La setta dei poeti esauriti

  • Esempi


    Anima, sii come il pino:

    che tutto l’inverno distende

    nella bianca aria vuota

    le sue braccia fiorenti

    e non cede, non cede,

    nemmeno se il vento,

    recandogli da tutti i boschi

    il suono di tutte le foglie cadute,

    gli sussurra parole d’abbandono;

    nemmeno se la neve,

    gravandolo con tutto il peso

    del suo freddo candore,

    immolla le fronde e le trae

    violentemente

    verso il nero suolo.


    Anima, sii come il pino:

    e poi arriverà la primavera

    e tu la sentirai venire da lontano,

    col gemito di tutti i rami nudi

    che soffriranno, per rinverdire.


    Ma nei tuoi rami vivi

    la divina primavera avrà la voce

    di tutti i più canori uccelli

    ed ai tuoi piedi fiorirà di primule

    e di giacinti azzurri

    la zolla a cui t’aggrappi

    nei giorni della pace

    come nei giorni del pianto.


    Anima, sii come la montagna:

    che quando tutta la valle

    è un grande lago di viola

    e i tocchi delle campane vi affiorano

    come bianche ninfee di suono,

    lei sola, in alto, si tende

    ad un muto colloquio col sole.

    La fascia l’ombra

    sempre più da presso

    e pare, intorno alla nivea fronte,

    una capigliatura greve

    che la rovesci,

    che la trattenga

    dal balzare aerea

    verso il suo amore.


    Ma l’amore del sole

    appassionatamente la cinge

    d’uno splendore supremo,

    appassionatamente bacia

    con i suoi raggi le nubi

    che salgono da lei.

    Salgono libere, lente

    svincolate dall’ombra,

    sovrane

    al di là d’ogni tenebra,

    come pensieri dell’anima eterna

    verso l’eterna luce


    Antonia Pozzi

  • In questi giorni mi gira in testa una poesia che mi ha conquistata di Salvatore Toma, poeta poco conosciuto e che ho scoperto da poco (grazie ai gruppi di poesia). Ho letto una silloge e l'ho sentito (per la mia sensibilità) quasi caustico, stavo per dire "Uhm no grazie, non fa per me il suo stile poetico", anche perché molto spinto in certe poesie circa il tema della morte, poi:


    Se si potesse imbottigliare

    l’odore dei nidi,

    se si potesse imbottigliare

    l’aria tenue e rapida

    di primavera

    se si potesse imbottigliare

    l’odore selvaggio delle piume

    di una cincia catturata

    e la sua contentezza,

    una volta liberata.


    "Una cincia catturata e la sua contentezza una volta liberata". La sua contentezza. La cincia liberata. Lo scrivo più volte come quando non ci si capacita della bellezza. Sarà un periodo in cui sto riflettendo molto sul concetto del lasciare andare, ma Salvatore Toma, con questi versi, mi ha offerto una (spero) potente intuizione: catturare ha il suo perché, voler tenere con noi, imbottigliare ciò che più amiamo, ma il sublime del lasciar andare? Del vedere la cincia libera, contenta? Si può mai equiparare?

  • L'amore è una qualità dell'Essere, ma noi, creature, viviamo un tempo in divenire. Siamo onde nel moto inerziale dell'oceano che le ha generate e protendono verso una terra promessa, o un cielo infinito con il quale entrare in comunione e quando l'hanno sfiorato, si ritraggono inevitabilmente, per poi infrangersi di nuovo.


    Ci sono dei versi che riescono a condensare questa paradossale e meravigliosa avventura umana? Una filosofia che forse necessita di scaffali e pile di libri polverosi, eppure, a portata di chiunque, poiché racchiusa in un attimo e in un palpito del cuore, se solo riuscissimo a catturare e ordinare in parole ciò che è oltre le parole perché oltre noi stessi, in quanto eterno?


    Penso ci sia riuscito Mario Luzi nei versi (in particolare) quelli conclusivi di questa poesia.


    Aprile-Amore


    Il pensiero della morte m’accompagna

    tra i due muri di questa via che sale

    e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo

    di primavera irrita i colori,

    stranisce l’erba, il glicine, fa aspra

    la selce; sotto cappe ed impermeabili

    punge le mani secche, mette un brivido.


    Tempo che soffre e fa soffrire, tempo

    che in un turbine chiaro porta fiori

    misti a crudeli apparizioni, e ognuna

    mentre ti chiedi che cos’è sparisce

    rapida nella polvere e nel vento.


    Il cammino è per luoghi noti

    se non che fatti irreali

    prefigurano l’esilio e la morte.

    Tu che sei, io che sono divenuto

    che m’aggiro in così ventoso spazio,

    uomo dietro una traccia fine e debole.


    È incredibile ch’io ti cerchi in questo

    o in altro luogo della terra dove

    è molto se possiamo riconoscerci.

    Ma è ancora un’età, la mia,

    che s’aspetta dagli altri

    quello che è in noi oppure non esiste.


    L’amore aiuta a vivere, a durare,

    l’amore annulla e dà principio. E quando

    chi soffre o langue spera, se anche spera,

    che un soccorso s’annunci di lontano,

    è in lui, un soffio basta a suscitarlo.

    Questo ho imparato e dimenticato mille volte,

    ora da te mi torna fatto chiaro,

    ora prende vivezza e verità.


    La mia pena è durare oltre quest’attimo.

  • Il poeta è Poeta quando riesce a catturare il vento lieve e invisibile delle sensazioni, quelle intime sfumature che i più vivono inconsapevolmente e le dipinge chiare come immagini nitide. Ed ecco che l'immateriale si fa materia attraverso la parola. Così, la verità di esperienze, sentimenti, impressioni, che umanamente ci accomunano ma sfuggono di continuo, diviene immediata.


    In fondo, non si tratta di una creazione, pur essendo un'opera indubbiamente creativa. E' sempre intorno a noi ed in noi, va solo tradotta in parole. Antonia Pozzi per me rappresenta tutto questo. Una scenografia della poesia. Questa non è tra le più istantanee poiché la limpidezza è lo stile che la contraddistingue, ma potrebbe essere una la salita verso l'estasi dei versi finali.


    C’era un disordinato andirivieni

    di valige sfrangiate, penzoloni

    su ghette e scarpe gialle da provincia,

    che schizzavano dentro l’atrio grigio

    dagli sbadigli bianchi delle porte

    aperte sulla piazza e sui binari.

    Gli sportelli sbarravano sul muro

    uno stupore lucido, verdone;

    un ombrello, testardo, s’impuntava

    contro terra in un suo capriccio nero.

    Né tu né io ci guardavamo in viso:

    ma i miei occhi sentivan d’incontrarti.

    Dove, non so. Forse in quel po’ di cielo

    che si vedeva sopra la tettoia

    o in mezzo alle fumate carnicine

    che il Vesuvio sbuffava senza posa

    e il vento senza posa smozzicava.

    Io mi sentivo libera e leggera

    come quei fiocchi bianchi di pelurie

    che si sprigionano dai pioppi, in maggio

    e cercan l’alto come delle preci.

    La tua voce era un mare di purezza:

    ogni ombra di materia vi affogava.

    A tratti le parole si frangevano

    in sfumature lunghe di silenzio

    e all’anima sembrava di vibrare

    nuda nel vento e di sfiorare Dio.

  • Seduta su uno scoglio - Sylvia Plath


    Seduta su uno scoglio

    in Cornovaglia

    dovrei pettinarmi le chiome.

    Vestirmi da tigre.

    Avere una relazione.

    Dovremmo incontrarci nell’aria

    in altra vita e situazione,

    Io e te.

    I ricordi sono sempre bagnati di lacrime

  • Il mattino solerte

    Il mattino solerte mi risveglia

    e mi riporta alle tue dolci rive

    di che serti di fiori e mutamenti

    svolge il mio cuore e pura mi rassembra

    l’aria e vogliosa della giovinezza.

    Incontrarti così per queste strade

    così sole e deserte e confluire

    nei tuoi baci siccome un arso vivo

    corre compiuto alla sua aperta foce.


    Alda Merini

    I ricordi sono sempre bagnati di lacrime

  • COLUMBUS CHENEY


    Questo salice piangente!

    Perché non ne piantate qualcuno

    per i milioni di bimbi non ancora nati,

    così come per noi?

    Non sono forse inesistenti o cellule addormentate senz’anima? O giungono alla terra, spezzando

    col loro nascere il ricordo di ciò che era prima?

    Rispondete! È questo un campo d’intuizione inesplorata.

    Ma perché, in ogni caso, non piantate salici per loro,

    come per noi


    Edger Lee Masters

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

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