Controllare gli imprevisti

  • Non conosco la tua storia, mi risuona comunque il discorso del controllo.

    Posto che ogni storia è a sé, ha le sue unicità, di base parte dall'autostima, dalla percezione di noi stessi, dal valore che ci diamo e da come parliamo a noi stessi e di noi stessi.

    Di base, se si riuscisse davvero a controllare tanto noi quanto ciò che è fuori di noi, eviteremmo il fallimento e, fra le altre cose, la ghigliottina del giudizio altrui.

    Spoiler: non riusciamo nell'intento.


    A me personalmente è stato d'aiuto il manuale pratico Self-Esteem di Matthew McKay. È in inglese, se dai un'occhiata online potresti valutare se può o meno fare al caso tuo, magari leggendo l'anteprima online della versione digitale.

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Sai, quello che la psico mi ha spiegato è la differenza tra il presente e il passato. Quello che ho visto post seduta è che la mia paura del passato (io bambina) la materializzo qui nel presente. E la identifico, ad esempio: malattia, farmaci, medici e tanto altro. Quella bambina terrorizzata dalla madre è sempre dentro di me. Anche il tuo bambino deriso, umiliato, è sempre dentro di te. Poi, da adulto, hai esteriorizzato la paura. Ora non so quale sia la tua emozione negativa, del giudizio degli altri. Quei bambini conservano tutte le emozioni negative che hanno provato e che non conoscono. Sono proprio quelle emozioni che dobbiamo conoscere per affrontarle e liberarcene oggi.

  • leila19: conosco bene la mia emozione, si chiama paura del giudizio altrui! Il punto è che non so come affrontarla, probabilmente...O probabilmente ho troppa paura di affrontarla. Leggendola così, mi trovo davanti ad un problema pratico.

    1. Dovrei trovare un'azione da compiere che potrebbe suscitare il biasimo altrui

    2. Dovrei trovare l'occasione per compiere l'azione.

    Trovare l'azione da compiere è più difficile di quanto non possa sembrare: ho il cervello talmente bloccato che non mi viene in mente nulla di specifico, in questo momento. Ho sottolineato in questo momento perché a volte mi è venuto in mente qualcosa da fare, ma non ne avevo l'occasione e/o non sapevo come crearla.

    Faccio qualche esempio pratico: ho sempre avuto un problema a gestire la nudità. Non chiedermi perché, ma penso mi farebbe bene affrontare la questione, per esempio frequentando un posto (sauna, spiaggia...non saprei) in cui girano tutti nudi. Premesso che non so dove esistano questi luoghi a Milano, avrei bisogno di qualcuno con cui condividere l'esperienza per non sentirmi a disagio.

    Per andare un po' più terra-terra, considera un fatto: non sono mai stato un tipo molto sportivo. Non è una questione di essere pigro, ma proprio di non avere molta muscolatura e coordinazione: insomma, ho la grazia e le fattezze di un orso. Anche a livello pratico, apparirei sicuramente insufficiente. Non sto parlando certo di competizioni agonistiche: anche la classica partitella di calcetto fra colleghi (cosa che non viene fatta) mi farebbe sentire giudicato...contemporaneamente, mi farebbe bene. Anche in questo caso, avrei bisogno di qualcuno al mio fianco che mi faccia forza.

  • Ma questa paura è una tua paura che rifletti sugli altri, gli altri non c'entrano nulla. Il primo che giudica sé stesso sei proprio tu. Se non riesci a fare psicoterapia privata, hai provato con i consultori? A Milano c'è la possibilità di farla tramite Asl.

    Mi è stato proposto, ma non ho proprio voglia di ricominciare un percorso. Temo (ecco, appunto) di far preoccupare troppo mio fratello e mio padre.

  • Mi spiace, ho cercato di venirti incontro proprio perché hai scritto che mi invidiavi per la psicoterapia che hai dovuto interrompere per motivi economici, ma potresti risolvere anche tramite ASL.

    Credo che i familiari si preoccuperebbero di più se stiamo male.

    Se non ti va, allora è un altro discorso.

    La farai quando ti sentirai pronto, lo capisco.

  • Credo che i familiari si preoccuperebbero di più se stiamo male.

    Sai che non lo so? Mio padre percepisce qualcosa, ma non si è mai sbottonato troppo. Del resto, lo capisco: io ho 45 anni, lui 75, soffre molto per la mancanza di mia madre...è come se entrambi avessimo paura di affrontare certi argomenti. Per quanto riguarda mio fratello, in questo periodo è in altre faccende affaccendato (sta per sposarsi).

  • Il mio primo pensiero stamattina è stato il ricordo dell'11 settembre 2001: la vita di 3000 persone è stata spezzata, per altri 6000 è cambiata radicalmente in un istante a causa delle ferite.

    Possiamo sicuramente prendere quel giorno come esempio di evento tragico che cambia la storia del mondo e cambia la vita delle singole persone. Penso, per esempio, alle famiglie spezzate da questa tragedia: non ho idea di quante siano le persone rimaste vedove o orfani a seguito dell'attentato.

    Per una legge quasi fisica, c'è l'esempio opposto: la vita può cambiare radicalmente anche per un evento fortunato. Penso alla persona proprietaria del biglietto della lotteria Italia T 173756 che il 6 gennaio scorso ha vinto 5.000.000 €.

    Ironia della sorte, statistiche alla mano, le probabilità di un incidente aereo (per una qualsiasi causa) sono una su undici milioni, le stesse che ci sono di vincere il primo premio alla lotteria Italia.

    Che ci capiti qualcosa di bellissimo o di tragico, c'è l'eventualità - per quanto remota - che possa capitare anche a noi: basterebbe acquistare un biglietto, che sia aereo o della lotteria.

    La psicologia umana - in questo senso - è imperfetta: il cervello è più portato ad immaginare cosa succederebbe se ci capitasse un evento favorevole, piuttosto che immaginarne uno sfavorevole, eppure le probabilità sono le stesse.

    Razionalmente, mi verrebbe da suggerire di preparare due piani di riserva: uno nel caso in cui ci capiti l'evento fortunato, l'altro per quello tragico.

    Da questi dati volevo un po' sapere la vostra: avete mai pensato a piani di riserva nel caso in cui vi capiti qualcosa di statisticamente improbabile? Cosa vi portano a pensare?



  • Sinceramente, essendo un disilluso del mondo, non riesco più a fare questi ragionamenti che anni fa effettivamente facevo.


    Quindi mi sono rassegnato al destino (o caso).


    Ci sono eventi che non puoi controllare, ergo devi subire giocoforza, e sul discorso dell'imperfezione psicologica, secondo me, va anche ragionato su come la persona sia di suo ottimista o pessimista. Tutti ovviamente sognano di vincere la lotteria, ma tendenzialmente credo che siano più propensi in modo incisivo a pensare al disastro imminente quando prendi o fai qualcosa che sovente non fai (prendere un aereo, fare un viaggio in auto, in nave, ecc...).


    In altre parole, se compri il biglietto sogni, ma dici "tanto non vinco, in compenso sognare è gratis" e non ci pensi più fino a quando non c'è l'estrazione (anzi, a volte dimentichi anche di averlo comprato), mentre se prendi l'aereo già parti con l'ansia e il dubbio che precipiti.


    Io personalmente, dopo una serie di eventi, ho acquisito quell'apatia che mi rende immune sia ai (pochi) colpi di fortuna sia ai (molti) colpi bassi che la vita mi ha offerto e mi offre, basando solo le mie fortune sul mio operato reale e non lasciandole al destino (difatti non prendo nulla che siano gratta e vinci o biglietti della lotteria, salvo non abbiano una base solidale, tipo i biglietti della pesca di beneficenza).

    - Tutto questo sacrificio.. solo per questo? -

  • Ciao, credo che, da quello che hai scritto, emerga con prepotenza il tuo desiderio di controllo, anche su eventi che probabilmente non accadranno mai.


    Per quanto mi riguarda lo trovo uno spreco di energie, anche se succedesse qualcosa di meraviglioso o di tragico, non è possibile sapere, emotivamente, come potremmo reagire. Possiamo solo immaginarlo, ma poi non è detto che sia così.


    L'unica cosa che ho fatto, in caso di evento nefasto, è un'assicurazione sulla vita, per dare a chi resta (moglie e figli) almeno un supporto economico. Per il resto, vada come deve andare, e cerco di rimanere ancorato al presente. :)

    Accettare non significa rassegnarsi - Mai giocare a scacchi con un piccione

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