Quella che racconti, Zeta, è purtroppo una consuetudine negli ospedali, nelle cliniche, nelle case di riposo. Ho lavorato in tutti questi contesti e le ho viste. Ho cercato sempre di mantenermi distaccata da certe dinamiche interne, anche perché ho avuto un'esperienza simile all'inizio della mia professione.
Lavoravo in una casa di riposo, la mia prima esperienza lavorativa. Mi ero separata da poco e avevo un figlio piccolo da crescere. Il mio ex marito se ne era lavate le mani. Vabbè, questa è un'altra storia. Quindi capisco benissimo di cosa stai parlando.
Senza dilungarmi troppo: la titolare della struttura mi aveva presa in considerazione e riteneva che io fossi competente, eccetera eccetera. Quindi aveva molta fiducia in me. Poteva farlo, perché per me assistere un anziano era una missione.
Una mia pseudo amica aveva bisogno di lavorare e, siccome eravamo sotto ferie, la proposi alla mia titolare, che la prese proprio perché avevo garantito io per lei. Nel giro di pochi mesi, intorno a me si fece terra bruciata. Venivo richiamata in continuazione dalla titolare anche per gli asciugamani fuori posto... insomma, sciocchezze.
Capii subito che la mia pseudo amica, alle mie spalle, aveva riferito alla titolare cose non vere, ovviamente. Fu un inferno per me, durato un altro anno, e poi dovetti andare via perché avevo attacchi d’ansia e non potevo permettermi di stare male sul lavoro.
Dopo questa esperienza non sono più entrata fissa in un posto, ma andavo da una parte all’altra e rimanevo sempre in disparte. Facevo il mio lavoro e basta. Il mio obiettivo: il benessere del paziente. Tutto il resto è noia.