POSSO?
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Con mia grande delusione ho sentito dire da una persona laureata in psicologia ad una persona che sta passando un momento difficile che sta male solo perché vuole star male. Che dipende solo da una sua scelta se stare bene o meno.
Mi chiedo davvero se non è il caso di rivedere i metodi con cui si assegnano le lauree.Oltre ad una evidente mancanza di professionalità, mi sembra che qui non manchi neanche una certa mancanza di tatto.
Ad ogni modo, intanto voglio soffermarmi sul primo punto che hai scritto: "Il pensiero comune è semplicemente: io voglio stare bene, voglio uscire da questa situazione.". Siamo sicuri di ciò? nel senso, è veramente così per tutti? Certo, è latente, ma mi è anche capitato, con alcune persone e con me stessa, di percepire un certo equilibrio nell'accostarsi, convivere con il proprio dolore. Un sentirsi a proprio agio, un crogiolarsi, paradossalmente. L'ho anche scritto in un mio 3d, un po' di tempo fa. Ho iniziato a stare meglio quando ho cominciato a voler veramente questo cambiamento. E questo ha significato prendere coscienza della condizione, dei limiti, degli ostacoli, affrontarli di petto, pormici davanti. E questa è stata la cosa più difficile. Quindi quel "volere è potere", oltre ad essere una frase fatta, è solamente un inizio, un soffio, non una soluzione. -
ai miei tempi si faceva questa domanda: "hai preso la laurea coi punti del mulino bianco?"....mi sembra appropriata al caso. Vediamo se funziona...Voglio vincere al superenalotto!
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Con mia grande delusione ho sentito dire da una persona laureata in psicologia ad una persona che sta passando un momento difficile che sta male solo perché vuole star male. Che dipende solo da una sua scelta se stare bene o meno.
Mi chiedo davvero se non è il caso di rivedere i metodi con cui si assegnano le lauree.Discussione molto interessante.
Premesso che una frase estrapolata da un contesto dice poco sulla professionalità di un terapeuta, sono pienamente d'accordo con quella laureata in Psicologia. Dare delle risposte "ad urto" equivale anche a dare una scossa, mettere il soggetto nelle condizioni di interrogarsi sul perché non intraprende un determinato percorso di reazione-azione. Senza per questo voler generalizzare sul tema poiché ogni ansia ed ogni depressione hanno radici e contesti differenti, resta il fatto che molto frequentemente vedo persone adagiarsi nelle loro sofferenze. Di persone sofferenti d'ansia e attacchi di panico nel mio percorso ne ho conosciute molte e molte di queste erano dei "pazienti non collaborativi" nel senso che assumevano farmaci e facevano terapie ma non ci mettevano il loro per intraprendere un percorso di guarigione.
Lo dico per esperienza personale poiché anch'io a lungo mi sono adagiato pensando di non avere le capacità per reagire ed assumere comportamenti volti al miglioramento. Per cui se da un lato è anche vero che occorre tempo per instaurare dei meccanismi di cambiamento interiore è altrettanto vero che se non si inizia a camminare da soli le situazioni rimangono sempre le stesse o addirittura peggiorano.
Non è quindi in se la scelta di voler star bene o meno ma di mettersi in gioco, accettare le sfide che l'ansia ci propone quotidianamente, imparare a conoscerci, ad accettare i nostri limiti ma cercare anche di superare se stessi perché molto spesso quei limiti sono fittizi. Per diverso tempo non ho superato il muro dei 10km a camminare perché credevo che rappresentasse una soglia critica, quando l'ho poi superata mi sono accorto che era una soglia immaginaria e che avevo ampie capacità di andare oltre. Cito lo sport perché lo sport rappresenta una sfida con se stessi e la mente gioca un ruolo fondamentale che va oltre le capacità fisiche, nei disagi personali è una cosa analoga. In ciò entra in gioco la scelta di voler guarire o almeno migliorare, quell'insieme di piccoli passi che ci fanno comprendere come frequentemente ingigantiamo le cose e sottostiamo ai recinti virtuali creati dalla nostra psiche. -
Citazione
Con mia grande delusione ho sentito dire da una persona laureata in psicologia ad una persona che sta passando un momento difficile che sta male solo perché vuole star male. Che dipende solo da una sua scelta se stare bene o meno.
Dipende cosa intendeva dire esattamente: che si stava inventando tutto? Che stava male solo per sollevarsi dalle proprie responsabilità e/o per farsi compatire? Oppure forse intendeva dire che, pur in un momento difficile, bisogna comunque andare avanti e anche stando male qualcosa lo si può fare. Poi dipende ovviamente dal contesto..se la motivazione è seria ed è successo da poco tempo è ovvio che sia una frase fuori luogo, ma potrebbe avere le sue motivazioni se la situazione del "paziente" fosse diversa.
CitazioneComunque è vero, lo sappiamo ormai tutti: volere è potere
Sì, però aggiungerei che volere è un potere che si scontra contro molte limitazioni indipendenti da noi.
CitazioneButtiamo tutto alle spalle, non pensiamoci più, c'è il rito, la formula magica che risolve tutto. Poi ci si lamenta se i demoni si ripresentano sempre più riorganizzati.
Ricorda un pochino l'ingurgitare farmaci e pillole per andare avanti quando invece il problema sarebbe affrontabile. In certi casi credo sia inevitabile.
CitazioneDi fronte ad un problema o ad una difficoltà che ci porta a soffrire o a deprimerci, non è forse peggio affrontarla con una reazione opposta? Certo, senza cadere nel circolo vizioso della depressione o disperazione che non ci permettono di focalizzarci sul problema, ma concentrarsi solo su se stessi alla stregua di chi considera il problema solo come un intralcio alla propria serenità, trovo che sia un atteggiamento narcisista.
A volte perdiamo il coraggio di soffrire, di accettare che c'è una sofferenza in atto e che ha un suo senso ed un suo scopo, come una nuova nascita, ma non vogliamo accettarlo e tanto meno sforzarci di capirlo.Ho pensato la stessa cosa. Anche secondo me fermarsi ad un certo punto è benefico, come è benefico vivere il dolore e accettarlo quando ha bisogno di essere vissuto e poi elaborato. Come dici tu però ci vuole equilibrio, perchè c'è il rischio di non ripartire o di metterci molto tempo.
Invece credo che concentrarsi su se stessi e anche solo su se stessi quando c'è un problema da affrontare sia legittimo. Stare bene ci permette di relazionarci meglio anche con gli altri. -
Quello che è da rivedere non è la parte relativa al potere, ma al volere. Non tutti sappiamo volere allo stesso modo. Ai tempi di Hitler in quanti avrebbero voluti tutti gli ebrei morti? In Germania forse 3/4 della popolazione voleva liberaris degli ebrei e l'ultimo quarto non lo voleva soltanto perché erano ebrei. Però solo Hitler sapeva volere in modo corretto. La gente media in realtà non vuole niente, desidera e basta. Volere è potere ha senso anche in maniera negativa, quando il tuo volere prevarica il comune concetto di giustizia. Nel caso dell'esempio, io voglio che una razza sparisca? Potrebbe essere un discorso del c∙∙∙o fra ubriachi xenofobi alle 3 di notte pre-vomito, ma nel caso di qualcuno è diventato potere. L'uomo medio non sa volere abbastanza.
Poi vabè la frase in se e per se' può essere una c∙∙∙∙∙a come può avere un senso. Se il destinatario è una larva umana che si lascia morire nel letto perchè crede che il destino gli sia avverso, magari un volere è potere random glielo butti anche nella speranza che si convinca che ALMENO le cose basilari dipendono da lui. In questo senso gli psicologi spesso usano tale approccio, per fare da contrappeso a un'idealizzazione della sfiga invincibile, quella che ti porta a dire:"qualsiasi cosa farò non serve a un cacchio", anche quando "qualsiasi cosa" è molto banalmente trovare un lavoro da 600 euro (e su, in questi casi che "volere è potere" lo credo anche io).
Per altre cose è una paccata, cioè tornando all'esempio iniziale del mio post è utopistico pensare che un uomo medio possa essere in grado di fare quello che hanno fatto alcuni dittatori psicopatici -
Ad incrementare la mia delusione si è aggiunto il dettaglio che questa stessa persona, laureata in psicologia, crede nei riti sciamanici ed è convinta che si possa bruciare il karma.
Direi che non c'è nient'altro da aggiungere.
P.s: In generale, al di la dello slogal buttato li, non mi stupisco affatto. La formazione professionale di questa gente è ormai talmente carente in quello che dovrebbero essere le conoscenze filosofiche, antropologiche, storiche, scientifiche ecc.,ecc...n che non mi stupisco affatto che si arrivi a dei paradossi simili.
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