Atteggiamento strano di una collega

  • Buongiorno, ho una collega molto capace sul lavoro... che però, parlando di sé stessa come lavoratrice e di riflesso anche come persona, si sminuisce, per non dire che si "autoffende"... Ad esempio, dice di sé: "Sono un'incapace, sono una def..., io non lo so fare ecc." Alla prova dei fatti, però, non è assolutamente vero, ma anzi è il contrario.


    Di contro, loda molto gli altri, facendo diversi complimenti sulle capacità altrui. Questo atteggiamento dimesso lo ha anche con i superiori, che tendono a considerarla poco (da notare che loro non sono mai presenti sul posto con noi), ma non le hanno neanche mai fatto richiami, anche perché è quasi impossibile che lei commetta sbagli, essendo appunto molto capace. Durante le riunioni è molto silenziosa, sta in disparte e ho l'impressione che comunque non le sfugga niente.


    Il suo atteggiamento mi mette un po' in difficoltà perché non lo vedo sincero, cioè di solito mi erano capitati colleghi che si autoincensavano o che comunque difendevano il loro operato.


    Che ne pensate?

  • Che ne pensate?

    Che le persone che vivono la "sindrome dell'impostore" esistono.

    Tra l'altro, a quel che riferisci, questa collega non ne trae alcun vantaggio, e anzi è anche sottostimata dai superiori.

    Quindi (personalmente) escluderei dal campo la diffidenza.


    La sindrome non è considerata un disturbo psichico, ma è abbastanza sicuro che chi la vive...viva molto meno serenamente di quanto potrebbe, almeno fino a quando non realizza (da sola o con aiuto psic) che la ropria svalutazione sia priva di senso.


    Di solito deriva da esperienze formative che non hanno favorito un'autostima realistica e che hanno, invece, un effetto svalutante.


    (Solo a titolo di esempio, fra tanti possibili, a me viene in mente mia madre - persona insicura e complessata su diecimila fronti - che è una fonte inesauribile di decapitazione seriale dell'autostima altrui e particolarmente dei propri familiari, che vive come proiezione di questo sè fragile, pur senza assolutamente rendersene conto.

    Tanto per farmi capire, e l'ho capito da adulta! Da lei qualunque conquista di un suo familiare...viene incosapevolmente demolita perchè...mentre se ne felicita e complimenta...le esce la frase killer "sei stato fortunato/a".

    Non esiste "sei stato davvero bravo/a!"...no...esiste solo "sei stato fortunato!".

    E NON CAPISCE assolutamente quale ferita ne derivi!

    E' un aspetto a cui ero talmente assuefatta da non averlo mai realizzato, fino a quando fu mio marito ad avere successi che erano tutti e solo merito SUO e delle sue capacità, e poi è toccato a mio figlio, sulle stesse basi del padre.

    E vederli da lei bollati come "fortunati", quando sapevo quanto impegno e capacità avessero investito in quei traguardi... mi aprì un mondo e... mi mandò veramente in bestia).

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Si, però tua madre lo fa verso gli altri, lei lo fa verso sé stessa, e gli altri viceversa li loda per le loro capacità (anche quando non sono reali).

    Giusto. Ma portavo mia madre come esempio di come una persona (mia madre) possa minare, anche senza capirlo, l'autostima altrui (marito, figli, nipote...e persino genero), nell'ambito familiare.

    Come dire, riguardo alla tua collega: basta una madre come la mia per vivere la sindrome dell'impostore! ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Nel pubblico è un tipico atteggiamento difensivo, spesso ci si mostra incapaci o anche scarsamente intelligenti per evitare di essere caricati di lavoro e di responsabilità e perché a mostrarsi stakanovisti non si ha alcun vantaggio concreto. Ho una collega che ha un lavoro semplicissimo, però non fa che protestare, piangere e simulare crisi d'ansia perché dice di trovarlo durissimo, nonostante a Milano avessi un collega con la sindrome di Down che svolgeva le stesse mansioni senza alcun problema e con entusiasmo.

  • Nel pubblico è un tipico atteggiamento difensivo, spesso ci si mostra incapaci o anche scarsamente intelligenti per evitare di essere caricati di lavoro e di responsabilità e perché a mostrarsi stakanovisti non si ha alcun vantaggio concreto. Ho una collega che ha un lavoro semplicissimo, però non fa che protestare, piangere e simulare crisi d'ansia perché dice di trovarlo durissimo, nonostante a Milano avessi un collega con la sindrome di Down che svolgeva le stesse mansioni senza alcun problema e con entusiasmo.

    Il pubblico e para-pubblico (a mio vedere) è un mondo a parte.

    Io ti potrei dire (e potrei dimostrarlo se non esistesse la Privacy) che seguo da oltre dieci anni il caso di una conoscente che ereditò il posto per il pensionamento di suo padre, che letteralmente non sa fa fare un riga col righello, e che continua a fare cause per mobbing alla partecipata (perdendole tutte)...quando il "demansionamento" con conservazione del trattamento economico è dovuto proprio e solo al fatto che davvero non sanno dove metterla, non potendo licenziarla, purchè (almeno) non faccia danni e non aggravi il lavoro degli altri...

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Il pubblico e para-pubblico (a mio vedere) è un mondo a parte.

    Io ti potrei dire (e potrei dimostrarlo se non esistesse la Privacy) che seguo da oltre dieci anni il caso di una conoscente che ereditò il posto per il pensionamento di suo padre, che letteralmente non sa fa fare un riga col righello, e che continua a fare cause per mobbing alla partecipata (perdendole tutte)...quando il "demansionamento" con conservazione del trattamento economico è dovuto proprio e solo al fatto che davvero non sanno dove metterla, non potendo licenziarla, purchè (almeno) non faccia danni e non aggravi il lavoro degli altri...

    Il pubblico è un mondo a parte, ma anche nel privato esistono tante realtà in cui presto si capisce che a esser bravi e solerti si viene solo spremuti come limoni e alla fine non si ottiene nulla di concreto, e allora la strategia migliore è fare il compitino e cercare di restare nell'anonimato.

  • Il pubblico è un mondo a parte, ma anche nel privato esistono tante realtà in cui presto si capisce che a esser bravi e solerti si viene solo spremuti come limoni e alla fine non si ottiene nulla di concreto, e allora la strategia migliore è fare il compitino e cercare di restare nell'anonimato.

    Resta sempre una differenza incolmabile: che se nel privato non ti spremi come un limone...la via per toglierti dai piedi la trovano in poche mosse (mobilità ai limiti del CCNL, ad esempio), mentre nel pubblico - che vive di soldi pubblici - campa cavallo che l'erba cresce...


    P.S. con la tizia di cui parlo hanno anche giocato la carta della mobilità ai limiti del CCNL.

    Uè...l'ha affrontata a condizioni da deportazione in Siberia!

    Hanno revocato il provvedimento su supplica dell'altra sede che confermava "non sappiamo cosa farle fare perchè non sa fare niente! Ma non abbiamo neanche una stanza dove collocarla affinchè non disturbi il lavoro degli altri!".

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • dice di sé: "Sono un'incapace, sono una def..., io non lo so fare ecc." Alla prova dei fatti, però, non è assolutamente vero, ma anzi è il contrario.

    Da quel che dici in questo paragrafo, sembrerebbe una persona con bassa autostima e che si auto-sabota pensando male di sé stessa. Autodefinendosi in questi modi, non si fa sicuramente del bene, anzi il contrario.

    Alla prova dei fatti, però, non è assolutamente vero, ma anzi è il contrario.

    Sono convinto - forse sbagliando - che esistano due tipi di realtà: una oggettiva ed una soggettiva. Quella oggettiva l'hai ben definita tu. A quanto mi pare di capire, tutti i colleghi concordano con te.Quella soggettiva è come vede una determinata cosa una certa persona. Pensa ad un qualsiasi sapore: a me può piacere, a te no. Con le capacità è la stessa cosa: quello che tu reputi più che buono, per qualcuno può essere insufficiente. Spesso è carenza di autostima , più raramente dipende da standard elevati. Ricordo un compagno di scuola con la media dell'otto che - al primo 7.5 - si era autodefinito una m****a.

    loda molto gli altri, facendo diversi complimenti sulle capacità altrui.

    Qui torna un po' la bassa autostima: che si tratti di un superiore o un pari-grado, per la tua collega sembra che l'altro di turno sia sempre migliore di lei.

    Durante le riunioni è molto silenziosa, sta in disparte e ho l'impressione che comunque non le sfugga niente.

    Difficile rispondere a questo punto. Purtroppo, né io, né te, né nessun altro può sapere cosa pensi la tua collega in un determinato momento, a meno che sia lei ad esternarlo.

    Il suo atteggiamento mi mette un po' in difficoltà

    Non sono uno psicologo, ma ho sempre trovato interessante questo punto. In genere, chi soffre di bassa autostima non vuole mettere in difficoltà gli altri:eppure, dato il suo atteggiamento remissivo, lo fa. E' come se la tua collega si mettesse davanti un muro. Intendiamoci, è un muro di difesa, non vuole ostacolarti per dirti non ti voglio parlare. Eppure, è insicura: avevo letto qualcosa sul fatto che le persone più intelligenti e/o capaci hanno questo genere di difficoltà.

    Se mi permetti un consiglio, tornando alla metafora del muro: non credo tu debba prenderlo a cannonate, ma non devi nemmeno rassegnarti al fatto che il muro esista. Devi sgretolarlo piano piano, facendo una breccia nella tua collega.

    Esempio pratico: oggi la inviti per un caffè, domani gli chiedi un consiglio su come fare un certo lavoro, dopodomani ti inventi qualcos'altro. Con il tempo, si fiderà un po' più di te e - soprattutto - di sé stessa.

  • Grazie dei tuoi spunti di riflessione. Comunque no, al caffè non verrebbe mai, è molto attenta a non frequentare colleghi fuori dall'ambito lavorativo; lo ha fatto capire in più di un'occasione.

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