Salve a tutti,
espongo il dubbio atroce e confido in gentili suggerimenti.
Sono mamma, economicamente indipendente e vivo in casa mia.
Dai tempi della lontana adolescenza il mio rapporto con mia madre si è praticamente capovolto: io, che da bambina la veneravo ed ero la la sua ombra, con l'adolescenza cominciai a guardarla con occhi molto diversi e soprattutto a non condividere nulla del suo modo di essere e di relazionarsi.
Non ho mai messo in dubbio che mi amasse, nè che fosse una brava donna, e continuavo a continuo ad amarla, ma continuo a non condividere nulla di lei.
Da oltre dieci anni lei è vedova e vive in casa propria con mio fratello, e non le ho mai fatto mancare le mie visite quasi quotidiane.
Da altrettanti anni queste mie visite si traducevano in un accumulo di malessere per me, perchè mio fratello vive letteralmente a carico di mia madre (passati i 50 anni), si conduce da totale inabile al lavoro, però vive di ozio e vizi (anche costosi, tipo il gioco d'azzardo) , e infine vive nella eterna competizione con me, che si manifesta nell'intervenire in qualunque mio dialogo con mia madre per affermare, con tanto di forbite argomentazioni, l'esatto contrario di qualunque cosa io dica, pur di conquistare quella che lui spera sia l'ammirazione di mia madre e che lei non di rado mostra di accordargli.
Questa simbiosi madre-figlio mi preoccupa da sempre, e sono diventati sempre più frequenti i miei tentativi di ragionare con mia madre per capire cosa la inducesse a comportarsi in questo modo, avallando e foraggiando la totale inettitudine di mio fratello senza averlo mai posto nelle condizioni di doversi procurare anche soltanto un pacchetto di sigarette o di cucinarsi un piatto di pasta.
La risposta materna non c'è, o meglio è ondivaga e va dal "ma pensi che io non sia consapevole di questa croce? Ma se è così è così!" all'opposto "ma non è scemo eh! Ragiona benissimo per quello che gli pare!".
Stanca di questo doloroso teatrino quasi quotidiano , qualche mese fa ho comunicato quel che meditavo da tempo, e cioè che avrei evitato queste visite (fonte di malessere ormai tangibile per me), che sarei sempre stata a disposizione di mia madre per qualunque necessità, ma che non me la sentivo più di fare la mia comparsata in questa rappresentazione dal copione rigidissimo e immodificabile di cui sono nauseata e preoccupata, ma in cui è proprio mia madre a non consentire alcun margine di variazione-improvvisazione.
Avevo anche aggiunto e ripetuto a mia madre, in privato, che l'avrei ospitata volentierissimo a casa mia, se lei avesse avuto piacere, e che questo avrebbe potuto tradursi in un minimo svezzamento del fratello cinquantenne, che lasciato solo in casa avrebbe dovuto misurarsi almeno con le proprie necessità quotidiane.
L'ipotesi non è stata presa nella minima considerazione, ed anzi è stata trattata come una fantasia talmente impraticabile da risultare risibile.
Ho mantenuto (senza nessuna fatica) il mio progetto, ed egoisticamente ne ho tratto i vantaggi sperati, e cioè di non angustiarmi più per qualche ora al giorno quasi ogni giorno.
Una chiacchierata al telefono dava comunque la misura della vicinanza ed assiduità, e poteva anche andare.
Poche sere fa la telefonata killer : mia madre, spiagnucolando (come le è d'abitudine ogni volta che non sa risolvere qualcosa) accusa me di averla confinata in quella situazione di amarezza e solitudine.
Resta mia madre, le voglio bene, ormai è anziana.
Mi è stato spontaneo risponderle che è lei ad essersi confinata nella sua situazione, a cui io stessa mi sono autoconfinata fin quando mi è stato possibile, ma che adesso so più di prima che non mi sarebbe possibile per nessuna ragione al mondo di tornare ad autoconfinarmici.
Ma il senso di colpa di lasciar sola mia madre resta.
Qualcuno ha idee sul come uscirne? Grazie.