Un esperimento, una lettera e la solita reazione che fa male

  • Ciao a tutti, voglio condividere con voi qualcosa di molto personale.


    Stamattina ho deciso di fare un piccolo “esperimento emotivo” per capire meglio quali schemi disfunzionali continuo a portarmi dietro da anni… “grazie” alla mia famiglia.


    Ho scritto una lettera a me stesso sul tablet. Una lettera vera, sentita, in cui ho messo nero su bianco tutto quello che sento in questo periodo.

    Ve la lascio qui, perché forse qualcuno si riconoscerà:


    Amore mio,


    So quanto è stato difficile arrivare fin qui.

    Hai attraversato solitudini profonde, hai affrontato la fine di una convivenza che ti ha lasciato vuoti laceranti.

    Hai provato a rimettere insieme i pezzi tornando a casa.


    E ora ti trovi davanti a una scelta che tutti definiscono “ovvia”, ma che per te non lo è affatto.


    Hai scelto di fare quel maledetto concorso in quella regione tempo fa, quando i tuoi bisogni erano diversi.

    Allora ti sembrava il passo giusto, perché eri dentro una storia, in un altro momento della tua vita.


    Ma le cose cambiano. Tu sei cambiato.


    Chi ti dice che “devi partire”, che “devi accettare quel posto fisso”, crede di darti un consiglio…

    Ma in realtà parla dalla propria paura.

    Fa pressione perché non sa fare i conti con la propria insicurezza — e la scarica su di te.


    Questa è una delle consapevolezze più importanti che hai raggiunto in questi mesi di psicoterapia:

    Le loro parole non parlano di te, ma di loro.


    Ci vuole molto più coraggio a dire “non lo faccio” che a seguire la strada che il 99% delle persone prenderebbe senza pensarci.


    Il vero atto di forza è restare fedeli a sé stessi, anche quando gli altri non approvano.


    Il posto fisso non è un obbligo. È una costruzione sociale, una promessa di stabilità che spesso costa troppo, in termini di felicità.


    Tu non stai rifiutando il futuro.

    Lo stai solo scegliendo in modo più umano, più autentico, più tuo.


    Forse un giorno rifarai quel concorso, magari nella tua regione.

    Forse sarà tra qualche anno, con occhi nuovi e motivazioni diverse.


    Ma non ora.


    Un lavoro, anche se precario, ce l’hai. E va bene così.


    Dopo averla scritta, ho lasciato il tablet sul letto, con lo schermo impostato acceso per cinque minuti. L’ho coperto quasi del tutto con un pantaloncino e sono uscito.

    Quando sono tornato, ho trovato il tablet ancora lì, ma il pantaloncino era messo in modo diverso. La schermata della lettera non c’era più.


    Poi ho salutato.

    Mia madre mi ha risposto freddamente. Mio padre non mi ha nemmeno guardato in faccia.

    Non hanno avuto nemmeno il coraggio di ammettere di aver sbirciato.

    Nemmeno una parola. Solo quel silenzio freddo che conosco fin troppo bene.

    Non so se qualcuno si è mai trovato in una situazione simile.

    Ma una cosa mi è chiara: quando ti rendi conto che certe dinamiche si ripetono da anni, allora non è più solo “una loro reazione”. È un sistema. È tossicità.

    E io sto finalmente imparando a chiamarla con il suo nome.

    Grazie se avete letto fin qui.

    Mi farebbe piacere sapere se anche voi, in qualche modo, avete mai provato a fare pace con voi stessi nonostante la famiglia vi remi contro.

  • Mi farebbe piacere sapere se anche voi, in qualche modo, avete mai provato a fare pace con voi stessi nonostante la famiglia vi remi contro.

    Non mi sento di accostare la mia esperienza alla tua, solo perchè a remarmi contro (per le ragioni che hai spiegato benissimo tu) è stata sempre e solo mia madre, e in compenso avevo mio padre che era il felice opposto di lei.

    Mia madre è sempre stata l'inarnazione de La Castrazione altrui, e il "bello" è che questo lo intuii irreversibilmente in prima adolescenza, lavorando - da lì in poi - a fare pace con me stessa...blindandomi a lei.

    Non solo: fu da allora che feci mia, nei confronti di mia madre, l'ottica del "figlio genitoriale", nel senso che per quanto potesse scristianirmi...ero capace di comprendere che quelli fossero suoi limiti invalicabili e solo da compatire.

    Alla fine mi sono sempre sentita (grazie a mio padre) una figlia amatissima da entrambi; e solo dopo la morte di mio padre ho potuto cominciare a realizzare che...'sti azz di limiti di mia madre fossero più da schifare che da compatire, mentre la situazione è letteralmente esplosa e si è resa visualizzabile anche ai non vedenti, dopo la sua infermità deambulatoria (dal 2023). Lì mi è davvero esplosa in pieno viso la visione chiarissima di una "madre" che è capace di pensare solo a se stessa, e che aveva sempre concepito i figli come "cosa propria" e a suo esclusivo "uso e consumo".

    Nel retaggio, del tutto illusorio, di essermi sempre sentita (molto ingenuamente) amata da lei, seppur con i suoi modi e limiti, dal 2023 non ho avuto più alibi: era chiarissimo che tutto quanto fatto da mia madre al mio indirizzo ...fosse sempre stato nell'ottica di chi ama solo se stessa, e anche a discapito totale dei figli.

    Benchè avessi attrezzato le mie cautele nei suoi confronti dai miei lontanissimi 14 anni, questa "visione globale" è stata un bruttissimo lutto che mi ha sottratto energie e positività talmente nel profondo da portami (pensa te!) alle febbri psicogene!!! Ma persino all'herpes che in vita mia non avevo mai avuto! E poi a uno sfiancamento psicofisico senza precedenti, benchè nella mia vita abbia affrontato questioni non comuni e non da poco.

    Mi restava da attuare quello che in dose pediatrica avevo imparatto a fare a 14 anni: prendere distanze siderali dal suo stile e dalla sua influenza TOSSICA.

    L'ho fatto e ne sono fiera, e lo stra-consiglio incondizionatamente.

    Chiaramente...questa volta è stato proprio un lutto, sebbene mia madre sia vivente.

    Escludo, conoscendomi, di poter versare una sola lacrima quando mia madre passerà a miglior vita, perchè per me è già morta nel 2023.


    Mi viene però (scusami) una domanda: hai mai provato ad essere CHIARO con i tuoi?

    Te lo chiedo perchè l'idea di scriverti la lettera che hai lasciato aperta sul PC, e che poi ovviamente è stata letta da loro in tua assenza, perdonami ripeto, ma mi fa anche pensare ad un dialogo pesantemente mancante tra voi.

    Io con mia madre ci ho provato per tutta la vita ad essere chiara e dialogante.

    E anche se non è servito assolutamente a niente...mi libera la coscienza dal senso di colpa di non essermi mai spiegata a chi è abissalmente diverso da me.

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Classici genitori sensibili come un ceppo di legno, anche i miei hanno quello stampo; evito di raccontare le mie. Vedi: se ho inquadrato correttamente le figure, il discorso secondo me è che vengono etichettati come tossici, ma semplicemente mancano di intelligenza emotiva, e lì non ci puoi fare niente, perché è "fisiologico".


    Tu sei più intelligente di loro, almeno sul fronte dell'intelligenza emotiva, ed è inutile chiedere a un "sordo" di apprezzare le sfumature di una "musica": ti restituirà solo feedback negativi che continueranno a ferirti, perché non avrai ancora colto profondamente che lui non sta solo facendo finta di essere sordo, è proprio differente da te. Non è cattiveria, non ti "sente", non ti coglie, non sa come reagire e come agire correttamente.


    Cerca di rivolgerti verso persone che abbiano la - capacità - di capirti e interagire anche sul fronte emotivo. Inutile voler scavare fuori acqua dal fondo di un pozzo disseccato, quando il mondo è pieno di ruscelli. So che quando si parla di genitori è dura accettare che si è di pasta differente, ma se mi confermi che questa ipotesi ti risuona: tant'è.

  • Non ho capito il motivo per cui, nel caso, debbano essere arrabbiati con te. Certo, hanno sbagliato a sbirciare tra le tue cose e leggere dal tuo tablet, ma non hai scritto niente di terribile. Per cosa potrebbero essersela presa?


    Anche io penso come Gloria che ci sia totale mancanza di dialogo e condivisione chiara e aperta, e come Garden che i motivi siano una bassa intelligenza emotiva, e non per forza cattiveria.

  • Non ho capito il motivo per cui, nel caso, debbano essere arrabbiati con te. Certo, hanno sbagliato a sbirciare tra le tue cose e leggere dal tuo tablet, ma non hai scritto niente di terribile. Per cosa potrebbero essersela presa?

    Penso che lui sia rimasto ferito dal fatto che non ha percepito vicinanza e comprensione emotiva.

  • Mi viene però (scusami) una domanda: hai mai provato ad essere CHIARO con i tuoi?

    Ho provato tantissime volte. Davvero. Anche di recente. Ma ogni volta è finita allo stesso modo: uno scontro… e poi silenzi. Giorni interi di silenzi pesanti, dolorosi.


    Quando ho iniziato il mio percorso di psicoterapia, ormai più di un anno fa, la prima cosa che ho detto è stata: “I miei genitori sono i migliori al mondo.”

    E lo pensavo davvero.

    Poi, lentamente, il mio terapeuta ha iniziato a mostrarmi certi schemi disfunzionali… ma io, dentro, non volevo vederli. Non volevo accettarli. Era come tradire qualcosa di sacro.


    Eppure ieri… non so, qualcosa è cambiato. Ho sentito il bisogno di avere una "prova".

    Come se dentro di me ci fosse una voce che diceva: "Guarda. Guarda bene."


    Loro sapevano che non volevo accettare quel posto fisso. Lo sapevano che l’idea di tornare lì mi spezzava dentro. Quando ne parlai, con calma, mesi fa… successe il disastro.

    Non mi parlarono per quasi un mese. Come se la mia scelta li avesse feriti più di quanto io fossi ferito ogni giorno in quel posto.


    E nonostante questo… io continuavo a difenderli. A dirmi che lo facevano per il mio bene. Che non erano cattivi. Che mi amano.

    E lo penso ancora. Io so che mi amano.


    Ma c’è qualcosa che non riesco più a ignorare.


    Le frasi sono sempre le stesse, da sempre:

    "Non per sapere i fatti tuoi, ma dove vai? Con chi vai? A che ora torni?"

    "Io non sono mai entrata nelle vostre scelte di vita, avete deciso tutto voi."

    "Io non sono mai stata invadente, ho sempre rispettato i vostri spazi."


    Parole che sembrano innocue… ma che, col tempo, scavano. Ti fanno dubitare di te. Ti fanno sentire in colpa anche solo per voler respirare un po’ più in là da dove ti hanno lasciato il fiato.


    Io non penso che i miei genitori lo facciano con cattiveria.

    Ma il loro modo di amare… è tossico.

    E ora ho bisogno di riconoscerlo.

  • Appena puoi fai fagotto e saluta la curva. Non c'è altra soluzione.

    Non cercare comprensione in chi non l'hai mai trovata. E non serve chiedersi se i tuoi genitori hanno sbagliato o meno, se certe cose avrebbero potuto gestirle meglio, ecc.. è tempo passato, ormai.

    Anche in casa mia non c'è mai stato dialogo, una totale assenza di sostegno emotivo. A che servirebbe rinfacciarglielo?

  • Ora mi è più chiaro, nonloso1989 capisco bene quello che provi perché seppur in modalità diverse ne ho fatto esperienza anche io.


    E' un argomento spinoso, difficile. Penso il bene non sia mai da mettere in discussione e questo non toglie nulla al fatto che spesso le modalità sono distorte, traballanti, poco benefiche.


    Purtroppo i nostri genitori fanno parte di una generazione in cui non ci si è mai messi in discussione veramente, nella quale vige il "si è sempre fatto così", non c'era l'attenzione che c'è oggi nei confronti della salute mentale; oggi noi giovani ci mettiamo in discussione, ci facciamo domande su come e perché agire in determinate maniere. Siamo più consapevoli, facciamo più attenzione. Cerchiamo di diventare persone migliori. I nostri genitori, in questo, ce li siamo lasciati di gran lunga alle spalle.


    E' triste, a tratti deprimente specie se, come me, nutri un bene profondo e dolorosamente intenso verso quelle persone che comunque ti hanno ferito, deluso. E che continuano a farlo perché a quell'età non cambi, anzi forse peggiori anche, talmente hai il pilota automatico e la granitica certezza di essere nel giusto.


    Piano piano dobbiamo imparare a svincolarci e emanciparci da loro, da tutti i punti di vista, anche da quello emotivo. Che non vuol dire smettere di voler bene e chiudere la porta, a meno che non ci siano gravi motivi di incuria e violenza, ma mettere una distanza, depotenziare il rapporto.


    La loro delusione sulla tua mancanza accettazione del posto fisso è tristemente prevedibile: per loro il posto fisso è il massimo della vita e se tu lo rifiuti, per loro sei in pericolo, destinato a vivere una vita precaria. Sono proprio mentalità diverse. Non hanno il pensiero di mettere al primo posto il tuo sentire e le tue inclinazioni personali.

  • Penso il bene non sia mai da mettere in discussione

    Del tuo ragionamento condivido tutto, fuorchè questa frase.

    Per questo davo (sopra) tanta importanza al dialogo.

    Sai com'è: se uno non s'è mai espresso...ci sta che il genitore non faccia il mago.

    Ma quando ci si è espressi , e poi ci si è espressi e pure in tutte le salse, e dall'altra parte resta eterna la Grande Muraglia...come si fa a bypassare la possibilità molto concreta che quel "bene" non debba essere messo seriamente in discussione, e dalla radice?


    E verissimo quello che tu dici sulla minore sensibilità "psico" delle generazioni precedenti.

    Eppure...Paoletta...anche trecento anni fa c'erano genitori , magari pure analfabeti e vissuti tra stenti e fatica da bestia, che per pura e semplice sensibiltà innata erano il riferimento certo dei figli, e lo sono rimasti per sempre.


    Quel che dici è proprio quel che ho pensato dai miei 14 e fino a due anni fa.

    Del tutto trascurando, io, di considerare che già entrambe le mie nonne e poi le zie avessero TUTTE un tratto molto più delicato e di ascolto VERO nei confronti di figli e nipoti.

    Questa mia "distrazione", oggi, mi parla soltanto di quanto fosse per me impensabile che mia madre potesse non amarmi (poi nessun vittimismo, sia chiaro: oggi so con certezza che lei non ha mai amato nessuno fuorchè se stessa, non è che ce l'avesse particolarmente con me).

    E con tutto il male atroce che mi è derivato da questa consapevolezza , e voglio essere egoista alla massima potenza io, stavolta, quanto meno nel considerare il BENE che me ne è derivato dal liberarmi dal senso di colpa (da figlia genitoriale) di sentirmi sempre io in dovere di capire lei e i suoi limiti, dai miei 14 anni!


    Esistono le persone anaffettive (e pure peggio)?

    Si, esistono.

    E non è che il diventare biologicamente genitori...le curi per miracolo!

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Sì quello che dici tu è vero, senz’altro esistono quelle persone che spesso per gravi patologie (penso a quelle persone profondamente narcisiste, ma anche a quelle sommerse dai loro dolori e dai loro traumi e da questi come annichiliti) hanno l’affettività bloccata e non provano amore per i figli. O chi si sente da loro minacciato, e prova invidia.

    Poi, Esistono eccome le persone anaffettive purtroppo . Non posso sapere quale sia il caso di nonloso1989 penso però che nella maggioranza dei casi sia “solo” un problema di poca intelligenza emotiva, persone che più di tanto, emotivamente parlando, non ci arrivano...

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