Ritrosia a incontrare in pubblico persone di sesso femminile

  • stefanoge


    Determinate esperienze adolescenziali, come dicevo, le ho vissute e so bene quale carica emotiva positiva possano avere. Tuttavia, proprio i primi “fallimenti”, che mi sono sembrati di un’assurdità superiore ai banali e goffi tentativi di mascherare qualcos’altro (le solite cose “umane” che possono accadere in una relazione), mi hanno fatto sviluppare naturalmente l’idea che, al di là delle normali dinamiche delle relazioni con l’altro sesso adolescenziali o post-adolescenziali, nel mio caso potesse esserci qualcosa legato più specificamente a quello che sono, a come interpreto la realtà, ecc..


    Forse “vergogna”, “paura del rifiuto” e paura del giudizio sono effettivamente cose che mi condizionano, oltre che per il fatto che alla fine tutti ne sono condizionati, anche per il fatto che io caratterialmente tendo a sentirmi continuamente sotto esame; ma se non mi hanno condizionato in fasi in cui avevo una consapevolezza di me anche inferiore, credo ci sia anche qualcos’altro non immediatamente “afferrabile”.


    diverso


    Rimango aperto a qualsiasi ipotesi. La categoria di cui hai parlato tu è un insieme che contiene molti elementi, e sinceramente non ne conosco bene il significato o le implicazioni.


    Tuttavia, le espressioni che ho usato – tanto astratte per mantenere una certa riservatezza – fanno riferimento a comportamenti specifici miei che noto in moltissime persone. Persone che non hanno problemi a vivere in maniera diversa la propria vita relazionale, che hanno condiviso anche molte esperienze con me e che hanno affrontato blocchi diversi, forse, ma non tanto peculiari come quello che descrivo qui.


    anonimotriste


    Sono un uomo.


    La comprensione razionale di tutto quello che dici, il fatto di aver vissuto determinate paure “adolescenziali” legate al fatto che potessero vedermi, il fatto di aver quantomeno preso in esame il fatto che esse potessero essere naturalmente dovute all’instabilità di quella fase, il fatto che tutti i miei coetanei non perdano occasione per vivere la propria indipendenza, il fatto che leggo costantemente negli occhi dei miei l’idea che quest’ultima cosa (il fatto che un adulto viva la propria indipendenza sanamente) sia giusta e, per contro, il mio blocco apparentemente inspiegabile è ciò che mi ha appunto spunto, proprio per l’apparente assurdità di questa inspiegabilità, a cercare un confronto su questo forum.

  • Determinate esperienze adolescenziali, come dicevo, le ho vissute e so bene quale carica emotiva positiva possano avere. Tuttavia, proprio i primi “fallimenti”, che mi sono sembrati di un’assurdità superiore ai banali e goffi tentativi di mascherare qualcos’altro (le solite cose “umane” che possono accadere in una relazione), mi hanno fatto sviluppare naturalmente l’idea che, al di là delle normali dinamiche delle relazioni con l’altro sesso adolescenziali o post-adolescenziali, nel mio caso potesse esserci qualcosa legato più specificamente a quello che sono, a come interpreto la realtà, ecc..


    Forse “vergogna”, “paura del rifiuto” e paura del giudizio sono effettivamente cose che mi condizionano, oltre che per il fatto che alla fine tutti ne sono condizionati, anche per il fatto che io caratterialmente tendo a sentirmi continuamente sotto esame; ma se non mi hanno condizionato in fasi in cui avevo una consapevolezza di me anche inferiore, credo ci sia anche qualcos’altro non immediatamente “afferrabile”.

    Ah, allora è più chiaro. Hai paura di essere rifiutato. È un problema che assilla un po' tutti. Per le donne è proprio un incubo.

    Un mio amico e collega, che riesce sempre a conoscere molte donne e uscirci, mi dice sempre che ci provi con una, se ti dice di no passi a un'altra, senza rimanerci male. Fa parte della vita umana. Inoltre, mi dice che è meglio ricevere un no che pensare che avresti dovuto provarci e invece non l'hai fatto.

    Bisogna che ci provi. Fatti aiutare da qualche amico, inizia senza puntare tanto in alto, ma con ragazze che comunque ti interessano.

  • Ah, allora è più chiaro. Hai paura di essere rifiutato. È un problema che assilla un po' tutti. Per le donne è proprio un incubo.

    Un mio amico e collega, che riesce sempre a conoscere molte donne e uscirci, mi dice sempre che ci provi con una, se ti dice di no passi a un'altra, senza rimanerci male. Fa parte della vita umana. Inoltre, mi dice che è meglio ricevere un no che pensare che avresti dovuto provarci e invece non l'hai fatto.

    Bisogna che ci provi. Fatti aiutare da qualche amico, inizia senza puntare tanto in alto, ma con ragazze che comunque ti interessano.

    Beh, magari ci si può riprendere da un no, però ricevere tanti no è comunque angosciante, ci si rende conto che non si è granché. Sei come quei piazzisti che fanno centinaia di telefonate o suonano a centinaia di porte e non riescono mai a vendere nulla, alla fine la depressione è inevitabile. Oggi come oggi ti dico che con i miei tentativi passati con le donne mi sono reso conto delle mie scarse (diciamo meglio nulle) possibilità, ma penso sempre che se non li avessi fatti sarei più sereno e più contento di me stesso, e non per niente la mia famiglia e il mio vecchio terapeuta mi dissuadevano dal farne, immaginando che avrei preso solo facciate. Non so quale sia la situazione di questo ragazzo ma se si sente in uno stato di fragilità è meglio aspettare a fare tentativi.

  • Secondo me sei troppo "cerebrale" ... non vuole essere una critica, sia chiaro, ma in tali situazioni questa forma mentis ti rema solo contro. Bisogna buttarsi ,non esiste altra soluzione. Te lo dice una che ha la tua età e ha preso solo pesci in faccia (per una donna è una rarità, ma purtroppo esistono anche quelle come me).

    Anch'io, quando sono uscita con un ragazzo, ho incontrato una persona che mi conosceva bene e che non mi aveva mai visto con un uomo, credo abbia pensato che fosse il mio compagno (ho visto con la coda dell'occhio che sussurrava qualcosa al marito, dopo avermi incrociato). Francamente quello che può aver pensato non mi importa, mica me ne devo vergognare.

    Cerca anche tu di passare oltre, sono problemi inesistenti (se non nella nostra testa).

  • Io, alle volte, mi sento fuori dal mondo, per interessi ed altre cose (che poi si traducono nella sensazione di aver perso troppi treni per crescere e di non poterli prendere più), ma, soprattutto, perché sento che questa cosa influenzi pesantemente il mio approccio alle cose e, di conseguenza, quella che credo sia la percezione altrui di questa cosa (notandolo anche per quanto riguarda altre persone, credo che il punto di vista, per quanto mi riguarda, non sia troppo soggettivo). Ciò perché, appunto, certi interessi e certe mancate esperienze sembrano creare realmente un punto di vista altrui condizionato da pregiudizi. La diffidenza, allora, è legata alla sfiducia verso gli altri in generale e verso una presunta loro scarsa profondità di approccio, che puntualmente dimostrano, anche con il passare del tempo, di non trasgredire dalla regola comune, vieppiù considerando che ho sempre notato che è difficile, per chi osserva una sorta di “bambino cresciuto”, non arrivare a certe conclusioni (donde l’aggettivo “presunta” che ho usato poc’anzi). La donna chiede di incontrarmi, ma poi, facendolo occasionalmente o meno, dimostra sempre che il mio modo di essere le appare infantile e non può essere “sostenuto”.

    Ma vedi che sei eccellente nell'analisi, ed poi (perdonami) manchi di sintesi?

    Te lo dico con solidarietà autentica, perché lo sento e lo credo (e mi dispiace umanamente) che ci soffri e che vorresti uscirne, ma se non rimetti in sistema le tessere del puzzle che sei capacissimo di analizzare in modo anche molto sottile, e se – al contrario – continui a farne oggetto di un continuo "cambio tema in stile trecartista" anche nel ragionare introspettivamente con te stesso... ne deriva inevitabilmente che non ne arrivi a capo, perché ti imbrogli da solo!


    Comincerei da questo intreccio di "diffidenze" su cui vai a tessere la tua lettura di tutto e che... boh... secondo me non ha nessuna ragione di essere, soprattutto quando ognuno di noi si sia proposto per quel che è e sta cercando di essere. A maggior ragione tra giovani adulti!

    Tanto per dire: io potrei sognare di emulare "AstroSamantha" (ovviamente avendo una credibilità tutta diversa a seconda della mia età e della formazione da me conseguita fino ad oggi), ma è pacifico che, se ho 54 anni e la terza media, e fino ad oggi avessi sempre fatto la casalinga... potrei desiderare anche fino al delirio di essere Cristoforetti, ma se esternassi questo mio desiderio ritenendolo possibile otterrei due risultati certi: 1) che genererei quanto meno diffidenza in chi abbinasse questa mia aspirazione alla mia realtà tangibile; 2) che io stessa, dopo aver constatato l'effetto shock che questa mia postura genera nel prossimo che comincia a conoscermi... eccerto che avrei il terrore di un incontro in cui questa mia discrasia possa venire a nudo... ovviamente comportando quelli che tu chiami "incasellamento e diffidenza altrui" e che io invece chiamo soltanto più che legittime perplessità dinanzi alla mia autonarrazione che non ha piedi per camminare...


    Più semplicemente: se io, come da esempio appena sopra, svolgo un'autonarrazione "grandiosa e speciale" che non ha alcun addentellato con la mia realtà reale... in primis è ovvio che il mio primo sentiment nei confronti del mio interlocutore debba essere quello che tu chiami "diffidenza" e che io chiamo "terrore di essere smascherati nella pura fantasia del sé grandioso", e poi – a seguire – certo che prima o poi subentrerà la perplessità amara, più che "diffidenza", di chi probabilmente si chiederebbe come prima cosa: "Ma... come può Gloria veramente credere di emulare Cristoforetti, data la sua realtà reale?".


    Sostanzialmente direi che non esista "particolarità o specialità" che non possa incontrare consensi... neanche quando è una specialità schifosamente criminale (purtroppo!).

    Basti pensare che tanti criminali della peggior specie sono stati subissati da "dichiarazioni d'amore e proposte di matrimonio" da condannati ed incarcerati in via definitiva per crimini orrendi! (Da Angelo Izzo ad Alessia Pifferi!).

    E quindi: il problema non può mai essere la "particolarità specialità", quanto piuttosto che questa viva soltanto in una autorappresentazione solo dialettica del sé grandioso, che non ha punti di verosimile contatto con la realtà reale di chi la autorappresenta.


    Se ti fa piacere, ed solo se ti fa piacere, per me possiamo continuare a ragionare su questi aspetti e risvolti.

    E intanto un sincerissimo augurio di Buona Pasqua. ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Beh, magari ci si può riprendere da un no, però ricevere tanti no è comunque angosciante, ci si rende conto che non si è granché. Sei come quei piazzisti che fanno centinaia di telefonate o suonano a centinaia di porte e non riescono mai a vendere nulla, alla fine la depressione è inevitabile. Oggi come oggi ti dico che con i miei tentativi passati con le donne mi sono reso conto delle mie scarse (diciamo meglio nulle) possibilità, ma penso sempre che se non li avessi fatti sarei più sereno e più contento di me stesso, e non per niente la mia famiglia e il mio vecchio terapeuta mi dissuadevano dal farne, immaginando che avrei preso solo facciate. Non so quale sia la situazione di questo ragazzo ma se si sente in uno stato di fragilità è meglio aspettare a fare tentativi.

    A meno che uno non sia un modello o un calciatore famoso, prendere tanti no è all'ordine del giorno, soprattutto se non ci si accontenta. Non bisogna prenderlo come un affronto.

  • Secondo me sei troppo "cerebrale" ... non vuole essere una critica, sia chiaro, ma in tali situazioni questa forma mentis ti rema solo contro. Bisogna buttarsi ,non esiste altra soluzione.

    E, secondo me, sei andata proprio dritta al cuore del problema! :thumbup:

    Solo che frasi sincere di Nemecsek , quali <mi sento fuori dal mondo, per interessi ed altre cose (che poi si traducono nella sensazione di aver perso troppi treni per crescere e di non poterli prendere più) >, oppure

    <La donna chiede di incontrarmi, ma poi, facendolo occasionalmente o meno, dimostra sempre che il mio modo di essere le appare infantile e non può essere “sostenuto” > , rimandano ad una cerebralità tutta spesa nella giustificazione e persino nobilitazione intellettuale dei propri "vuoti"(sia a se stesso che al prossimo), a tutto svantaggio di una sua proattività nel reale, e di conseguenza anche a tutto svantaggio della sua socialità (che in fondo resta desiderata).

    Aneddoto che mi sembra pertinente: il signor X di cui parlavo sopra ha il record assoluto di "treni VOLUTAMENTE persi" e che, data la sua età, non sono neanche più recuperabili; al contempo è un affabulatore sopraffino e anche dotato di capacità espressive al di sopra della media. Inoltre anche bellissimo ragazzo, oggi uomo. Sui social è un vero "incantatore fascinoso". E anche nel reale il suo primo approccio è sempre di impatto notevole, sebbene nel reale questo impatto positivo tenda a sgretolarsi in breve tempo, per l'ovvia ragione che nella realtà chiunque - prima o poi - percepisce la divaricazione tra la sua autonarrazione e la sua realtà quotidiana, conducendo il prossimo, nel migliore dei casi, a una amicale commiserazione.

    Bene : un giorno mi trovo (come innumerevoli altre volte) a cercare di farlo riflettere su queste sue posture, proprio confidando nella sua intelligenza e cultura.

    Come sempre si avvia uno di quei rodei insostenibili, in cui il suo "cambio tema" è CONTINUO ed esasperante, ogni qualvolta si sente "tanato" nei punti cardine della propria autonarrazione grandiosa quanto SOLO fantasiosa.

    Assisteva al nostro "dialogo" un giovane che per età avrebbe potuto essere suo figlio.

    Quando lasciammo X...il giovane sortì su di me lo stesso effetto del bambino del "Re Nudo", e non mi sentii mai così sciocca come mi sentii quando mi disse "mah...io francamente non capisco te!...Ma possibile che tu ti ostini a parlare tra adulti, quando X è chiaramente un bambino (e anche "difficile") malgrado l'età? ".

    E attenzione: è difficilissimo pensare al "bambino" quando hai davanti un uomo (o una donna) che sono allenati da sempre a raccontarsi e a raccontare al prossimo che "tutta l'uva che non ho colto...non l'ho colta perchè era acerba" ! Come dire che se parli con X non o sentirai MAI dire "quell'uva mi sarebbe piaciuta, ma non avevo idea di come poterci arrivare". Piuttosto lo sentirai profondersi in mille teorie colte e letterariamente documentate con citazioni randomizzate e decotenstualizzate sul concetto "no...ma io sono superiore...a me l'umano medio fa compassione...io sono altro, io sono di più...voi normali non potrete mai capire me..." :S


    E qui (secondo me) si aprirebbe il complicatissimo ragionare sulla "ferita narcisistica", nella quale devo anche dire che non ho mai creduto più di tanto.

    Forse, invece, dovrei proprio ringraziare Nemecsek , perchè in questi suoi post lo sento sincero e davvero sofferente (superfluo dire che questo mi dispiace), ed è la prima persona che mi fa percepire come possibile questa "ferita". Sulla quale, a mio sommesso avviso, varrebbe daver la pena di confrontarsi con uno psichiatra e psicoterapeuta, per venirne a capo, in totale riservatezza, DA GIOVANE.



    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • A meno che uno non sia un modello o un calciatore famoso, prendere tanti no è all'ordine del giorno, soprattutto se non ci si accontenta. Non bisogna prenderlo come un affronto.

    Ma si accetta di prendere tanti no perché si ha fiducia che alla fine qualche sì arriva. Se prendi solo no e basta vuole dire che fai schifo, detto senza peli sulla lingua

  • Ma si accetta di prendere tanti no perché si ha fiducia che alla fine qualche sì arriva. Se prendi solo no e basta vuole dire che fai schifo, detto senza peli sulla lingua

    Se prendi solo no...non significa che "fai schifo".

    Può anche significare che, senza rendersene conto, si attuino atteggiamenti o condotte che nella media delle persone suonano in modo molto negativo, per un'infinità di ragioni possibili.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

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