Messaggi di Senzaparole

    Ciao a tutti, scrivo qui sperando che qualcuno di voi possa darmi il suo prezioso parere.

    Ieri ho fatto la prima seduta con uno psicoterapeuta che usa tecniche mindfulness e EMDR.
    Il setting molto zen non è proprio ciò che mi aspettavo e che cercavo, ma voglio comunque provare, almeno un'altra volta.
    Quello che mi ha turbata è il fatto che mi aveva preannunciato che la seduta sarebbe durata 90 minuti, anziché i classici 50/60, ma poi di fatto sono stata due ore e mezza!!!
    Io avevo notato che fosse tardi, ma non ho detto niente...
    Lui, quando abbiamo finito formalmente la seduta e ci siamo spostati nella stanza per pagare, ha continuato a farmi domande sia pre che post pagamento.

    Io so che il tempo della seduta è prezioso anche per un discorso di aprire e chiudere quanto esce fuori, quindi questo comportamento mi ha un po' spiazzata, per quanto apparentemente possa sembrare molto carino il fatto che non stesse a badare a minuti e soldi.

    Ma, dacché sarei dovuta uscire alle 17:30, sono uscita alle 18:30! È normale stare addirittura un'ora in più? E il fatto che continui a parlare e a fare domande anche dopo aver pagato?

    Scusate, non sono brava a citare più interventi, quindi vi ringrazio per gli interessanti stimoli e rispondo qui.


    Per quanto riguarda il coinvolgimento, ho bisogno che ci sia sempre un forte coinvolgimento mentale, anche se non ci si conosce bene.

    L’aspetto che diceva Garden sui topi mi ha fatto sorridere, perché sono un topo... mi piace il gioco che si crea prima, più dell’atto in sé.

    La questione fondamentale e fondante del “chi sono io?” per me è centrale, perché non so assolutamente chi sono.


    La morte di cui parlava Bruce è un altro tema che mi ritorna spesso, e l’avevo affrontato anche con lo psicoterapeuta.

    Ho un rapporto di paura e attrazione profonda per la morte: la temo e mi fa stare molto male. Secondo il mio psicoterapeuta, certe situazioni in cui mi mettevo e di cui poi mi pentivo, come se rinsavissi da uno stato di trance, erano dovute a un mio bisogno profondo di illudermi di poter controllare qualcosa di molto vicino alla morte: il pericolo, il rischio, la perdita... come se mi mettessi in situazioni pericolose per poi dimostrarmi che potevo uscirne e salvarmi. In parte mi ritrovo in questa spiegazione, ma sento che manca qualcosa.


    Se penso all’ultima situazione che mi ha turbata molto, mi sono fidata e ossessionata di un uomo molto più grande di me, che aveva molte caratteristiche (che non sto a riportare) che avrebbero fatto fuggire chiunque. Io, invece, più una persona sembra fuori dagli schemi, potenzialmente pericolosa, affascinante, turbata, più mi attrae. Se poi questa persona mi dà attenzioni o un riconoscimento (o rispecchiamento, nel caso dello specchio), è la fine: l’ossessione prende forma.

    Credo che sia un meccanismo legato anche all’insicurezza che ho, come se dovessi dimostrarmi di poter “conquistare” una persona che, per motivi che ho deciso io, è affascinante.


    Grazie per gli spunti preziosi... spero di continuare, perché viene fuori tanta roba da questi confronti.

    Beh, allora questo potrebbe essere perché vuoi un uomo che tu non sia in grado di prevedere e comprendere del tutto, così da essere sempre stimolata a esplorare la sua psiche "misteriosa" che ti affascina.

    Sì potrebbe essere, o forse per esplorare la mia di psiche, che mi affascina ancora di più. Grazie per lo stimolo.

    però non capisco concretamente che significa, ma scusa tu non hai un compagno?

    Non lo so neanche io di preciso, per questo ho scritto questo post, per confrontarmi con qualcuno che potenzialmente prova le mie cose. Comunque sì, come scritto nel post ho un compagno, quindi?

    Ciao a tutti, scrivo questo post perché questo weekend mi è venuta in mente una riflessione e mi piacerebbe sapere se avete spunti al riguardo, se vi torna, se conoscete qualcosa legato a ciò che sto per dire. Mi ha fatto molto pensare, sento che c'è un senso profondo che potrebbe essere una chiave per comprendermi, ma è solo un’intuizione, appunto.


    Mi sono resa conto che vivo la sessualità e l'eccitazione solo se legate all'ansia. Provo a spiegarmi meglio… Sono stata un weekend fuori con il mio ragazzo, in una bellissima situazione con spa, e mi sentivo molto rilassata, come poche volte. Nella mia mente immaginavo che sarei stata molto eccitata, essendo comunque in hotel, tranquilli ecc., invece così non è stato.


    Mi sono resa conto, in modo consapevole, che le situazioni che mi eccitano davvero e mi fanno vibrare qualcosa dentro – non solo eccitazione fisica, ma mentale, che parte da qualcosa che ho dentro – le provo solo quando non mi sento al sicuro. Questa cosa mi ha portata spesso a mettermi (lo dico ora, col senno di poi) in situazioni non dico pericolose, ma potenzialmente tali. Non entro nel merito di queste, però spesso mi ritrovavo a pentirmene e a chiedermi: "Ma perché l'ho fatto?".


    Ora posso dire con certezza che è questo: c'è una parte di me, legata probabilmente a qualcosa di profondo, che si eccita solo quando non si sente al sicuro, quando si sente a rischio e in pericolo. Pensandoci, ho ipotizzato che ciò possa essere legato al fatto che da ragazzina, quando ho scoperto il mio corpo e ho iniziato a provare piacere, l'ho vissuta come una cosa da nascondere assolutamente, di cui vergognarmi, ritrovandomi spesso a toccarmi di nascosto quando potevo, sempre con l'ansia di essere scoperta e i sensi di colpa dopo. Può questo aver contribuito a "settarmi" così? Probabilmente sì. Ma credo ci sia dell'altro, per questo mi interesserebbe capire cosa ne pensate. Qualsiasi commento e riflessione è ben accetto, ovviamente.


    Vi ringrazio!

    Sempre più spesso mi accade di avere delle reazioni che non riesco a gestire, anche per cose futili. È come se fossi piena fino all’orlo e basta un nulla che esplodo. Il problema è che me ne rendo conto subito dopo, immediatamente dopo averlo fatto. L’esempio che porto è accaduto poco fa: volevo vedere una cosa in tv, avevo messo il promemoria proprio per non dimenticarmene. Non guardo mai la tv. Stavo facendo la valigia sono corsa davanti la tv, ero anche abbastanza tranquilla, mi sentivo di avere tutto abbastanza sotto controllo. Inizia questo programma e la tv comincia a vedersi a scatti. Sempre di più finché mi prende il matto, come dico io, mi alzo prendo il telecomando lo sbatto per terra e me ne vado sclerando. Non so se l’ho rotto, però mi fa paura questo mio tirare fuori una violenza e una rabbia che sento avere dentro e che sto implodendo.

    Non sono religioso, fondamentalmente mi sento solo in questo mondo, ma il mio principio è sempre stato quello di non far del male a nessuno. E caduto anche questo pilastro della mia esistenza, mi sentirei una nullità totale.

    Ho letto tutto, mi spiace molto per la situazione molto pesante e mi sono ritrovata in alcuni passaggi.

    Però cito questo passaggio perché leggendolo mi è venuta in mente una cosa: non fai del male a nessuno, ma tu sei compreso o no?

    Perché se non fare del male agli altri è sacrosanto, lo è altrettanto non farlo a se stessi. A volte si devono prendere delle scelte per tutelare se stessi, anche se possono fare soffrire gli altri. E questo non significa direttamente “fare del male”, non è fare del mal deliberatamente. Spero di essermi spiegata... auguri per tutto.

    Non ti dico niente perché condivido, anche se la mia più che paura è un'insofferenza.

    Sì insofferenza anche. Provo proprio fastidio mi viene da scattare non riesco a lasciare fare.

    Ascolta, io non so se possa tornarti utile, ne parlavo in questi giorni anche con un altro utente che ha problemi emotivi anche se di altra natura: ti piacerebbe provare a vedere se riesci a prendere la guida delle tue emozioni, conosci la tecnica dell'attenzione divisa?

    Non la conosco, non ne ho mai sentito parlare.