Io credo ai suoi sensi di colpa.
Lui è una persona molto buona fondamentalmente, in più alla base c'è un affetto, una familiarità, ed un'abitudine lunga 20 anni.
Bene Sole, sei tu a conoscerlo e a potertene fare l'idea più verosimile.
A me, però, viene da chiederti queste due cose :
1) come riesci definire "bontà" quella di chi in vent'anni non è riuscito a canalizzare il rapporto con la signora sempreverde in modo leale e limpido con lei, facendola invece soffrire fino ad ammalarsi? Si considera essenziale nella vita di lei e per pena le concede un po' del suo tempo? Ma se lui non desidera questo rapporto e lo subisce per "bontà", è possibile - chiedo - che non gli sia mai balenata l'idea che ben più alta bontà sarebbe stata di chiarirle una volta e per sempre che le vuole tanto bene, che sarà sempre il suo amico fidato e presente, ma che lui ha la propria vita sentimentale come sarebbe auspicabile che ce l'avesse lei (per conto proprio)? Ma soprattutto:
2) come riesci a definire "bontà" quella di chi, negli stessi vent'anni, ha avuto e rotto tutte le relazioni che ha voluto, ma sempre avendo la fermezza coriacea di imporre la presenza della sempreverde a tutte quante?
Non ci vedi uno squilibrio molto sospetto nel fatto che a lei non riesca a dire "ti voglio un gran bene ma non ti amo" (cosa che ognuno di noi ha detto decine di volte sin da quando era adolescente) , mentre gli risulti addirittura abituale il riuscire a coinvolgere le sue fiamme in questo menage a trois senza gioia, e dicendo cose che sono infinitamente più difficili da dire (e da metabolizzare per la partner del momento) ?