Messaggi di gloriasinegloria

    Secondo voi riuscirebbe a far qualsiasi lavoro ?secondo voi è vera la frase "volere è potere "? La cosa brutta è che le possibilità di lavoro le avrei siccome sono giovane ma ho un muro davanti che mi sembra insormontabile..

    Confesso di aver letto solo questa domanda. :blush:
    In linea di massima penso che chi sente "insicuro e imbranato" sia più intelligente e autocritico rispetto a chi sente "pronto e capace", e che quindi abbia molte più potenzialità.
    Poi è chiaro che, senza impegno-dedizione-metodo, non ci si improvvisa in nulla (non si può essere ingegneri nucleari, ma non si può essere neanche una brava colf).

    Con impegno-dedizione-metodo, però, credo che anche il meno simpatico degli imbranati e insicuri sia già in partenza molto più simpatico al mondo di qualunque saputello! ;)

    Piccola riflessione a margine.
    Ieri parlavo della paura che avrei di convivere, un domani, con mio fratello.
    Dicevo poi che la stessa paura aveva finito per maturarla anche mio padre, benchè sia stato perfettamente efficiente e vigoroso sino a quando una maledetta complicazione chirurgica l'ha portato via in pochi giorni (non era malato di nulla, mio padre, aveva esami clinici ottimali, ma ebbe un quadro addominale mai meglio spiegato quanto improvviso, nel volgere di poche ore, che lo condusse all'intervento di chirurgia addominale in urgenza, e poi seguirono complicanze sino alla setticemia esiziale).

    Ne deriverebbe il quadro di una persona deceduta per una (purtroppo sempre possibile) complicanza chirurgica.
    Il vero problema è che, ancor prima della chirurgia e delle sue complicanze, non si sia mai capito cosa lo abbia portato in sala operatoria, in assoluta urgenza e in poche ore, pur essendo appena prima in condizioni generali monitorate e ottimali, e pur non rintracciandosi alcuna neoplasia o altra patologia suscettibile di "esplodere" nel giro di poche ore.

    Non nascondo che questa inspiegabilità della genesi mi diede molto da riflettere, e ancor più perchè avevo l'affettuoso conforto e confronto con medici provatamente amici.

    Ma...il dubbio mostruoso lo respingevo anche a me stessa, e non osai mai proferirlo con nessuno, preferendo di sentirmi pazza io al solo pensarlo.

    Dopo ha trionfato la simbiosi madre-figlio, e ...io non ho mai avuto la percezione che mia madre potesse essere in pericolo.
    La escludo anche ora, e più ci rifletto e più la escludo.
    Penso (e vedo) che mia mamma è l'autostrada senza pedaggi su cui mio fratello scorrazza a 300 all'ora pur senza avere la patente, con tanto di safety car ed elisoccorso materni sempre disponibili, e...penso sia ovvio che nessuno al mondo si priverebbe con le proprie mani di questo privilegio assoluto.

    Per orrida casualità, ieri, vien fuori il "caso di ferragosto" a Roma (la povera Nicoletta Diotallevi).
    Oggi sono ammutolita nel leggere le "ragioni" del folle assassino : "chiedevo soldi a mia sorella e lei me li dava... ma mi trattava come un ragazzino".

    L'humus è lo stesso che vedo nel mio caso, e che motiva la mia paura : mio fratello non accetta assolutamente di apparire "secondo" rispetto a me e a nessuno.
    Ho già scritto che il suo hobby elettivo è di competere con me, su qualunque argomento, per cercare di primeggiare.
    Vuole sussidi e sostentamenti, ma poi vorrebbe che gli fossero tributati "perchè lui è geniale e più colto e maturo della media, non perchè è uno sfasato"!!! 8o


    Mia mamma non corre pericoli perchè lo coltiva in questa immagine di se.
    Mentre non lo faceva mio padre, non l'ho mai fatto io, non lo farò mai io.

    E per questo ho paura di lui. :hmm:

    Sì, immagino la sofferenza, anche se mi riesce difficile credere che una mamma possa disprezzare la propria figlia, che oltretutto l'ha anche gratificata con il conseguimento di quelle tappe che sono importanti per ogni madre (autonomia, propria collocazione nel mondo, formazione della propria famiglia, nascita di nipoti, ecc.).
    Magari è solo incupita dai propri orizzonti o - come la mia - è un po' "offesa e indispettita" dal vedere che non la supporti e neanche la avalli nel suo condursi verso l'altra figlia.

    Mi lusinga che chiami equilibrio il mio accettare la situazione, ma in effetti...è la situazione ad essersi rivelata inamovibile malgrado ogni impegno, per cui le opzioni possibili per chi è nella posizione tua o mia sono parecchio ridotte: possiamo soltanto scegliere se diventare complici di un progetto malato e fallimentare, o se restare a debita e sempre affettuosa distanza rispetto a chi è liberissimo di non ascoltarci, ma non è affatto libero di imporci la propria regìa in una complicità folle!

    L'ultima tua domanda è ...la domanda terribile. Quella che toglie la pace e il sonno, quella che cerchi di rimuovere perchè è disperante su tutti i fronti (affettivo e anche...economico).
    Si può apparire venali, ma è certo che un fratello che non abbia mezzi di sussistenza... ha diritto ad averli, in mancanza dei genitori, a carico degli altri fratelli.
    Verrebbe dal cuore e senza bisogno di imposizioni legali di offrire questo sostentamento, se si vedesse nel proprio fratello una persona totalmente incapace, oppure che ha cercato di impegnarsi in qualcosa e non c'è riuscito e non ci riesce.
    Ma non è questo il mio caso. E impazzisco io all'idea di dover lavorare per mantenere uno che effettivamente non è capace e non è mai stato capace di fare niente di socialmente apprezzabile, ma che poi deve pur riempire le sue giornate, e magari le riempie al videopoker del bar o al poker on-line!!!
    Questa prospettiva era devastante anche per mio padre, pensando a me, e si adoperò in tempo utile per indicarmi il da farsi.
    Dopo la sua morte fui costretta ad approfondire la questione e - assurdo ma vero - dovetti combattere con mia madre, perchè c'erano tutti i presupposti per farne riconoscere la inabilità al lavoro per patologia psichiatrica, con conseguente quota della reversibilità paterna, ma...mia madre era inorridita all'idea che il figlio "passasse per matto"!

    In pratica i ricorsi veri ho dovuto farli in famiglia, perchè qualunque legale, magistrato o psichiatra che venisse a conoscenza del quadro dava per ovvio che ci fossero tutti i presupposti, mentre era a mia madre che dovevo spiegare che... non è che lo si volesse "far passare", ma è proprio sotto gli occhi di tutti quel che è !

    Almeno questa parte, alla fine, è andata per il verso giusto, e quindi un minimo sollievo lo ricevo dal sapere che il suo sostentamento quotidiano non graverà su di me.

    Quanto a quella che sarà la sua sistemazione logistica quando mia mamma non ci sarà più...non ho proprio idea.
    Se imparasse (almeno) a gestirsi potrebbe continuare a vivere nella casa dei miei. La vedo durissima per uno che non sa neanche come si paga una bolletta della luce o come si fa una raccomandata, però mi consolo pensando che è riuscito egregiamente a gestire il proprio conto on-line per il poker...
    So che ci sarà da discutere per quanto ci lascerà mia mamma, e l'ultima volta che lei ha aperto la piccola cassaforte domestica...ho guardato con attenzione i gioielli di mia mamma, come chi sa che probabilmente non li vedrà mai più...

    Unica certezza è che mio fratello non riceverà inviti per venire a vivere in casa mia. Tra l'altro, sinceramente, ho anche paura di sue derive "psico", come negli ultimi anni di vita dava segno di temerle mio padre, benchè sano-forte-prestante.
    Voglio sperare, e credo possibile, che trovandosi solo ma comunque con un tetto e un mensile da amministrare si riveli in grado di fare almeno le stesse cose quotidiane che qualunque diciannovenne universitario fuori sede impara a fare in poche settimane. Anzi : l'universitario è fuori sede, in case estranee e spesso sconfortanti, e ha da studiare; lui, invece, è nella sua città e nella sua casa e non ha niente da fare!

    Mi conforta un pochino il caso di una mia amica: situazione simile alle nostre, riguardante il fratello, oggi sessantenne.
    Lui lavora, sì (in modo molto particolare e con un animus quasi da ossessivo-missionario), ma il resto del quadro era identico : mamma e figlio in simbiosi perfetta, lui non ha mai coltivato amicizie e men che mai relazioni sentimentali, e quando la loro mamma si ammalò cominciò il terrore della mia amica al pensiero di cosa avrebbe fatto suo fratello che non sapeva convivere con altri che con sua madre, da cui veniva accudito come un infante.
    La simbiosi si mostrò fino all'ultimo istante, e questo figlio...se fosse stato possibile avrebbe ibernato la madre pur di non vederla andar via, inoltre (essendo medico) ha realmente forzato l'accanimento terapeutico pur di tenerla...in casa (non mi viene da dire "in vita", perchè questa signora ha passato mesi nella demenza ormai più totale e giacendo nel proprio letto senza più reagire ad alcuno stimolo).
    Questo aspetto allarmava ancora più la mia amica (anche lei con propri famiglia-casa-lavoro), che era terrorizzata dal crollo e dalla inettitudine del fratello quando la mamma non fosse stata più in casa.

    Ebbene: questo fratello, con assoluta sorpresa di tutti, si è rivelato perfettamente capace di attendere a se stesso, ha cominciato dai primissimi giorni a ringraziare la sorella rifiutando inviti o pasti pronti, e...pare viva serenamente, forse...più di quando c'era la mamma...


    :)

    Secondo me se fosse "pura libidine" sarebbe sfumata da un pezzo per via di quella parte razionale che ognuno di noi ha. Invece al contrario a mio parere in questa storia c'è un forte coinvolgimento personale che va ben oltre l'attrazione fisica, per questo è una relazione complicata e difficile da terminare, proprio in virtù del fatto che evidentemente si è creato un legame probabilmente nato notte tempo da ben prima che scattasse la relazione vera e propria e nel quale l'amore annulla quella parte razionale che consentirebbe a lei di troncare per cui al di la del mio parere da lettore esterno ho grande rispetto per questa donna (cioè l'autrice del post).

    Temo ci sia un equivoco, Michele : l'ipotesi della "pura libidine" era pura iperbole fantasiosa e scherzosa, su cui non vorrei insistere poichè già giustamente rimproverata dalla moderazione.
    Quanto al rispetto verso Soleneve, dico soltanto che non si sarebbe risposto (tutti) come si è risposto, se non vi fosse stato sincero interesse e altrettanto rispetto nei confronti suoi e della sua vicenda...

    Scusa Dakota, ma non ti viene il sano dubbio di avere incontrato uno che ha problemi molto ma molto più seri del tuo sovrappeso?
    Se così fosse (come sinceramente penso che sia) sarebbe anche relativamente semplice passare dall'odio d'impeto (che umanamente ci sta tutto) alla semplice pietà per lui. ;)

    Forse, Anonimo, se le scrivessi in una lettera vera (foglio e busta) quel che hai scritto qui...penso che potrebbe avere buoni motivi per chiudere questa parentesi buia tra voi.
    Lo spero, ma sinceramente lo credo, anche se non so niente delle sue motivazioni per chiudere.


    Tu dici che si è vergognata di te, ma questa, magari, è solo una tua lettura, e sarebbe molto umano che tu le chiedessi i suoi veri perchè e che lei te li partecipasse (se non lo ha già fatto).
    Perdonami se sbaglio, ma mi sembra di capire che tu soffra di disturbo bipolare, e vedo che spesso chi ama un bipolare...non è affatto che si vergogni di lui/lei, ma è che accumula egli stesso la grande frustrazione di sentirsi pesantemente disorientato e soprattutto impotente. ;)

    imparare a gestirsi durante un attacco di panico non è facile.

    Assolutamente non lo è !

    Rientro, vero anche questo, tra i "pazienti avanzati", però... sono almeno sei anni che non ho attacchi (spero continui così, ovvio ;( ) :
    Adoro gli psicologi, ma posso dire soltanto la mia verità: non è stato ricercando "il trauma" che ho risolto il problema. :)

    Premetto un sentitissimo grazie, Anastasia, per la gentilissima attenzione che hai rivolto al mio caso. :)

    Concordo totalmente sulla centralità dei miei passaggi che hai evidenziato, però ne derivo conclusioni parzialmente diverse, che mi fa piacere sottoporti se non ti annoio.

    Anche queste mie conclusioni diverse erano in una mia frase già scritta, laddove dicevo più o meno "io e mia madre siamo diverse ai confini con l'incompatibilità, ma comunque mi sento legata a lei e le voglio bene (forza della natura?) " .

    Quello che chiamavo "forza della natura" penso possa/debba tradursi esattamente con "emotività".
    E' quella che mi lega (e ne sono felice), mentre razionalmente io non avrei nessun motivo al mondo di frequentare e voler bene ad una donna così diversa e inconciliabile con me quanto mia mamma, se non fosse mia mamma.

    Ricucendo un po' tutto, compresi i ruoli genitoriali-filiali, in ordine proprio emotivo : mia madre è anche timida nei miei confronti, e questo mi addolora; mia madre mi ritiene molto più capace di lei, e questo mi dispiace; mia madre - esattamente come me verso lei - sono certissima che mi voglia un gran bene, ma...me lo vuole perchè sono la figlia, e - direi - solo per questo. Non è che sia poco, però è devastante rendersene conto, perchè con la propria madre si agogna quella complanarità che qui manca totalmente e da cui derivano effettive possibilità di confidenza-ausilio-vicinanza reciproci.

    Immagina questo : è da quando avevo 13-14 anni che cominciavo a vedere il mio modo di diventare donna...non per imitazione di lei, ma per contrapposizione al suo esempio!
    Era una bravissima donna, e mi distruggeva l'idea che potesse soffrire, eppure la vedevo soffrire per ragioni superabilissime, mentre la vedevo assolutamente priva di strategia, stima di sè, determinazione ad esistere di vita propria.

    Da ragazzina vedevo mia madre (figlia unica) avere un rapporto di complicità e confidenza soltanto con sua madre (convivente con noi).
    Questo rapporto, che avrebbe potuto avere del buono, era in realtà in danno del suo rapporto coniugale. Una per tutte : mia mamma aveva un lavoro abbastanza prestigioso, ma poichè era il tempo che "una donna lavora per hobby"...solo mia nonna sapeva quale fosse il suo stipendio e come investisse i suoi risparmi! Mio padre non lo sapeva e molto signorilmente non lo chiedeva neanche...

    Negli stessi anni, però, vedevo mia mamma cogliere al volo ogni uscita-gita proposta da mio padre, e capitava che mia nonna (sua madre) rimanesse un po' malino dall'esserne esclusa.
    Mia madre, ovviamente, era in grado di cogliere l'espressione un po' delusa della propria mamma (che era praticamente in servizio H24 della figlia e della di lei famiglia), ma...era proprio mia mamma, appena saliti nell'auto di mio padre verso la gita, o il ristorante, o quel che fosse, a dire a mio padre "uffaaaa!!! mette il muso! ma io veramente sono stanca!" .

    Ho reso l'idea di una sua idea di "complicità" che mi ripugna da decenni? E della sua puerile mancanza di strategia-programma-intelligenza?

    Ecco Anastasia: mia mamma gestisce con lo stesso pressapochismo incauto e "casual" qualunque sua relazione (compresa ovviamente quella con me da un lato e mio fratello dall'altro).

    E' da quando avevo 13 anni che questo mi turba, e poi finisce per farmi una tenerezza senza limiti e confini, perchè finisco sempre col pensare che mia mamma resti la bambina figlia unica a cui una mamma devota e un marito più signore e intelligente della media hanno finito con l'impedire di crescere.

    Oltre dieci anni fa mio padre era in ospedale, su quello che a pochi giorni di distanza si sarebbe rivelato purtroppo il suo letto di morte.
    Spesso ripenso alla frase di mio padre nell'assistere a uno screzio fra me e mia madre.
    L'ospedale era lontano dalla nostra residenza, e mia madre non trova nulla di più intelligente che dire ad alta voce (spiagnucolando) "eh...stiamo qui soli, dimenticati da Dio e dagli uomini...nessuno che venga a fare visita!".

    A parte che non era vero che nessuno venisse a fare visita, malgrado la distanza. Ma trovai del tutto scempio il caricare una persona che sta male anche dell'idea (idiota) di poter essere "sola e dimenticata dal mondo".
    Quindi mi fu inevitabile chiederle se si rendesse conto del portato delle sue esternazioni uterine.
    Lei, ovviamente, cominciò a spiagnucolare dicendo "ma che ho detto di così grave?".
    Mio padre, che come sempre aveva capito tutto, redarguì solo me, sopra le forze, dicendomi quel che credo dover ricordare sempre, e cioè : "lascia stare, non si cambia nessuno a settant'anni, lascia stare!".

    E dunque: mia mamma è la mia bambina problematica.
    Ma non lo è da oggi (che sarebbe anche normale, come dicevi giustamente tu) ma lo è da quando ero ragazzina.

    Le voglio un gran bene, ma credo di dover stare attenta a confinare (almeno confinare) tutto quello che, come diceva mio padre, non si cambia a settant'anni e...figuriamoci a ottanta!

    Ultima notazione e non annoio più: mi segnali che sarebbe stato molto diverso se la cosa avesse riguardato mio padre.
    Sincerissima : questa ipotesi non avrebbe mai potuto riguardare mio padre! Perchè nessuna forza al mondo ci avrebbe potuto condurre a divaricazioni così profonde, annose, radicali.
    Per restare ai fatti di cui parliamo : mio padre aveva molto ben presente quale ipoteca avrebbe potuto rappresentare mio fratello nella mia vita, e ha fatto tutto quanto possibile in vita sua per evitare che mi ritrovassi questa ipoteca. Il resto l'ho proseguito io, quando lui non c'era più, e so io con quante difficoltà, create anche dall'infantilismo di mia mamma!

    Grazie infinite dell'ascolto! :love:

    X Repcar : grazie del chiarimento. ;)

    X Michele : capisco quel che dici e ovviamente ti credo, ma nel mio caso personale il fattore respirazione - ti assicuro - si è rivelato determinante.
    La mia storia con gli attacchi di panico è un po' strana, e la accenno se può essere utile ad altri.
    Dopo il primo attacco di panico, circa dieci anni fa, rimasi sconvolta dall'esperienza perchè era, oltretutto, un periodo particolarmente tranquillo della mia vita.

    Realizzato che avevo avuto un feroce attacco di panico, non solo mi terrorizzava la diagnosi, ma soprattutto mi terrorizzava l'idea di dover andare alla ricerca della causa psicologica.
    Trovo prezioso il ruolo degli psicologi, ma avevo qualche amico che - pur essendosi rivolto per anni e con costanza ai migliori professionisti d'Italia - non solo non era arrivato ad individuare la causa, ma era peggiorato di anno in anno fino a risultare pesantemente invalidato da questo serissimo problema.
    Quindi era questa prospettiva a terrorizzarmi, ancor più perché non mi sarei potuta permettere viaggi sanitari e parcelle auree, mentre nella mia zona sono gli stessi medici a dire con rammarico che il livello medio dei professionisti del settore è molto scadente rispetto ad altre regioni italiane.

    Fu per questo che cercai forsennatamente se esistesse qualche spiegazione e prassi alternativa, e la trovai nella teoria della respirazione che, ripeto, funzionò perfettamente.

    A distanza di qualche anno, e in mio scenario personale molto meno tranquillo del passato, cominciai ad avere nuovi attacchi di panico, pazzeschi e continui fino ad arrivare (proprio come dici tu) disperata al pronto soccorso, in cui non mi veniva partecipata alcuna diagnosi o terapia e, preso atto che fosse un mio periodo di massimo stress e di terrore ipocondriaco, mi fu solo consigliato di "andare alle radici con l'ausilio di uno psicologo".
    Perchè non ho fatto ricorso alle tecniche di respirazione? Semplice: perchè in questo clima psicologico del tutto diverso ero più che convinta di avere qualche cardiopatia grave, e agli attacchi di panico non pensai proprio.
    Infatti andai dal medico proiettata in chiave cardiologica e fu il medico a dirmi che avevo "solo" attacchi di panico.
    Mi prescrisse SSRI a termine, ed ero talmente stremata dagli attacchi ma al contempo così felice della diagnosi che non osai minimamente deviare dalla terapia indicatami e la seguii scrupolosamente.
    Al termine del ciclo il problema sembrava risolto.
    Sono passati altri anni e non ho più avuto attacchi.
    Nel 2013, altri problemi destabilizzanti mi facevano subodorare di poter essere nuovamente sul bordo dell'attacco e mi feci soltanto prescrivere lo Xanax "in caso d'emergenza".
    In realtà è bastata la ricetta dello Xanax, perchè mi diede quel pizzico di "sicurezza" sufficiente a non sentirmi "in imminente emergenza drammatica e ingovernabile", mentre la ricetta è rimasta sul cruscotto della mia auto fino a qualche mese fa, mai utilizzata.

    Scusa se ti ho annoiato, ma questa è la testimonianza che io posso portare. :)