Perenne procrastinazione e svogliatezza

  • Alla fine è proprio vero che siamo diventati un po' come dei fantasmi. Cioè, la gente ci vede e pensa che sia tutto ok perché facciamo un sorriso o ridiamo a una battuta. E ci chiama per "andare" e "fare". Ma a noi, per quanto ci dia iniziale felicità, subito dopo ci prende uno sconforto allucinante perché abbiamo le nostre paure e ansie che prendono il sopravvento.

    Ne parlavo con Garden in un altro thread del principio del "sembrare normali"

    Mi hai fatto riflettere su quanto sia attuale il tema sollevato da Garden. Il bisogno di "sembrare normali" è un meccanismo che spesso ci porta a nascondere le nostre emozioni più profonde, proprio come descrivi tu. All'interno portiamo burrasche e limiti, mentre all'esterno appare il contrario. Questo contrasto tra ciò che siamo e ciò che sembriamo può essere davvero stancante e portare a un senso di disconnessione.

    Teniamo quello che vale la pena di tenere e poi, con il fiato della gentilezza soffiamo via il resto. George Eliot

  • Ci affidiamo alla cura psicofarmacologica, psichiatrica e psicologica, ma poi? Rimaniamo sempre con quello sconforto che non ci dà più voglia di vivere, pur sapendo di volerlo fare, di voler vivere e sconfiggere il nostro male interiore che ci rende estranei a un mondo che non ci piace più.

    Io no, preferisco starmene anche per i prossimi 12 anni a letto se capita, e che la società si attacchi al tram. A me non mi spreme, tanto più che non me ne sono mai sentita parte, e non le devo nulla. Non ci ho messo la firma consapevole ai 18. Se ho un problema, mi fermo, divento improduttiva ed è la società a perderci, non io. Se vuole, la società mi ascolta; altrimenti, l'ignoramento da parte mia diventa vicendevole e, appena posso, mi ritiro a "pettinare tucani in Guatemala".


    E se anche dovessi perderci io, che anche io stessa mi attacchi al tram se non riesco a risolvere i miei problemi.


    Piuttosto che permettere alla manina incosciente e avida di un pinco pallino di passaggio, che per me è nessuno, di farmi ingrassare o altro.


    Io ho un mio canone, esteriore e interiore, ed esso è inviolabile e intoccabile da chiunque che non sia io.


    Se non riesco a raggiungere il mio canone, è una mia onta, ma non esiste che qualcun altro si intrometta. Metaforicamente parlando, gli "invasori" con me fanno la fine dei normanni nel Medioevo.

    Un labirinto enorme che dobbiamo affrontare, ma siamo stanchi e non abbiamo forza di percorrere. Ma l'uscita di certo non ci verrà incontro se non ci sforziamo.

    Proprio così, e non sarà la scorciatoia a farti fare più strada a livello di autocoscienza. Questa è la mia opinione, ad ognuno la sua.


    Poi, che in generale il mondo mi annoi non lo cambierà un farmaco, perché è oggettivo che mi annoia. Chiamiamola anedonia, almeno ci diamo un'etichetta, per non dire che è oggettivamente insipido a livello artistico e che i rapporti umani sono spesso oggettivamente superficiali, e che dopo i 30 ormai hai già visto tutto e ti è andato in noia.


    Se non si scappasse dal dolore che provoca tale oggettività, prima o poi sorgerebbe l'istinto di cambiarla.

  • ma come il mondo ci ha collocato al nostro posto per via di eventi

    Anche perché, si dice sempre che ognuno si sceglie il proprio destino e che ciò che siamo è la conseguenza delle nostre scelte.

    Vero in parte, ma:

    1) Ci sono eventi che NON SCEGLIAMO in alcun modo, esulano proprio dal nostro controllo e capacità di previsione

    2) Non tutte le scelte sono così LIBERE: quanti condizionamenti abbiamo, sociali, economici e, per chi è almeno un po' empatico, dettati anche dal non voler ferire o preoccupare le persone che abbiamo vicine, dal quieto vivere, dalla volontà di mantenere certi equilibri che abbiamo creato; o dalle stesse paure, che non sempre sono governabili

    3) Non possiamo realmente prevedere a quale scenario, tra i molteplici possibili, condurrà una nostra scelta, quali sfaccettature e sfumature lo caratterizzeranno

    4) Noi stessi evolviamo e cambiamo a ritmi e modalità non pienamente controllabili

  • Ciao Manta, ecco, io ti avrei già risposto con un semplice: tranquillo, è il caldo, ma visto che non posso farlo ti racconto la mia personale esperienza. Allora, anche io provo questa sensazione, starei sdraiata tutto il giorno sul letto a guardare il soffitto. Non ho nemmeno più la forza per rispondere a dei messaggi oppure a delle chiamate, non ho nemmeno più la forza per alzarmi e andare a fare colazione in cucina. Anche fare un bagno caldo, ora freddo, cosa che mi ha sempre rilassato, non fa altro che farmi sentire ancora più stanca ed è motivata. Non ho nemmeno più voglia di leggere, scrivere, disegnare oppure dipingere, cose che mi hanno sempre fatto stare bene. Non ho nemmeno più voglia di mettermi le cuffiette e partire per uno dei miei sogni ad occhi aperti, cosa che invece mi ha sempre fatta stare bene. Non ho più voglia di fare niente, certe volte mi manca anche la forza e la motivazione per parlare con le altre persone.


    Comunque, mi fa piacere, piacere fra 1000, sapere che non sono sola. Siamo in tanti a sentirci così. Quindi, Manta, ti dico di non preoccuparti. È un periodo; queste sono ansia, depressione e demotivazione che si fanno sentire, che bussano alla porta e noi, ovviamente, apriamo, le facciamo entrare in casa e accomodare sul divano. Il consiglio che mi sento di darti è quello di non sforzarti a fare cose che non vuoi fare. Magari inizia, piano piano, facendo qualcosa che ti può rendere felice: preparati un buon pasto, fatti una doccia fredda, vai a fare una bella camminata in qualche posto isolato e tranquillo se ne hai la possibilità, perché tanto meno cose facciamo, meno cose abbiamo voglia di fare.

  • Sovente dicevo questo aforisma: "se il destino mi sarà avverso, tanto peggio per lui".


    Mi sa che l'ho fatto arrabbiare parecchio a dire questo. Ad una certa ero convinto che gli dei si fossero scagliati con una tale ira su di me che, come si dice in gergo, "nemmeno uno che piscia in chiesa" ha subito.


    Sì, concordo sui punti da te esposti. Il primo ci colpisce come un fulmine. E non è come un proiettile cui puoi schivare la traiettoria. Il secondo condiziona moltissimo la vita. Il non voler ferire gli altri, specie i più prossimi, è molto difficile e crea frustrazioni spaventose. La cosa che mi dà rabbia è che chi crea ciò se ne frega altamente di filtrare i propri commenti e i propri "suggerimenti" (che chiamerei imposizioni a volte).


    Gli scenari cambiano, e parlo del terzo punto, sovente per eventi esterni a cui ci si ricollega al primo punto, ma anche al secondo. Un altro fattore predominante è "la gente". La cui stragrande maggioranza di te (di noi) se ne strafrega. Mors tua vita mea. Cosa che eticamente non concepiamo, in quanto siamo persone con spiccato senso etico e civico.


    Il quarto punto, ahimè, è frutto dei tre punti precedenti. C'è chi si adegua e si contamima. C'è chi non si arrende, ma come noi ne paga le conseguenze. E ti dirò, vedendo come si comporta molta gente, preferisco star male come sto ora che diventare una persona priva di un'anima.

    - Tutto questo sacrificio.. solo per questo? -

  • Domani sera ho un compleanno e una parte di me è già in ansia :) e più che altro insofferenza, non voglia. So che magari alla fine sarà pure una serata piacevole, ma in generale mi comporta stress, ridere con persone con cui ho una conoscenza superficiale, cercare di adattarmi al mood della serata, ascoltare chi parla anche troppo... Ecco, è uno sforzo.


    Per quanto mi riguarda, lo stress è legato soprattutto al dover socializzare, interagire; per il resto, gite, viaggi, camminate, sport, esperienze sono le benvenute, al massimo sono un po' pigra qualche volta e non mi organizzo, ma sono attiva e ho voglia di fare, scoprire, togliermi dalla monotonia.

    Ti comprendo al 100%.

  • Ne parlavo con Garden in un altro thread del principio del "sembrare normali"

    Mi hai fatto riflettere su quanto sia attuale il tema sollevato da Garden. Il bisogno di "sembrare normali" è un meccanismo che spesso ci porta a nascondere le nostre emozioni più profonde, proprio come descrivi tu. All'interno portiamo burrasche e limiti, mentre all'esterno appare il contrario. Questo contrasto tra ciò che siamo e ciò che sembriamo può essere davvero stancante e portare a un senso di disconnessione.

    Esattamente.


    Partecipiamo tutti a una recita collettiva che chiamiamo società, con comportamenti codificati.


    Un sistema complesso che ci imbriglia, in quanto non siamo noi a dominarlo coscientemente, perché nel suo complesso è più grande della coscienza del singolo, e dunque siamo noi a piegarci ad esso, per il principio dell’esperimento delle cinque scimmie e una banana.


    E finisce che un giorno ti accorgi che "l'attore" si è mangiato chi sei, e spesso è lì che iniziano i problemi psicologici, e invece di ascoltarli, buttiamo la sabbia sul fuoco del dolore.


    Il dolore è una spia luminosa che indica che c'è qualcosa di oggettivo che non va. Non è lì a caso. Che sia nella società, che sia nella nostra personalità, che sia nel nostro fisico, che sia nella nostra vita, che sia nella superficialità dei rapporti umani, o via discorrendo. Noi abbiamo addirittura inventato tutta una classe di farmaci per provare a spegnere quella spia luminosa, quella fiamma, quell’indicatore di via: il faro.


    Il più vecchio di tutti è l'alcol. Una birretta me la faccio anche io ogni tanto, ma non mi impegno più di così a spegnere quella spia luminosa.


    Il dolore è una fiamma che brucia e distrugge, il fuoco di Shiva, ma se sopravvivi, e non è scontato, ciò che si ricostruisce e sorge dalle sue ceneri è una fenice.


    In Cina si rappresentava l'uomo con un drago e la donna con una fenice.

  • Per alcuni di noi è possibile fermarsi e dire:”f——o la società/il resto del mondo, io non ce la faccio più e ora mi fermo”, ma purtroppo non è possibile farlo tutti.

    Io non posso fermarmi, io ho delle responsabilità e il mio comportamento va ad intaccare altre vite (i miei figli), quindi sì, la sensazione di cui si parla in questo thread è praticamente quotidiana ultimamente, ma non posso assecondarla.


    Se crollo io crolla tutto attorno a me, devo crollare interiormente e con il sorriso pensando quanto faccia schifo essere ME ma senza farlo vedere.

    "Io vorrei rinascere come quelle persone belle e ignoranti, che vivono come le piante, senza pensieri".

  • Per alcuni di noi è possibile fermarsi e dire:”f——o la società/il resto del mondo, io non ce la faccio più e ora mi fermo”, ma purtroppo non è possibile farlo tutti.

    Io non posso fermarmi, io ho delle responsabilità e il mio comportamento va ad intaccare altre vite (i miei figli), quindi sì, la sensazione di cui si parla in questo thread è praticamente quotidiana ultimamente, ma non posso assecondarla.


    Se crollo io crolla tutto attorno a me, devo crollare interiormente e con il sorriso pensando quanto faccia schifo essere ME ma senza farlo vedere.

    Lo so, per alcuni è impossibile ormai. Mi dispiace, però il principio ideologico è corretto.

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