Messaggi di Gigione

    Infatti mi chiedevo proprio questo, si cerca di mostrarsi per il meglio di ciò che si è, oppure si cerca di assomigliare ad un modello che non si è?

    Tornando all'esempio dei consigli che si danno, come il fisico, lo stile di abbigliamento e l'atteggiamento, la determinazione, ecc., ci portano veramente nella direzione nostra, oppure è un invito al diventare ciò che è "desiderabile" dalla società, ma che non necessariamente ci appartiene?


    E mettiamo pure che uno riesca anche a cambiare l'immagine di se, è possibile andare incontro alle persone adatte a noi, recitando un copione che non è il nostro?

    Carissimi, buone feste.

    Stavo facendo una riflessione tra me e me.

    Ossia, oggigiorno bisogna apparire sempre in un certo modo, sia nel vestire, nei social, ma soprattutto nell'atteggiamento.

    Mi riferisco in particolar modo nella sfera sessuale, negli approcci in generale.


    Ad esempio, in una serata in un locale, il "maschio alfa" è colui che attira la potenziale consorte, perché ovviamente mostra una certa immagine di sé, mentre magari il timido di turno, l'impacciato, è colui che "rimane senza".

    Ovviamente l'immagine che si da di sé al primo impatto è quella che scaturisce l'interesse nel conoscere una persona, questo è chiaro.

    Però allo stesso tempo mi viene da interrogarmi su questo: allora il ragazzo timido, impacciato, forse problematico per certi aspetti, non è degno di essere amato?

    Non può essere una persona anche forse migliore, per certi aspetti?

    Ovviamente allargavo questo concetto anche al di fuori di una discoteca, anche nella vita quotidiana.


    Spesso ascoltando le critiche di persone, sento frasi del tipo "devi cambiare il tuo stile, devi farti vedere determinato, sicuro, devi cambiare il tuo fisico", ecc. ecc.

    Ma serve veramente questo per amare, ed essere amati?

    Chi non ha un determinato fisico, chi non ha una certa personalità, o chi non ha un certo stile allora non ne è degno?

    Siamo sicuri che questi consigli / critiche veramente portino incontro all'amore vero?

    Perché questo è quello che si inculca alla gente, già da piccoli.


    Dicono che Amore e Sessualità siano due cose strettamente correlate, quasi la stessa cosa. Ma io vedo che allora stiamo seguendo due binari diversi, dove la sessualità segue la via della "chimica", dell'impatto a prima vista, delle immagini, che magari non c'entrano assolutamente nulla con l'amore vero.

    Ossia se ho bisogno di apparire in un certo modo per fare colpo, ma allo stesso tempo il fisico / l'abbigliamento / i soldi / lo status sociale non sono ingredienti dell'amore, allora le due cose sono completamente diverse.

    Ed è secondo me proprio questo il punto su cui si basa la crisi sentimentale nelle coppie (almeno non tutte spero).


    Cosa ne pensate?

    Alla fine credo che sia tutto un processo logico, perchè che ci piaccia o no il nostro cervello è una "macchina logica".

    L'ansia è una preoccupazione di qualcosa, l'ansia dell'ansia è una preoccupazione di una preoccupazione di un qualcosa. Ma se questo qualcosa non c'è, non ci può nemmeno essere l'ansia dell'ansia (scusate il gioco di parole).


    Mentre l'ansia di un qualcosa può essere fondata (ad esempio la paura di volare prima di un volo, o il prendere la metro con la fobia sociale), l'ansia dell'ansia è già scaricata dal suo significato, se non c'è la condizione scatenante.


    In altre parole non c'è motivo di avere timore dell'ansia di per sè, perchè è un mezzo che ci tiene in allerta verso una potenziale minaccia, quindi è uno strumento utile. Qualora arrivasse, allora ne analizzeremo il motivo.


    Quello che scrivi mi fa pensare ad un'altra chiave di lettura del problema, ossia non sei veramente spaventata dalla minaccia, ma dagli effetti che il meccanismo dell'ansia può portare. Esempio pratico: se vado a cena fuori e sono preoccupato perchè il giorno dopo, al lavoro, ho un meeting importante e non sono preparato, l'ansia del meeting è la normale e fisiologica preoccupazione su quel motivo stesso. L'ansia dell'ansia non ha il focus sulla conferenza, ma sul fatto che essendo preoccupato starò male durante la cena, magari non mi sentirò a mio agio con gli altri, non avrò appetito ecc.

    Quindi la paura della paura secondo me sposta l'oggetto non su un motivo scatenante, ma sullo star male per gli effetti che può portare l'ansia stessa.


    Spero di non essere stato troppo complicato nello spiegare.

    Partendo dal presupposto che le cose da poter fare sono veramente infinite, mi sembra di capire che tu ti affidi a ciò che un video / libro / YouTube ti proponga.

    E se fossi tu a creare qualcosa? Tipo imparare a suonare uno strumento e creare tu della musica? O uno sport, ad esempio 1000 partite di tennis sarebbero tutte diverse una dall'altra. Imparare nuove abilità può davvero fare la differenza.

    Infatti, come dici tu, probabilmente vivere solo di pancia potrebbe essere problematico, dal momento che la razionalità ci fa riflettere e ragionare sulle cose. Spesso ci si può pentire di una risposta data istintivamente, e ci accorgiamo di aver talvolta esagerato o mal interpretato la situazione.

    Io, aimè, penso di venire dall'altra parte del problema, ovvero mi capita di troncare le sensazioni e riflettere, spesso rimuginando anche per ore. Questo spesso mi causa ansia, è come se il cervello mi invitasse a riflettere allontanandomi dagli istinti e sentimenti, come se fosse l'unica "via giusta" da seguire.

    Certamente ragionare, e tralasciare l'istinto, può essere spesso e volentieri benefico, ma se si percepisce un particolare "sentore" forse un motivo esiste.

    Infatti volevo focalizzarmi proprio su questo aspetto, indipendentemente dal fatto che l'inconscio ci comunichi che una determinata compagnia non fa per noi, o semplicemente perchè abbiamo bisogno di un momento di relax, fino a che punto è giusto accettare una sensazione e lasciarsi trasportare?

    Da una parte mi spaventa "l'appassionamento" di questa individualità, mentre dall'altra mi domando, forse ho bisogno di altre persone che mi diano nuovi stimoli ed allora in quel contesto, come dicevate anche voi, forse non ci sarebbe neppure questa necessità all'isolamento.

    Buongiorno. Spesso si dice che è importante seguire le proprie "sensazioni", soprattutto dietro decisioni importanti, ma non solo. La razionalità sovente ci fa andare dall'altra parte, per una serie di motivazioni che seguono per di più un filone logico, non emotivo. Io personalmente, seppur cerco di ascoltare queste sensazioni, non riesco più di tanto a seguirle a fondo, appunto come ho detto prima perchè bloccato da una serie di razionalità e sensi di colpa.


    A volte ciò che mi da pace e serenità un pochino "mi spaventa", mi spiego meglio: ad esempio se mi ascoltassi a fondo proverei piacere a starmene da solo, senza dover organizzare niente con nessuno, soltanto vivere appieno i "cavoli miei". Ma questo ovviamente mi porta tutta una serie di pensieri, del tipo: sei asociale, vuoi diventare un eremita, ecc.


    Per fare un altro esempio, spesso dietro l'invito ad una cena, o a casa di amici, percepisco come un senso di ansia. Proverei pace se dicessi di no, e se mi immaginassi a casa mia per i fatti miei sul divano a vedere una serie TV. Le sensazioni mi portano qui, la razionalità no, per cui il dilemma è devo ascoltarle, quanto meno sperimentarle per un periodo, oppure combatterle?


    Mi spaventa questa direzione verso l'asocialità, cosa che non necessariamente vorrei razionalmente. La mia mente è talmente improntata sulla razionalità, che a volte le sensazioni si sono "atrofizzate" e le vedo come "minacce". Cosa ne pensate?

    Grazie a tutti, ragazzi, per i vostri consigli. Il fatto è che, vista la mia indole, non sono uno che ha l'abitudine di chiudere le amicizie, tendo piuttosto a sorvolare ed a far finta di niente... in altre parole ad evitare il conflitto per il quieto vivere, e probabilmente è qui che sbaglio. Il problema è che con questa persona, vivendo nello stesso condominio, condividiamo pure il pranzo e la cena e ciò ha reso questo "cordone ombelicale" molto rigido, per questa ragione l'idea di uno stacco, o addirittura di un taglio del rapporto risulterebbe difficile.


    Io credo che lui si aspetti da me maggior condivisione, cosa che sta venendo a meno da parte mia, ma come qualcuno ha detto in un post precedente: un conto è vedersi una volta a settimana, un conto 7 giorni su 7.


    Però, per fare un esempio, nel caso dovesse capitare che per una giornata intera non ci sentiamo, avverto dentro di me come un senso di colpa nel non averlo cercato o non averlo reso partecipe della mia giornata. Per di più è come se avvertissi la sua rabbia, anche se magari in realtà lui non lo sarebbe affatto.


    In ogni caso non è che voglia a tutti costi demonizzare questo ragazzo, forse tutto questo dipende anche da una mia errata gestione della situazione in alcuni frangenti. Grazie per i vostri consigli.

    Grazie a tutti per le vostre risposte. In effetti è vero, ciò che manca al mio carattere è questa schiettezza che vedo in lui. Potrei migliorare sotto questo aspetto...


    Vorrei portare questo esempio in particolare, dove io non risposi al telefono perchè ero occupato sull'altra linea. Quando dopo poco lo richiamai, lui si arrabbiò per il fatto che non avevo risposto subito. Fnalmente "sbottai" alzando il tono di voce e esponendo le mie ragioni e lui chiuse immediatamente il telefono. Poco dopo ci siamo visti... ed è stato col muso per un po'.


    Se io rispondessi a tono, o fossi schietto come lui, sarebbe un continuo attaccarsi a vicenda, un conflitto costante. Allora mi domando, questa può essere chiamata amicizia?


    Allo stesso tempo mi viene da interrogarmi sul perchè di questo modo di comunicare, che funzione ha? Veramente c'è l'intenzione di aiutarmi a migliorare, oppure c'è dell'altro?

    Questa persona è veramente guidata da buone intenzioni oppure ci sono altri fattori come un po' di invidia, frustrazione personale ecc...?


    Se io fossi come vorrebbe, gioverebbe a me od a lui? Forse lui vorrebbe al suo fianco una persona diversa per soddisfare i suoi bisogni...


    Io ho sempre avuto una sorta di resistenza per chi cerca di cambiare gli altri. Aiutare a migliorarsi sì, ma sempre rispettando l'altrui personalità.

    Salve ragazzi, volevo chiedere il vostro aiuto per avere dei spunti di riflessione e riuscire a capire se una mia amicizia importante sia diventata nociva, oppure se la mia convinzione è sbagliata. Capisco molto bene che, senza conoscere me, nè la persona in questione, solamente da questo testo sia impossibile dire cosa sia giusto e cosa sbagliato.

    Mi basterebbe semplicemente un vostro punto di vista, almeno per aiutarmi ad aprire gli occhi. Mi scuso in anticipo se sarò lungo, ma ho bisogno di questo "piccolo" sfogo...


    Parliamo di un'amicizia storica, durante la quale abbiamo condiviso le stesse passioni, stesso percorso di studi e stesso lavoro, seppur in aziende diverse, ci siamo trasferiti insieme all'estero per la stessa carriera, ed è qui che, secondo me, arriviamo al punto in questione. Con questa persona ho condiviso tanti momenti, come la soddisfazione della laurea, del successo nella carriera, la perdita di lavoro per il covid, e la ripartenza per una nuova carriera. Forse con molti altri amici di più vecchia data, nemmeno in tutta la vita abbiamo condiviso lo stesso numero di eventi. In altre parole un'amicizia molto importante, che ha avuto del positivo, e che in molti casi si è dimostrata onesta e sincera.


    Già tempo addietro alcune sue note caratteriali non mi garbavano, ma non ci diedi troppo peso, poichè ci si frequentava ogni tanto, spesso all'interno di una comitiva, ma da quando ci siamo trasferiti insieme all'estero, alcuni suoi atteggiamenti mi hanno ferito, o quanto meno innervosito.


    Seppure frequentiamo ambienti diversi, ed in entrambe le nostre vite ci sono anche (fortunatamente) altre persone / relazioni / amicizie, percepisco la sua presenza come "troppo imponente" a tal punto che mi sento molto condizionato nelle mie scelte, nella mia vita quotidiana, e forse anche per colpa mia che non sono riuscito a farmi rispettare a dovere.


    A volte mi sento criticato a 360°, anche per come respiro in sua presenza, e spesso riesce ad arrivare a toccare alcune mie "corde profonde", su tematiche delicate, ed il suo modo schietto di "toccarle" mi innervosisce parecchio. Mi sento criticato sul mio stile di vita, su come spendo / risparmio i miei soldi, sulla mia attuale mancanza di una relazione sentimentale, su come mi vesto, ed il suo modo di esprimersi "senza peli sulla lingua", seppur da una parte è sintomo di una sincerità che magari manca a molte altre persone, a me fa spesso andar di matto perchè esprime tutto senza freno. Sicuramente un modo "schietto" di esprimersi può mettere in luce molte cose, che magari altre 1000 persone pensano ma non dicono e potrebbe essere un vantaggio a mio favore per migliorarmi, anche se in realtà ciò che percepisco è una continua offensiva nei miei confronti.


    E' vero che un vero amico dice le cose come stanno, senza false ipocrisie, e a chiunque farebbe piacere ricevere stima e complimenti, infatti è qui che dovrei forse ascoltare di più e migliorare su alcuni aspetti, però ho cominciato a percepire la sua presenza come "ostile", pronta ad attaccarmi anche su come mi allaccio le scarpe.


    Quando sono con lui mi sento come succube, forse dai suoi forti giudizi, o forse dalla mia paura di essere attaccato, non mi sento naturale o spontaneo, cosa che invece non succede quando sono con altre persone. E' come se in sua assenza mi sentissi "libero". Ad esempio, quando mi sveglio il sabato mattina, mi sento in dovere di chiamarlo e di organizzare qualcosa per il pomeriggio con lui. Altrimenti mi chiama lui e mi dice: "Perchè non chiami?" Se gli chiedo: "vuoi venire in palestra?" Lui mi dice: "vuoi sempre fare le solite cose, sei una persona noiosa! Perchè non ti vuoi godere la vita? Hai bisogno di una ragazza".


    Potrei fare innumerevoli esempi, come quando ho incontrato per strada un collega di lavoro e dopo aver chiacchierato con luimmi ha detto: "perchè perdi il tuo tempo a parlare con lui e non lo fai invece con le ragazze? Vedi di trovartene una entro quest'anno, sarebbe ora!".


    Se capita un momento di silenzio, dove sono sovrappensiero o magari sto guardando il telefono, mi chiede perché non dico nulla... Insomma, c'è aggressività nelle sue parole, e spesso lancia frecciatine abbastanza pesanti. Non voglio dire che lui abbia assolutamente torto su certe tematiche, alcune volte le stesse osservazioni le ho ricevute anche da altre persone, però forse in maniera più "soft", meno invadente, e non mi hanno dato fastidio.


    Ho notato, che anche in sua assenza, nel fare determinate cose è come se mi sentissi il suo giudizio addosso, del tipo: "bisogna fare così!".


    Siamo fondamentalmente due persone diverse, lui molto attivo, vuole sempre fare qualcosa, spendaccione, giustamente vuole godersi la vita. La vita senza dubbio me la voglio godere anch'io, anche se sono più parsimonioso, più mite, spesso mi devono "trascinare" nelle cose perchè a volte mi manca un po' di iniziativa.


    Voglio sottolineare questo: tutti mi conoscono come una persona molto quieta, difficilmente litigo con qualcuno e spesso lascio correre cose che magari mi danno fastidio, ma a volte dopo un incontro con lui, o una telefonata, ho sentito talmente tanta rabbia che ho dato pugni nel muro. Il suo modo di esprimersi non mi piace, a volte alcuni suoi messaggi mi irritano a tal punto che lancerei il telefono per terra. Quando sono in presenza di altre persone, ho ricevuto molti apprezzamenti su di me, sulla mia cordialità, simpatia, insomma mi sento un'altra persona. Non mi percepisco allo stesso modo come quando sono con lui.


    Oltre alle innumerevoli avventure, bei momenti spensierati, ecc., lui spesso a confidato a me cose molto importanti, molto intime, che soltanto ad un amico si dicono, quindi questo mi porta a pensare che c'è comunque molta stima nei miei confronti. Per fare un altro esempio, la preparazione per un colloquio di lavoro, ha sempre preferito farla con me, perchè mi ritiene una persona preparata, di successo nella carriera. Sono sicuro che lui ci tiene molto a questa amicizia, e questo lo apprezzo, infatti essendo lui una persona molto selettiva, io faccio parte di questa cerchia ristretta. Inoltre ho apprezzato molto la sua onestà nel riferirmi alcuni messaggi di "falsi amici" che mi hanno parlato alle spalle, mettendomi in guardia da essi.


    A volte abbiamo passato serate piacevoli, a tal punto che mi sono pentito di avercela avuta con lui, o di essermi innervosito, e mi sono detto: "forse ho ingigantito troppo il problema, magari non era veramente sua intenzione offendermi o ferirmi". Dentro di me mi sono chiesto: "e se lui sbagliasse i modi, ma avesse ragione? Se ascoltandolo potessi migliorare alcuni miei aspetti? Se le cose che dice mi fanno così male, allora magari un fondo di verità c'è". Forse ha ragione nel dire che dovrei essere più attivo, aprirmi di più a nuove attività, a cambiare. Però allo stesso tempo mi dico: "perchè deve entrare così nelle mio profondo, perchè mi devo arrabbiare, perchè deve manipolare il mio umore in questa maniera?".


    Infatti non capisco perchè io, adulto e vaccinato, dovrei sentirmi "rimproverato" su come dovrei essere e su come dovrei vivere la mia vita. Secondo me, in un rapporto di amicizia, bisognerebbe incoraggiare, sottolineare il positivo e sorvolare sulle cose negative, magari portarle alla luce pervaiutare migliorare, ma con delicatezza, evitando di offendere. A volte ci sono stati confronti costruttivi, che ho gradito, altre volte battutine e frecciatine irritanti.


    Se volessi o nonuna relazione sentimentale alla fine sono affari miei. Se volessi spendere i soldi viaggiando, o risparmiarli per comprarmi una casa, anche questa sarebbe una decisione mia, o no?

    Forse sono io che lo percepisco come giudicante e aggressivo nei miei riguardi, ma per quanto a volte possa anche avere ragione, il sentirmi in costante soggezione in sua presenza, è spesso irritante e mi pone il dubbio su quanto possa essere positiva la nostra amicizia, e se non sia una persona da allontanare.