Messaggi di Gigione

    Ciao a tutti.


    Qualcuno nel forum sicuramente avrà già letto post passati inerenti a questa questione, ma ad ogni modo farò una premessa.

    Per motivi di privacy ometterò informazioni personali, ma cercherò di essere esaustivo.


    Allora, incominciamo dal dire che sono molto contento del mio lavoro, che mi sono costruito e che è stato il mio sogno fin da quando ero bambino.

    Sono ancora giovane, ma non più ventenne, voglio godermi ancora tante cose, ma non sono più un ragazzino fresco di studi.

    Ero già al corrente sin da subito che questa mansione mi avrebbe portato a viaggiare molto, ed a dover "sacrificare" (seppur con piacere) alcuni lati della vita personale, al non essere a casa per diverso tempo, allo spostarsi, ecc. ecc.

    Ho sempre viaggiato con molto entusiasmo, ho avuto la possibilità di scoprire altre culture, conoscere molte persone, conoscere posti e quant'altro.

    Lo dico senza segreti, anche economicamente posso dire di non passarmela male, non tanto per la posizione che ricopro ora, anche considerando eventuali step futuri.


    Prima lavoravo in un'altra nazione, stesso lavoro, e comunque seppur non era casa mia, comunque una stabilità in posto la avevo. Nel senso che vivevo in una città, e tutta la mia vita personale si sviluppava lì. Amici, colleghi, attività, ecc.

    Si viaggiava molto, ma poi tornavo sempre "alla base" che era il luogo dove avevo la residenza, un appartamento, una vita.

    Decisi di cambiare lavoro, ed anche nazione, per mia scelta, perchè l'azienda (essendo molto piccola) non mi dava una sicurezza lavorativa che cercavo.

    Insomma, nel mio vecchio posto di lavoro avevo un altro tipo di instabilità, quella lavorativa.


    A distanza di un anno adesso dal mio cambiamento, posso dire di essere molto più contento, sia per il posto dove mi trovo, ma anche per le persone, lo stile di vita, ecc.

    Di gran lunga sono molto più contento, e non mi sto assolutamente riferendo ad un discorso economico.

    Ho una sicurezza molto maggiore sul mio ruolo, essendo un'azienda molto più grande e solida (dell'ordine di circa 20 volte i dipendenti di dove ero prima).


    Adesso veniamo al dunque, il dubbio che mi sta creando paranoie risiede nel fatto che questa azienda è solita "decidere" di punto in bianco di spostare i suoi dipendenti da una sede all'altra periodicamente ogni stagione.

    Ci sono i fortunati che rimangono dove sono, ed i meno fortunati che devono fare bagagli, cercarsi un altro appartamento, cambiare città e andarsene, per poi "eventualmente" sempre in base alle esigenze lavorative, ritornare dove erano prima (quindi un altro trasloco).


    Con tutta la mia contentezza generale del mio lavoro, e del mio cambiamento, ecc., questo punto mi genera ansia e paranoie, perchè io sono una persona che ha bisogno di una stabilità per formarsi le proprie abitudini, amicizie, attività ecc.

    In altre parole mi sento come se avessi barattato un'instabilità per un'altra, prima un'insicurezza casomai del posto di lavoro in una piccola compagnia, adesso quella della mia permanenza o meno in un luogo.


    Ma la cosa più grande è che questo non è mai stato discusso in sede di colloquio, nè è previsto da mio contratto.

    Infatti la legge dice che una volta definito il luogo di lavoro, dove il dipendente prende residenza, ogni qualvolta si svolge attività al di fuori, il datore deve provvedere alloggio, diaria giornaliera e trasporti.

    Ma invece così facendo, loro bypassano tutto ciò, e il fastidio e le spese di trovarsi un nuovo appartamento, il trasloco ecc. è tutto a carico del dipendente, se non a meno di un bonus di rilocazione, che forse a malapena copre tali spese.


    Il problema mio non è quello economico delle spese, nè tantomeno il luogo dove potrei essere spostato, forse anche più bello di dove mi trovo, ma il dover effettuare questo "vagabondaggio" che non è stato pattuito nè è previsto nero su bianco da contratto.

    Questo mi crea agitazione, perchè dopo un anno che mi sono trasferito, ho impiegato tempo e energie per sistemarmi, per ricreare la mia vita qui, anche se non si tratta di uno spostamento lungo ed impegnativo (parliamo della stessa nazione), comunque è un fastidio.


    Le risorse umane si nascondono dietro un dito, dicendo che sono esigenze della compagnia, ma un conto è se inaspettatamente si trovassero costretti a chiudere un dipartimento, o un reparto, in maniera inaspettata, un altro discorso se sanno già in partenza che queste "migrazioni" accadono ogni anno con periodicità, sistematicamente.

    Voglio fare un esempio: se la Tesla chiudesse una fabbrica a Berlino, o i dipendenti si adeguano, oppure trovano un altro lavoro a Berlino. Diverso se la Tesla decidesse periodicamente chi spostare ogni 6 mesi, non da contratto, senza sapere in quale luogo rimanere e per quanto.


    Poi stavo pensando anche al futuro della mia vita privata, se avessi una relazione (che non ho), oppure l'idea di crearmi una famiglia, ma anche se solo volessi comprare casa da solo, non potrei assolutamente permettermi un mutuo da una parte ed un altro affitto dall'altra.

    Penso a questa cosa quasi quotidianamente, e mi crea preoccupazione.


    Anche se volessi nuovamente cambiare lavoro, 99 su 100 dovrei lasciare questo posto, e comunque sarebbe ancora più impegnativo che rimanere, ricominciare da capo un'altra volta, lo farei se proprio ne valesse la pena per una posizione ancora migliore, e forse per tornare in Italia, anche se al momento non era mia intenzione.


    Riflettendo ho capito che per come sono fatto io, per i miei bisogni, abbia bisogno di una stabilità prima lavorativa per campare, e poi in un luogo per sviluppare e rafforzare la mia vita personale da qualche parte.

    Voi probabilmente direte, lo hai scelto tu questo tipo di lavoro, che ti fa viaggiare e spostare frequentemente.

    Sì, è vero, ma una stabilità si può comunque creare anche viaggiando molto, ma poi tornando a casa "propria" ogni volta.


    Voi cosa ne pensate?
    Qualcuno ha avuto esperienze simili?

    Io sono convinto che il contratto sia un pezzo di carta importante per poter formare la propria vita, avere il "sedere coperto", e che in futuro dia anche da mangiare ai propri figli.

    Viviamo in un contesto pieno di comfort e innovazione.

    Ma questo ben venga, meglio così che forse in tempi di guerra e povertà. (Anche se, fortunatamente, la parola povertà non la conosco).

    Ma non conosco nemmeno il concetto di povertà, cosa è diventato oggi?

    Un tempo la povertà era avere fame, non avere un tetto sopra la testa, forse oggi è diventato non avere la macchina dei sogni, o fare vacanze alle Maldive.

    Allora in tal senso sì, oggi ci sono tanti poveri.

    Ironia a parte, viviamo in un mondo pieno di comodità, tecnologie e automazione.


    Adesso tutti abbiamo tutto, possiamo indebitarci per un'automobile, per uno smartphone, per le vacanze ecc.

    La mia riflessione voleva mettere il focus sul fatto che oggigiorno un certo ritmo di vita sia diventato falsamente la necessità e non un "plus".

    Necessità non prettamente individuale, ma come target per raggiungere uno status, e quindi la considerazione degli altri, storie di Instagram, ecc. ecc.

    Questa secondo me è una grande manipolazione economica di massa.


    Io vivo e lavoro in un paese molto turistico, che praticamente vive di quello. Quindi vedo turisti a gogò ogni giorno. Anche il mio lavoro si basa su questo.

    Vedo coppie in vacanza, che probabilmente hanno raggiunto la maggiore età l'altro ieri, forse nemmeno sanno cosa vuol dire lavorare, già vanno in vacanza, ristoranti di un certo tipo e tutto il resto.

    Ma ripeto, ben venga per loro.


    Anche l'avere una relazione sentimentale, comporta in un certo senso sia l'avere un certo stile di vita "da mostrare", sia da far vivere alla consorte, altrimenti perchè dovrei mettermi con uno?


    Ho avuto una relazione sentimentale terminata perchè agli occhi della consorte, considerate anche le mie disponibilità, non avevo uno stile di vita "che si addiceva" al mio lavoro o alle mie risorse.

    Questo mi rattrista, non tanto per me, ma anche per chi lavora in cantiere per quattro spicci, che si indebita per andare a mangiare stellato, o fare la vacanza alle maldive.

    E ripeto, queste sono diventate col tempo necessità, prima non lo erano.


    Vorrei fare un esempio, qui dove vivo non ho realmente necessità di possedere un'automobile.

    Vivo in centro città, con tutto a portata di mano, e tutto è abbastanza raggiungibile anche con i mezzi.

    Agli occhi di altre persone, la mancanza di un veicolo personale è quasi considerata un qualcosa del tipo "mancanza di virilità" da parte di un uomo.


    Mi interrogo sul chi ha messo questi paletti nella società, tutto è diventato quasi un obbligo, ivi compresi vacanze, viaggi, smartphone, orologi, ecc.


    Non ho assolutamente nulla in contrario riguardo chi fa queste scelte di vita, anzi... auguro ad ognuno di potersi permettere ciò che vuole. Quello che mi suona strano è il fatto che tutto questo sia diventato una falsa necessità per campare...

    La domanda che ho posto è, come al solito, più complessa di quella che appare. Ossia, da parte mia, non è mia intenzione non aiutare, o ostacolare qualcuno. Soprattutto quando si parla di miglioramento di carriera, della qualità di vita, ecc.

    Sto notando gli effetti positivi di una svolta su di me, mi sentirei terribilmente in colpa il non aver aiutato qualcuno, praticamente a costo zero.

    Sono molto d'accordo con quello che dice larosarossa, ed anche con quello che dici tu Bulbasaur .

    Fatto sta che ho portato avanti la cosa e ne ho parlato con un collega nel managment.


    Rimango leggermente interdetto per quanto concerne la "riapparsa" di persone, e della loro improvvisa gentilezza, che si tramuta in quello che hai definito "pedinamento", che in realtà ha uno scopo ben preciso. E questo mi frena.


    Però, come ripeto, io non sono la persona che si gira dall'altra parte quando si tratta di dare una mano, e lo troverei un brutto gesto non aiutare una persona quando veramente non mi costerebbe nulla.

    Bisogna fare un distinguo, se Elly D. avesse problemi riguardanti la sua persona, che le impediscono di affrontare la vita (esempio la situazione di sua mamma può esserne uno), oppure se anche lei avesse bisogno di un supporto psicologico, ma mi sembra abbastanza lucida.

    I servizi sociali possono forse servire di più nella situazione per sua mamma.


    Mi si stringe il cuore a sapere che in Italia si potrebbe al massimo campare di servizi sociali, case popolari, condizioni lavorative che offendono il decoro, quando poi forse si potrebbe ripartire fuori (anche vicino, non dall'altra parte del mondo), ed avere una vita ben più che dignitosa.

    La vita è una!

    Ti rispondo di pancia, in maniera diretta, ma ovviamente prendi quello che scrivo come opinione, fai le tue considerazioni personali prima di ogni cosa.


    Mi viene da dirti, prendi il tuo gruzzoletto e investi su competenze, su te stessa, piuttosto vai all'estero.

    Forse non ti comprerai una casa, ma almeno di basteranno per un affitto per un po' di tempo, nel mentre trovi lavoro o ti formi in qualche ambito.


    Forse necessiti di stare vicino a tua mamma, da quello che leggo ci sono delle problematiche.

    Se ha bisogno di aiuto, aiutala, voglile bene, ma se non vuole farsi aiutare, o non vuole ascoltare nessuno, esattamente come hai fatto con l'andare a convivere con il tuo ex ragazzo, non bruciare la tua vita dietro una persona che non vuole sentire.


    Per quanto riguarda il lavoro, ci sono mille considerazioni da fare, stai cercando un lavoro di fortuna per coprire le spese, stai cercando di realizzarti in un ambito, hai delle competenze, ecc. ecc.

    Ciao a tutti.

    Chiedo consigli su come interpretare l'atteggiamento di un ex collega, che ho considerato e considero amico, ma che mi sta dando qualche campanello d'allarme.


    Questa persona era un collega dove lavoravo prima (in un'altra nazione), dove abbiamo condiviso ogni tanto qualche serata, mi ha introdotto a varie amicizie locali, un bravo ragazzo.

    Abbiamo parlato sempre di tutto, in maniera sincera, consigli anche sulle relazioni sentimentali, sul lavoro, sul tempo libero, ecc. ecc.

    Abbiamo condiviso, in gruppo con altre persone, anche delle vacanze, ed anche quando mi sono trasferito (ho cambiato azienda e nazione), bene o male, sporadicamente, ci siamo sempre tenuti in contatto (ogni tanto).


    Un giorno, recentemente, mi chiama e mi dice voleva venirmi a trovare (dove ora vivo), chiedendomi quando fossi libero. Alchè io gli risposi che ero abbastanza impegnato, gli unici giorni liberi erano 2 stremenziti a partire dall'indomani, ma che ero abbastanza indaffarato con delle faccende, tra cui la preparazione di un esame di aggiornamento (che tra l'altro ho sostenuto oggi), e dovendo andare fuori ero anche abbastanza indietro con faccende domestiche ecc.

    Lui insistette nel venire l'indomani, cercando di convincermi che stando solo una notte avrei avuto tutto il tempo necessario per sbrigare tutte le cose.


    Io accettai (per un amico volevo essere disponibile), l'idea era quella di organizzare una gita, visto che, essendomi trasferito da poco, nemmeno io conosco benissimo questo posto, e magari con la presenza di un'altra persona, sarebbe stato piacevole esplorare, organizzare qualcosa.

    Capivo anche l'interesse suo di venire qui, anche perchè è una meta molto turista, e soprattutto d'estate è una meraviglia.


    Per farla breve abbiamo trascorso due belle giornate, ricche di avventura, esplorazione, spiagge, paesaggi anche per me ancora sconosciuti, ci siamo aggiornati su molte cose circa il posto che avevo lasciato, non essendo più lì da qualche tempo, chiacchierato di persone, situazioni in generale.

    Insomma, mi ha fatto molto piacere l'esserci "ribeccati", un po' come i "vecchi" tempi.


    Anche lui si è innammorato del posto dove attualmente vivo (c'era già stato in precedenza), delle persone, ecc.

    Alchè mi annunciò il suo interesse nel provare ad entrare qui nella compagnia dove sono impiegato, chiedendomi se potevo dargli una mano a parlare con chi di dovere.

    Gli risposi che potevo provare a chiedere, ma che avrebbe dovuto mandare il CV e vedere se la sua esperienza era compatibile.

    Lui insistette sul fatto che era meglio se andavo direttamente io a chiedere per lui (nonostante io non abbia alcun potere, sono un impiegato come tanti altri).


    L'altro ieri mi scrisse se passavo dai "piani alti" a chiedere, ma risposi che non ero sicuro, visto che non sarei dovuto passare di lì.

    Ieri mi scrive di nuovo, chiedendomi se ero in ufficio, ma decisi di non rispondere immediatamente, bensì dopo finito il turno, visto che ero indaffarato.

    Appena gli risposi, mi chiamò subito al telefono, ribadendo che se avesse mandato il CV, tra i tanti, era probabile che nemmeno lo notavano. Invece se avessi chiesto io per lui, sarebbe stato meglio.

    Allorchè gli ho promesso che sarei andato da chi di dovere a fare il suo nome.


    Oggi mi riscrive, tutto bene oggi in ufficio?
    Ma essendo stata una giornata lunga e faticosa, e venendo da una trasferta, onestamente non gli ho ancora risposto. Lo farò domattina.

    (che caspita, proprio impaziente).


    Questa sua improvvisa riapparsa, e questo suo "pedinamento" mi sta dando un po' di noia, e mi sta facendo sorgere qualche domanda.


    Mi sto facendo anche delle fisime del tipo che se la cosa dovesse andare in porto, e dovesse venire qui anche lui, allora essendo solo ed in fase di ambientamento, diventerebbe un'amicizia troppo "demanding" almeno per l'inizio, essendo io l'unico conoscente iniziale.


    Ma al contempo mi dico che non è giusto ostacolare un eventuale miglioramento di vita e di carriera, un sogno.

    Visto che attualmente sta funzionando bene per me e sono contento, come potrei non aiutare in questo un'altra persona?

    Anch'io all'inizio mi sono trovato solo, e ho trovato tante persone che mi hanno aiutato, e sono sicuro che se avessi avuto bisogno, lo avrebbe anche fatto questo mio amico.

    Per cui mi sentirei uno s∙∙∙∙∙o a non aiutarlo, ma allo stesso tempo percepisco una specie di fastidio, e qualcosa non mi risuona.


    Oltretutto c'è da considerare che, seppur conosco la professionalità di questa persona ed anche la sua esperienza, il suggerirlo "ai piani alti" significherebbe anche il prendersene la responsabilità.

    Non che avessi dei dubbi, ma conta anche la personalità ed altre dinamiche di cui non sono in grado di valutarne la compatibilità.


    Cosa ne pensate?

    Io credo che il finire a dormire per strada sia una possibilità abbastanza remota, penso che sia veramente l'ultima spiaggia.

    Ho avuto il modo di conoscere diverse famiglie, ma anche persone sole, in difficoltà, talvolta anche senza un centesimo, ma avevano sussidi, casa popolare, caritas, ecc.

    Poi se il tuo amico è in salute, a 40 anni ci si può reinventare, per quanto difficile, se bussa a tutte le attività raccontando la sua situazione, un posto anche momentaneo lo troverà.

    Secondo me Blackmacigno ha detto una cosa importante e giusta, ossia molto meglio mettersi in gioco e magari accorgersi di non aver fatto il passo giusto, piuttosto che rimanere fermi e non prendere decisioni.

    Sai quante persone avrebbero potuto fare dei grossi salti, anche cambiare la propria vita e invece sono rimasti fermi, per paura, o per altri motivi che li hanno tenuti ancorati.


    Inoltre tu stesso affermi che l'essere rimasto dove eri sarebbe stato una sorta di demansionamento, o che comunque non sarebbe stato quello che volevi fare.


    Poi ti dico anche questo, non necessariamente per ottenere considerazione bisogna lavorare per un grande brand.

    Si può svolgere una mansione molto più elevata per un'azienda minore, o anche lavorare per una molto più importante ma con compiti minori.


    Io ho amici nel campo ingegneristico che lavorano per una casa automobilistica molto importante, e spesso sono l'ultima ruota del carro, con progressione di carriera molto difficile, e spesso sottopagati.

    Invece altri che in ditte meno conosciute svolgono già dopo poco mestieri molto più elevati, arrivando velocemente a cariche manageriali e anche stipendi nettamente differenti.

    Anzi ti dirò di più, conosco gente che da brand importanti hanno cambiato con aziende minori proprio per raggiungere quella carica che cercavano da tempo.


    Dipende anche molto da cosa cerchi tu, se hai una certa idea di carriera, un percorso, ecc.

    Il posto di lavoro è un concetto molto ampio, che va ben oltre alla stabilità e sicurezza finanziaria.

    Prima di tutto, se il lavoro occupa gran parte della nostra vita dovrebbe piacerci, per quanto possibile.

    E se ciò non fosse possibile del tutto, almeno darci soddisfazione.

    Poi anche l'ambiente è molto importante, le persone, i rapporti, il team work, ecc.


    Tu sicuramente hai fatto una scelta in buona fede, perchè volevi legittimamente volare più in alto, provare qualcosa di nuovo, ed infine trovare un ambiente diverso, se quello di prima non ti garbava più di tanto.


    Forse (faccio ipotesi) il vecchio lavoro cominciava ad annoiarti, oppure non vedevi possibilità di crescita, è così?

    Se così è stato, non mi sembra che tu abbia avuto intenzioni sbagliate, cercare un miglioramento è qualcosa di legittimo.


    Ti stai accorgendo che le cose non stanno andando come sperassi, succede e non è colpa tua.


    Se tu fossi, per ipotesi, esperto in questo nuovo settore, supponiamo che te la cavassi benissimo, credi che proveresti la stessa ansia nel rimanere in questo posto?


    Quello che non ho chiarissimo è se la tua sia ansia da "prestazione", generata dal sentirsi inadeguato, ed ad esempio, dover interfacciare persone che possano crederci incapaci, oppure sia più una transizione di adattamento?

    Oppure, altro caso ancora, stai iniziando a capire che non ti piacciono i colleghi, ed il posto/mansione di per sé?