La malattia di mia mamma ha distrutto anche la mia vita

  • Ciao a tutti, vi leggo già da alcuni mesi con molto interesse. Spero di poter trovare qui un sostegno o un aiuto per affrontare questa situazione che mi sta sfuggendo di mano.


    Cinque anni fa mia madre, a 56 anni, in seguito a un ricovero ospedaliero d'urgenza, ha scoperto di avere un tumore aggressivo e praticamente incurabile. Inutile dire che mi è crollato il mondo addosso. Ho lasciato subito Milano, dove vivevo e lavoravo già da alcuni anni, per tornare a casa e starle vicino, anche perché i medici ci avevano fatto capire che il decorso della malattia sarebbe stato molto rapido: pochi mesi, forse un anno.


    Stavo appena iniziando a realizzare quello che stava succedendo, con l'aiuto di parenti, amici e una psicologa, quando, due o tre mesi dopo, è scoppiato il Covid, con relativo lockdown. Nel frattempo, mia madre doveva comunque andare in ospedale per fare la chemioterapia, in un periodo in cui non si trovavano nemmeno le mascherine. A causa del lockdown ho anche interrotto gli incontri con la mia psicologa, che comunque non mi avevano soddisfatto del tutto.


    La combo malattia di mia madre e lockdown in contemporanea è stata per me il colpo finale. Ho smesso di fare finta che tutto fosse normale e mi sono completamente chiuso in una comfort zone soffocante, che non comprendeva nessuno se non i miei genitori e mio fratello. Ho smesso progressivamente di sentire gli amici e i colleghi (già prima del Covid avevo ottenuto il telelavoro per starle vicino) e per quasi due anni sono uscito ben poco di casa, terrorizzato all'idea di contagiarla.


    Nel 2022 l'emergenza Covid si è attenuata e anche mia madre, grazie a un trattamento immunoterapico sperimentale, ha avuto un miglioramento insperato. Ho faticosamente provato a ricominciare a vivere, ma un anno fa il trattamento è terminato e, dopo alcuni mesi, la malattia è ripartita, con le opzioni terapeutiche ormai quasi esaurite.


    Sono passati cinque anni dalla diagnosi e sono felice che sia ancora qui con me e relativamente in buona salute, ma in questi anni io ho perso lucidità. La sua malattia è la prima cosa a cui penso quando mi sveglio e l'ultima quando vado a letto. Non riesco a fare programmi, né sul lavoro né nella vita privata. Da cinque anni non vado in vacanza perché ho l’ansia di allontanarmi troppo da casa e, in ogni caso, non me la godrei. L'ansia per la sua condizione mi spinge a somatizzare in mille modi diversi, a cui ormai non faccio nemmeno più caso, perché so che si tratta di paranoie create dall'ansia. Ma il pensiero che la sua malattia possa avere un ulteriore, improvviso peggioramento a volte quasi mi fa impazzire. Da quando sono tornato a vivere in famiglia per farle da caregiver, l'idea che prima o poi lei possa non esserci più mi sembra impensabile, inaccettabile.


    Volevo sapere se qualcuno qui nel forum, o qualcuno che conoscete, è sprofondato in uno stato simile in seguito alla malattia di un genitore e cosa ha fatto per uscirne, perché nessuno che conosco ha avuto le mie stesse reazioni, nemmeno mio fratello, che riesce a vivere più o meno la sua vita come prima.


    Grazie a tutti.

  • Qubit

    Approvato il thread.
  • Io personalmente no. Mia madre dieci anni fa ha avuto un tumore al seno, da cui è guarita e attualmente è considerata fuori pericolo, dopo l'intervento non ha neanche dovuto fare la chemio. Però ho un'amica che ha avuto un'esperienza simile alla tua. Diversi anni fa a suo padre (che adesso purtroppo è mancato) hanno diagnosticato un tumore alle ossa. E' andato avanti sette anni, facendo diversi cicli di chemioterapia. Alla fine ha rifiutato l'amputazione di una gamba (che comunque non avrebbe garantito la completa guarigione del tumore, in quanto aveva diverse metastasi). Il primo anno di malattia del padre era ottimista, dava quasi per scontato che suo padre sarebbe guarito. Poi ha reagito come te, si è chiusa in se stessa e per diverso tempo non ha più frequentato nessuno. Quando suo padre è mancato io non la sentivo da due anni, non ha avvisato nessuna delle sue amiche del funerale. Poi piano piano è tornata alla vita di prima. Io non so dirti cosa ha fatto per uscirne, altre sue amiche le avevano consigliato di andare dallo psicologo, ma ha rifiutato. Non so che consiglio darti, magari comincia ad uscire con qualche tuo amico anche solo una volta alla settimana, pensando che questo non significa che stai abbandonando tu madre.

  • Mi sembra un po' rivedere me ormai 11 anni fa.

    Anche a mia mamma durante un intervento in ospedale è stato scoperto un tumore ormai in fase terminale, incurabile e le diedero massimo 6 mesi di vita.

    Eravamo 4 fratelli a poterci prendere cura di lei e il suo solo desiderio era quello di stare a casa fino alla fine.

    Inutile dire che il mondo mi è crollato addosso.

    Io, estroversa, sempre allegra, divertente, piacevole compagnia, con tanta voglia di fare, sempre in giro, mi sono trasformata in una persona completamente opposta.

    Mi sono chiusa in me stessa e nel mio dolore, ho lasciato andare tutti quelli che avevo intorno perché, anche se ero arrabbiata con mia madre perché quella cosa stava completamente cambiando me e la mia vita, avevo sempre il pensiero su di lei e sul mio dovere e volere interiore di prendermi cura di lei fino all'ultimo giorno.

    Specifico, non mi ha pesato, era quello che dovevo e volevo fare.

    Purtroppo mamma dopo 5 mesi mi ha lasciato, è stato breve ma molto intenso, ed io non sono più tornata quella di prima, ma pian piano, con il tempo le cose sono via via migliorate.

    Ti posso dire che questa esperienza mi ha insegnato che non tutti reagiamo agli eventi della nostra vita allo stesso modo, credo dipenda tutto dal nostro carattere e dalla nostra personalità. I miei fratelli, seppur presenti almeno quanto, o forse più di me, sono riusciti a mantenere una sorta di distacco e andare avanti con le loro cose, io invece mi sono fatta completamente coinvolgere.

    Tutti mi dicevano che sbagliavo, ma io ero così.

    "Niente limiti, Solo orizzonti..."

  • Ringrazio Mayra e soprattutto Horizon, che ha vissuto un'esperienza simile alla mia e nella cui reazione mi riconosco molto. È proprio così, tutti mi dicono che sbaglio, ma io non riesco a comportarmi diversamente. Se provo a distrarmi ci riesco pure, ma poi, a un certo punto, mi dico che non voglio più distrarmi, che il mio compito è stare accanto a mia mamma, che al contrario di me non può distrarsi dalla sua malattia.


    E così le mie poche energie residuali sono ormai unicamente rivolte al lavoro e a distrarre mia mamma, proponendole infinite ricette da cucinare, serie tv e film da vedere, giochi da tavolo da fare nel weekend, libri da leggere. Di solito tiro avanti, ma poi, quando mia mamma non si sente molto bene, quando gli esami non escono bene, arriva il crollo, che ovviamente devo nascondere per non turbarla. Ma in quei giorni, o subito prima di un esame importante, mi blocco completamente. Non riesco nemmeno a coltivare i miei hobby, a uscire di casa. Entro in una specie di trance, una specie di paranoia che mi spinge a spiarla di continuo per vedere se sta male, ad ascoltare i discorsi che fa con mio padre per capire se si lamenta di qualche dolore.


    Sono passati 5 anni ormai. Cinque anni di ospedali, chemio, radio, immunoterapie, tac, pet, risonanze. Sono felice e grato che mia mamma sia ancora qui, stupendo gli stessi medici, e continuo a sperare che lei riuscirà ancora a resistere alla malattia. Ma, e mi vergogno ad ammetterlo, questi anni hanno avuto un durissimo contraccolpo anche per la mia vita personale. Inizio a pensare, alla soglia dei 40 anni, che non riuscirò più a rimettermi in carreggiata. Sto infatti pensando di rivolgermi nuovamente a uno psicologo, sperando di trarne beneficio.

  • Purtroppo, in molti prima o poi ci si trova davanti a situazioni simili, anche se le reazioni sono le più varie. A me è capitato due volte nella vita: la prima ero molto giovane, e per ben dieci anni ho aiutato mia nonna nel suo involvere giorno dopo giorno a causa di un Alzheimer, fino al giorno in cui, mentre le stavo dando il pranzo, liquido perché non masticava più, è morta davanti a me. La cosa mi ha profondamente segnato. La seconda ero adulta, ma avendo già un'esperienza alle spalle l'ho vissuta forse peggio.


    Ad ogni modo, io credo sia giusto che tu faccia tutto quello che senti sia giusto fare. Non abbiamo il potere di fermare la morte, ma abbiamo quello di decidere cosa fare in vita e stare in armonia con i nostri valori. Detto questo, il consiglio che posso darti è di farti aiutare. Molti ospedali offrono supporto psicologico specifico ai familiari dei malati terminali, a volte anche gratis.


    Altro consiglio: non sentirti in colpa nel delegare e ritagliarti spazi tuoi, anche piccoli. Se tu starai bene, aiuterai meglio anche tua madre.

  • In te rivedo moltissimo me a quei tempi.

    Tra l'altro, quello che è successo a mamma l'ho vissuto otto anni prima con papà, ma in quel caso fu diverso perché c'era mamma in prima linea e i miei fratelli più grandi.

    Io ho lasciato che la sua malattia prendesse l'avvento su di me, ma mi sentivo talmente tanto impotente che non ho avuto forza di reagire diversamente.

    Il mio caso però è stato diverso dal tuo, perché il periodo della malattia in sé è durato poco. Però, proprio perché è durato poco, mi ha scombussolato talmente tanto la vita che dopo mi ci è voluto tempo per mettere un po' di ordine. Ho perso amicizie perché si sono offesi del fatto che ho rifiutato il loro aiuto (o compassione, non lo so), ma col senno di poi mi è servito per capire chi tenere e chi no.

    Per te è diverso, tua mamma sta relativamente bene per quanto possibile, almeno a tratti. Credo che se lo ritieni opportuno e te la senti, un supporto psicologico ti possa aiutare, anche come "valvola di sfogo".

    Io non me la sentivo di parlarne con nessuno, il mio sfogo era andare a correre, e correre per chilometri ogni momento che potevo. Ecco, questo mi ha aiutato tanto.

    "Niente limiti, Solo orizzonti..."

  • Grazie a entrambe. Io, come sfogo, cammino di continuo a passo veloce, nella speranza di scacciare i pensieri che si annidano nella mia mente. Sto pensando di cercare un aiuto psicologico, ma mi sento in difficoltà perché vorrei che mia madre non lo sapesse. Era rimasta male quando aveva saputo che andavo da uno psicologo. Diceva: "Non voglio che la mia malattia ti metta in crisi, così mi fai sentire quasi in colpa per essermi ammalata".


    La mia idea era quella di affittare un appartamento vicino casa nostra, per avere nuovamente un minimo di indipendenza e al tempo stesso concedermi qualche spazio per me, e raccogliere le forze per continuare ad assisterla. La mia paura più grande, infatti, è che se/quando la situazione dovesse peggiorare e lei avesse bisogno anche di un aiuto fisico (per ora aiuto solo con le pulizie in casa, la spesa, ecc.), io crollerei definitivamente per le troppe preoccupazioni, al punto da lasciare anche il mio attuale lavoro.


    Mi conforta leggere qui di persone che hanno affrontato situazioni simili e ce l'hanno fatta. Penso, spero, che ce la farò anche io... ma non so a quale prezzo.

  • Grazie a entrambe. Io, come sfogo, cammino di continuo a passo veloce, nella speranza di scacciare i pensieri che si annidano nella mia mente. Sto pensando di cercare un aiuto psicologico, ma mi sento in difficoltà perché vorrei che mia madre non lo sapesse. Era rimasta male quando aveva saputo che andavo da uno psicologo. Diceva: "Non voglio che la mia malattia ti metta in crisi, così mi fai sentire quasi in colpa per essermi ammalata".


    La mia idea era quella di affittare un appartamento vicino casa nostra, per avere nuovamente un minimo di indipendenza e al tempo stesso concedermi qualche spazio per me, e raccogliere le forze per continuare ad assisterla. La mia paura più grande, infatti, è che se/quando la situazione dovesse peggiorare e lei avesse bisogno anche di un aiuto fisico (per ora aiuto solo con le pulizie in casa, la spesa, ecc.), io crollerei definitivamente per le troppe preoccupazioni, al punto da lasciare anche il mio attuale lavoro.


    Mi conforta leggere qui di persone che hanno affrontato situazioni simili e ce l'hanno fatta. Penso, spero, che ce la farò anche io... ma non so a quale prezzo.

    Io abitavo già per conto mio, a 200 metri da casa sua, e anche questo è stato utile in quanto avevo modo di distrarmi qualche attimo solo per me stessa. Quindi sì, se hai modo di trovarti un appartamento in affitto lì vicino, te lo consiglio sicuramente.

    Ce la fai!!!

    Ce la fai perché comunque bisogna pensare che questa è la vita, la vita dà e la vita toglie, ma non bisogna mai vergognarsi delle proprie debolezze e fragilità e di chiedere aiuto se lo si vuole. Tua mamma non penso venga a sapere che vai da uno psicologo, anche perché non sarebbe un impegno giornaliero che tu dovresti giustificare in qualche modo, ma un impegno sporadico.

    Il prezzo da pagare è sicuramente alto, mettersi da parte per amore di un genitore, mettersi in secondo piano per un periodo crea comunque un senso di vuoto nella nostra persona, un’autoesclusione da qualsiasi priorità personale.

    Poi, come detto sopra, c'è anche chi riesce a proseguire nella propria vita con più lucidità.

    Io mi sono meravigliata di come sono comunque riuscita a tirare fuori una forza che all'inizio mai avrei pensato di avere, sia durante la sua malattia (che poi è anche la stessa forza che sei riuscito a tirare fuori tu) che dopo, quando lei non c'era più.

    Per quel che può valere, anche se non ti conosco, hai tutto il mio sostegno in un abbraccio virtuale, perché so molto bene quello che stai passando.

    "Niente limiti, Solo orizzonti..."

  • La mia storia è abbastanza simile e riguarda mio padre che è mancato l'anno scorso. La causa che me l'ha portato via è stata un emorragia cerebrale dovuta ad un aneurisma. Penso che vedere un proprio genitore soffrire per un tumore sia molto peggio perché si spegne lentamente, mentre mio padre sè sentito male è entrato in coma e poi si è spento la notte stessa.

    Nonostante come in tutti i rapporti genitori figli ci sono stati alti e bassi, un genitore è sempre un genitore e quindi si sentirà sempre la mancanza.

    Il consiglio che mi sento di dare è cerca di goderti tua mamma fin che c'è.

  • Ciao, la tua storia mi ha colpito molto perché mi ha ricordato la situazione che sto vivendo. Purtroppo io soffro da anni di ansia, ipocondria e DOC. A inizio 2024 ho avuto una grossa ricaduta e sono tornato in terapia. Come una beffa del destino, proprio in un momento così delicato per me, due mesi fa quasi scopriamo dall'oggi al domani che mia mamma ha un tumore raro al quarto stadio, se proprio vogliamo usare delle brutte parole mediche.


    Non dimenticherò mai quel giorno, perché ho scoperto tutto al telefono. Come te, anche io vivo e lavoro in una città diversa da quella d'origine. Per me è stato il colpo più duro mai ricevuto dalla vita (e pensavo di averne avuti). Ho passato le prime giornate in lacrime, poi ho "reagito", ma questa situazione mi ha annientato. Vedere tua mamma che fino a una settimana prima era piena di vita, di allegria, bellissima e spensierata, finire su un letto d'ospedale, tra medici, diagnosi e chemioterapie... È tremendo.


    Avendo compreso la gravità della situazione, ho anche cercato di fare scudo su mia madre per far sì che non scoprisse la cruda verità, ma i medici se ne fregano e le hanno detto tutto. Che dire, penso che il fatto che tua mamma sia ancora con te sia un bellissimo regalo che la vita ti ha fatto, dopo 5 anni. Lo dico perché io sto vivendo giorno per giorno, come mi hanno consigliato i medici. Me la terrò stretta ogni giorno che passa, sperando anch'io di arrivare tra 5 anni a poter dire di averla ancora con me.


    Purtroppo non si è mai pronti a situazioni simili, ma forse, quando magari hai 50 o 60 anni e tua madre ne ha 70/80 o 90, è diverso, forse, hai le spalle più larghe. Io ho 35 anni e per me la vera vita è cominciata ora: lavoro, casa, conti da quadrare... Vivere fuori, in un'altra regione, tanti sacrifici, progetti di lavoro importanti. Mai ti aspetteresti che tutti quei tasselli che stai mettendo insieme per crescere vengano sparpagliati da una cosa così grande.


    Immaginavo di vivere queste situazioni da caregiver, che ne so, tra 20/30 anni. Non di certo ora. Mi rendo conto che per me è cambiato tutto, sono passati nemmeno due mesi dalla notizia e sento che faccio fatica a lavorare, a concentrarmi, non mi va più di far nulla. Passerei ogni istante con lei e basta. Per fortuna ho alcune persone vicino a me che mi aiutano tanto, ma è dura.


    Tutto questo per dirti che capisco cosa stai passando e che non sei solo. Non siamo soli, nonostante la vita ci abbia fatto questo. Un forte abbraccio.

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