Psicoterapia: ne vale davvero la pena?

  • Obbiettivi si possono e in parte si devono prefissare, ma i tempi devono restare necessariamente indeterminati, perché non è possibile prevedere "quanto" e "quando" si possa arrivare a determinati traguardi.


    Quello che si potrebbe (e anche qui "dovrebbe") fare è darsi una sorta di limite per fare un check della situazione.

    Tuttavia in un altro post hai scritto che una terapia efficace non dovrebbe durare più di un anno o due, salvo rari casi. Quindi alla fine i tempi non sarebbero così indeterminati.

    Nasci, studi, e vai a lavorare, per comprare quello che non hai, e così ti scordi che sei vivo.

  • Obbiettivi si possono e in parte si devono prefissare, ma i tempi devono restare necessariamente indeterminati, perché non è possibile prevedere "quanto" e "quando" si possa arrivare a determinati traguardi.


    Quello che si potrebbe (e anche qui "dovrebbe") fare è darsi una sorta di limite per fare un check della situazione.

    Si sono d'accordo, io però con la mia psicologa non ho mai parlato di obbiettivi, ma io parlo per me ovviamente.

  • Tuttavia in un altro post hai scritto che una terapia efficace non dovrebbe durare più di un anno o due, salvo rari casi. Quindi alla fine i tempi non sarebbero così indeterminati.

    Si, certo.

    Dipende dal tipo di problema che il paziente ha e che viene rilevato dal terapista (quindi non da ciò che il paziente dichiara).


    Una volta chiaro il quadro della situazione il terapista può dire quanto potrebbe durare la terapia.


    Per i casi di attacchi di panico di solito la cura è breve (quache mese), ma va ripresa a distanza di tempo per "chiuderla". Per la depressione può servire più di un anno, a seconda della gravità. Per i problemi di autostima un anno potrebbe anche essere troppo, etc.


    Le "terapie infinite" valgono solo per i casi gravi a cui facevo cenno in parte in un post precedente (schizofrenia, borderline, bipolare, etc.)

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Messa così, ne viene un quadro già più chiaro e di conseguenza affrontabile con una migliore disposizione.

    Peccato che nella mia personale esperienza (un percorso di quasi due anni; uno di circa otto mesi; altri più brevi) le cose siano andate diversamente. Quelli con un approccio più pratico (es. breve strategico) consideravano come problemi quelli che portavo io e si ragionava strettamente su quelli, ma sempre a breve termine e senza proiezioni future in merito alla durata. Gli altri con un approccio più introspettivo (es. schema therapy) si guardavano bene dal fare diagnosi e dunque restava poco chiaro quale fosse il problema, o comunque il problema non assumeva nomi di disturbi "ufficiali" ma restava in forme del tipo "un genitore interiore ipercritico da sostituire con uno più funzionale e sano".

    Nasci, studi, e vai a lavorare, per comprare quello che non hai, e così ti scordi che sei vivo.

  • Messa così, ne viene un quadro già più chiaro e di conseguenza affrontabile con una migliore disposizione.

    Peccato che nella mia personale esperienza (un percorso di quasi due anni; uno di circa otto mesi; altri più brevi) le cose siano andate diversamente. Quelli con un approccio più pratico (es. breve strategico) consideravano come problemi quelli che portavo io e si ragionava strettamente su quelli, ma sempre a breve termine e senza proiezioni future in merito alla durata. Gli altri con un approccio più introspettivo (es. schema therapy) si guardavano bene dal fare diagnosi e dunque restava poco chiaro quale fosse il problema, o comunque il problema non assumeva nomi di disturbi "ufficiali" ma restava in forme del tipo "un genitore interiore ipercritico da sostituire con uno più funzionale e sano".

    Non conosco il quadro della situazione. Posso solo dirti che fino a un minuto prima della terapia siamo tutti uguali: narcisisti, distimici, ansiosi, etc. Poi quando inizia la terapia vera e propria ogni storia va per conto suo.


    Anche la catalogazione dei disturbi è un grafico che viene rappresentato in modo bi o tri-dimensionale con dei quadrati che occupano uno spazio ben definito, ma è solo una convenzione. Quando poi uno "apre la testa" del paziente e ci guarda dentro di solito i problemi sono in forma "gassosa" e si sovrappongono, alternano, mischiano.


    Il fatto di non fare la diagnosi di solito è dovuto al non voler farla sapere al paziente, poiché è dimostrato che dare una chiara connotazione al problema dal punto di vista del Paziente genera enormi resistenze alla terapia.

    Succede per svariati motivi, primo tra tutti il fatto che solitamente il paziente non accetta la diagnosi, specie se "grave" come quella borderline e la prima reazione è la fuga verso altri pareri o l'arroccarsi nel recitare una parte quando si è in terapia.


    La maggior parte delle volte che manca la diagnosi questa in realtà è solo non comunicata al paziente, o almeno così dovrebbe essere.


    Poi come avrai letto nei primi commenti a questa discussione: io sono il primo iper-critico verso l'ambiente delle psicoterapie, perché dopo l'avvento del post-modernismo è diventata una barzelletta. Non esistendo più un "reale", ma solo un "percepito": il rischio è che si dia ragione a tutti, arrivando a giustificare l'ingiustificabile.


    Ci sono ancora i terapeuti che sanno fare bene il loro lavoro. Li riconoscete dal fatto che la loro terapia è fastidiosa e genera insofferenza.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Poi come avrai letto nei primi commenti a questa discussione: io sono il primo iper-critico verso l'ambiente delle psicoterapie, perché dopo l'avvento del post-modernismo è diventata una barzelletta. Non esistendo più un "reale", ma solo un "percepito": il rischio è che si dia ragione a tutti, arrivando a giustificare l'ingiustificabile.

    Cioè? Del tipo che se uno si lamenta che una persona non vede una differenza oggettiva tra due cose o situazioni, gli viene risposto che ognuno percepisce la realtà a modo suo?

    Diventa una sorta di relativismo dove tutto è in un certo senso giustificato (e magari esce fuori che da questo punto di vista il problema sei tu che non accetti che un altro veda la realtà in un altro modo, e non che l'altro non vede la differenza tra cose oggettivamente - REALmente - diverse).

  • Cioè? Del tipo che se uno si lamenta che una persona non vede una differenza oggettiva tra due cose o situazioni, gli viene risposto che ognuno percepisce la realtà a modo suo?

    Diventa una sorta di relativismo dove tutto è in un certo senso giustificato (e magari esce fuori che da questo punto di vista il problema sei tu che non accetti che un altro veda la realtà in un altro modo, e non che l'altro non vede la differenza tra cose oggettivamente - REALmente - diverse).

    Più o meno Sì.


    La cura psicoterapica non è solo una pseudoscienza. Buona parte della terapia e soprattutto della diagnosi si basano su vere e proprie scienze. Si tratta di schemi ripetitivi tutti uguali, ma veramente uguali.


    La cura in parte (in passato e per alcuni terapeuti coraggiosi del presente) si è sempre basata su questa componente scientifica. Il lavoro del terapeuta era quello di adattare la soluzione al Paziente, spiegandogliela nel modo in cui potesse capirla. Poi è il paziente stesso che con maggiore coscienza corregge il problema.


    Con l'avvento dell'iper-relativismo le terapie sono state depotenziate in virtù del diritto di ognuno di noi di costruirsi la sua realtà con la sua scala di valori, in barba anche alle più elementari regole naturali di rispetto del prossimo.


    Per fare esempi diretti, realistici e abbastanza banali: un tempo il tradimento veniva considerata "una azione sbagliata" perché c'è sempre modo di evitarla e di base si tratta di una scelta. Oggi da manuale bisogna dire che si tratta di una azione "inopportuna", che significa tutto e niente e se proprio vogliamo indagare sulla natura del termine "inopportuno" è anche sbagliato, poiché si riferisce a qualcosa che ci crea danno.


    In realtà il tradimento può essere "opportuno" per chi lo compie, pur restando una scelta "sbagliata" poiché irrispettosa del partner. Punto.

    Però questo in terapia sono pochi a sostenerlo.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Con l'avvento dell'iper-relativismo le terapie sono state depotenziate in virtù del diritto di ognuno di noi di costruirsi la sua realtà con la sua scala di valori, in barba anche alle più elementari regole naturali di rispetto del prossimo.

    Non ho capito una cosa, questo iper-relativismo è un qualcosa da cui gli psicoterapeuti sono influenzati (nel senso che anche loro sono soggetti alle influenze e alle "ideologie" del presente) o è un qualcosa diventato proprio "da manuale"?


    Nel secondo caso, mi chiedo anch'io se una terapia psicologica non faccia più danni che altro (uno deve andare da un professionista per sentirsi dire che ognuno può fare il c∙∙∙o che gli pare e vedere la realtà come vuole?)

  • Non ho capito una cosa, questo iper-relativismo è un qualcosa da cui gli psicoterapeuti sono influenzati (nel senso che anche loro sono soggetti alle influenze e alle "ideologie" del presente) o è un qualcosa diventato proprio "da manuale"?

    La fonte non ha nulla a che vedere col "manuale", anzi: i più resistenti hanno opposto resistenza e continuano a farlo, perché questa influenza sul modo di fare terapia è deleteria.


    L'influenza arriva dall'esterno e ha a che fare con il postmodernismo che è una "cosa" nata da varie cause, tra cui il troppo benessere e che attraversa tutta la società umana.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

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