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grazie per la vostra sicura collaborazione
ramon per lo staff...

Che effetto fanno gli antidepressivi?
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Ciao a tutti ho letto i vostri post relativi all'assunzione dei farmaci e alla depressione e nel mio piccolo vorrei poter dare la mia esperienza. Torno indietro nel tempo brevemente per condividere con l'utente di 19 anni la mia esperienza personale di quando avevo la sua età, oggi ne ho trentacinque. La fase peggiore della mia vita l'ho vissuta proprio a diciannove anni e dico peggiore perché avevo l'ansia che mi devastava, paure costanti, incapacità di affrontare la mia vita, senso di inadeguatezza, problemi alimentari e cosa peggiore: NON AVEVO LA MINIMA IDEA DEL PERCHE'. Venivo da una famiglia "normale", figlia unica, avevo tutto ciò che si potesse desiderare ma, a diciannove anni non mi alzavo più dal letto. Frequentavo l'università ed ero terrorizzata dal momento della prova, dal momento cioè degli esami. Questo terrore durava sempre e si trasformava in mancanza totale di interesse per lo studio. Quando poi mi mettevo a studiare oltre a provare disinteresse mi assaliva il panico e rinunciavo. Fino a quando, incapace di gestire la mia vita o essendo divenuta la mia vita ingestibile, non mi decisi a cercare aiuto. All'epoca non avevo soldi e i miei si rifiutavano di vedere il mio problema, mi giudicavano, cercavano di "spronarmi" ottenendo ovviamente il risultato opposto ma dinanzi alla mi richiesta di cominciare una psicoterapia ricevetti un sonoro "no", o meglio un "costa troppo", quando ciò era solo una scusa per non affrontare il problema. Così cominciai a vedere uno psicologo presso l'Asl una volta ogni due settimane, ma stavo troppo male per vedere dei risultati immediati, sino a che non trovai diversi gruppi di autoaiuto in cui finalmente trovai un po' di sostegno e serenità e questo semplicemente in virtù del fatto che non mi sentivo più un extraterrestre, finalmente sapevo che c'era gente come me.
Passarono gli anni, molta psicoterapia che mi fece comprendere che all'epoca studiavo SOLO per dimostrare qualcosa ai miei genitori e che questo mi toglieva persino l'amore che io ho sempre avuto e più avanti recuperai per lo studio. Nel corso degli anni ho vissuto altri periodi difficili con tendenza alla depressione ma li ho sempre superati. Un anno e un mezzo fa invece, dovetti rientrare in Italia dopo otto anni all'estero e mi sono ritrovata nuovamente in una città (la mia) che non amo, a riprendere una vita da cui mi ero allontanata felicemente, a riaffrontare passato e presente, con un futuro molto incerto. Mi sono ritrovata con una confusione enorme, paura del futuro, senso di vuoto e inutilità, sensi di colpa e molte altre emozioni che mi hanno fatto spronfondare in una grossa depressione. Ho finito per non avere più interesse per nulla, mi è tornata la spossatezza cronica, fatica a fare qualsiasi cosa, desiderio di restare a letto tutto il giorno e desiderio di tornarci appena possibile, insonnia, apatica sessuale, insomma sono tornata a non poter gestire le mie giornate. Così dopo più di anno la mia psicologa mi ha consigliato di prendere il cipralex. Io non ho mai preso nulla e sono sempre stata contraria ai farmaci ma oggi come oggi ho un bimbo di sei anni e un marito e per quanto possa essere compresa, è difficile per tutti accettare quel che sto vivendo e soprattutto il manifestarsi delle cause, ovvero questa depressione che coinvolge tutti e che non mi consente di "funzionare". Io per prima non la sopportavo più e sappiamo che se non lo accettiamo noi, figuriamoci gli altri. Così da tre settimane prendo il cipralex. A parte desiderio di far pipì e fame la mattina presto della prima settimana, non ho avuto altri sintomi. A tre settimane dal trattamento non so dire come mi sento. Il sonno mi si è sicuramente regolarizzato nel senso che solo saltuariamente non riesco a dormire la notte, per il resto forse vedo che le cose mi scivolano un po' di più di prima ma non posso dire di star bene. Sto meno peggio di prima, ho più desiderio di reagire, quello si. Vedremo poi in futuro.
Non demonizzo chi fa uso dei farmaci soprattutto in casi come il mio, quando la vita si ferma, si continua con la psicoterapia ma niente di ridà il sorriso e la voglia di vivere. Ti chiudi in casa e fai il minimo indispensabile, a volte nemmeno quello. Non giudico chi non ce la fa proprio pur tentando e ritentando, pur provando a star meglio e alla fine cede e prova il farmaco. Nemmeno giudico chi non vuole farne uso. "Vivi e lascia vivere" non esiste una cosa o soluzione corretta, esiste quella che sentiamo corretta per noi in un dato momento.
Stare bene dipende sicuramente dalla nostra volontà e desiderio di superare la difficoltà in cui ci troviamo, ma a volte non è proprio sufficiente.
Grazie a tutti,
Kalizi
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