"Passività" delle ragazze

  • Lo chiamassero almeno donnicidio, però, visto che il suo contrario è omicidio e non maschicidio. Così, intanto, se qualcuno ti fa la pelle, ti viene dato della femmina prima che della donna. Donna sottintende il concetto che sei innanzitutto un essere umano, femmina lo è anche un ratto.

    Beh oddio Garden io non mi formalizzerei sulla radice della parola. Inoltre non è così recente, è stato già usato anche se occasionalmente in passato per indicare l'uccisione di donne per ragioni appunto di genere (con annesso disprezzo, etc). Su Wikipedia dovresti trovare l'origine.


    Urgeva crearne uno nuovo per veicolare nuove idee.

    Ora io con le statistiche sono una frana e non vorrei inoltrarmi perché mi perdo sicuro al primo "%" che vedo. Ma mi sembra di capire che gli uomini tendano ad essere uccisi più per mano di estranei e sconosciuti, mentre le donne per mano di partner e famigliari.


    Questa differenza fa riflettere. Per cui un termine che vada ad indicare un omicidio con determinate caratteristiche e motivazioni ha un senso alla luce di una tale differenza tra generi.


    E fin qui veicolare un concetto più specifico e circostanziato è cosa buona e giusta. Il problema è quando il termine diventa il bastone per colpire il tamburo dell'opinione pubblica e i mass media lo utilizzano per poi orchestrarci sopra ben altre rappresentazioni della realtà (e qui entriamo nell'argomento patriarcato), ma questa è la solita strumentalizzazione della tragedia.


    Per me che una donna venga ammazzata con le caratteristiche proprie del femminicidio (odio, disprezzo, volontà di cancellarle l'identità) è inconcepibile e questo apre lunghe riflessioni sull'essere umano e la società in cui vive. Su questo non ci sono dubbi. Il punto è che dubito fortemente che una tragedia venga usata per riflettere, ma piuttosto per alzare un'onda d'odio.


    Nonostante tutto a me Turetta fa pena. Non compassione, proprio pena. Eppure sono certa che la maggior parte degli italiani se potesse lo crocifiggerebbe come minimo. E questa è la parte dell'umanità che mi preoccupa... oltre a quella che uccide le donne perché donne.

  • Beh, oddio Garden, io non mi formalizzerei sulla radice della parola. Inoltre non è così recente, è stato già usato anche se occasionalmente in passato per indicare l'uccisione di donne per ragioni appunto di genere (con annesso disprezzo, etc). Su Wikipedia dovresti trovare l'origine.

    Sì, ho dato una rapida occhiata, è definito un neologismo ma comunque esiste dagli anni settanta, anche se non era praticamente mai utilizzato. È stato rispolverato per denominare i crimini legati a misognia.


    Quindi diventa contenitore per un pacchetto di concetti, trasmettendo però a mia sensazione anche una degradante impressione di riduzione di una donna, ad una femmina, manco fossimo delle femmine di cervo o di procione. Quello che a me fa riflettere, oltre alla scelta terminologica infelice, è che non penso che un nuovo termine prenda piede di colpo e per caso.


    È valso lo stesso principio per il termine complottismo, la cui introduzione ha raggiunto il risultato di far perdere credito in blocco alle idee di chiunque non si allineasse con le direttive ideologiche calate dall'alto.


    Personalmente mi fa sempre drizzare le antenne quando sento circolare un nuovo termine improvvisamente, perché mi dà l'impressione che non si tratti di una diffusione spontanea, ma di un progetto di diffusione indiretta di idee. Ed ancora più se la fonte di diffusione del termine avviene via tv, prima che per una nascita spontanea a livello di "slang" popolare.


    Facevo caso anche al termine esondazione, sostituito al termine inondazione, parlando di cambiamenti climatici. Un nuovo termine, in quanto contenitore di idee, rischia a mia opinione, se non si presta attenzione, di mettere sotto al riflettore ed infilare acriticamente un intero blocco concettuale all'interno delle menti che lo utilizzano, da un dato momento in poi, per imitazione sociale: le parole sono "incantesimi" potenti.


    Ora, come tu stessa hai detto.

    Ma mi sembra di capire che gli uomini tendano ad essere uccisi più per mano di estranei e sconosciuti, mentre le donne per mano di partner e famigliari.


    Questa differenza fa riflettere. Per cui un termine che vada ad indicare un omicidio con determinate caratteristiche e motivazioni ha un senso alla luce di una tale differenza tra generi.


    E fin qui veicolare un concetto più specifico e circostanziato è cosa buona e giusta.

    Se fosse solo appunto un modo per specificare un crimine legato a misoginia, a cultura patriarcale religiosa, o come hai fatto presente, ad un fattore statistico, sarebbe cosa buona e giusta come tu stessa hai fatto presente, utilizzare un termine specifico.


    Però conierei allora un termine specifico per ogni tipologia differente di delitto, per i delitti legati a questioni di economiche, per i delitti legati a criminalità, ecc. Un solo nuovo termine, pone una sola e specifica tipologia di delitti sotto al riflettore.


    Questo sempre contando che almeno personalmente utilizzerei un altro termine rispetto a femminicidio, per evitare "quell'effetto procione" ma questa noto che è forse solo una mia specifica forma di insofferenza. Tuttavia come hai detto, la questione va anche oltre.

    Il problema è quando il termine diventa il bastone per colpire il tamburo dell'opinione pubblica e i mass media lo utilizzano per poi orchestrarci sopra ben altre rappresentazioni della realtà (e qui entriamo nell'argomento patriarcato), ma questa è la solita strumentalizzazione della tragedia.


    Per me che una donna venga ammazzata con le caratteristiche proprie del femminicidio (odio, disprezzo, volontà di cancellarle l'identità) è inconcepibile e questo apre lunghe riflessioni sull'essere umano e la società in cui vive. Su questo non ci sono dubbi. Il punto è che dubito fortemente che una tragedia venga usata per riflettere, ma piuttosto per alzare un'onda d'odio.

    Proprio così, un onda d'odio che in definitiva penso sia solo il solito "panem et circenses", e direi anche il solito "dividi et impera". Non sia mai che dopo millenni in cui le ideologie religiose hanno creato divisioni nette tra i generi, ora noi si cominci finalmente ad andare d'accordo e a capirsi.

    Nonostante tutto a me Turetta fa pena. Non compassione, proprio pena. Eppure sono certa che maggior parte degli italiani se potesse lo crocifiggerebbe come minimo. E questa è la parte dell'umanità che mi preoccupa ... oltre che quella che uccide le donne perché donne.

    Sì, anche a me fa pena, nel senso che se un ragazzo giovane cresciuto in occidente europeo, arriva a compiere un gesto simile, metto in dubbio innanzitutto le sue risorse mentali.

  • Guardate che anche gli uomini vengono uccisi e feriti gravemente dalle loro compagne. Non cambia un bel niente, solo viene data più voce ai femminicidi.

    Sì, accade che anche gli uomini subiscano violenza fisica dalla compagna. Ho "parlato" con chi ne aveva subita, e forse io stessa non ho saputo all'epoca cogliere fino in fondo le ripercussioni che può generare. D'ogni modo, è vero statisticamente che, avendo il testosterone, l'uomo è biologicamente più incline a una violenza di tipo fisico rispetto alla media delle donne, le donne sono appunto in certe forme più passive, come afferma il titolo del thread, ma la violenza in una società non è solo fisica, ha infinite declinazioni, applicabili a entrambi i generi. Con questo, lungi da me approvare culture religiose patriarcali le quali non vedo l'ora spariscano, e non vengano sostituite da nuove ideologie divisive.

  • Guardate che anche gli uomini vengono uccisi e feriti gravemente dalle loro compagne. Non cambia un bel niente, solo viene data più voce ai femminicidi.

    Al netto della risonanza mediatica: statisticamente le donne uccidono meno rispetto agli uomini (nel 93% dei casi, per le stime dell'anno 2023, mi sembra di capire che l'omicida è un uomo). E per gli omicidi in ambito famigliare o per mano del partner le donne sono in netta maggioranza (in particolare le straniere).


    Lungi da me ora parlare dell'uomo come carnefice in quanto tale, una di narrazione subdola che non sopporto. Però non possiamo fare un discorso 1 a 1 in senso concreto, perché i numeri presi diciamo in modo molto spicciolo, mi pare, smentiscono questo.


    Poi certamente anche le donne praticano forme di violenza (fisica e psicologica) e anche loro sono capaci di uccidere il partner.

  • Molti uomini non denunciano perché non vengono creduti, in quanto è impossibile che un uomo non riesca a difendersi dagli attacchi di una donna. I centri antiviolenza sono pensati per aiutare le donne e non per gli uomini.


    Non cambia niente, alla fine.

  • Molti uomini non denunciano perché non vengono creduti, in quanto è impossibile che un uomo non riesca a difendersi dagli attacchi di una donna. I centri antiviolenza sono pensati per aiutare le donne e non per gli uomini.


    Non cambia niente, alla fine.

    Ma il fatto che esista una violenza verso gli uomini (e sono certa esista), di cui si parlerebbe poco (e questo è possibile), non penso possa tuttavia ribaltare numeri in cui (per esempio), l'85% degli autori di stalking è uomo e il 14% donna.


    Al massimo potrebbe aumentare la percentuale delle donne ma già arrivare a un 50% sinceramente ne dubito.


    Ma non perché le donne siano incapaci di violenza o siano esseri morali per definizione, o sempre vittime per definizione: ma proprio perché questo tipo di comportamento si esprime maggiormente nell'uomo.


    Poi (non ho controllato), può benissimo uscire fuori che le donne tradiscono di più il partner (per dirne una a caso), o commettono di più qualche altro tipo di violenza. Ripeto il mio non è un discorso finalizzato ad angelizzare la donna, ma proprio un discorso di tendenze specifiche (che avranno una loro base psicologica, antropologica, eccetera) e nemmeno un discorso che criminalizza l'uomo sempre per queste tendenze di cui stiamo parlando.

  • E qui hai toccato un altro tasto caldo e polarizzante.


    Come la cultura buonista, che cresce individui sotto una campana di vetro, non li costringa mai a uscire da uno stato di infantilismo e fragilità, tanto fisica quanto psicologica.


    Unica nota: non è il fattore culturale di "liberazione" il problema in questo scenario, ma il fattore culturale del buonismo, l'assenza di durezza. Durezza che spesso è data, sul fronte educativo, dai padri, cioè dal lato maschile più che da quello femminile, ma non da un maschile femminizzato. Già che non c'è più un fattore di durezza ambientale, considerando che viviamo nel benessere.

    Esatto, e l'asino casca proprio in quello che hai scritto e che ho sottolineato.

    E la vulgata corrente ci dice che, per risolvere il problema, dobbiamo spingere ancor di più verso tale direzione, cioè femminilizzare i maschi ancor di più.

    Se lo dicono loro...

    Era lo stesso discorso che, in realtà, sottintendevo anch'io con questa frase. Ma non mi spingo oltre, altrimenti divaghiamo troppo OT, penso, oltre a rendermi conto di quanto l'argomento, dipanato nello specifico, possa accendere gli animi.

    Sì, qui si entra in un campo grigio, diciamo... Ma mi viene da dire che la malattia mentale e queste cose non sono proprio separatissime, ecco.

    Personalmente penso che ogni ciclo si compia quando il sistema di valori (cultura, politica, ideologia; poi sistema economico) sulla quale un società si è affermata (generalmente su quella che l'ha preceduta), non sono più sostenibili dalla stessa.

    Sono d'accordo.

    l'essere umano in sé (certo non tutti) non smetterà mai di anelare a qualcosa di buono e giusto, oltre la crudeltà che constata nel mondo.

    Sì, ci sto anch'io su questo.

    oggi si possono condizionare facendo credere loro che è tutto logico e che queste sono riflessioni maturate in seno alla loro coscienza.

    Ecco, questo è un punto nodale.

    Oggi purtroppo ci sono troppe "verità soggettive" dove tutti pretendono di avere il verbo mi ci metto anch'io, eh, ma questo aiuta a conoscere e capire la realtà oggettiva o qualcosa che ci si avvicina?

    Io penso di no... Tante verità soggettive, tante idee diverse, ma nessuna verità definitiva.

    Ma uno strumento per avvicinarci alla verità l'abbiamo: il buon senso. Ma fanno di tutto per togliertelo.

    Questo vale per tutti gli argomenti moderni e attuali che abbiamo.

    Avanza il patriarcato nel 2024? Se hai qualche dubbio sei fuori dal mondo perché "lo sanno tutti". E quando diventa largamente accettato il termine patriarcato onde indicare un generico e decontestualizzato "sentimento di controllo e possesso" da parte di un uomo (e neanche di una intera società), poi l'Accademia della Crusca, Wikipedia, la psicologia moderna (oggi considerata onnisciente al pari di Dio stesso), eccetera, dicono che è "così" e quindi è realtà, ortodossia come si dice. Fine della storia.


    Stesso discorso sul femminicidio. Termine che per me può ancora avere un senso se non fosse "propagandato". Ma mi chiedo: sono i termini a indicare una realtà oggettiva o i termini rendono convenzionale una realtà che ha livelli di lettura delle volte caleidoscopici?

    Esatto, vedi il discorso sopra.

    Resilienza può essere dunque un comportamento dettato dal non avere scelta. Su questo è possibile che molti individui abbiano tirato fuori il meglio, altri, invece direi proprio di no.

    Possibile, anzi probabile... Proprio qualche giorno fa ho visto un video sui monaci del Monte Athos. Lì non ci devono essere donne e nemmeno animali femmine (quindi vedi un po' tu i livelli estremi), perché devono eliminare i desideri carnali e poi perché l'unica donna a cui devono dare interesse è la Madonna.

    Lì, nei commenti, si dividevano tra chi li definiva eroi, gente tosta, con grandi attributi per rifuggire tali richiami istintuali, ecc., e chi li definiva dei deboli, perché per rifuggire ai piaceri carnali si dovevano rifugiare in un luogo isolato, lontano dalla mondanità... Ergo era un vincere facile, nel senso che se le donne le avessero avuto attorno, altro che castità.

    Ora la verità dov'è?

    Per me questi una scelta l'hanno fatta, quindi, a mio giudizio, sono dei tosti. Invece, gli altri del passato non hanno potuto scegliere, ma comunque sempre da tosti si sono comportati.

    Alla fine il risultato finale conta.

    Ma io alla fine non dico che prima era meglio oppure che bisogna riscoprire la durezza del vivere. Dico che il neo-femminismo e le annesse correnti ideologiche progressiste vogliono addomesticare ancor più l'essere umano.

    È la strada giusta?

    Io ho i miei dubbi.

    ma non tutti sono propriamente dei ragazzini. Molti sono uomini adulti e anche "padri di famiglia" che uccidono le compagne o le ex compagne.

    Che possono essere all'interno lo stesso dei gran bambinoni che non sanno accettare un no.

    Diciamo è la ricetta "della nonna" e ha il suo perché ma purtroppo non è sufficiente a spiegare tutti i casi in cui la violenza cova ed esplode.

    La ricetta della nonna è la base, il famoso buon senso che menzionavo sopra, ma al neo-femminismo ciò curiosamente non piace. Essa la considera roba vecchia e, guarda caso, anche tu l'hai accostata alla nonna. ^^


    Io non dico che sia la soluzione definitiva e ultima, ma se nelle famiglie ritornasse questo buon senso non sarebbe male.


    Riguardo al fatto della violenza, se vogliamo parlare dei grandi numeri, è inevitabile che ci sia. Purtroppo o per fortuna non siamo tutti uguali: soggetti più predisposti a essere violenti ci saranno sempre. Sperare di eliminarla del tutto è utopico, a mio giudizio.


    Qui abbiamo spaziato un po' su tutto. Alla fin fine, a livello pratico, secondo me non è che si possa fare più di tanto.

    Per quello che recepisco io è abbastanza vero e penso dipenda dalle peculiarità della sessualità maschile che è "rapace", passatemi il termine. Se un uomo è attratto da una donna istintivamente vorrebbe possederla, non che questo giustifichi gli abusi naturalmente. La spinta maschile è più forte, più urgente, rispetto alla spinta femminile che si esprime con modalità diverse, più sfumate.

    Sì è così, sperare di mettere sotto al tappeto ciò è inconcludente e forse pure pericoloso.

    E lo dico da maschio eh.

  • Sì, qui si entra in un campo grigio, diciamo... Ma mi viene da dire che la malattia mentale e queste cose non sono proprio separatissime, ecco.

    Nemmeno io parto con l'idea che la malattia mentale nell'individuo, salvo rarissimi casi, sia un fattore genetico anziché un prodotto complesso, frutto del contesto in cui l'individuo è vissuto.

    Ma uno strumento per avvicinarci alla verità l'abbiamo: il buon senso.

    Si, anche secondo me non nuotiamo in un oceano confuso di mille verità inoggettive, al di là di una soggettività di percezione che ci stà, grossomodo alcuni modelli possono fare previsioni con basso scarto di errore.

    Ma io alla fine non dico che prima era meglio oppure che bisogna riscoprire la durezza del vivere.

    Prima non era meglio, la mentalità popolare media era molto ristretta. Oltretutto si moriva male oppure presto, ma comunque un po' di durezza andrebbe riscoperta, a mio avviso. Non a un livello da spezzare la persona, ma quel tanto che basta per riscoprire un contatto con la realtà oggettiva. Tramite la durezza prendi consapevolezza attraverso le "stecche", che ti fanno capire che, se sei superficiale, la paghi. Sbatti contro la realtà e ti "svegli fuori" anche se non vuoi.

    Che possono essere all'interno lo stesso dei gran bambinoni che non sanno accettare un no.

    O, se non dei bambinoni, per lo meno viziati dal non aver mai dovuto ingoiare tanti rospi o dei no in precedenza. L'ego viene reso umile, cioè sgonfiato, dalle umiliazioni. E non parlo dell'umiltà dogmatica, ma di quella reale, che ti fa capire che gli altri non sono le tue bambole.

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