Il compromesso che ci spegne

  • Oggi stavo facendo questa riflessione che volevo condividere con voi.


    Quando non abbiamo trovato nel profondo le risposte, o prove, che stiamo cercando (ansie, crisi esistenziali, anche latenti, ecc.); oppure le abbiamo trovate in parte ma non siamo al 100% soddisfatti, magari sono dei rattoppi, o motivi che ci fanno andare avanti anche fondati, ma che non sono la risposta che veramente volevamo, allora non diamo il massimo per questa vita, non ci mettiamo in gioco fino in fondo, in altre parole non viviamo al massimo delle nostre potenzialità.


    Ok, detto così sembra un delirio del sabato sera dopo una sbronza. Ma secondo me c'è una verità importante.


    Potremmo anche avere una vita molto bella ed appagante. Potremmo anche aver realizzato i nostri sogni, aver formato una bella famiglia, essere amati, avere la professione dei sogni, avere una posizione sociale.

    Però potrebbe anche essere che non siamo calati al 100%, e si insinua sempre una zona d'ombra che necessitiamo per trasgredire dare spazio alle nostre frustrazioni, che sono il risultato della nostra insoddisfazione nel non aver trovato nel nostro viaggio ciò che stavamo cercando.

    In particolare, su quest'ultimo mi riferisco spesso a trasgressioni, di ogni genere, anche con moderazione, e non necessariamente in maniera abusiva.


    Se anche solo un minuscolo spiraglio di speranza si apre nel cammino, e intravediamo la possibilità di trovare davvero ciò che stiamo cercando — una risposta che plachi un’insicurezza, lenisca un trauma, dia senso a una prova — allora accade qualcosa di straordinario. Lì nasce l’illuminazione: ci si dona completamente, si compiono scelte ardue, si fanno voti che prima sembravano impossibili e che ora, come per incanto, diventano naturali, quasi leggeri.


    Invece al contrario, il bisogno e la necessità delle zone d'ombra, sono frutto dell'esserci dovuti accontentare di un compromesso che fingiamo di farci andare bene, per il "quieto vivere", ma non quello che cercavamo. Quanto più è pesante l'insoddisfazione, quanto più è ampio il "non prendere sul serio" la vita, e quanto sono più ampie le trasgressioni.

    Mi viene da dire questo perché le persone veramente illuminate sono già "piene" senza bisogno di null'altro, non hanno necessità di trasgredire per trarre del piacere.

    In parole povere credo che l'illuminazione sia l'unica vera via per vivere una vita piena, e prenderne veramente le redini.

  • Però è anche vero che, senza la necessità di trovare risposte – e quindi senza insoddisfazioni – non si produce "l'illuminazione" di cui parli. Che sembra essere l'acquisizione di alcuni dati nella propria consapevolezza che prima erano mancanti e, una volta trovati, risolvono – o aiutano a meglio focalizzare la soluzione – di un nodo interiore oppure esistenziale, dando così una nuova spinta a proseguire.


    Ciò detto, non credo che l'illuminazione possa essere un attributo della persona, o più in generale una qualità, un po' sulla scia buddista.


    Penso che ciascuno di noi debba compiere un percorso di consapevolezza e, allorché si raggiungono nuove comprensioni, ciò che si sentiva come "irrisolto" – e come tale era causa di problemi – quando viene, per così dire, risolto, si avverte una forma di illuminazione.


    Ma l'illuminazione è la conseguenza, non la causa. La causa – cioè la postura di vita – dovrebbe essere il concetto che tendiamo, per natura appunto, alla comprensione. Quindi, ogni esperienza andrebbe intesa in questo senso: che cosa può insegnare.

    DALI :hibiscus:

    Modificato una volta, l'ultima da Juniz ().

  • Se anche solo un minuscolo spiraglio di speranza si apre nel cammino, e intravediamo la possibilità di trovare davvero ciò che stiamo cercando — una risposta che plachi un’insicurezza, lenisca un trauma, dia senso a una prova — allora accade qualcosa di straordinario. Lì nasce l’illuminazione: ci si dona completamente, si compiono scelte ardue, si fanno voti che prima sembravano impossibili e che ora, come per incanto, diventano naturali, quasi leggeri.


    Invece al contrario, il bisogno e la necessità delle zone d'ombra, sono frutto dell'esserci dovuti accontentare di un compromesso che fingiamo di farci andare bene, per il "quieto vivere", ma non quello che cercavamo. Quanto più è pesante l'insoddisfazione, quanto più è ampio il "non prendere sul serio" la vita, e quanto sono più ampie le trasgressioni.

    Mi viene da dire questo perchè le persone veramente illuminate sono già "piene" senza bisogno di null'altro, non hanno necessità di trasgredire per trarre del piacere.

    In parole povere credo che l'illuminazione sia l'unica vera via per vivere una vita piena, e prenderne veramente le redini.

    La vedo esattamente nello stesso modo, semprechè la "illuminazione" sia da te considerata come frutto di un percorso coraggioso, e non come dono della sorte. ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Esattamente mi trovo d'accordo, secondo me una persona può nascere già con delle doti, spiccata consapevolezza e sensibilità, ma la differenza sta nel metterla a frutto.

    Certamente chi ha avuto ha avuto dubbi, preoccupazioni, disagi, e li ha superati è più "illuminato" di chi non ha mai avuto problemi.
    Forse chi non li ha mai avuti, ha sperimentato una qualità di vita migliore, ma non necessariamente autentica, senza la stessa consapevolezza di chi si è dovuto, o voluto, mettere in gioco.


    Il succo della mia riflessione, che forse ieri non ho espresso al meglio, verteva sul fatto che chi ha raggiunto questo livello, ha ottenuto forse la vera libertà, ed il massimo del benessere, almeno emotivo.

    Ed allora, veramente si va nella dizione che si vuole, allora si opera veramente il bene, si vive la vita autentica.


    Il mio discorso non era necessariamente nè spirituale, nè religioso, bensì generico, di libera interpretazione.

    Però mi viene da pensare anche chi ha incalzato la via della santità, o i martiri, sono arrivati a fare voti quasi impossibili per "i comuni mortali", ma forse a loro risultavano semplici, per la loro convinzione che quello dava senso forse ai dubbi o alle risposte che cercavano.


    Allora mi chiedevo se questo potesse essere la chiave anche per chi soffre di dipendenze, oppure per riottenere l'obbedienza di un popolo dove ognuno fa i cavoli propri, oppure ancora per vivere per davvero e non sopravvivere o emulare modelli che ci inculca la società o i media.


    Potrei andare avanti per ore, ma mi fermo qui.

    Cosa ne pensate?

  • Il succo della mia riflessione, che forse ieri non ho espresso al meglio, verteva sul fatto che chi ha raggiunto questo livello, ha ottenuto forse la vera libertà, ed il massimo del benessere, almeno emotivo.

    Ed allora, veramente si va nella dizione che si vuole, allora si opera veramente il bene, si vive la vita autentica.


    Il mio discorso non era necessariamente nè spirituale, nè religioso, bensì generico, di libera interpretazione.

    Però mi viene da pensare anche chi ha incalzato la via della santità, o i martiri, sono arrivati a fare voti quasi impossibili per "i comuni mortali", ma forse a loro risultavano semplici, per la loro convinzione che quello dava senso forse ai dubbi o alle risposte che cercavano.

    Gigione, credo che il succo del tuo discorso si possa riassumere sia come hai espresso tu nella parte che ho citato, sia in due sole parole: autostima e fede nei propri valori.

    Secondo me, più autostima si ha, più si è certi di determinate cose (esistenziali o meno) che ci riguardano. Hai fatto esempi religiosi, ti espongo la mia visione da non credente. Userò il termine fede in senso lato, non esclusivamente religioso. Qualunque fede può vacillare se non si ha autostima.


    Esempio politico. Diciamo che tu voglia votare per il candidato X, mentre io sono a favore del candidato Y. Ci possiamo porre una domanda: Quanto il mio voto è legato a convinzioni politico-sociali e quanto è legato a condizionamenti esterni?

    Se io sono convinto di ciò che penso, difficilmente cambierò idea, a meno che il partito non si sciolga, perché ho un livello accettabile di autostima. Potrei cambiare opinione solo se mi venissero posti delle argomentazioni molto convincenti in un modo altrettanto convincente. (Alberoni parlava di Stato Nascente, ma sarebbe troppo complicato addentrarsi nell'argomento).


    Ovviamente, c'è anche il discorso dei valori: che valori abbiamo? Cosa siamo disposti a fare pur di difenderli? Più sono forti questi valori, più è difficile che qualcuno riesca a convincerci del contrario. Prendi ad esempio un qualsiasi argomento controverso attuale: aborto, eutanasia, pena di morte, o altro. Forse non è un caso che abbia fatto esempi legati alla vita di qualcuno, perché io tengo molto alla vita. Fosse per me, l'ergastolo sarebbe la pena massima comminabile, darei cure palliative a spron battuto e sostituirei l'aborto con un'adozione coatta/obbligatoria. Il motivo è semplice ed userò una frase forse contraddittoria per esprimerlo: ho fede in questi valori.

    Se non ho sufficiente autostima non posso difendere adeguatamente questi valori: a parte che basterebbe poco per convincermi a cambiare idea, potrei cambiare opinione sotto minaccia. Abbiamo conosciuto fin troppo bene (soprattutto nel secolo scorso) le dittature, regimi che hanno fatto di tutto per sopprimere il dissenso (olio di ricino, confino, gulag/lager, stasi e via elencando). Se vogliamo andare oltre la politica, tutti i condannati (passami il termine, per brevità) sono tutte persone con dei valori e un'autostima invidiabile.

    Forse ti ho fatto questi esempi proprio perché non riesco ad affrontare queste tematiche de visu.

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