In poche parole, un ateo di 55 anni che sente il corpo che inizia a perdere colpi e che amici e parenti più o meno lontani se ne sono andati (o meglio non esistono più) e altri li seguiranno a breve, ma come fa ad essere anche solo vagamente felice?
Siamo, nella infinita materia cosmica, la parte (anche se insignificante dal punto di vista quantitativo) nella condizione più orribile: siamo grumi di materia organica autocosciente di se stessa e della propria vocazione alla morte. Peggio di così...
55 anni... Direi che se va bene tra 25 non ci sarò più. Quanti sono 25? Penso a 25 anni fa... L'altro ieri. Il terrore della grande mietitrice sale e non da tregua.
Anzi...vi propongo una metafora, due feste: la prima è triste e noiosa, la seconda è allegra e vitale. Da quale delle due sarebbe un trauma andare via? Risposta ovvia.
Ogni qual volta che le cose vanno meglio (bastano due risate tra amici) il terrore della morte sale. Meglio difendersi con un velo di tristezza che allontana l'angoscia dell'ultima ora imminente. Triste, sì, ma la morte è allontanata, anche se non nel tempo, quanto meno come intensità del terrore che, essendo una voragine che tutto inghiotte, priva di senso e di energia tutto a ritroso.
Non riesco più a vivere. Con gli altri o col lavoro non risolvo ma semplicemente non ci penso... Poi bastano poche ore da solo a non aver nulla da fare e la nera signora torna a trapanarmi di ansia e tristezza.
Scusate lo sfogo.
PS. Vinci la morte con i figli, aiutando il prossimo... Non funziona se non a piccoli tratti.
PPS. sono inferocito con Dio che non mi ha reso credente.
Conan