Nell'era di Internet siamo tutti più ignoranti?

  • Guarda, una volta esistevano questi casi, oggi, meno male, sono molto rari. Anche per fare il vigile urbano serve una laurea (cosa che, peraltro, è davvero assurda).

    Sono d'accordo che negli anni '90 e 2000 c'erano questi casi perché, agli albori dell'informatica, il sapere era poco e anche i corsi specifici dovevano ancora nascere.

    Oggi ti garantisco che non è più così.

    Ci sono, perché ci sono, diplomi e corsi vari che offrono svariate competenze anche immediatamente spendibili, ma l'autodidatta è fuori, e io ci lavoro in questo settore da più di 20 anni, so benissimo di cosa parlo. Al massimo, l'autodidatta può fare il promoter nei grandi store o manovalanza in qualche bottega.

    Il punto centrale della questione però non cambia in ogni caso: quello che cerco di sottolineare è come un autodidatta, con passione e dedizione, possa raggiungere in certi casi risultati molto simili, se non addirittura migliori, di chi ha seguito un percorso formale. La formazione è sicuramente importante, ma in alcune discipline il successo e la capacità non dipendono esclusivamente dal titolo di studio, ma anche dall'approfondimento pratico, dalla capacità di risolvere problemi e dalla creatività innata.


    In ogni caso, la persona di cui parlavo è ancora tranquillamente "sulla cresta dell'onda" e la sua attività in proprio prosegue a gonfie vele. È ovvio che non progetta microprocessori o sviluppa software complessi, ma non c'è PC con un problema che non sappia sistemare in un batter d'occhio, e questo per la clientela è più importante di conoscere il suo titolo di studio specifico.

  • Guarda, una volta esistevano questi casi, oggi, meno male, sono molto rari. Anche per fare il vigile urbano serve una laurea (cosa che, peraltro, è davvero assurda).

    Sono d'accordo che negli anni '90 e 2000 c'erano questi casi perché, agli albori dell'informatica, il sapere era poco e anche i corsi specifici dovevano ancora nascere.

    Oggi ti garantisco che non è più così.

    Ci sono, perché ci sono, diplomi e corsi vari che offrono svariate competenze anche immediatamente spendibili, ma l'autodidatta è fuori, e io ci lavoro in questo settore da più di 20 anni, so benissimo di cosa parlo. Al massimo, l'autodidatta può fare il promoter nei grandi store o manovalanza in qualche bottega.

    Insomma, qui si parla di un mondo che non si conosce. Lo si minimizza a misura del proprio limitato orizzonte e si pretende che sia verità. Questo è ciò che leggo in questo thread, oltre al fatto che vengono portate a esempio situazioni che conosco come le mie tasche.

    Te sei dura, non capisci proprio quello che ti si cerca di dire e Alba Cremisi me lo può confermare.

    Siamo d'accordo che nel mondo di oggi ti chiedano una laurea anche in tanti settori assurdi come il vigile urbano e lo riconosci pure tu.

    Alba voleva dire che quel suo amico è riuscito a prepararsi egregiamente in informatica pur senza aver conseguito alcun corso, laurea, titolo, attestato.

    Se fosse nato oggi, ok non lavorerebbe perché i settori lavorativi oggi ti richiedono titoli anche se è assurdo che lo facciano, come l'esempio che fai del vigile urbano.

    Ciò non toglie che l'amico di Alba, fosse nato oggi o ieri, sia riuscito a prepararsi molto validamente da autodidatta. E lo può fare anche un ragazzo di oggi sempre con molto impegno ovviamente.

    Gli autodidatta possono lavorare in negozio o andare a domicilio, ma se non verranno presi in azienda, non vuole dire siano tutti incapaci, vuol dire che la società si è irrigidita.


    A già Ipposam se lo vuoi sapere ho anche vinto concorsi in letteratura.

  • Il punto centrale della questione però non cambia in ogni caso: quello che cerco di sottolineare è come un autodidatta, con passione e dedizione, possa raggiungere in certi casi risultati molto simili, se non addirittura migliori, di chi ha seguito un percorso formale. La formazione è sicuramente importante, ma in alcune discipline il successo e la capacità non dipendono esclusivamente dal titolo di studio, ma anche dall'approfondimento pratico, dalla capacità di risolvere problemi e dalla creatività innata.


    In ogni caso, la persona di cui parlavo è ancora tranquillamente "sulla cresta dell'onda" e la sua attività in proprio prosegue a gonfie vele. È ovvio che non progetta microprocessori o sviluppa software complessi, ma non c'è PC con un problema che non sappia sistemare in un batter d'occhio, e questo per la clientela è più importante di conoscere il suo titolo di studio specifico.

    Ecco precisamente l'opposto di quello che penso io, cioè al di là del lavoro io vedo e sperimento un abisso tra chi ha una mente temprata da studi rigorosi e chi no.

    Ma va bene così non credo utile che io argomenti ulteriormente

  • Ecco precisamente l'opposto di quello che penso io, cioè al di là del lavoro io vedo e sperimento un abisso tra chi ha una mente temprata da studi rigorosi e chi no.

    Ma va bene così non credo utile che io argomenti ulteriormente

    Piero Angela è l'unica eccezione! :D e Roberto Benigni che è ragioniere e si è messo a studiare, divulgare la Divina Commedia prendendo una laurea ad honoris?


    Comunque si, lascia perdere visto che non ti interessano gli esempi reali e quando te li presentano, manco li capisci.

  • La formazione è sicuramente importante, ma in alcune discipline il successo e la capacità non dipendono esclusivamente dal titolo di studio, ma anche dall'approfondimento pratico, dalla capacità di risolvere problemi e dalla creatività innata.

    Sono pienamente d'accordo con questa riflessione: in molte discipline, il successo e la competenza non dipendono esclusivamente dal titolo di studio, ma anche dall’esperienza pratica, dalla capacità di risolvere problemi e dalla creatività.


    Io stessa ne sono un esempio. Pur avendo titoli e riconoscimenti in ambito scientifico-medico, mi sono affermata nel campo dell’intelligenza artificiale e del machine learning grazie alla ricerca e all’esperienza diretta. Non ho una laurea specifica in informatica, data science o ingegneria dell’intelligenza artificiale, eppure ho raggiunto posizioni di rilievo e ottenuto risultati significativi a livello internazionale.


    Se il mio capo si fosse basato solo sui miei studi accademici, validi in un altro settore, mi avrebbe scartata a priori. Invece, ha scelto di valorizzare la mia conoscenza – seppur non certificata – e la mia capacità di apprendere e applicare con successo le competenze necessarie. Questo dimostra come, in molti ambiti, passione, dedizione e pratica possano contare più di un titolo formale.

    Teniamo quello che vale la pena di tenere e poi, con il fiato della gentilezza soffiamo via il resto. George Eliot

  • Ecco precisamente l'opposto di quello che penso io, cioè al di là del lavoro io vedo e sperimento un abisso tra chi ha una mente temprata da studi rigorosi e chi no.

    Ma va bene così non credo utile che io argomenti ulteriormente

    Come ho già ripetuto più volte, non metto in dubbio che la formazione formale sia fondamentale in molti ambiti, ma non è invariabilmente e necessariamente l'unico modo per sviluppare competenze. L'apprendimento pratico, l'esperienza diretta sul campo e la passione per una disciplina possono, in alcuni casi, essere altrettanto validi nel produrre competenze approfondite. Mi sembra che tu voglia negare quello che, a mio avviso, è un fatto evidente a chiunque abbracci una prospettiva un po' più ampia.

  • E Roberto Benigni, che è ragioniere e si è messo a studiare, divulgare la Divina Commedia, prendendo una laurea ad honorem?

    Ho letto "ragioniere"... e mi è venuto subito in mente quel gigante di Vasco Rossi ^^

    Anche lui ha fatto ragioneria... (e forse ha dovuto rimuovere un po' delle cose studiate nel pur rispettabilissimo percorso di studio per esprimersi al meglio in quello che è il suo talento :P).

    Al di là del lavoro, io vedo e sperimento un abisso tra chi ha una mente temprata da studi rigorosi e chi no.

    A volte questo abisso lo vedo e sperimento anch'io, ed soprattutto al di là del lavoro (ma anche nei rispettivi lavori: se ne vedono di laureati e masterizzati che sembra abbiano preso il pezzo di carta coi punti di qualche supermercato!).


    Mi sembra comunque che, al di là del lavoro, la "mente temprata da studi rigorosi" possa avere gran senso quando formata nelle materie umanistiche (Filosofia in primis) o ancor più nelle cosiddette scienze pure (Matematica pura, Biologia o Chimica, ad esempio) e possa aver molto meno senso quando sia stata "rigorosamente temprata" su materie tecniche, che sono applicazioni delle scienze (Farmacia, per esempio).


    Sarà una coincidenza casuale?... A titolo personale, se dovessi stilare una classifica delle persone più aride che conosco, ci sarebbero ben tre dottori farmacisti (titolari delle rispettive farmacie) ai primi tre posti, e stiamo parlando di laureati in un percorso di studi che decisamente non è tra i più semplici...

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • ciò che conta è il valore dell'informazione non chi la riporta e dunque non deve interessare a nessuno che il divulgatore alla Nova Lectio sia laureato o meno.

    E non è impostore perché io mi aspetto benissimo che su YouTube, sul web possa trovare titolati come non titolati.

    Mai scritto che sia un impostore. Hai il vizio di attribuirmi espressioni che non ho mai utilizzato. Ho detto che i suoi video hanno uno scarso valore informativo e non aggiungono nulla alla comprensione di quanto non si sappia già. Per me non è divulgazione storica la sua, è solo mediocre intrattenimento. E comunque il valore di un'informazione dipende anche dall'autorevolezza della fonte.


    Ci sono innumerevoli esempi di individui che hanno raggiunto il successo senza una laurea

    Attenzione, tu parli di successo professionale inteso anche come fama e denaro. Questo non dipende dal titolo di studio. Tanta gente non laureata ha fatto un mucchio di soldi, così come tanti laureati guadagnano meno di un idraulico. Ma qui entriamo in un altro discorso, cioè quanto un'economia di mercato sia meritocratica.

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