rifiuto del lavoro, aiutatemi per favore!!

Io me ne sono andato dall'ultimo lavoro perché non riuscivo più a sostenerlo. Se sto a casa mi annoio e non riesco a mantenermi, se lavoro sclero, mi torna la paranoia e l'urgenza maledetta di andarmene. Magari agisse solo la logica del guadagno, qui c'è qualcosa di diverso. Avresti bisogno che a dirtelo fosse anche un terapeuta altrimenti capisco che ci si senta lasciati a se stessi.

Meglio così. Almeno questi posti di lavoro andranno probabilmente a chi ne avrà realmente necessità e li potrà apprezzare anche se sono "niente di che".
Quel "niente di che" che magari evita di farti mantenere al 100% da qualcun altro, per esempio.
"Annoio", "Sclero", "Al primo giorno me ne sono andato", "Palloso"..., ma la vita è farsi il mazzo, mica star sul letto a pensare alle rette parallele che non si incontrano mai.
Auguratevi solo che i genitori siano eterni.

io non credo che uno psicoterapeuta possa farci venire voglia di lavorare , io penso che lavorando in proprio avevi piu soddisfazioni , in fondo gestivi tu al meglio la tua giornata , a volte alcune persone non sanno stare a delle regole , ma questo accade per indole , non perchè si è malati e bisogna rivolgersi allo specialista , per tutto il resto la penso come Man the mith , la vita è farsi il mazzo in proprio o alle dipendenze , le favole sono finite , il bel tempo che fu anche , cè solo questo presente e bisogna rimboccarsi le maniche senza lamentarsi e ricorrere come per magia a qualcuno che ci faccia cambiare con la bacchetta magica ....

purtroppo fa parte del crimine più grande dell'ultimo secolo, quello di far pensare ai lavoratori che il lavoro, ormai vicino al modello schiavile, sia "il bene più prezioso", a qualunque costo, a qualunque condizione.
Questo le persone "normali", intese senza problemi psicologiche e psichiatriche, riescono ancora ad accettarlo, per svariati motivi. Chi invece già ha problemi personali, non può far altro che indignarsi nel vedere come i "padroni", quelli che, portati via i risparmi accumulati in decenni da genitori, nonni, o dagli stessi lavoratori, ormai puntano al lavoro, l'unico bene ancora rimasto alle classi popolari, e lavoro da pagare poco e da rendere tanto (a loro) beninteso.
Ma chi ha disagi psicologici sono pochi, alla fine, gli altri sono tanti, e la vita non è farsi il mazzo, se così fosse tanto varrebbe non nascere o suicidarsi, la vita è scoperta, esplorazione, del mondo e di se, è studio e consocenza, è cercare di raggiungre la felicità, o almeno suoi attimi, non lavorare sodo e produrre per un padroncino o per una società che si informa al leviatano dei nostri tempi, il Mercato. E' questa la vita che vogliamo per noi stessi e per gli uomini che verranno? La ricerca della felicità o il lavorare e soffrire per la produttività, per il mercato, per il pil?

at vox clamantis in deserto.

matteo16 ti faccio una domanda semplice: senza le entrate monetarie di un lavoro, come sarebbe la tua vita?