Ho letto e riletto questi post. L'argomento portato alla luce mi sta davvero a cuore all'interno delle dinamiche di relazione che si sviluppano con le altre persone.
Riconoscerle per evitarle, in questo caso.
La tua amica psicologa di cui parli mi sembra abbia una visione alquanto "magnificata" di sé stessa, spostando in maniera sbilanciata la visione e la percezione della realtà (l'insieme di soggetti e oggetti che fanno parte dell'ambiente in cui si muove e agisce e le relazioni che intesse con essi) verso sé stessa, in modo quasi egomaniaco.
Una persona del genere, che ha sicuramente dei problemi di cui nemmeno si rende conto, può fare molti danni, soprattutto ad una persona emotivamente fragile o molto sensibile. Il tutto aggiungerei se si è anche emotivamente legati, se ci si è fidati / affidati ad una persona del genere... non so tu, ma io tendo molto a sospendere il giudizio quando si tratta dei miei amici (cosa che voglio non correggere ma proprio sradicare perchè finora è stata molto dannosa per esperienze simili a quella che hai raccontato) e questo non va bene perchè quando poi prima o poi si aprono gli occhi su queste persone la ferita diventa quasi insanabile.
Gli occhi si aprono a forza di "terapia d'urto", sentendosi male con sè stessi sempre con più frequenza dopo un confronto o una conversazione con loro, sentendosi sbagliati, in difetto...
La figura non risolta potrebbe essere data in realtà da qualcosa che ha più a che fare con il tuo rapporto con te stessa che con ciò che è successo con lei?
Rabbia con te stessa per esserti fidata di lei? Per non averla riconosciuta prima per ciò che è? Qualcosa che non ti perdoni relativamente a quella situazione/ persona...?
Per il discorso sulla competizione ti posso capire. l'unica forma di competizione che ho realmente sperimentato è quella con me stessa, non sempre poi.
Teorizzando: che gli altri vedano il tuo atteggiamento come un atto di superiorità? non dico ovviamente che tu agisci così con questo spirito: tu fai semplicemente quello che a te viene naturale è che è in linea con il tuo modo di essere e pensare. Ma agli altri sembra inconcepibile: non avere ambizioni? Non voler fare carriera? Assurdo, imponderabile. Per cui la risposta che loro si danno è che tu ti senti così superiore da non "sporcarti" nella mischia con loro. Non tutte le persone, ovviamente, sono così sciocche e terra-terra, ma quelle che ti rompono le scatole con discorsi di ambizione e competizione c'è possibilità che abbiano dato questa interpretazione ai perchè e ai per come. Che tra l'altro, per dirla tutta, non sono nemmeno fatti loro...
Ti ho lanciato lì questa teoria perchè a me è successo, quando, in passato, ci sono stati brevi momenti in cui avrei voluto lanciarmi in qualche "competizione" ma non l'ho fatto, preferendo gareggiare solo con me stessa per insicurezza, perchè pensavo di aver già perso in partenza...insomma per tutta una serie di motivi che sono ben lontani dal sentirsi superiori!
Che ne pensi?
Messaggi di Amelia2014
-
-
Se posso aggiungere un'ultima cosa credo di condividere molto il pensiero di maya. Essere positivi e solidali per primi, senza aspettarsi nulla, sempre nel limite delle proprie capacità e dello stato in cui ognuno si torva ad affrontare la vita. Questo significa non immolarsi sull'altare del martirio solidale pur di essere sempre e comunque di sostegno agli altri, pensare prima la proprio benessere, in senso prioritario e poi dare solidarietà all'altro, avere una buona misura ed essere la persona di cui vorremmo fosse il pieno il mondo. Prima o poi, qualcuno di diverso si incontra. Ma la soddisfazione non viene dall'aver finalmente incontrato qualcuno di solidale ma nell'essere riusciti ad esserlo disinteressatamente senza farsi toccare dall'atteggiamento negativo e approfittatore di quegli "alcuni" che oggi rappresentano la maggior parte della popolazione. Quando riuscirò a raggiungere questo equilibrio, non so voi, ma credo che potrò dirmi abbastanza soddisfatta del modo in cui riesco ad affrontare la vita e il mio rapporto con gli altri.
Tornando al discorso di origine, ci sono altre due ipotesi: la proiezione di chi vede nel periodo nero dell'altro il proprio, magari da poco superato, e sente una specie di rifiuto proprio per questo, per cui va nella direzione opposta, spesso cercando di minimizzare lo "star male" altrui. E anche questo tipo di persone fa scattare il senso di colpa, aumentato dal fatto che moto spesso ti dicono esattamente che le tue sono solo paranoie (quindi non stai male, non hai bisogno di aiuto o sostegno, sei solo una lagnosa che si fa le pippe mentali, eh!).
Quelli che invece vedono tutto come una competizione (c'è la possibilità che esista anche una componente egocentrico-narcisista di cui tenere conto): loro stanno male, tu stai male, sì, ma loro di più. E il tuo star male non è minimamente paragonabile. Anche perchè tu non hai i loro stessi invalidanti sintomi, non prendi a fiume i loro stessi farmaci, per cui dici di star male ma mistifichi: LORO stanno male. Per cui anche lo scenario "stiamo male insieme per darci sostegno" diventa invece una trappola disagevole e controproducente.
Perchè è utile parlare di tutto ciò? Io credo serva a riconoscere il tipo di persone che frequentiamo o di cui ci attorniamo, fosse anche per un breve periodo.
Io fino a qualche tempo fa non ne ero assolutamente capace e avere intorno questo tipo di persone è un peggiorativo di cui tutti credo possano fare volentieri a meno. -
Ciao Chicca30
...mi dispiace per quello che stai vivendo. Volevo chiederti: hai provato a parlarne con tuo marito? Magari potete trovare una soluzione insieme... o almeno puoi sentirti capita e buttare fuori un po' di questa angoscia con qualcuno che ti vuole bene e ti sostiene.
Vicino a dove abiti non ci sono paesi più grandi dove magari è possibile trovare un cinema, una palestra, una biblioteca con dei gruppi di lettura...? Qualcosa per riuscire a trovare svago, magari anche qualche piccola associazione culturale che svolga qualche attività interessante e in cui puoi incontrare persone con i tuoi stessi interessi...magari non saranno le amicizie della vita ma sono almeno situazioni in cui poter socializzare...
Per il lavoro non so che dirti: purtroppo capitano queste situazioni, senza che sia colpa di nessuno, prova a capire che "aria tira" con i tuoi colleghi magari buttando là qualche frase per fare conversazione...
Spero che la situazione migliori -
Purtroppo non si possono cambiare gli altri, ne sapere quello che pensano o il perchè fanno ciò che fanno (sempre che non siano loro direttamente a farlo).
Gli unici che possiamo cambiare siamo noi, sembra il consiglio più banale del mondo, ma forse una soluzione potrebbe essere lavorare per farsi scivolare addosso questi commenti, ridimensionare l'importanza che hanno e soprattutto l'importanza che ha la persona da cui provengono, anche se si tratta della propria madre... -
Ciao
Avevo un amico di questo tipo. Non dava delle deviate alle mie altre amiche, utilizzava altri aggettivi (tipo "senza cervello" oppure vuote, o quadrate )parlandone sempre sempre in maniera dispregiativa. Queste ragazze che frequentavo abbastanza assiduamente (ora sono delle conoscenti) effettivamente non erano molto interessanti ( per me per lo meno, per come sono fatta io): ragazze normali, non molto profonde magari, ma sicuramente non cattive. IN quel periodo volevo distaccarmene proprio perchè non mi ci trovavo più. Anche io con il mio amico mi ero confidata, dicendo come il rapporto con queste ragazze fosse degenerato e le diversità si facessero sentire a tal punto che il rapporto con loro non mi dava più nulla, anzi, molto spesso dei loro ragionamenti o atteggiamenti mi davano quasi fastidio tanto non li condividevo, per cui non sapevo come fare, anche perchè magari loro non sentivano la cosa nello stesso modo e non è che si possa sparire dalla vita delle persone dall'oggi al domani...insomma, mi ero confidata anche per chiedere consiglio o un altro punto di vista.
E anche lui è uno che si autodefinisce sensibile, ragionevole, un riflessivo e anche un po' saggio... pensandoci bene chi lancia questi giudizi sintetici e a brucia pelo non credo sia nulla di tutto ciò!
Alla fine puoi parlare di incompatibilità o di persone che hanno atteggiamenti con cui non ti trovi, persone più o meno riflessive, più o meno corrette, etc...però sempre rispetto a chi sei tu e a ciò che vorresti trovare nelle persone con cui ti vuoi relazionare, non in senso universale.
E poi da che pulpito? Tutti possiamo essere definiti deviati o strani o assurdi o limitati o quadrati agli occhi di qualcuno che è diametralmente diverso rispetto a noi!
Mi sembra solo una persona che è annoiata da certe confidenze per cui con leggerezza e superficialità da una risposta molto veloce e taglia corto dicendo "Lasciale perdere quelle lì". (il mio amico faceva sempre così per esempio).
Per ultimo sono arrivata chiedermi del mio amico: ma se da giudizi così crudeli e spietati sulle altre persone, chissà cosa pensa di me in realtà...? Le persone che hanno il giudizio facile non fanno sconti a nessuno di solito... -
Sera: Sì, anche per come la intendo io, questa è la definizione di solidarietà. però è molto difficile da trovare. E nel frattempo, magari, causa anche le ingenue aspettative che a volte capita di avere (parlo per me in questo caso) si finisce per essere scottati la punto che non si è quasi capace di dare ciò che si vorrebbe trovare negli altri.
L'estremo individualismo denotato da Guarigione è realtà, e credo contraddistingue la maggior parte delle persone. Questo, non voglio generalizzare, sempre secondo la mia esperienza personale.
Molti danno valore alla solidarietà, all'empatia e al sostegno, solo non lo fanno con una forma di reciprocità. Mi è capitato di sentire discorsi del tipo:
"Se Tizio o Caio desidera essere così gentile, disponibile, spendersi così tanto per gli altri è una sua scelta. Questo non implica che gli altri debbano per forza ricambiare, nessuno ha firmato un contratto". E con questo bel ragionamento prendono senza dare.
Altri ancora non restituiscono perchè quando per loro le cose finalmente iniziano a girare per il verso giusto e riescono ad uscire dal proverbiale baratro, non hanno semplicemente voglia di avvicinarsi di nuovo ad una "nuvola nera" anche se non è la loro, per cui si allontanano. Anche se, nel momento in cui loro erano pervasi da quella medesima "nuvola nera" hanno ricevuto sostegno e aiuto.
e' tutto estremamente deludente, dal punto di vista umano intendo.
poi sì, sempre per dirla come Guarigione ci sono quelli che si rendono della gravità delle cose solo quando capitano a loro e minimizzano per tutto il resto.
Quante volte mi sono sentita dare con leggerezza della depressone pesante che si fa mille seghe mentali. Come se fosse un difetto caratteriale, come se uno lo facesse apposta unicamente perchè è una brutta persona". faglielo capire che il D.O.C. che parla. ed erano le stesse persone che in piena crisi depressiva mi chiamavano per ricevere appoggio nei momenti di crisi.
Che gli vuoi fare... Restarci male non serve. Essere delusi non serve. Rinfacciare (che poi è sempre una cosa abbastanza orribile) non serve. Ti puoi solo allontanare prendendo atto.
E sperare che, in una popolazione che conta 7 miliardi di persone, prima o poi qualcuno di veramente umano si riesca ad incontrare... -
"Gli uomini producono il male come le api il miele."
Prendi una cosa, una cosa qualsiasi, e l'essere umano riuscirà ad utilizzarla in modo da tirarne fuori il peggio. -
Bella domanda. Che mi sono posta un sacco di volte. Senza trovare una risposta. A volte mi viene da pensare che la relazione che si instaura tra due o più persone sia solo un incontro - scontro di sintomi, alcuni incompatibili, altri complementari. Altre penso che quello che vado cercando non esista e si veda solo nei film, ma io credo possa essere anche reale, raro ma reale, per cui sono perennemente insoddisfatta. Altre volte mi fermo a pensare che cosa ho da offrire alle altre persone, se sono poi così sicura di dare agli altri ciò che vorrei ricevere da loro o se non sono solo bisognosa di quelle cure e quell'affetto parentale che mi è mancato ma non si può colmare ora. E di nuovo quindi, ecco la spiegazione per la mia insoddisfazione. A volte mi chiedo come interagiscono sul piano "amicizia" quelli che non hanno tutte queste fisime / nevrosi/ sintomi quelli, come li genialmente definiti, psicologicamente normodotati.
La solidarietà è una bella cosa, ma a volte ci sono altre cose che si nascondono sotto questa parola e molto spesso non hanno nulla a che fare con la solidarietà.
Tu che cosa intendi...nel senso, che cosa ti piacerebbe trovare in un rapporto con una persona a te solidale?
(non è una domanda tendenziosa e, per dirti la sincera verità, che anche a me piacerebbe trovare persone solidali ma francamente è qualcosa che stento a mettere a fuoco). -
Ciao MeMedesima,
anche a me capitava tutto ciò quando ero un po' più piccola.
Per farti un esempio, mi capitava sempre con le mie compagne di classe che, a detto di alcuni miei compagni che con loro sono rimaste in contatto, hanno bellissimo ricordo di me come compagna di classe e amica dei 5 anni passati insieme a scuola. E mi sono anche sentita in colpa nel rendermi conto che io invece non mi sentivo così nei loro confronti. Poi una volta messo da parte il senso di colpa (inappropriato mi sento di dire) ho capito il perchè di questa differenza di visione. Io per loro sono stata, per quasi tutti i 5 anni di scuola, una specie di confessionale / telefono amico. e infatti, riflettendo, mi sono resa che sapevo per filo e per segno tutti i fatti personali e gli avvenimenti della loro vita privata. E mi sono anche resa conto che di me loro non sapevano invece un bel nulla.
Al di là delle motivazioni che mi hanno spinta a "giocare" quel ruolo (per me alquanto naturale devo dire, ma questa è tutt'altra storia), rendermi conto di rappresentare per gli altri una sorta di "telefono amico" - confessionale.
Forse proprio per questo non riuscivo a sentirmi coinvolta più di tanto "nell'amicizia" o relazione che dir si voglia con queste persone, che ho perso di vista terminata la scuola.
L'errore che ho fatto dopo è stato molto stupido: mi sono incolpata di tutto, dell'essere una persona asociale, fredda, distaccata e che la risultanza di un rapporto così a senso unico era solo mia. Per cui mi sono detta: "Io sono anormale. Evidentemente è così che ci si comporta tra amici. Allora anch'io devo iniziare a raccontare i fatti miei". E l'ho fatto. Devo dire che la cosa è effettivamente fonte di sollievo, ma solo perchè rappresenta una sorta di emorragia verbale, un vomito a livello di sfogo di quello che non ti va bene o in quel momento occupa i tuoi pensieri. E sono diventata a mia volta una persona insopportabile.
E così gli altri mi perdevano di vista.
Allora ho pensato che no, lo sbaglio era allora a monte. Essere amici non significa alienarsi e rincitrullirsi raccontandosi a fiume tutto ciò che ci tormenta e ci passa per la testa.
In nessun caso, per cui avevo sbagliato io, ma prima ancora avevo frequentato persone non adatte.
Nonostante io credo nel valore dell'amicizia, tanto. Legame che si instaura tra persone che si stimano e rispettano, che si aiutano, si sostengono a vicenda. E si, si raccontano anche, ma non in modalità diverse da quelle che io ho sperimentato, sia in entrata che in uscita.
E' difficile trovare persone del genere, questo è il valore dell'amicizia in senso assoluto. Poi ci sono sfumature. Poi ci sono i conoscenti. E proprio perchè l'uomo è un animale sociale (anche i timidi, anche gli introversi, chiunque in un modo o nell'altro), non può essere questa divisone così netta e assoluta.
Io ci sto lavorando, questo è la mia esperienza finora. Non so se può servirti come racconto a qualcosa, spero di non averti annoiata -
La sera sto molto meglio. A volte mi accorgo che durante la giornata ho questo retro pensiero e continuamente controllo l'orologio pensando al tempo che manca perchè arrivi la sera.
Di sera mi sento come tutti gli altri, come se fosse una specie di tempo sospeso, un po' perchè non mi sento in colpa un po' come ha scritto Alessandra di Roma, un po', come scrive Silverwing perchè sto meglio rispetto al mattino in cui faccio davvero fatica ad alzarmi, soprattutto se penso alla giornata che ho davanti. E dire che non dormo fino a tardi, anzi: 7.30 - 7.45 sono sveglissima, come se dovessi andare / fare chissà cosa e poi sto semplicemente lì, ripiegata a letto e al solo pensiero di aprire gli scuri mi viene da piangere.