Per quanto i sessantottini postulassero il "libero sesso" ne facevano meno di quello che si crede, semplicemente perché c'era il condizionamento educativo ricevuto (quello che vedevano in famiglia) che, comunque, frenava le loro eruzioni ormonali. A quel tempo, si pensava alla libertà come conquista per tutti, c'era molto meno individualismo.
Me ne sono convinto vedendo la disinvoltura con la quale oggi i giovani si preparano ad andare ad incontrare i coetanei con l'idea di entrare in condizione di "sballo" (a partire dai troppi aperitivi per finire con le canne o le droghe sintetiche) per scimmiottare la condizione di passione, nella quale il sesso acquisisce maggiore intensità.
In parole povere... molto povere: le ragazze (alcune ma non pochissime)mentre cercano l'amore la danno a destra e a manca
perché il sesso è vissuto quasi come un'attività fisica scontata tra i sessi.
Tutti rilievi pressochè incontestabili.
A me ha colpito molto la frase di Pivaldo che ho messo in neretto. E di cui trovo piena conferma nei giovani con cui tratto.
Però non credete che questo sia molto collegabile al mio interrogativo sopra <poi e comunque e prima...resta anche a me l'interrogativo "quale amore" , in ambito passionale?>
Io tendo ad invertire i termini del rapporto di causa-effetto. Circoscrivendo questo rapporto al solo tema sesso-amore (perchè secondo me vale anche per la totalità delle prospettive di vita globali), mi chiedo : è lo sballo che atrofizza le "pulsioni vere" o, invece, è tale la disillusione verso le "pulsioni vere" che...effettivamente...senza sballi non se ne proverebbe nessuna?
Portato su livelli macro e al raffronto tra generazioni : non viene il dubbio che siano state le generazioni precedenti a chiamare amore (passionale) quelle pulsioni sessuali che comunque in qualche misura restavano socialmente compresse, e perciò abbinando ad esse plusvalori da retaggi tradizionali e radicati, e che le ultime generazioni, proprio per il disincanto conquistato sul campo anche attraverso una promiscuità sessuale senza precedenti...risultino (anche intelligentemente) disabilitate a vagheggiare di amore passionale causa libero sdoganamento di quell'istinto sex che i loro avi chiamavano amore ?
Io ho particolarmente presente e vicina la classe dai 20 ai 30 anni attuali.
Completamente trasversale alle classi sociali di provenienza, al grado di istruzione, alla disponibilità economica, e anche al QI...noto questo:
- sono tutti rassegnati all'idea che (già causa inquinamento) non arriveranno a 50 anni;
- come noto...sono in tantissimi a sapere che potrebbero superare i 35 senza aver trovato un lavoro che li renda seriamente autonomi;
- una cronaca che è involontariamente (?) terroristica parla solo di eventi nefasti e umana crudeltà;
- non hanno avuto nessun esempio credibile di amore passionale che abbia conservato senso per una vita intera (a parte l'oceano di separazioni e divorzi...non credo possa dirsi che la maggior parte delle unioni genitoriali che reggono all'ufficio di stato civile appaia luminoso ed invidiabile);
- nel frattempo il sesso è totalmente fruibile, e certo...come sesso e basta, ossia scisso da aspettative e progetti, resta qualcosa che senza sballo viene a noia già a 22 anni...
Quanto spazio resta a loro, mi chiedo, per quella progettualità sognante che è stata falcidiata dalla somma dei fattori appena accennati?
E siamo proprio sicuri di avere la ricetta del dover essere, migliore della loro ?
Io dialogo spesso e apertamente con mio figlio e con i suoi amici.
Mi ansia anche un bel po' (per i MIEI schemi) vederli totalmente disillusi sul fronte "amore", e anche senza dar segno di soffrirne (loro).
Faccio esercizi dialettici (da divorziata) per trasmettergli un concetto in cui credo fermamente, e cioè che vivere amore-coppia-progetto resta essenziale nella vita anche quando l'amore finisce.
Ma...non attacca... e in polifonia ti rispondono "ma quale amore di coppia? ne conosci almeno uno che abbia avuto un senso VERO per una vita? E allora...di che parliamo?".
Azzerata io, che in realtà non ho argomenti per contrastare questa osservazione tanto banale quanto vera.
Ecco : loro si illudono meno di quanto abbiano fatto molti di noi.
Non è che non credano all'amore , sia chiaro : tutti o quasi confidano nell'amore genitoriale e in quello tra fratelli.
Ma non credono neanche un po' nell'amore passionale, e non per questo si disperano, perchè è nei rapporti amicali collaudati che trovano la loro base/riferimento affettivo extra-famiglia, mentre di sesso ne resta per tutti i gusti e a tutte le ore in offerta 3x2... e ...non sono mica convinta che siano più fessi di quanto siamo stati noi...
P.S. anche per sorridere riflettendo : io ricordo che i pochissimi di separazioni e divorzi tra i coetanei dei miei genitori erano tassativamente partecipati al prossimo con la frase "eh sì...desidero rifarmi UNA VITA...".
Nella mia generazione e nell'oceano di separati e divorziati...questa frase era sparita, sostituita da un molto meno assoluto "eh sì...non andava, e meglio per entrambi averlo capito e darsi più liete possibilità..."
Adesso non si sposano proprio, al massimo convivono, e tutto si resetta molto più facilmente con un "ah sì...non stiamo più insieme."
Non mi sembra una sciocchezza. Nel suo micro dà la misura di quanto la coppia (= amore passionale canalizzato in un progetto) sia anche molto velocemente degradato dal livello di "progetto di una vita" a "esperienza della vita, fra tante possibili e neanche necessarie".