Disgusto costante nell'andare a lavorare

  • Facendo del banale populismo se si parla con i sessantenni di oggi, ti diranno che "ieri" l'operaio della Fonderia per quanto tornava a casa sfinito dal lavoro, grazie a tutto questo aveva la sua dignità e poteva sfamare la sua famiglia. Concludendo, oggi rispetto a ieri questo non avviene quasi più.

    Ecco io su quello che scrivi non sono assolutamente d'accordo.

    Oggi nessuno vuole "lavorare per sfamare la famiglia"; tutti vogliono molto, molto di più. Sono cambiate proprio le aspettative, e il lavoro non è in grado di soddisfarle. Nessun ragazzo è disponibile a lavorare tutta la vita facendo turni pesanti solo per avere di che mangiare, vai a dire a un ventenne che non potrà mai andare in vacanza, avere una macchina, mangiare fuori la domenica. Un tempo era pieno di gente così, pieno proprio! E non gli pesava eh; anzi se ci parli ti diranno che hanno avuto una vita felice. Diciamo le cose come stanno: quello che vogliamo oggi è molto, molto di più di quello a cui si aspirava 50 anni fa. Il che, lasciami dire: va bene, quando si può. Ma quando non si può? Quando non ci si arriva? Allora bisogna a mio parere rivedere anche le proprie aspettative, ridimensionarle in base a ciò che è possibile, invece di fare paragoni che non hanno molto senso tra passato e presente. I nonni di molti di quelli che rimpiangono il passato faticavano a mettere insieme pranzo e cena.

  • bruce0wayne mi pare davvero molto fantasioso e robespierriano il tuo parere sull'argomento. Per quanto possa condividerne alcuni assunti, la necessità di un equo salario, il fatto incontrovertibile che una grande ricchezza male amministrata sia destinata allo sperpero, in generale non trovo alcun riscontro con la realtà dei grandi numeri; mediamente chi è più ricco accede alla vita e in particolare alla formazione in modo privilegiato e sono casi isolati quelli che davvero non sono in grado di tenersi almeno la loro fortuna, quando non anche di farla crescere. Per i più secondo me la via giusta è quella di adeguarsi alla realtà cercando di fare il meglio possibile, senza coltivare aspettative irrealistiche. Ai giovani direi più cultura, più libri, e meno social, meno TV, meno messaggi fuorvianti, meno confronti.

  • Ecco io su quello che scrivi non sono assolutamente d'accordo.

    Oggi nessuno vuole "lavorare per sfamare la famiglia"; tutti vogliono molto, molto di più. Sono cambiate proprio le aspettative, e il lavoro non è in grado di soddisfarle.

    Ma anche volendo non ce la farebbe.


    Quella del "tutti vogliono di più" è una scusa mal riposta, poiché i patrimoni dei più ricchi si sono allargati, mentre il reddito della popolazione "normale" si è abbassato ben al di sotto la soglia dello sfamare la famiglia. E in questo non ci sono pareri o modi di vedere sono numeri.

    https://www.trend-online.com/l…e/lavoro-giovani-poverta/


    bruce0wayne mi pare davvero molto fantasioso e robespierriano il tuo parere sull'argomento. Per quanto possa condividerne alcuni assunti, la necessità di un equo salario, il fatto incontrovertibile che una grande ricchezza male amministrata sia destinata allo sperpero, in generale non trovo alcun riscontro con la realtà dei grandi numeri; mediamente chi è più ricco accede alla vita e in particolare alla formazione in modo privilegiato e sono casi isolati quelli che davvero non sono in grado di tenersi almeno la loro fortuna, quando non anche di farla crescere. Per i più secondo me la via giusta è quella di adeguarsi alla realtà cercando di fare il meglio possibile, senza coltivare aspettative irrealistiche.

    Non è un parere: è pura logica. Nessuno status è per sempre ed essendo le risorse non infinite: è necessario che vi sia un naturale scambio tra la popolazione del mondo. Il termine di questo scambio non deve essere la casta, ma il merito, la compassione, il progresso, etc.


    I casi di abbienti che scadono in povertà sono tutt'altro che rari; ed è un bene che sia così. Nascere in una culla fortunata non deve essere sinonimo di garanzia a vita. Non c'è alcun merito nel nascere in una culla "fortunata". E' già abbastanza il vantaggio che si ha: poi va gestito.


    Adeguarsi alla realtà è un mantra che le persone che stanno (troppo) bene vorrebbero inculcare nella testa di chi sta male. Più i poveri restano tali e meno io abbiente rischio di diventare povero.


    La mia grande fortuna è di aver visto entrambe le facce della medaglia e so bene che questi pensieri di fomfort sull'inamovibilità dello status-quo sono solo illusioni ed è un bene che sia così.


    La calcificazione dello status-quo italiano e delle classi sociali ha già spinto l'UE a normative tipo il salario minimo (che giocoforza arriverà), le tasse sui soldi non investiti, l'obbligo di dichiarare a monte i compensi dei lavoratori e tanto altro.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • I numeri...non dicono nulla, bisogna sempre vedere chi li commissiona, come e perché, e chi li usa per dire cosa.

    A me non dicono nulla e il tuo è un parere come quello di tutti e come il mio, che appunto è diverso. Per me è sempre premiante conoscere la realtà e adeguarvisi, anche fosse solo davvero per migliorare. La mia esperienza è opposta alla tua perché onestamente di persone che da povere sono diventate ricche o da ricche povere non ne ho mai viste in vita mia. Ho conosciuto "da lontano" degli "arricchiti", persone da evitare per quanto mi riguarda. E finora non ho avuto smentite dalla vita, quindi resto fortemente della mia idea.

  • I numeri...non dicono nulla, bisogna sempre vedere chi li commissiona, come e perché, e chi li usa per dire cosa

    Dicono tutto, poiché sono stati commissionati da un parco estremamente eterogeneo di enti privati e statali. Li hanno commissionati proprio perché c'è questo malessere (anche quello di cui parliamo qui) e perché le economie più colpite da questa corruzione (ovvero il blocco della scala sociale) sono a un passo dal fallimento, con blocchi persino nella sanità pubblica.


    Li usano per dire ai governi che se non si fanno gli opportuni cambiamenti, penalizzando quindi il mantenimento corrotto dello status-quo: si finisce come nel Sud America, dove i ricchi sono asserragliati in fortezze e non possono uscire senza la scorta, mentre la popolazione vive allo sbando e immersa nel degrado.


    Questa cosa di "accettare i numeri" solo se ci piacciono "non funziona".

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Questa cosa di "accettare i numeri" solo se ci piacciono "non funziona".

    Non si tratta di piacere, si tratta di usarli a sproposito. Mia opinione, si fa un gran parlare di numeri ma la realtà è un'altra cosa. I numeri hanno senso in contesti specifici e con le dovute premesse e assunzioni, così non significano nulla per me. In questo contesto poi ..è fuori da ogni dubbio che oggi c'è una grandissima propensione all'acquisto (indotta da anni di bombardamento mediatico) che falsa il concetto stesso di povertà e ricchezza. Chi non sta al passo addirittura pensa che non valga la pena lavorare...è un concetto diffusissimo tra i ragazzini (confermato da tutte le mie amiche insegnanti). Addirittura c'è chi dice al professore "se devo studiare tanto e diventare come te che giri con l'utilitaria, che studio a fare?". Impensabili simili ragionamenti 50 anni fa. Per me il tema è complesso e da affrontare su vari fronti ma un buon punto è fare un passo indietro sulle aspettative, e capire che vivere e lavorare non significa affatto arricchirsi e comprarsi auto costose. Io resto della mia opinione che un po' di umiltà, meno consumi, più studio, più valori, farebbero un gran bene a tutti; poi se si riesce anche a raggiungere un elevato tenore di vita benissimo, ma non è e non può essere a mio parere il driver. E soprattutto, in questa discussione, è decisamente ot.

  • Non si tratta di piacere, si tratta di usarli a sproposito. Mia opinione, si fa un gran parlare di numeri ma la realtà è un'altra cosa. I numeri hanno senso in contesti specifici e con le dovute premesse e assunzioni, così non significano nulla per me. In questo contesto poi ..è fuori da ogni dubbio che oggi c'è una grandissima propensione all'acquisto (indotta da anni di bombardamento mediatico) che falsa il concetto stesso di povertà e ricchezza.

    Lascia perdere i numeri se non ti piacciono.
    Sappiamo per certo che la situazione lavorativa italiana è tragica per via del basso potere d'acquisto, degli stipendi sempre più bassi, dell'ambiente di lavoro tossico. In questo contesto come ci fai stare il "modesto miglioramento delle condizioni di vita" per chi si ammazza letteralmente di lavoro?


    Non ha senso. Punto.

    E se non ha senso: non si fa. E se non si fa si finisce come stiamo finendo nel nostro Paese: in fallimento. E quando la società crolla dal punto di vista economico è male per tutti, anche per quelli che inizialmente ci guadagnano o non percepiscono il problema.


    La storia del bombardamento mediatico è una scusa ed è valida solo per i ragazzini.


    Senza numeri: in molti settori lavorare non paga più abbastanza nemmeno per sopravvivere.


    Chi non sta al passo addirittura pensa che non valga la pena lavorare...è un concetto diffusissimo tra i ragazzini (confermato da tutte le mie amiche insegnanti). Addirittura c'è chi dice al professore "se devo studiare tanto e diventare come te che giri con l'utilitaria, che studio a fare?". Impensabili simili ragionamenti 50 anni fa.

    50 anni fa con 3 stipendi da insegnante compravi l'automobile.


    Per me il tema è complesso e da affrontare su vari fronti

    E' complesso solo se si vogliono trovare scappatoie per non vedere l'ovvio.


    Io resto della mia opinione che un po' di umiltà, meno consumi, più studio, più valori, farebbero un gran bene a tutti;

    Tu saresti disposta a vivere con un potere di acquisto di 1.300 euro al mese, sacrificando, svendendo e liberandoti di tutto quello che ti costa di più mantenere?

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • in molti settori lavorare non paga più abbastanza nemmeno per sopravvivere.

    Infatti sono la prima a dire che lo stipendio base vada aumentato e anche che il gap tra i livelli aziendali debba essere ridotto.


    50 anni fa con 3 stipendi da insegnante compravi l'automobile.

    Si, infatti bisogna vedere "quale automobile". E per come la vedo io l'automobile è il primo tra i beni di cui valutare la necessità effettiva.


    E' complesso solo se si vogliono trovare scappatoie per non vedere l'ovvio.

    No, è complesso e basta e non c'è una opinione giusta e altre da cancellare a priori; per come la vedo io sono proprio sbagliati gli assunti di base.


    Tu saresti disposta a vivere con un potere di acquisto di 1.300 euro al mese, sacrificando, svendendo e liberandoti di tutto quello che ti costa di più mantenere?

    Se non avessi scelta per forza; ognuno di noi ha il dovere a mio parere di fare il meglio per se stesso, in base alle proprie possibilità, ma questo non significa che si deve avere in mente come modello di vita uno standard che non si può raggiungere. Io penso che la nostra società non sia sostenibile così come è e che gli standard reclamizzati dai media siano irraggiungibili per i più; questo crea un gap enorme tra aspettative e realtà. Io per prima cosa ridurrei il gap abbassando lo standard, poi se contemporaneamente si migliorasse la realtà lavorativa garantendo un minimo salariale migliore e un accesso al lavoro più rapido si avrebbe una società migliore, più a misura di persona piuttosto che di consumatore.

  • ipposam il discorso dell'automobile credo che è per rafforzare il concetto che il potere di acquisto delle retribuzioni è crollato, anche qui non c'è molto da discutere non è opinabile come fatto, oggi una macchina cosiddetta "utilitaria" parte da 10/12 mila euro (mi tengo basso), prima non era così.


    La mia opinione è che in merito al gap e la situazione sociale media non è più reversibile, occorre uno shock di tipo economico.

    Si è scritto di lavorare a 1300€, c'è chi ne prende anche meno e lavora 40 ore a settimana e ti diranno che non hanno scelta. O questo o niente.


    Chiedo a tutti, ci rendiamo conto dell'umiliazione di recarsi al lavoro su queste realtà (sempre in aumento) che peso può avere nella quotidianità? Nei rapporti di coppia?? Il benessere nella società per alcune classi si è perso, secondo me non c'è più speranza, io nel mio piccolo mi sono fatto delle armi da difesa se così si possono chiamare, mi sono imposto un limite anche temporale, mi sono dato un tempo di tre/quattro anni poi vediamo.

  • è fuori da ogni dubbio che oggi c'è una grandissima propensione all'acquisto (indotta da anni di bombardamento mediatico) che falsa il concetto stesso di povertà e ricchezza. Chi non sta al passo addirittura pensa che non valga la pena lavorare...è un concetto diffusissimo tra i ragazzini (confermato da tutte le mie amiche insegnanti). Addirittura c'è chi dice al professore "se devo studiare tanto e diventare come te che giri con l'utilitaria, che studio a fare?".

    Io penso che la nostra società non sia sostenibile così come è e che gli standard reclamizzati dai media siano irraggiungibili per i più

    Ma va! :/

    Impensabili simili ragionamenti 50 anni fa.

    Di nuovo: "ma va!"


    Lo so questa roba qui in questo contesto è totalmente OT, ma non posso esimermi dal dire: "avete voluto la bicicletta...ora pedalate!" ergo "avete voluto l'americanizzazione _oppure non l'avete voluta contrastare_ ...ora pedalate!"


    Questo è...è inutile girarci intorno.

    Ci si è sguazzati con l'americanizzazione? In pratica si è abbracciato in toto il neo-liberismo?

    Ora si raccolgono i frutti: giovani pretenziosi, determinati lavori che nessuno vuole fare perchè da sfigati, tutti vogliono vivere in prima classe, l'idea di sacrificio che è venuta meno, ecc ecc.

    Quindi ora è inutile piangere lacrime di coccodrillo...


    PS. è un discorso generale non ad personam, perchè lo sento spesso che i giovani non vogliono fare sacrifici, vogliono tutto e subito...ecc, ora ha anche un po' stufato.

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