Buonasera a tutti, eccoci qui, di nuovo, con una nuova storia. In parecchi mi conoscono... ho parlato della mia relazione con il mio attuale marito, delle crisi che abbiamo superato quando eravamo conviventi. Poi, per fortuna, è tutto decollato, ma io ho avuto un tumore che ci ha uniti ancora di più. Uscita dal "brutto male", mi sono trasferita di nuovo in una nuova città e sono stata sola per cinque mesi. Mio marito mi avrebbe raggiunta dopo sei mesi. Ci siamo visti durante i week-end e tutto stava andando bene. Avevamo il progetto ambizioso di costruire una famiglia. Ora io sono manager, più vicina alla città di origine, e lui ha subito trovato lavoro in città. Si sarebbe trasferito senza esitare.
A dicembre sono salita per finire il suo trasloco. Abbiamo fatto una sciata per salutare i bei posti in cui abbiamo vissuto per 3 anni e, come detto in un altro post, mi sono rotta una gamba. Brutta frattura, ricovero per 14 giorni lontana da tutti, due interventi pesanti, ferri nella gamba, 8 cicatrici... e vabbè. Mi dimettono e passiamo il Natale dai miei, ma a gennaio lui inizia a lavorare nella nuova città e ci trasferiamo tutti lì perché io non sono più autonoma. Sono costretta a stare ferma da due mesi e mezzo e non posso ancora camminare. Sono a casa senza amici (non ho ancora avuto il tempo di farne). Inizio la fisioterapia in un ottimo centro e subito lego con una fisioterapista, ma per me è sempre più difficile reagire. Il dolore è troppo e piango sempre durante le sedute pensando al peggio.
Decidono di affidarmi a un altro fisioterapista, un ragazzo di 25 anni, sportivo. Lui decide di farmi entrare nel "suo mondo": ha subito un infortunio come il mio e ha dovuto rinunciare al suo sogno. C'è subito feeling e io, seduta dopo seduta, inizio a riprendermi, a reagire. Stare con lui mi fa star bene. Seduta dopo seduta, inizio a capire di provare qualcosa di più forte per lui. So che è il suo lavoro, che è normale che io sia in un momento di fragilità, ma è l'unica persona da cui mi sento compresa ora. Il problema è che sono diventata dipendente: quando non lo vedo sto male, lo penso sempre e se per caso mi affidano a una sua collega piango durante la seduta. Non so come fare. A volte vorrei abbracciarlo.
Penso che lui abbia capito che con lui sto bene e lo hanno capito tutti al centro. Non si spiegano come io abbia fatto a recuperare, dato che ero un caso disperato perché arresa. Lui mi ha dato la spinta e io sento di provare qualcosa per lui. Quando non lo vedo gli scrivo delle mail, sempre ovviamente relative agli esercizi. Insomma, non riesco a mollarlo.