Come uscire dalla condizione di single

  • Infantili/ immaturi sono termini che possono avere molte caratterizzazioni, ma in genere riguardano una visione troppo ego-centrata o ingenua della situazione.

    E' quello che intendevo.


    Tornando alla totale sincerità; con chi non ti conosce può apparire come un precoce responsabilizzare l'altro di se stessi.

    Esatto.

    Quando si è totalmente sinceri e diretti si sta di fatto vomitando tutto noi stessi, nel bene o nel male, sull'altro/a con poca cura degli effetti che potrebbe avere. E' una mossa profondamente egoista, al pari di "voler amare".


    Se ometto dei lati della mia vita è anche per vedere se vale la pena (da ambo le parti) affrontarli e perché non do per scontato che l'altro se ne faccia carico (qualora l'intenzione poi fosse quella, è una maschera che cade con tutte le conseguenze del caso): e qui rientriamo in una dimensione di "maturità" che, mi pare, è quella che risulterebbe essere seduttiva.

    Sì.

    E' seduttiva, in particolare per il femminile, quella maturità che scaturisce dal tenersi dentro quello che non è necessario esternare, l'agire senza dare troppe spiegazioni, specie se non richieste. Oppure l'interpretare un ruolo, confinando ai momenti di intimità i dettagli che possono mostrare debolezza.


    D'altronde "la forza" è una di quelle tot cose che attrae tutte e ogni uomo ne ha una forma in sé, ma deve saperla usare/mostrare, altrimenti finisce nel cestino degli scarti.


    Ora mi becco del "sessista"... pazienza. Secondo me diverse mamme italiane ne hanno fatti di danni. Proprio in questo forum spesso (senza riferimenti ai presenti) ho avuto questa sensazione negli innumerevoli thread che affrontavano la difficoltà maschile a relazionarsi con le donne.

    Non è un pensiero sessista: è banale cronaca.


    Poi ci sono indubbiamente casi dove il nodo è da leggersi esclusivamente nel rapporto con un genitore.

    Da più di tre generazioni purtroppo è così. Il ruolo del padre è andato via via scomparendo con il passaggio alla società industrializzata. Sono stati confinati dapprima in fabbrica, poi in ufficio. Ultimamente per fortuna c'è una fortissima inversione di tendenza, più per la debacle delle madri, che non per la bravura dei padri, ma tant'è. Ai figli e alle figlie fa bene comunque.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • E' una mossa profondamente egoista, al pari di "voler amare".

    Comprendo. Aggiungo, anche se non è una cosa rilevante: che l'egoismo è il motore che spinge a relazionarsi agli altri. Diciamo trattasi di colui che non è possibile nel bene e nel male eliminare dalle prospettive.


    Lo preciso perché la scelta non è fra altruismo ed egoismo, ma tra un egoismo in cui è possibile (ciascuno con il proprio) corrispondersi, e un egoismo dove questo non è possibile, perché l'altro non viene proprio "considerato" a priori.


    e ogni uomo ne ha una forma in sé, ma deve saperla usare/mostrare

    Lo penso anche io.


    Da più di tre generazioni purtroppo è così. Il ruolo del padre è andato via via scomparendo con il passaggio alla società industrializzata. Sono stati confinati dapprima in fabbrica, poi in ufficio.

    Il confronto con il passato lo trovo sempre spinoso: più si va indietro più ti ritrovi una società che -per quanto quella moderna abbia squilibri- mancavano gli strumenti oggi considerati "base" nella popolazione (tra cui l'istruzione); e quindi non riesco ad immaginarmi famiglie del passato dove i figli ricevevamo i modelli in modo corretto e senza traumi dai genitori. Anzi, per il suddetto motivo, penso che la vita fosse più dura a livello psicologico da quel punto di vista.


    I padri, per varie ragioni sono sempre stati in minore contatto "emotivo" con i figli rispetto alle madri. Tuttavia è possibile vi fosse una presenza più fisica e poi conseguentemente morale, in tempi in cui si lavorava per lo più la terra e si "trasmetteva" da genitore in figlio ogni conoscenza a riguardo.


    Comunque a livello relazionale: i vari vuoti educativi venivano compensati dal fatto che la formazione delle coppie era spinta da fattori sociali e culturali. Nell'entroterra siciliano (zone tipicamente non industrializzate dove persisteva un certa arretratezza) fino agli anni 50/60 c'era un problema di "spose bambine".


    Voglio dire che un tempo la società e la cultura "incanalavano" un po' tutti nel matrimonio.


    Per quello rimango cauta nel porre come pietra angolare delle difficoltà relazionali odierne il rapporto con i genitori. Perché non v'è prova che in passato fosse diversamente, mentre abbiamo la prova che sono cambiati i costumi.


    Eccetto casi di persone che manifestano un disagio palesemente connesso al rapporto con i genitori o un genitore. Per esempio coloro che non riescono neanche a staccarsi "fisicamente" dai genitori in età adulta. Piuttosto che il ragazzo autonomo che però per N motivi non riesce a far fruttare le sue skill.

    DALI :hibiscus:

  • Comprendo. Aggiungo, anche se non è una cosa rilevante: che l'egoismo è il motore che spinge a relazionarsi agli altri. Diciamo trattasi di colui che non è possibile nel bene e nel male eliminare dalle prospettive.


    Lo preciso perché la scelta non è fra altruismo ed egoismo, ma tra un egoismo in cui è possibile (ciascuno con il proprio) corrispondersi, e un egoismo dove questo non è possibile, perché l'altro non viene proprio "considerato" a priori.

    In realtà stai sottolineando un aspetto concretamente rilevante: quasi ogni mossa umana "affettiva" è spinta da un motore egoista; motore che non hanno moltissime altre specie animali, perché a loro manca proprio l'IO, ovvero la soggettività tipica dell'essere umano: la coscienza di esistere, con tanto di presunzione di contare qualcosa (che sappiamo bene essere totalmente infondata).


    L'affetto e la relazione sociale sono quindi frutto di una componente egoista, sempre.


    Il confronto con il passato lo trovo sempre spinoso: più si va indietro più ti ritrovi una società che -per quanto quella moderna abbia squilibri- mancavano gli strumenti oggi considerati "base" nella popolazione (tra cui l'istruzione); e quindi non riesco ad immaginarmi famiglie del passato dove i figli ricevevamo i modelli in modo corretto e senza traumi dai genitori.

    Certamente il passato non era rose e fiori, anzi: c'erano problemi che nel tempo sono stati risolti. Nel degrado della società però se ne sono creati di altri (di problemi) che nella condizione primordiale precedente non c'erano. Uno di questi consiste proprio nell'assenza del padre.


    Nella narrativa moderna si da tutta la responsabilità al padre stesso, poiché uomo e quindi colpevole per via pregiudiziale, ma nel profondo sappiamo tutti che si è trattata di una condizione data da più fattori ambientali e sociali che erano fuori dalla portata dei nostri padri (o nonni, per i più giovani).


    I padri, per varie ragioni sono sempre stati in minore contatto "emotivo" con i figli rispetto alle madri. Tuttavia è possibile vi fosse una presenza più fisica e poi conseguentemente morale, in tempi in cui si lavorava per lo più la terra e si "trasmetteva" da genitore in figlio ogni conoscenza a riguardo.

    Esatto. La presenza fisica del padre insegnava per via imitativa, per via indotta. Mentre la madre che è sempre stata più "verbale" insegnava molto di più e principalmente per via verbale, esplicita.


    Per quello rimango cauta nel porre come pietra angolare delle difficoltà relazionali odierne il rapporto con i genitori. Perché non v'è prova che in passato fosse diversamente, mentre abbiamo la prova che sono cambiati i costumi.

    Nel passato il rapporto con i genitori era anche più difficoltoso che oggi, ma c'era sempre un rapporto con i genitori, con entrambi. Il vantaggio era quello.


    Eccetto casi di persone che manifestano un disagio palesemente connesso al rapporto con i genitori o un genitore. Per esempio coloro che non riescono neanche a staccarsi "fisicamente" dai genitori in età adulta. Piuttosto che il ragazzo autonomo che però per N motivi non riesce a far fruttare le sue skill.

    Questa è una condizione molto diffusa di questi tempi per via del mancato svezzamento dei figli che restano troppo tempo (o per sempre) distaccati dal padre.


    Aggiungo -per tornare in topic- che quest'ultimo è uno dei motivi per cui troppe persone restano single. In Italia abbiamo il record del 50% delle persone single.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Questa è una condizione molto diffusa di questi tempi per via del mancato svezzamento dei figli che restano troppo tempo (o per sempre) distaccati dal padre.


    Aggiungo -per tornare in topic- che quest'ultimo è uno dei motivi per cui troppe persone restano single. In Italia abbiamo il record del 50% delle persone single.

    Quindi secondo te è il rapporto conflittuale con il padre che genera difficoltà nelle relazioni e in generale a distaccarsi dal "nido familiare"?

    Perché fosse così la spiegazione, si sposerebbe perfettamente con il mio vissuto personale (purtroppo).

  • quasi ogni mossa umana "affettiva" è spinta da un motore egoista; motore che non hanno moltissime altre specie animali, perché a loro manca proprio l'IO, ovvero la soggettività tipica dell'essere umano: la coscienza di esistere, con tanto di presunzione di contare qualcosa (che sappiamo bene essere totalmente infondata).


    L'affetto e la relazione sociale sono quindi frutto di una componente egoista, sempre.

    E' così. Ma faccio un appunto circa il contare qualcosa: dal punto di vista di un Io che si sente importante e al centro dell'universo: ovviamente no, questa importanza così intensa (egocentrata) non c'è; lo vediamo nell'economia della specie.


    Ma dal punto di vista di un Io (medesima coscienza di esistere) che pensa che la sua esistenza oltre che per sé, sia anche per gli altri, in questo senso penso sia importante.


    La nostra evoluzione (come sapiens) è stata possibile proprio perché l'egoismo (il bisogno degli altri), si è trasformato in azioni altruistiche (la coscienza che anche gli altri abbiano il diritto di vivere o di non soffrire).


    Come insegna l'antropologia: le ossa saldate sono il primo segno di civiltà rinvenute, in quanto, qualcuno è sopravvissuto perché un altro non si è girato dall'altra parte, che è "oltre" il concetto di cooperazione degli animali. Da lì in poi il passaggio dal branco alla famiglia, prima matriarcale, poi patriarcale: e via via.

    ma c'era sempre un rapporto con i genitori, con entrambi. Il vantaggio era quello.

    Posso trovarmi d'accordo se questi genitori vengono intesi più come "istituzione", quindi come immagine di riferimento che come capacità effettiva dei singoli di essere genitori. Non mi è chiaro se intendi questo.


    Per dirla in modo spicciolo: in passato c'era un'idea molto forte del genitore come istituzione (più in generale di famiglia); poi questo genitore poteva essere anche incapace come tale, ma esisteva una forma di rispetto verso ciò che egli rappresentava.


    La stessa psicoanalisi e i suoi modelli (tra cui quelli postulati dallo stesso Freud) sono presto usciti dal concetto di caso singolo e si sono allargati ad interpretare le dinamiche della società.


    Tanto è vero che vi furono psicoanaliste (femministe): che reinterpretarono Freud senza dissacrarlo in chiave più attuale (ma parliamo degli anni 60).


    Insomma, padre e madre sono archetipi. Figure che già presenti dentro l'uomo a prescindere dai genitori biologici e figure che vengono proiettate all'esterno, nel mondo. Tanto è vero che le divinità erano entità materne, o paterne. Per quanto riguarda noi società occidentale più da vicino: il primo "padre" (e per questo molto sentito nell'inconscio) era il Dio dei tre grandi monoteismi.

    Nella narrativa moderna si da tutta la responsabilità al padre stesso, poiché uomo e quindi colpevole per via pregiudiziale

    Tuttavia, nella narrativa moderna, più o meno si sta mettendo in discussione il concetto di famiglia in senso ampio. La sparizione del padre di cui parli, a mio modo di vedere, è stato solo l'inizio di un cambiamento sociale che avanza progressivamente di anno in anno.


    Se il padre oggi non esiste: la donna deve essere un maschio, che equivale a una sparizione del femminile: la donna deve essere uno squalo nel mondo del lavoro (per guadagnare appena per sopravvivere), stare quanto più lontana da ciò che è maternità o esseri umani in generale e limitarsi a desiderare cose futili che costano poco e sono prodotte inquinando il pianeta come se non ci fosse un domani.

    Quindi secondo te è il rapporto conflittuale con il padre che genera difficoltà nelle relazioni e in generale a distaccarsi dal "nido familiare"?

    Perché fosse così la spiegazione, si sposerebbe perfettamente con il mio vissuto personale (purtroppo).

    Mi permetto di risponderti anche se la domanda è rivolta a Bruce (in tal caso avrai due risposte su cui riflettere).


    A mio modo di vedere (e secondo alcuni psicoanalisti), l'individuo non dovrebbe adeguarsi a un modello teorico (quale esso sia), ma è il modello teorico che si deve adeguare alla realtà del singolo individuo.


    Se hai avuto un rapporto conflittuale con il padre quanto questo abbia inciso nella tua situazione personale e relazionale lo si può scoprire solo andando a vedere quali traumi hai sviluppato di preciso a riguardo e quali convinzioni (sempre che queste siano connesse al conflitto con il padre, perché non è scontato lo siano, o che lo siano "tutte").


    In sostanza: non ci sono regole generali che valgono in linea generale per il singolo. Ci sono modelli e teorie. Per fare un esempio: tendenzialmente una madre che non ama un figlio, lo lascia sempre solo, o addirittura lo abbandona: cresce un soggetto che può essere molto ansioso nel suo attaccamento, oppure molto evitante: e sono due comportamenti differenti che provengono dalla stessa causa.


    A mio modo di vedere la madre è più cruciale circa la "sicurezza in ambito affettivo" perché sta proprio a contatto fisico con il figlio nei primi mesi della sua evoluzione.


    Il padre è importante ma la sua figura riguarda l'ambito del giudizio, l'idea che ciascuno di noi ha di se stesso, o delle proprie capacità. Il padre quando è "buono" è colui che ti aiuta molto a credere nelle tue capacità e si contrappone a una madre che potrebbe eccedere di protezione "materna", ma il suo giudizio negativo può essere anche molto distruttivo. Oppure distruttivo è anche il padre che istilla timore del mondo ma non per via della protezione tipica materna, ma perché lo dipinge ingiusto, cattivo, spietato.


    Quando il padre è assente bisogna vedere come si comporta la madre: se questa è castrante o iperprotettiva. O se il padre è assente nel senso non c'è fisicamente: se questa non ce la fa da sola a crescere materialmente il figlio ed è oberata e a sua volta assente.


    Inoltre le figure genitoriali più che a comportamenti stagni vengono percepite dai figli anche nel loro insieme e per come si compensano. I figli si fanno un'idea di chi è il genitore forte e quello debole, quello che sovrasta e quello che subisce e ovviamente ciò li influenza.


    La spiegazione è quindi dentro di te, non in una causa-effetto soltanto, ma tante di queste e non è detto che siano oggettive, ma anche soggettive, perché dipende anche da come tu hai percepito e interpretato gli eventi che hai vissuto.

  • Garden ripensandoci dopo tutti sti discorsi “clinici”


    Vai, un colpo secco... TAGLIA.


    Arigatou gozaiamasu :smiling_face_with_smiling_eyes:...:upside-down-face:

    Sorry, ma l'unica cosa tagliata in questo momento è il personale in ufficio nel mio cervello :D. Vedi il cartello: chiusura per ferie? Too lazy. Sono entrata per assegnare un compito, ma un impiegato si era travestito da pachira acquatica e un altro si era dipinto di bianco per mimetizzarsi con la parete.

  • Io mi ritrovo nella cattiva influenza genitoriale e della figura paterna, che ha prodotto una persona che ancora non riesce a schiodarsi dalla famiglia d'origine, e mi domando nel mio caso quale possa essere questa "forza" da individuare in sé e come sia spendibile in ambito seduttivo per non restare sempre uno scarto (o beccarsene uno, al netto del politically correct).

  • Raga, secondo me ci stiamo spostando su argomenti interessantissimi ma che hanno poco a che vedere con la problematica in oggetto.
    Potrà esserci l'influenza dello stile genitoriale di un pd assente, di una md troppo affettuosa o distante, rimane il fatto che che nella società attuale si è tutti più soli, più interconnessi ma con poche possibilità di uscire dal proprio guscio nella vita reale. Ed è un dato di fatto.

    E io sono convinta che il primo passo per capire PERCHE' IO NO, PERCHE' SOLO IO NON SONO IN COPPIA, sia proprio quello di andare in terapia: non con lo scopo di avere qualcuno con una bacchetta magica che lo risolva, però che possa un pochino fornire strumenti, pov, che qui non possiamo minimamente dare, perchè ciascuno si basa sul proprio vissuto e penso che alla lunga sia svilente, per chi si trova in queste condizioni, vedere che si è al punto di partenza.
    Elaborare anche il lutto di rendersi obiettivamente conto di quante siano le corde che ti leghino a questo punto di partenza, dargli pure un nome, se vuoi, e provare a lavorarci.
    Senza se, ma, "ma forse non risolvo lo stesso", perchè a rimanere qui a rimuginare su perchè e come mai si è ancora così, SI INVECCHIA.
    Cioè, questo topic è arrivato a 187 pagine, dal 28 marzo 2024. Siamo a ridosso di agosto 2024.
    Perdonate se ho proprio tagliato con l'accetta e se sono stata un po' troppo rude, ho letto i vostri spunti e sono veramente interessanti, ma ad una certa penso che bisogna guardare in faccia l'elefante nella stanza e non c'è alibi che tenga

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