Periodo lavorativo molto difficile

  • Quella che racconti, Zeta, è purtroppo una consuetudine negli ospedali, nelle cliniche, nelle case di riposo. Ho lavorato in tutti questi contesti e le ho viste. Ho cercato sempre di mantenermi distaccata da certe dinamiche interne, anche perché ho avuto un'esperienza simile all'inizio della mia professione.


    Lavoravo in una casa di riposo, la mia prima esperienza lavorativa. Mi ero separata da poco e avevo un figlio piccolo da crescere. Il mio ex marito se ne era lavate le mani. Vabbè, questa è un'altra storia. Quindi capisco benissimo di cosa stai parlando.


    Senza dilungarmi troppo: la titolare della struttura mi aveva presa in considerazione e riteneva che io fossi competente, eccetera eccetera. Quindi aveva molta fiducia in me. Poteva farlo, perché per me assistere un anziano era una missione.


    Una mia pseudo amica aveva bisogno di lavorare e, siccome eravamo sotto ferie, la proposi alla mia titolare, che la prese proprio perché avevo garantito io per lei. Nel giro di pochi mesi, intorno a me si fece terra bruciata. Venivo richiamata in continuazione dalla titolare anche per gli asciugamani fuori posto... insomma, sciocchezze.


    Capii subito che la mia pseudo amica, alle mie spalle, aveva riferito alla titolare cose non vere, ovviamente. Fu un inferno per me, durato un altro anno, e poi dovetti andare via perché avevo attacchi d’ansia e non potevo permettermi di stare male sul lavoro.


    Dopo questa esperienza non sono più entrata fissa in un posto, ma andavo da una parte all’altra e rimanevo sempre in disparte. Facevo il mio lavoro e basta. Il mio obiettivo: il benessere del paziente. Tutto il resto è noia.

  • Ciao Leila.


    Purtroppo in certi contesti rimanere distaccati non è semplice ed è un'arma a doppio taglio, che da una parte ti mette al sicuro da pettegolezzi e situazioni particolari, ma allo stesso tempo ti pone al centro dei medesimi pettegolezzi perché se stai per conto tuo sei l'asociale che non vuole far parte del gruppo, del quale poi tutti sospettano per svariati motivi.

    Fidati, in un modo o nell'altro in mezzo alle chiacchiere ci si finisce sempre.

  • Courtney scusami, ma quello che hai scritto è riportato su carte tecniche?

    Se ti riferisci alla poltrona, si.

    È un dovere dell'amministrazione fornire sedute ergonomiche per chi fa turni di 8/12 ore.

    Ma anche il resto, sono direttive che l'amministrazione e il personale dovrebbero rispettare.

    Teniamo quello che vale la pena di tenere e poi, con il fiato della gentilezza soffiamo via il resto. George Eliot

  • Credo nel peso della stanchezza che racconti.

    Nella solitudine che affiora tra le righe.

    Nella fatica di chi, notte dopo notte, ha tenuto insieme lavoro e sopravvivenza personale.

    [Cut]

    Mi sono riletto un'altra volta la tua risposta.


    Quello che hai scritto è ben articolato, ma anche pieno di giudizio camuffato da comprensione.


    Mi concedi l’alibi della stanchezza solo per togliermelo subito dopo. È una forma di "empatia da manuale": apparentemente calda, ma in realtà tagliente e distaccata.


    La parte in cui mi dici "credere non significa giustificare tutto" è la premessa per giudicarmi senza assumertene la responsabilità diretta.


    E quel finale sul "Non per difenderti, ma per capire dove hai smesso di proteggerti" è elegante, ma mi ributta addosso la colpa con un tono da terapeuta freddo.


    Quello che manca completamente, in tutta la tua risposta, è una cosa: il contesto reale.


    Il logoramento sistemico, la pressione costante, le dinamiche tossiche interne a certi reparti, la mancanza di reali strumenti di supporto. Nessuna parola su questo. Nessuna domanda vera su come mi sono sentito solo prima che le cose precipitassero.


    Chi parla così spesso ha il lusso di osservare le rovine dall’alto e può permettersi di dire "Serviva lucidità", come se la lucidità fosse un interruttore e non una cosa che si sgretola sotto il peso della fatica.


    My two cents, tuttavia apprezzo molte altre cose che mi hai scritto.

  • Ciao Leila.


    Purtroppo in certi contesti rimanere distaccati non è semplice ed è un'arma a doppio taglio, che da una parte ti mette al sicuro da pettegolezzi e situazioni particolari, ma allo stesso tempo ti pone al centro dei medesimi pettegolezzi perché se stai per conto tuo sei l'asociale che non vuole far parte del gruppo, del quale poi tutti sospettano per svariati motivi.

    Fidati, in un modo o nell'altro in mezzo alle chiacchiere ci si finisce sempre.

    Sì, lo so. Infatti io lavoravo per brevi periodi, non ero fissa come lo sei tu. Per me era più semplice, per te no.

    Comunque ho capito bene di cosa parli e so anche come ti senti. Facciamo un lavoro che pochi farebbero, io lo definisco lavorare in trincea. Turni massacranti, poco personale, la realtà sanitaria fa acqua da tutte le parti.

    Bisogna fare i salti mortali per arrivare a fine giornata, sempre efficienti, scattanti, ma siamo esseri umani anche noi, eh? Non credo che sia successo chissà che! Non hai messo in pericolo nessuna vita.

    Credo che bisognerebbe pensare a prendersi cura del paziente invece di pensare alle c∙∙∙∙∙e.

  • Sì, lo so. Infatti io lavoravo per brevi periodi, non ero fissa come lo sei tu. Per me era più semplice, per te no.

    Comunque ho capito bene di cosa parli e so anche come ti senti. Facciamo un lavoro che pochi farebbero, io lo definisco lavorare in trincea. Turni massacranti, poco personale, la realtà sanitaria fa acqua da tutte le parti.

    Bisogna fare i salti mortali per arrivare a fine giornata, sempre efficienti, scattanti, ma siamo esseri umani anche noi, eh? Non credo che sia successo chissà che! Non hai messo in pericolo nessuna vita.

    Credo che bisognerebbe pensare a prendersi cura del paziente invece di pensare alle c∙∙∙∙∙e.

    E lo so.

    Lo confermo, non ho ammazzato nessuno e la mia problematica è più inquadrabile in un contesto prettamente disciplinare.

    Ma perché poi si arriva a questi punti, quando è palese che dentro di noi si è rotto qualcosa e ci si ritrova quasi sempre completamente soli cercando di rimettere i cocci insieme?


    C'è ancora una scarsa cultura sul Burnout in generale, classificato per lo più come una problematica da fannulloni piuttosto che da persone che fanno lavori psicologicamente devastanti. E quando poi qualcuno esplode, apre la finestra e si butta di sotto inizia il coro pietoso a base di "Era una brava persona, ma come mai?"

  • Zeta, lascia perdere. Solo chi fa il nostro mestiere, e tu sicuramente più di me, perché l'infermiere si fa un c... così, capisce di cosa si sta parlando.

    Solo chi fa il nostro lavoro sa cosa vuol dire. E purtroppo le nuove generazioni di infermieri laureati crescono con la puzza sotto il naso, andando ad aumentare la tossicità di certi ambienti di lavoro.

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